mercoledì 12 gennaio 2011

di Giulietto Chiesa

Giulietto Chiesa risponde a una lettrice sulla questione consumatissima del "destra-sinistra" e delle speranze ancora riposte sullo "sviluppo" mentre la tempesta è in arrivo.

Caro Giulietto,

Vorrei sollevare un paio di obiezioni, o almeno di perplessità.

1) il fatto di prendere più che giustamente le distanze dalle forze politiche attuali e da quelle storiche che hanno rappresentato la destra e la sinistra, anche se tra queste e quelle le differenze sono abissali, porterebbe a non voler più riconoscere una collocazione di sinistra. Ma la visione culturale e soprattutto i riferimenti sociali e gli obiettivi che vengono enunciati non mi sembrano, per così dire, bipartisan, ma chiaramente di sinistra, se pure eretica (ma la sinistra ormai almeno da alcuni decenni ha per fortuna abbandonato l'idea dell'ortodossia). e non mi sembra che negarlo possa contribuire a fare più che chiarezza, più del proposito di rifondare la sinistra, criticandone le versioni passate o vigenti.

2) l'idea della decrescita mi sembra difficile da portare avanti soprattutto in una società liberista come l'attuale, ma anche in generale, senza far ricadere delle conseguenze pesantissime principalmente sulle persone che vivono del proprio lavoro, quindi sulla maggioranza della popolazione. Però non sono sicura di cosa si voglia intendere per decrescita.

A mio avviso occorrerebbe riuscire ad attuare politiche di sviluppo economico, diversamente da quel che fa Tremonti, puntando su uno sviluppo che porti ad aumentare i posti di lavoro e la creazione di reddito non a danno delle risorse e dell'ambiente, ma proprio puntando sulle energie e le materie rinnovabili, sul riutilizzo, sul riciclo, anche se dovesse rivelarsi più costoso, sul recupero edilizio e ambientale e poi sul mantenimento dinamico degli obiettivi raggiunti, nonché sullo sviluppo dei servizi.

Non è d'accordo?

[...]

Gentile Silvia,
ancora con il tema della sinistra? Purtroppo temo che dovremo rispondere, su questa domanda, ancora decine di volte. Ma capisco che è inevitabile, quindi mi accingo a tentare una più precisa spiegazione. Intanto, primo punto. Lei ritiene che questo programma nostro, di Alternativa, sia "di sinistra". Se questo le pare, e lei è "di sinistra", aderisca, prenda la tessera, e venga a lavorare con noi. Dove sta il problema? Non vedo il problema.

Noi - io prima di tutti perché l'ho proposto - ritengo che qualificare questo movimento come "di sinistra" sia operazione suicida. Basterebbe guardarsi intorno per capire che tutta una generazione non sa neppure cosa significhi essere di sinistra. Non lo sa perché la sinistra non l'ha mai incontrata sul suo portone di casa, nel suo quartiere, ma - quando l'ha vista - l'ha vista in tv. E, quando l'ha sentita, l'ha sentita dire cose o incomprensibili, o orrende. E, per quel poco che ne sa, non ne pensa affatto bene. Infatti non la vota e, perfino, piuttosto che votarla, si astiene.

Alla luce di questi dati, assolutamente incontestabili, sono io che le chiedo perché mai dovrei andare in giro a sbandierare bandiere che sono state da tempo gettate nel fango, tradite, svendute? Se questa è la sinistra (e purtroppo questo pensa la gente) allora io non sono di sinistra. E ci tengo a rimarcarlo. Lo dico, per altro, da parecchio tempo; dal tempo in cui candidandomi al Parlamento Europeo, nel 2004, scrissi un libretto che era appunto intitolato "Invece di questa sinistra".

Ma c'è di più. E di peggio. Lei, infatti, crede che il programma di Alternativa sia "di sinistra" e poi ci propone, appunto, l'idea della sinistra, che è opposta al programma di Alternativa.

Dove? Dove parla, e ripete, che bisogna porsi il problema dello sviluppo. Per ben tre volte, nella sua lettera, la parola sviluppo s'impone da sola al centro del suo ragionamento. Così, con le sue stesse parole, lei dimostra che la sinistra, con lei, è "sviluppista". Certo un tantino diversamente dallo sviluppismo di Wall Street, ma sempre sviluppista è, e rimane, e non si schioda da questa posizione.

Ora il problema è tutto qui. Gli sviluppisti sono gli attentatori del nostro futuro e di quello dei nostri figli. Capisco che lei non è come D'Alema, Veltroni, e tutta questa risma: loro hanno saltato il fosso e sono passati dalla parte delle banche d'investimento, hanno fatto le guerre - e le fanno - in loro nome e per loro conto. Ma lei sembra non vedere che tutto questo è prodotto di una tremenda illusione, che ora si ritorce direttamente contro i lavoratori italiani, dopo che per due decenni essi sono stati depredati dei loro redditi, con i governi di centro-sinistra non meno che con quelli di centro destra. Veda quanto sta accadendo a Torino e a Pomigliano, in queste ore. Con i dirigenti del PD torinese (e non solo) che appoggiano la FIAT mentre cancella i diritti sindacali degli operai. Questa è appunto, la sinistra sviluppista dove lei si colloca.

Noi non siamo lì, siamo da un'altra parte.

Infatti ecco la differenza. Lei - come tutta la sinistra italiana, ed europea - non ha capito cosa sta succedendo. Lei pensa che noi proponiamo un "programma di decrescita", e pensa che noi faremmo ricadere sui lavoratori "conseguenze gravissime".

Io invece penso che la decrescita è già cominciata, e non l'abbiamo proposta noi, che ancora non contiamo niente. La decrescita è il risultato della fine dello sviluppo. Che è, in tutto l'Occidente, un dato di fatto. La decrescita è il risultato dello sviluppo capitalistico forsennato, del consumismo irrefrenabile, che adesso si ferma per una lunga serie di crisi strutturali (climatica, energetica, finanziaria, dell'acqua, della crescita demografica, delle sperequazioni di reddito ormai mostruose). La crescita non solo non ci sarà più (anche se tutti, da Berlusconi a Bersani a Napolitano le dicono e le diranno che domani si ricomincia a crescere), ma la decrescita diventerà tanto più drammatica quanto più gl'irresponsabili (inclusa la sinistra) continueranno a raccontare alla gente che la decrescita non c'è o è transitoria.

Non siamo noi, con la nostra analisi e le nostre proposte, che rovesciamo sui lavoratori conseguenze gravissime. Sono loro, inclusa la sinistra. Che, dunque, dobbiamo combattere.

Invece si deve dire alla gente il contrario: che siamo arrivati al capolinea del capitalismo e della democrazia, e adesso si comincia a ballare in mare aperto, e bisogna cominciare, per questo, a difenderci, difendendo il territorio, la natura, il clima, i nostri soldi e i nostri redditi, la nostra salute e la nostra vita. C'è un principio della fisica che la sinistra non è ancora stata capace di riconoscere (che equivale a non riconoscere l'esistenza della legge di gravità). Questo principio suona così: uno sviluppo indefinito in un sistema finito di risorse è impossibile.

Noi viviamo sopra un sistema finito, che è il nostro pianeta.

Sa cosa c'è di nuovo sotto il sole? Che per gli ultimi duecento anni noi non ce ne siamo accorti. Adesso cominciamo a vederlo con i nostri occhi, perché sono apparsi i "limiti allo sviluppo".

Si legga con attenzione i nostri documenti e vedrà che le cose sono piuttosto diverse da come lei se le figura. Noi proponiamo di costruire un "programma di transizione" a una nuova società, che non può prevedere questo sviluppo, perché equivarrebbe a proporre l'impossibile a milioni di lavoratori. Cioè a ingannarli.

Cosa fare, come fare? Tutto dipende da dove si vuole partire. Partendo dallo sviluppo che c'è stato si andrà alla catastrofe, e su questo dubbi non ce ne possono essere. Noi partiamo dalla costruzione di un nuovo modo di vivere, di lavorare, di consumare, di organizzare la vita della gente, con la partecipazione della gente, a tutti i livelli, con la democrazia e la Costituzione, che deve essere attuata ancora.

C'è un solo modo di crescere, quello capitalistico? Se lei lo pensa, allora si metta il cuore in pace e prepari per i suoi figli, finché è in tempo e se ne ha i mezzi, un solido rifugio. Perché la tempesta è in arrivo.

Noi pensiamo che, invece di rifugi, si debba costruire una società umana, dove al posto della concorrenza si metta la parola solidarietà. Vedrà che, se riusciremo a prevalere, si vivrà meglio. Certo con meno gadget nelle nostre tasche, ma anche, per esempio, con meno metalli nei tessuti del nostro corpo, e meno veleni nei nostri polmoni.

Cordiali saluti e buona fortuna,

Giulietto Chiesa

Megachip

2 commenti:

  1. Giulietto Chiesa mi piace sempre di più e condivido una buona parte del Manifesto di Alternativa sul quale ho solo due o tre riserve.

    Ottimo ribadire che destra e sinistra non sono più distinguibili - io andrei oltre dicendo che non sono mai esistite ma sono state solo per decenni un falso motivo di divisione creato ad arte dalla cricca bancomonetaria.

    Da decrescentista quale sono condivido anche i suoi passaggi in proposito. Unica cosa io non avreid etto che la Decrescita è già cominciata.
    La Decrescita è un processo economico preciso, armonico, fondato su una filosofia che trova riscontro in una data pratica economica. Oggi invece il contesto è quello di una politica di crescita che sta fallendo, e quindi regredendo, causando probremi, disarmonia, squilibrio, che è cosa ben diversa dalla Decrescita.

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  2. Infatti Simone, sono perfettamente d'accordo con te, sulle riserve soprattutto e come puntualizzi tu anch'io ho notato che ha scambiato la decrescita con la regolare fase di crisi economica come fase ciclica dell'economia capitalista, sono due cose completamente diverse.
    Ho messo questo articolo più che altro perché è il Chiesa stesso che, dopo aver scritto numerose volte di "ricreare l'egemonia culturale della sinistra" arrivare a rispondere con una presa di distanza denota una maturazione esemplare.
    Spero sia solo coerente a lungo con questa posizione, lo si vedrà con le mosse che intraprenderà rispetto ai partiti e rispetto alle nuove aggregazioni della Costituente e del Sogno di Dotti, tentativi di raccattare voti da portare ai partiti.

    Salutoni
    Barbara

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