venerdì 31 agosto 2012

NAPOLITANO E LA TRATTATIVA STATO-MAFIA-NATO
 
Era prevedibile che la caduta del Buffone di Arcore, con la conseguente fine del suo effetto di distrazione, mettesse in rilievo altri conflitti d'interesse rimasti precedentemente privi della dovuta attenzione. In questo senso, non sarebbe corretto dire che Giorgio Napolitano abbia "ereditato" lo scontro con le Procure, dato che egli ne era già ampiamente partecipe in precedenza. Nel luglio dello scorso anno, nel corso di un'udienza al Quirinale ai magistrati in tirocinio, il presidente Napolitano, in una sorta di slancio profetico, emise un suo pubblico anatema contro l'abuso delle intercettazioni giudiziarie. In quell'occasione, molti commentatori affermarono che Napolitano aveva parlato da supremo garante dell'equilibrio dei poteri costituzionali; in realtà i fatti successivi hanno dimostrato che Napolitano già pensava esclusivamente al suo interesse personale di possibile indagato. [1]
Per correre in soccorso di Napolitano, un Eugenio Scalfari scucito e sconnesso,
dalle colonne de "La Repubblica", si è gettato in una difesa d'ufficio di quella che è passata agli onori delle cronache come la "trattativa Stato-Mafia", rivelando così a tutti il vero movente di Napolitano, cioè che cosa questi avesse da nascondere. Un Ezio Mauro più contorto ed involuto che mai, ha cercato di correre ai ripari, ma ormai il guaio era fatto.
Grazie anche a Scalfari risulta evidente che non soltanto Nicola Mancino, ma anche altri ministri degli Interni degli anni '90, fra cui Napolitano, hanno svolto un ruolo nella cosiddetta "trattativa Stato-Mafia". Ma quale sarebbe stato l'oggetto di questa trattativa, e perché lo Stato avvertì l'urgente bisogno di scendere a patti? Furono davvero le stragi il motivo del cedimento dello Stato, o si trattò dell'ennesimo sanguinoso depistaggio?
I segreti veri e propri non esistono, tutti sanno ciò che c'è da sapere, solo che fanno finta di non saperlo quando il conformismo lo impone. Infatti, se Ezio Mauro cercasse davvero una risposta a quelle domande, la troverebbe sulle colonne del suo giornale. "La Repubblica" del 18 dicembre del 1993 riportava una notizia sulle rivelazioni del pentito Francesco Marino Mannoia alla magistratura americana. Mannoia raccontò al giudice Fitzgerald che la base NATO di Sigonella alla fine degli anni '70 era in effetti la centrale di un traffico di droga verso gli USA. Lo stesso Mannoia forniva anche i nomi del personale della base NATO coinvolto nel traffico. Per queste preziose rivelazioni Mannoia è rimasto sedici anni in custodia presso l'FBI, cosa che pare gli abbia tolto ogni voglia di aggiungere ulteriori dettagli. Finché Mannoia accusava Andreotti poteva andar bene, ma se tira in ballo la NATO, allora andava rimesso in riga. [2]
Ma questi fattacci di droga sono di più di trenta anni fa, mentre oggi le cose vanno diversamente. Infatti un'inchiesta de "La Repubblica" dello scorso anno rivelava che il super-radar USA attualmente in costruzione a Niscemi, e che dovrebbe essere in funzione dal 2015, viene costruito con la partecipazione di un'impresa già coinvolta in altre inchieste di mafia. [3]
Ormai è persino una banalità ricordare che da settanta anni la USNavy si serve della Mafia per controllare il territorio e per collaborare a tutte le innumerevoli attività illegali di cui le basi USA e NATO sono il crocevia. Se si considera che il Consiglio Atlantico costituisce la principale agenzia di lobbying delle grandi multinazionali finanziarie e commerciali, che lì vengono accolte in qualità di sponsor e consulenti, ecco che si comprende come la NATO rappresenti il punto di raccordo tra la grande criminalità multinazionale e la criminalità sul territorio.
Per averne la documentazione basta pescare negli archivi dei grandi quotidiani; anche se si tratta di notizie isolate, oppure minimizzate all'interno di contesti che danno la priorità ad altri dettagli. In un articolo lunghissimo su "La Repubblica" del 2007, il solito Roberto Saviano concedeva solo tre righe al fatto che era stato Zagaria, il boss dei Casalesi, a costruire la centrale radar della NATO di Licola in Campania, e tutto il resto era dedicato alla conquista del centro di Milano da parte della camorra del cemento. La strana coincidenza che le centrali radar della NATO vengano invariabilmente costruite da imprese legate alla criminalità locale, dovrebbe essere oggetto di un minimo di attenzione e sottolineatura da parte dell'informazione; ma sarebbe ingenuo aspettarselo. [4]
Quando poi la NATO persegue i suoi obiettivi, come per l'aggressione alla Libia e alla Siria, o come per l'accerchiamento della Russia, allora l'informazione risulta anch'essa completamente irreggimentata e militarizzata; perciò la stessa NATO viene divinizzata senza riserve dai media, mentre il pericolo mafioso viene identificato con Putin.
Non fu quindi una Ragion di Stato a motivare la trattativa dei governi italiani con la Mafia, ma una "Ragion di NATO", ovvero obblighi di alleanza, cioè di servitù coloniale dell'Italia nei confronti degli USA. Appare quindi irrealistico ritenere che la magistratura sia davvero intenzionata ad andare sino in fondo nella vicenda della cosiddetta trattativa Stato-Mafia, assumendosi così il rischio di scoperchiare il verminaio NATO.
La reazione alle iniziative della Procura Distrettuale Antimafia di Palermo risulta perciò sproporzionata, improntata ad un isterico eccesso di difesa, dovuto non solo alla psicologia da imputato di Napolitano, ma soprattutto allo storico dilettantismo del gruppo dirigente di provenienza PCI. Dirigenti del PD in evidente stato confusionale trattano oggi Ingroia o Grillo come se li avessero scambiati per Trotsky, e ci fosse ancora l'Unione Sovietica da difendere. Ma non hanno abbandonato l'URSS e aderito alla NATO già dagli anni '70?
Del resto anche la magistratura ha ritenuto di inchinarsi alla "Ragion di NATO", visto che lo scorso anno il tribunale di Catania ha mandato assolti i mafiosi che gestivano gli appalti nella base USA di Sigonella. I giudici hanno assolto gli imputati in base alla formula secondo cui "il fatto non sussiste", il che vuol dire che se gli USA hanno ritenuto di attribuire degli appalti a ditte mafiose, non si può certo pensare che siano stati costretti a farlo. Inoltre le basi militari, di fatto o di diritto, hanno acquisito una extraterritorialità, e l'esperienza ha dimostrato che il segreto militare costituisce per la magistratura una soglia ancora più invalicabile del segreto di Stato. [5]

Comidad

Comidad mette in relazione la trattativa con il giro di droga che la Nato gestisce.. ..tanto per rendere l'idea di quanto sia immenso quel traffico  e l'importanza geostrategica dello stesso per l'indebolimento degli stati "nemici" degli Usa leggere:

La Droga: uno strumento di politica globale  su Geopolitica Rivista

Contemporaneamente alla trattativa, veniva condotta l'operazione Mani Pulite di cui sono emersi altri dettagli che vedono sempre gli Usa protagonisti in cabina di regia...

MANI PULITE E BOCCHE SPORCHE (DI P. ROSSO E G. PETROSILLO) su Conflitti e strategie

ed ecco la "preziosa" eredità di Mani Pulite

Il disastro di una nazione 

Di seguito sono elencate le più importanti privatizzazioni operate nel periodo 1992-1998. Quando è possibile sono indicati il ricavo, i beneficiari dell’operazione, le dimensioni delle aziende privatizzate, etc.
Per la compilazione dell’elenco, che non ha pretese di completezza né di assoluta precisione, sono state consultate documentazioni di varia fonte (principalmente la “Relazione sulle privatizzazioni” del Ministero del Tesoro e notizie di stampa). Tuttavia dobbiamo rilevare come fino ad oggi manchi una documentazione, accessibile al pubblico, che fornisca l’elenco completo delle innumerevoli privatizzazioni grandi e piccole, indicandone ricavo effettivo, debiti trasferiti, etc.
a) Nell’anno 1993/93 (Governo Amato, poi Ciampi)
- ITALGEL (IRI-SME) –1600 dipendenti – quota ceduta 62% per 431 miliardi a Nestlè
- CIRIO-BERTOLLI-DE RICA (IRI-SME) – quota ceduta 62% per 310 miliardi a FISVI poi Unilever e Cragnotti
- CREDITO ITALIANO (IRI) – 15.800 dipendenti – quota ceduta 55% per 1801 miliardi – l’80% a piccoli azionisti, controllo Mediobanca ed altri

- SIV (vetro EFIM) – 3800 dipendenti – quota ceduta 100% per 210 miliardi all’inglese Pilkington
- NUOVIO PIGNONE (ENI) – 5100 dipendenti -.quota ceduta 70% per 713 miliardi a GENERAL Eletric (USA) – (ulteriore 9% ceduto a G.E. nel 1997)
b) Nel 1994 (Governo Ciampi, poi Berlusconi)
- IMI (Min.Tesoro) – 900 dipendenti – ceduta prima tranche 33% per 2180 miliardi – controllo a banche (San Paolo, Cariplo, Montepaschi)
- BANCA COMMERCIALE ITALIANA (IRI) – 18.000 dipendenti quota ceduta 51% per 2891 miliardi – piccoli azionisti 85%, controllo a Mediobanca, Generali, Paribas, Commerzbank
- INA (Min.Tesoro) – 4600 dipendenti – ceduta prima tranche 47% per 4530 miliardi – controllo a banche ( San Paolo, Cariplo)
- ACCIAI SPECIALI TERNI (IRI) – 24.300 dipendenti – quota ceduta 100% per 600 miliardi a KAI (Krupp, Falk, etc.)
- SME (IRI) 18.900 dipendenti – ceduta prima tranche 32% per 723 miliardi a Luxottica /Benetton
c) Nel 1995 (Governo Dini)
- ITALTEL (IRI-STET) – 15.000 dipendenti – quota ceduta 50% per 50% per 1000 miliardi a Siemens (Germania)
- ILVA LAMINATI PIANI –18.000 dipendenti – quota ceduta 100% per 1929 miliardi a Gruppo Riva
- IMI (Min Tesoro) – ceduta seconda trance 19% per 1200 miliardi
- SME (IRI) – ceduta seconda tranche 15% per 341 miliardi a Luxottica/Benetton
- ENI (Min. Tesoro) – 95.000 dipendenti – ceduta pirma tranche 15% per 6229 miliardi ad azionariato diffuso
- ISE (IRI settore energia) – 150 dipendenti – quota ceduta 74% per 370 miliardi as Edison-EDF (Francia)
- ENICHEM-AUGUSTA (ENI) – 1100 dipendenti – quota ceduta 70% per 336 miliardi a cessionari non noti

- INA (Ministero Tesoro) – ceduta seconda tranche 18,4% per 1887 miliardi a banche
d) Nel 1996 (Governo Dini, poi Prodi)
- DALMINE (IRI) – 4700 dipendenti – quota ceduta 84% per 301 miliardi a Technit/Rocca

- ITALIMPIANTI (IRI) – 1200 dipendenti – quota ceduta 100% per 42 miliardi a cessionari non noti
- NUOVA TIRRENIA (CONSAP – navigazione) – 900 dipendenti – quota ceduta 91% per 548 miliardi
- SME (IRI) – ceduta terza ed ultima tranche 15,2% per 121 miliardi
- INA (Min Tesoro) – ceduta terza tranche 312% per 3260 miliardi
- MAC – quota ceduta 50% per 247 miliardi a GEC- Marconi (GB)
- IMI (Min Tesoro) – ceduta terza tranche 5,9% per 501 miliardi
- MONTEFIBRE – quota ceduta 65% per 183 miliardi
- ENI (Min Tesoro) – quota ceduta seconda tranche 15,8% per 8872 miliardi azionariato diffuso
- ALFA ROMEO AVIO (IRI –FINMECCANICA) – quota ceduta 75% per 200 miliardi a Fiat
e) Nel 1997 (Governo Prodi)
- ENI (Min Tesoro) – cediìuta terza tranche 17,6% per 132309 miliardi ad azionariato diffuso
- TELECOM (Min Tesoro) – quoat ceduta 92,5% per circa 26.000 miliardi ad azionariato diffuso – controllo a nucleo stabile (7,5% azioni) costituito da banche, FIAT/IFIL, soci stranieri
- FINCANTIERI (IRI) – ceduto 100% NEW SULZER AG per 151 miliardi a società finlandese

- SEAT (IRI) ceduto 44,7% per 1600 miliardi a Comit, De Agostini, etc.
- Banco di Napoli (Min Tesoro) 60% per 62 miliardi
f) Nel 1998 primo semestre (Governo Prodi )
- ENI (Min Tesoro) – ceduta quarta tranche 14,2% per 13000 miliardi ad azionariato diffuso ( con la quarta tranche ENI risulta privatizato al 62% con 41000 miliardi di incasso totale)
- ITALIA NAVIGAZIONE (IRI – Finmare) – quota ceduta 100% per 150 miliardi ad armatori privati italiani (D’Amico)
- AEM (Comune di Milano)- quoata ceduta 49% per 1400 miliardi ad azionariato diffuso
- ALITALIA (IRI) – cessione controllo alla olandese KLM – (attraverso scambio azioni o cosidetta “joint venture”)
- ELSAG – BAILEY (IRI-Finmeccanica) – quota ceduta 100% per cifra non nota ad acquirenti stranieri
- LLOYD TRIESTINO (IRI-Finmare) – quota ceduta 100% per cifra non nota a gruppo Evergreen (Taiwan)
- Banca Nazionale del Lavoro (Min Tesoro) – quota ceduta 67,8% per 6707 miliardi ad acquirenti non noti
Succesivamente sono state eseguite altre importanti operazioni di privatizzazione, fra cui quella della società AUTOSTRADE (IRI), conclusa nel 1999.
Tratto da: Antonio Venier, “Il disastro di una nazione”. Saccheggio dell’Italia e globalizzazione, presentazione di Bettino Craxi, Padova, Edizioni di Ar (“Le due bestie 1″) 1999, 157 pp..

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