domenica 3 marzo 2013




Rinascita: Costa d’Avorio. Gbabgo all’Aja, i veri criminali liberi

Amnesty denuncia che le forze repubblicane stanno attuando una “politica di repressione su basi etniche e politiche”

Francesca Dessì



Lo chiamano il nuovo “Nelson Mandela”. Un paragone, forse, un po’ forzato. Ma come lui, l’ex presidente ivoriano Laurent Gbagbo ha lottato contro l’arroganza e l’imperialismo di una grande potenza, la Francia. Gbagbo, che molto probabilmente finirà il resto della sua vita in prigione, è stato “punito” per aver calpestato i piedi di Parigi e ora si trova a fare i conti con la Corte penale internazionale, un’istituzione al servizio dell’Occidente. All’Aja è infatti in corso l’udienza di conferma dei capi d’accusa a carico dell’ex presidente ivoriano, sospettato di essere “co-autore diretto di crimini contro l’umanità”. Un processo, che l’avvocato francese Emmauel Altit, difensore di Gbagbo, ha già definito “politico”, accusando il procuratore generale della Cpi, Fatou Bensouda, di aver condotto “indagini frammentate”, “incomplete” e “inesistenti”. Lunedì e ieri, Natacha Fauveau Ivanovic e Jennifer Naouri, due degli avvocati difensivi, hanno fatto una breve ma dettagliata ricostruzione dei fatti accaduti in Costa d’Avorio dal 2002, inizio della ribellione delle Forze nuove, guidate da Guillaume Soro – attuale presidente dell’Assemblea, e da Alassane Dramane Ouattara – attuale presidente della Costa d’Avorio – fino alle elezioni presidenziali del 2011. I due avvocati hanno ricordato alla Corte che il presidente Gbagbo “non era determinato a restare al potere”, ma “a rispettare il verdetto delle elezioni”, che secondo il Consiglio costituzionale - l’istituzione super partes garante della Costituzione – erano state vinte da Gbagbo.
Secondo la Difesa, il procuratore generale della Cpi non ha studiato “la crisi ivoriana”, ha ignorato che “i ribelli delle Forze nuove” hanno tentato più volte di “rovesciare” il governo di Gbagbo, ha distorto “la storia degli ultimi dieci anni della Costa d’Avorio”, prendendo le parti “dei vincitori”. Il procuratore Bensouda, che ha inserito nell’atto d’accusa testimonianze e immagini di violenze che si sono verificate in Kenya, non ha preso in considerazione che dopo il ballottaggio presidenziale il presidente Gbagbo ha chiesto il riconteggio dei voti, richiesta che è stata rifiutata dall’attuale capo di Stato ivoriano Ouattara e dalla Francia. Né tantomeno, Bensouda ha mai parlato del “commando invisibile”, vicino all’attuale presidente ivoriano, che ad Abidjan ha fatto stragi innocenti.
“Il popolo della Costa d’Avorio non merita un processo politico, ma un indagine per capire chi sono i responsabili della distruzione del Paese”, ha detto nella sua arringa iniziale Altit, accusando la Francia e l’Onuci, la missione di pace Onu, di essere complici del colpo di Stato contro il presidente Gbagbo. I toni sono alti. Gli avvocati della difesa denunciano che l’ex presidente ivoriano è un prigioniero politico della Francia che, prima con Chirac e poi con Sarkozy, ha fatto di tutto per tutelare i suoi interessi economici nell’ex colonia, ricca di cacao, caffè, petrolio.
Oggi, con l’insediamento di Ouattara, la Costa d’Avorio è tornata ad essere un “protettorato” francese. E cosa ancor più grave, è uno Stato senza diritto, dove le forze repubblicane commettono ancora oggi omicidi, arresti arbitrari, abusi e violenze sui civili.
Con mesi di ritardo, anche Amnesty International, un’organizzazione filo statunitense, ha denunciato, in un rapporto intitolato “Costa d’Avorio: la legge dei vincitori”, le massicce violazioni dei diritti umani da parte delle forze armate nei confronti dei sostenitori di Gbabgo.
In nome della “sicurezza” avrebbero attuato una “politica di repressione su basi etniche e politiche”, si legge nel rapporto stilato dall’ong al termine di un’inchiesta svolta tra settembre e ottobre 2012. Il documento denuncia “arresti arbitrari”, “torture” e “omicidi” commessi dalle Forze repubblicane e dalla milizia di cacciatori tradizionali “Dozos”, vicini all’attuale potere, contro i civili.
I delegati dell’organizzazione hanno raccolto denunce di persone detenute in gran parte per motivi etnici o di affiliazione politica, le quali erano in carcere da mesi, senza poter incontrare familiari, medici e avvocati. Il rapporto documenta anche la distruzione, nel luglio 2012, del campo di profughi di Nahiby, che era sotto la protezione Onu, composto prevalentemente da appartenenti al gruppo etnico guéré, considerati sostenitori di Gbagbo. Secondo i dati contenuti nel rapporto, i morti sarebbero stati almeno 14, ma si ritiene che altri corpi siano stati gettati in pozzi e in fosse comuni.
“La Costa d’Avorio deve interrompere il cerchio vizioso di abusi e impunità. Nonostante le promesse, le autorità falliscono nell’istaurare uno Stato di diritto” ha dichiarato Gaëtan Mootoo, ricercatore per conto di Amnesty.
27 Febbraio 2013 Rinascita

2 commenti:

  1. E Ggabo è ancora vivo, così da potersi torturare pensando alle infamie di cui lo hanno coperto. In Burkina Faso l'altro scagnozzo francese Blaise Campaorè è andato sul sicuro e ha provveduto a far uccidere Thomas Sankara.
    In Mali Toumani Tourè è stato rovesciato - un mese prima dalle elezioni! - da un prima oscuro capitano aprendo di fatto alla destabilizzazione del Mali e all'arrico dei francesi - A parte l'oro del paese, a due passi in Niger ci sono le miniere Areva, buon uranio per le centrali francesi che avevano bisogno (a seguito della crescente conflittualità della zona) di assicurarsi una via per il trasporto.

    Vivere in modo sopportabile oggi richiede sfrozi di amnesia, altrimenti è solo rabbia e anche vergogna di vivere davanti al sipario mentre dietro altri muoiono per le ns comodità.
    (mcc43)

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  2. sono purtroppo della stessa idea, è triste come umanità essere ridotti così in basso ...dover assistere così impotenti a queste menzogne che costano la vita di tanti innocenti...avvilente..

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