domenica 28 aprile 2013


Gli italiani non hanno votato per il governo dell'inciucio. Ma nella dittatura dell'usura europeista, con il pilota automatico inserito da Draghi, basta un banchiere al Ministero dell'Economia e spartire il resto delle poltrone tra personaggi del jet-set radical chic. Così si sprecano gli elogi da Confindustria ai sindacati per la nuova squadra di governo, persone giovani, tante donne, pure un volto "abbronzato", definite persone "competenti" (sulla base di cosa non è dato sapere) per una operazione di trucco che faccia dimenticare che non è per questo assetto né per le politiche europeiste che gli italiani avevano optato. Si gioca ancora sulla pelle degli italiani, leggere su Informarsi Le cifre del disastro.



Ultima truffa: il governo di pacificazione
Potranno dirlo esattamente con questa parola, peraltro già usata nei giorni scorsi, o con altre più o meno simili, ma il messaggio che si sta cercando di diffondere è questo: pacificazione.
Il neonato governo come avvio di una nuova fase politica, in cui si mettono da parte gli odi reciproci e si fa di tutto per trovare dei punti di incontro. Ed ecco il Pd e il PdL, con l’aggiunta dei Montiani, che dopo essersi scambiati le peggiori accuse, fino al totale e reciproco discredito tanto sul piano della competenza quanto su quello della morale, scoprono infine che forse hanno esagerato. E che perciò, di fronte alle pressanti necessità della crisi e con il viatico della strigliata inferta da Napolitano a Camere riunite, si può anche fare altrimenti: un bell’esecutivo in cui c’è posto un po’ per tutti, in una riedizione appena un po’ più elastica dell’antico manuale Cencelli, e in cui tutti si impegnano a collaborare. Correttamente, se non proprio
cordialmente. E però, proprio per questo prevalere del raziocinio sui sentimenti, offrendo al Paese una grande prova di maturità.

La stessa maturità che ha indotto, in particolare, a non accapigliarsi sul ministero dell’Economia: invece di scegliere l’esponente di un partito, creando spiacevoli attriti con gli altri schieramenti, si è avuta la saggezza di optare per un uomo “delle istituzioni”. Quel Fabrizio Saccomanni che è direttore generale della Banca d’Italia, nominato nel 2006 e riconfermato nel 2012, e che pertanto incarna la splendida visione super partes che è tipica delle banche centrali.

Quanto di meglio, visto che Mario Draghi è già impegnato con la Bce.


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