martedì 28 gennaio 2014

25 gennaio. E' stato proprio il PRC, in vista delle elezioni europee, a proporre una lista transnazionale unitaria della sinistra con il greco Alexis Tsipras (leader di Syriza) come candidato presidente. Sarebbe una lista degli europeisti di sinistra, quelli a cui non vanno giù le politiche austeritarie e liberiste imposte dalle oligarchie europee, ma che rifiutano di andare alla radice, la moneta unica, e che quindi rifiutano ogni discorso sulla necessità rompere l'Unione e tornare alla sovranità nazionale.
A fine dicembre segnalavamo che pezzi da novanta della "borghesia progressista" come Barbara Spinelli e Flores D'Arcais sono saltati sul carro Syriza. Ora è la volta di Toni Negri.

«Toni Negri, con l’articolo scritto con Sandro Mezzadra Rompere l’incanto neoliberale: Europa, terreno di lotta,  ha deciso di sostenere un'eventuale lista Tsipras anche italiana. Negri giudica irreversibile il processo di integrazione europea e concepibili solo su tale terreno le lotte per rompere l’incanto liberista e fondare una nuova ipotesi (una volta diceva potere) costituente.

Il suo schema rimane sempre lo stesso: dove il comando capitalista ed i suoi nuovi processi di accumulazione si ritengono più avanzati lì devono necessariamente darsi le fasi più avanzate dello scontro di classe e la formazione del soggetto più avanzato del conflitto.
Lo sosteneva anche dopo le ristrutturazioni che portarono allo smantellamento della concentrazione fordista ed al modello della fabbrica diffusa (operaio sociale); lo diceva rispetto ai processi di globalizzazione (moltitudini biopolitiche); lo diceva nel passaggio tra prima e seconda repubblica, immaginando chissà quali spazi costituenti si potessero aprire al protagonismo dei movimenti (disobbedienti od obbedientemente allineati col centrosinistra); e lo ripete oggi riguardo all’Unione Europea —almeno nell’art. si parla di nuova composizione sociale dei lavoratori e dei poveri, rimanendo nella definizione di classe più sul concreto.

In tutti i casi precedenti hanno vinto lo scontro di classe i capitalisti e tutto lascia credere che anche questa volta, se lo spazio sarà quello europeo che si pontifica, saranno i poteri eurocratici ad affermarsi definitivamente e non il portato costituente dei movimenti di lotta per diritti, reddito e welfareE questo non tanto perché diffidiamo delle previsioni di Negri ma perché abbiamo sempre ritenuto che non nelle sue forme più avanzate ma in quelle più arretrate si danno le contraddizioni più acute, quelle che possono aprire processi rivoluzionari. O meglio le une e le altre sono modelli diversi di un organico sistema di accumulazione, che però assicura sfruttamento con un minimo di redistribuzione nei modelli avanzati e supersfruttamento nei modelli arretrati.

Ora la cristi strutturale ha colpito anche i modelli di accumulazione occidentali che stanno perdendo terreno rispetto agli emergenti fino a ieri arretrati ma le contraddizioni più grandi si danno , limitandoci allo spazio europeo, all’interno degli stati nazionali esautorati di molte prerogative e ridotti alla mezzogiornificazione; destinati a diventare aree di sottosviluppo del sistema integrato dell’euro, se riusciranno a mantenerlo così com’é.

Per rompere l’incanto neoliberale e per attaccare gli attuali anelli deboli che possano far saltare la catena dell’euro non è quindi reazionario porre insieme alla difesa dei diritti sociali, dei diritti del lavoro, anche la difesa della sovranità nazionale, purché la si declini come sovranità popolare e come base di una nuova solidarietà tra quei popoli e paesi più duramente colpiti dalle politiche di austerity, che impongono processi di spoliazione e concentrazioni di capitali a scapito del Sud Europa ed a vantaggio di Germania e paesi nordeuropei.

Per pensare ad una lotta che investa uniformemente lo spazio dell’Unione bisognerebbe immaginare che i conflitti esplodano con la medesima intensità e per le stesse cause in Germania come in Grecia e diano corso a simultanei ed auspicabili processi rivoluzionari. Ci sembra uno schema di scarsa attendibilità storica.

Piuttosto che arrampicarsi su presunte aperture socialdemocratiche della Merkel, o auspicare una prossima maggioranza socialista europea, magari con una costola di sinistra che sarebbe questa famosa lista pro Tsipras-Siryza, ripulita degli elementi antieuro (ci ricorda qualcosa di già visto in Italia con i governi Prodi ed il suicidio della sua sinistra) occorrerebbe, questo si, una lista sovrastatale, ma di forze che si pongano come fronte sovranista, antiliberista e pure comunista, intento a perseguire una nuovo campo di alleanze e di scambi privilegiati, non a partire dalla moneta ma da politiche sociali ed istituzionali ispirate a reale democrazia, uguaglianza solidale e sovranità popolare.

Dal momento che questo non si darà per le prossime elezioni teniamoci almeno quelle posizioni antieuro democratiche-sovraniste-solidali che possono darsi sul terreno nazionale e possano contendere qualcosa a formazioni come quella di Le Pen le quali, se pure le sinistre radicali continueranno a scambiare la globalizzazione per l’Internazionale, rischiano di rimanere le sole a convogliare la crescente rabbia popolare verso l’Eurocrazia e le sue istituzioni.

Che nell'articolo di Negri e Mezzadra si finisca per attribuire al salario minimo introdotto in Germania un fattore di relativa stabilità capitalistica se esteso al resto dell’Unione dovrebbe far riflettere gli estensori sulle contraddizioni in cui si incappa quando si assume il "dentro e contro" anziché il "fuori e contro"; su quali risorse pensano che si potrebbe dedurre, se non proprio sul prelievo diretto di natura finanziaria e sulla messa a valore dei beni comuni?

Certamente il ripiego delle lotte sul terreno nazionale non ci garantirebbe da derive nazionaliste reazionarie ed ancor più liberiste ma è comunque il terreno concreto su cui si daranno le lotte dei popoli più colpiti dalla crisi, dei loro settori sociali ridotti alla povertà, anche quando useranno simboli e modalità che non ci piacciono. Non tutti saranno assorbiti dalla mobilità del vagheggiato nuovo proletariato europeo; i più dovranno starsene a casa, rinchiusi nei loro espropriati confini.

L’interesse delle elezioni europee per noi sarà tale solo se andranno forze con l’intento dichiarato di far saltare l’Unione "irreversibile"; che sabotino da dentro il processo di integrazione e diano risalto e sostegno alle lotte nazionali. Se dovessero assumere tale profilo, strumentalmente, solo forze come il Front National, meglio il boicottaggio che dar credito all’ennesima lista di imbonitori di sinistra, utili solo a dar legittimità all’Europa delle banche, magari dell’unione bancaria ma certamente non dell’unione dei popoli di cui non si vede traccia da oltre un ventennio, se non nei loro sproloqui».



1 commenti:

  1. Concordo totalmente. Lo scomparso Costanzo Preve definiva Negri l'opposizione gradita a Sua Maestà il capitale, eppure gli utili idioti dei cessi sociali lo adorano.
    Questa di produrre simili falsi cristi è una strategia pen pensata del nuovo ordine capitalista. Cosa c'è di meglio che reprimere le opposizioni? Crearne di proprie...

    Negri ha da tempo immemorabile espresso una contraddizione che solo per lui e i suoi adepti non è tale, ossia la lotta ad un tempo alla globalizzazione e agli stati nazionali. Mi chiedo come possa conciliare le due cose dal momento che di fatto lui è un accanito globalizzatore avendo sempre sostenuto la necessità di stati sovranazionali.

    E per omaggiare ancora il grande Preve e dimostrare che LUI aveva ben capito Marx mentre i marxisti ufficiali come Negri non ne hanno colto una mazza, ricordo che Marx stesso nel Manifesto ricorda che la prima fase della lotta proletaria sarà una lotta NAZIONALE nei singoli paesi.
    Negrievidentemente ha bypassato questa parte e arriva direttamente allo sterile "dentro e contro" sovranazionale di cui si parla nell'articolo.

    Grazie Barbara!

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