martedì 15 luglio 2014

Sig Presidente, PENSI A QUANDO IL LAVORO LO PERDONO I GENITORI DI QUEI GIOVANI?

L’ITALIA E’ FINITA
di Fabrizio Fiorini

Con tutto il rispetto dovuto alla figura del Presidente della Repubblica, per imprescindibile senso civico nonché ai sensi dell’art. 278 del codice penale, nonché per la riverenza dovuta alla sua carica istituzionale e costituzionale che – dice la stessa Carta – dovrebbe avere come caratteristica primaria quella di “rappresentare l’unità nazionale”, quindi tutte le componenti sociali, anche i proscritti, gli esclusi, i diseredati, è tuttavia d’obbligo contestare all’ottuagenario Capo dello Stato una qualche lentezza nelle sue constatazioni, una vagamente scarsa avvedutezza nella rilevazione dei fenomeni sociali, politici ed economici che riguardano non già l’ovattato mondo dei mercati finanziari, bensì la vita e spesso, purtroppo, la mera sopravvivenza di milioni di connazionali.

Nel corso della recente visita nella Venezia Giulia, il presidente ha affermato, lapidario: “se i giovani non trovano lavoro, l’Italia è finita”. E se ne accorge ora, signor Presidente? Lei è nella politica e nelle istituzioni da oltre sessant’anni e se ne accorge ora? Non potrà dire anche lei: “eh, ma è la crisi”; non è stato un fenomeno istantaneo, che uno si sveglia la mattina e “c’è la crisi”. Non c’è stata una guerra lampo, non hanno bombardato le fabbriche, non hanno chiuso le università e le scuole, non hanno spruzzato il diserbante sui campi e avvelenato i pozzi da un giorno all’altro. L’Italia, signor Presidente, è finita da un bel po’

Non è facendo assumere un migliaio di giovani al call-center o all’Ikea che si risolve tutto.

A voler essere pignoli, Eccellenza, l’Italia è già “finita” centinaia di volte da quando Lei abita le stanze del potere. E’ finita, negli ultimi anni, ogni volta che un suo compatriota si è messa la corda al collo perché non aveva più di che sfamare la famiglia. E’ finita ogni volta che un governo ha preso denaro in prestito da una banca centrale chiedendolo indietro, con un sistema fiscale predatorio, ai propri cittadini. E’ finita nel 2003, quando è stato dato un colpo mortale ai diritti dei lavoratori gettandoli in pasto a ogni sorta di sfruttatori. E’ finita ogni volta che si è deciso di mantenere un immigrato clandestino piuttosto che aiutare un connazionale, perché così volevano la Caritas, Confindustria e i salotti della “sinistra”.

E’ finita, l’Italia, nel 2002, quando abbiamo adottato la “moneta unica”; ed è finita nel 1992, quando abbiamo delegato alla Banca centrale il potere di decidere il tasso d’interesse con cui ci deve essere prestato il denaro; ed è finita nel 1981, quando l’ultimo residuale potere del ministero del Tesoro sulla Banca è stato cassato per legge. E’ finita ogni volta che la penna di un politicante ha servilmente firmato il trattato di Schengen, quello di Maastricht, il Patto di stabilità, il Fiscal compact.
E’ finita, signor Presidente, ogni volta che un nostro soldato è stato mandato a morire per guerre d’aggressione al seguito degli americani; ogni volta che è stato leso l’onore dei nostri fanti, dei nostri marinai, dei nostri paracadutisti, dei nostri avieri costretti a uccidere innocenti iracheni, afghani, serbi.

L’Italia non rischia di finire nel 2014, perché Ella si è accorto che il 40% dei giovani non ha lavoro. E’ finita negli anni Novanta, quando avete detto “privatizziamo tutto” e tutti saremo più ricchi. Quando avete dismesso l’industria dello Stato, quando avete ucciso l’agricoltura, quando avete delegato a una cricca di eurocrati il potere di decidere anche come schiacciare l’uva e come tagliare il grano.
L’Italia è finita nel bagagliaio della R4 in cui è morto Aldo Moro, sulle spiagge della Tunisia in cui è morto Craxi, colpevoli di aver timidamente proposto modelli di sviluppo “non allineati” a questa povera Repubblica. E’ finita sull’aereo di Enrico Mattei. E’ finita a piazza Fontana, a Ustica, sul treno Italicus, alla stazione di Bologna, quando i poteri d’oltreoceano decisero di mantenere un “ordine politico” cercando di minare l’ordine pubblico.

E’ finita, questa povera Italia, negli anni sessanta e negli anni settanta, quando le forze sane del Paese furono fatte scannare nelle piazze in nome di un “antifascismo” e di un “anticomunismo” da operetta, in una guerra di artefatti e velenosi “opposti estremismi”. E’ finita quando ci siamo inchinati alla Nato, all’Unione Europea, è finita ogni volta che una bandiera a stelle e strisce è stata piantata su una delle oltre cento basi militari che occupano il Paese da settant’anni a questa parte.
E’ finita ogni volta che viene stroncata una voce libera, ogni volta che un concittadino finisce in carcere per reati d’opinione, ogni volta che viene applicata la censura sul libero pensiero.

Qualcuno, Eccellenza, non cade più nell’imbroglio. L’Italia non rischia affatto di finire: questa Italia, la vostra Italia, è già finita. E’ finita nel 1945, quando una buona parte della Sua generazione, in intelligenza col nemico, perse la guerra e la consegnò, da Lampedusa al Brennero e unitamente al destino di milioni di cittadini, in mano al potere apolide della finanza, alla dittatura atlantica del capitalismo selvaggio, alla tirannia del pensiero unico, al magma indistinto dell’omologazione, al mesto destino della perdita di ogni identità.

Alla nostra generazione invece, e a quelle che verranno, il compito di mutarne le sorti, di raddrizzarne la schiena, di svegliarne la coscienza. Ad majora.

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