martedì 29 luglio 2014

di Giuliano Augusto

Quello di Monti era il governo della Goldman Sachs. Quello di Letta, il nipote, era il governo dell’Aspen Institute. Per dire che erano entrambi molto orientati a fare gli interessi della finanza anglo-americana.

Non a caso il governo Monti realizzò lo scorporo della Snam, che gestisce la rete di distribuzione del gas in Italia, dalla holding Eni. Una richiesta che era venuta non soltanto dagli esponenti della canaglia liberista in Italia (legati mani e piedi agli ambienti di Wall Street e della City) ma anche da azionisti dell’Eni come il fondo di investimento americano Knight Winke che si era assunto il ruolo di assillare il governo con tale questione che poi Monti aveva finito per risolvere a suo modo all’inizio del 2012.

Anche Matteo Renzi, che nel 2009 il settimanale americano Time aveva definito “l’Obama italiano” (triplo sic), si è mostrato fedele alla linea “atlantica” ed ha avviato le grandi manovre per mettere in vendita quote azionarie di società sotto controllo pubblico come Eni, Enel, Poste, Finmeccanica e Fincantieri tanto per citare le più note. Ma anche di Enav, Cdp Reti, Rai Way e Stm. In particolare Renzi è intenzionato a vendere una quota del 5% di Eni ed Enel portando in tal modo la quota pubblica dal 30% al 25%.


Attualmente l’Enel è controllato dal Tesoro con una quota del 31,244% mentre l’Eni è controllata al 26,369% dalla Cassa Depositi e Prestiti (il cui principale azionista è il Tesoro con l’80,1%) e dal Tesoro con il 3,94%. Collegata a tali operazioni c’è la questione dell’Opa obbligatoria che il PD al governo vorrebbe fare scendere al 25% dall’attuale 30%, mentre il relatore del provvedimento alla Camera, Massimo Mucchetti, voleva portarla al 20%. Il che avrebbe obbligato il Tesoro e la CDP a vendere la quota azionaria eccedente tale percentuale. Sia che si tratti di quota diretta (Tesoro) che indiretta (CDP).

In tale ottica, quelli degli interessi esteri anglofoni, Renzi si sta confermando come l’uomo giusto al posto giusto. E’ appena il caso di ricordare che all’ultima assemblea dell’Eni, quella che ha approvato il bilancio 2013, i soci privati stranieri, per la prima volta nella storia della società, sono risultati maggioritari nei riguardi dell’azionista pubblico italiano. Quindi del Tesoro-CDP. Soci stranieri che potrebbero aumentare la propria quota e decidere, tale eventualità non è poi così peregrina, che la sede dell’Eni venga trasferita all’estero, tanto per gettare le premesse di un futuro assorbimento da parte di un colosso concorrente come l’americana Exxon. Al povero Enrico Mattei gli staranno girando i cosiddetti.

La linea di Renzi è in buona sostanza quella di trasformare Eni, Enel e le altre società a controllo statale in “pubblic company”. Ossia società ad azionariato diffuso, nelle quali non ci sia più un socio di riferimento ma dove i tanti soci privati eleggano di volta in volta gli amministratori.

Con tale scenario anche il ruolo dell’Eni sullo scenario internazionale andrebbe a farsi fottere. E con esso, qualsiasi possibilità dell’Italia di avere una politica energetica autonoma in Europa e nel mondo. Sarebbe la risposta dell’amerikano Renzi alle critiche venute dagli europei “atlantici” e dagli stessi Stati Uniti per l’eccessiva “simpatia” italiana verso la Russia di Putin. La vicenda Mogherini dovrebbe pur insegnare qualcosa.

Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha stimato in 10 miliardi il ricavato delle svendite-privatizzazioni che sarebbero usati per coprire una parte trascurabile dell’enorme debito pubblico. Tra queste la vendita a gruppi cinesi del 49% di CdP-Reti, società che controlla appunto la Snam. Tra americani e cinesi cambia poco.

Continua la colonizzazione del nostro Paese.

Fonte: Rinascita.eu
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