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venerdì 26 settembre 2014

Padroni d’Italia: neocon e trotzkisti

La difesa della nazione per gli uni, il conseguimento della rivoluzione per gli altri. L’esistenza di una destra e di una sinistra aveva ancora senso qualche decennio fa. A prescindere dalla guerra fredda, quello che separava (e allo stesso tempo univa) i due schieramenti, era un profondo spirito di appartenenza ideale e una forte identità culturale. Eppure entrambi, come le subculture degli anni Sessanta e Settanta, sono stati inglobati dal sistema dominante per diventare progressivamente forze antinazionali e conservatrici. Il tradimento della sinistra è tuttavia anteriore a quello della destra e affonda le sue radici nell’eccentrica parabola dei trotzkisti italiani. Riuniti sotto diverse sigle (Gruppo Comunista Rivoluzionario, Servire il Popolo, Avanguardia Operaia, Lotta Continua, Potere Operaio) ed eredi del pensiero di Lev Trockij (internazionalismo e anti-sovietismo) questi utilizzarono in particolare dopo le contestazioni del 1968, una strategia definita entrismo sui generis che prevedeva l’infiltrazione nei sindacati, nel Partito Comunista Italiano e nei giornali di area. Probabilmente con il sostegno economico dei servizi statunitensi i quali finanziavano tutte le forze anti-sovietiche e di destabilizzazione dell’epoca, indipendentemente dal colore politico, come del resto si è potuto verificare nei decenni successivi. Non è un caso che quegli stessi trotzkisti che militavano nelle organizzazioni extra-parlamentari si sono successivamente ritrovati ad occupare delle posizioni di potere in ambienti che spaziano da quello accademico a quello mediatico-giornalistico passando per quello politico.

I traditori dei principi della sinistra hanno tutti un nome (questi sono i più importanti): Renato Mannheimer (da Servire il Popolo a sondaggista del Corriere della Sera e  docente dell’Università Bicocca di Milano), Antonio Polito (da Servire il Popolo ad membro del gruppo Aspen ed editorialista del Corriere della Sera), Barbara Pollastrini (da dirigente milanese di Servire il Popolo a ministro delle Pari opportunità del governo Prodi e attualmente deputata del PD), Linda Lanzillotta (da Servire il Popolo a senatrice di Scelta Civica di Mario Monti), Michele Santoro (da Servire il Popolo a personaggio mediatico di fama nazionale), Adriano Sofri (da Lotta Continua, al carcere per una condanna quale mandante dell’omicidio di Calabresi, e attualmente editorialista de La Repubblica), Paolo Liguori (da Lotta Continua a conduttore televisivo), Luigi Manconi (da Lotta Continua a docente universitario fino a diventare senatore PD), Gad Lerner (da Lotta Continua a personaggio mediatico di fama nazionale),  Francesco Pardi detto Pancho (da Potere Operaio a senatore PD e principale promotore del “No Cav Day”), Ritanna Armeni (da Potere Operaio a ex conduttrice televisiva con Giuliano Ferrara di Otto e Mezzo) e Paolo Mieli (da Potere Operaio a ex direttore del Corriere della Sera), Toni Negri (da Potere Operaio a sostenitore dell’internazionalismo ai tempi della globalizzazione finanziaria), Paolo Flores D’Arcais (dal Gruppo Comunista Rivoluzionario a direttore della rivista del Gruppo L’Espresso Micromega),  Fausto Bertinotti (dall’extra-parlamentarismo, a Rifondazione Comunista fino alle recenti dichiarazioni: “abbiamo sbagliato tutto, sono anche un liberale”). Una sfilata di nomi che potrebbe concludersi con quello di Ezio Mauro, attuale direttore di Repubblica, estraneo all’extra-parlamentarismo ma erede di quella sinistra perfettamente organica al sistema dominante, il quale ha recentemente pubblicato un editoriale intitolato “L’Occidente da difendere” in cui identifica il nemico russo e quello islamico legittimando di conseguenza l’Occidente capitalista, pseudo-democratico, imperialista e a trazione statunitense.

Le dinamiche che hanno portato allo snaturamento della sinistra e dei suoi principi non sono poi così diverse da quelle che in seguito hanno disintegrato la destra. Accecati da un anti-comunismo in assenza di comunismo, furono Gianfranco Fini e i suoi seguaci a sposare definitivamente il liberismo economico di Silvio Berlusconi, come furono i suoi intellettuali a consegnare le chiavi della biblioteca a neocon e teocon (Oriana Fallaci, Giuliano Ferrara, Alessandro Sallusti&soci). Ecco perché i trotzkisti stanno alla sinistra come neocon e teocon) stanno alla destra: stessi finanziatori, stessi interessi, stessi nemici.
24 settembre 2014

di Sebastiano Caputo

giovedì 25 settembre 2014

Nato e Ue, due guinzagli per lo stesso padrone: gli Usa

Uno che disse che la razza ariana era superiore è stato ovviamente giudicato come razzista ed abbattuto. Churchill scrisse, proclamaò e si adoperò non certo in solitudine affinché la comunità internazionale fosse guidata dalle nazioni a lingua anglosassone è stato considerato una divinità. Oggi infatti tutti devono dire YES SIR pena bombe umanitarie e democratiche in arrivo. E finalmente un altro autorevole studioso come Meyssan (oltre ad Estulin nel libro Tavistock Institute), ribadisce la reale natura e funzione della Ue, al di là delle stronzate mielose e false sulla presunta bontà del sogno europeo tanto diffuso da partiti e media SERVI.

Due pesi e due misure che dominano da 70 anni.

Nato e Ue, due guinzagli per lo stesso padrone: gli Usa
Se al summit di Praga nel 2002 si tratta si accogliere l’Est Europa verso ovest, lo storico vertice di Newport si incarica di impedire alla Cina e alla Russia di svilupparsi. Lo sostiene Thierry Meyssan, secondo cui l’appuntamento gallese della Nato è stato pianificato per impedire a Mosca e Pechino di rivaleggiare con gli Stati Uniti. Politica estera a mano armata: è nella natura della Nato fin dal 1949. La prassi: «Manipolare i fatti per presentarsi come un’alleanza difensiva di fronte all’espansionismo sovietico». Era vero l’opposto: ad avere funzione di difesa era semmai il Patto di Varsavia, creato infatti sei anni dopo, nel 1955, per cercare di limitare l’imperialismo anglosassone. La Nato, poi, «non è un’alleanza fra uguali, ma la vassallizzazione degli eserciti partner da parte degli Stati Uniti e del Regno Unito», mentre «il servizio segreto della Nato, la “Gladio”, sotto l’autorità congiunta di Washington e Londra, veglia affinché gli anti-imperialisti non possano mai arrivare al potere negli altri Stati membri. Per fare questo, la Nato non ha lesinato né sugli omicidi politici, e nemmeno sui colpi di Stato: in Francia, in Italia, in Grecia, a Cipro e in Turchia».


Questa vassallizzazione, continua Meyssan in un’analisi tradotta da “Megachip”, contravviene ai principi dell’Onu, in quanto gli Stati membri perdono l’indipendenza della loro politica estera e di difesa. Il diktat atlantico fu contestato prima dall’Urss e poi dal presidente francese Charles De Gaulle che, «dopo aver affrontato una quarantina di tentativi di assassinio» da parte dell’Oas, l’organizzazione estremista «finanziata dalla Nato» ed essere riuscito a farsi rieleggere, «annunciò il ritiro immediato della Francia dal comando integrato e la riconsegna di 64.000 soldati e impiegati della Nato fuori dal territorio francese». Una pagina di indipendenza che cessò con l’elezione di Jacques Chirac: pochi mesi dopo il suo arrivo all’Eliseo, il nuovo presidente «reintegrò la Francia in seno al Consiglio dei ministri e al Comitato militare dell’Alleanza». Capitolo definitivamente archiviato «con il ritorno delle forze armate francesi sotto il comando statunitense, deciso da Nicolas Sarkozy nel 2009».

Infine, aggiunge Meyssan, «la vassallizzazione degli Stati membri è proseguita con la creazione di numerose istituzioni civili, di cui la principale e la più efficace è l’Unione Europea». Lo dice in modo netto, il giornalista francese: «Contrariamente a un diffuso luogo comune, l’attuale Unione non ha avuto tanto a che fare con l’ideale dell’unità europea, quanto con la vocazione di fissare i membri della Nato fuori dall’influenza sovietica, poi russa, in conformità con le clausole segrete del Piano Marshall».

Si trattava quindi di mantenere l’Europa saldamente divisa in due blocchi: la Russia da una parte, tutti gli altri con l’America. «Non è un dunque un caso che gli uffici della Nato e quelli dell’esecutivo europeo siano principalmente situati a Bruxelles e secondariamente in Lussemburgo. Ed è per consentire il controllo dell’Unione da parte degli anglosassoni, che questa si è dotata di Charles De Gaulleuna strana Commissione, la cui attività principale è quella di presentare “proposte”, economiche o politiche, tutte predefinite dalla Nato».


Si ignora spesso che l’Alleanza non è semplicemente un patto militare. La Nato infatti «interviene nel dominio dell’economia», di fatto «è il primo cliente dell’industria della difesa in Europa». Attualmente, tre quarti del bilancio euroatlantico sono assicurati dai soli Stati Uniti, i quali «stanno progettando un confronto con la Cina» sin dall’11 Settembre, che Meyssan chiama «il colpo di stato del 2001». E spiega: il giorno dell’attacco alle Torri Gemelle, mentre il mondo era ipnotizzato dagli attentati, «il presidente George W. Bush fu illegalmente rimosso dalle sue funzioni in virtù del programma di “continuità del governo”». Funzioni presidenziali che ritrovò «solo alla fine della giornata, dopo che il suo paese aveva cambiato radicalmente la sua politica estera e di difesa». Durante quella giornata, aggiunge Meyssan, «tutti i membri del Congresso e i loro staff furono collocati dalle autorità militari in domicilio sorvegliato, presso il complesso Greenbrier (West Virginia) e presso il Mount Weather (Virginia)». E’ da allora, dice Meyssan, che il vero obiettivo è la Cina. E, proprio in questa prospettiva, Obama ha annunciato il riposizionamento delle sue forze armate in Estremo Oriente. Problema: «Questo programma è stato perturbato dalla ripresa economica, politica e militare della Russia, che si è mostrata capace nel 2008 di difendere l’Ossetia del Sud attaccata dalla Georgia e, nel 2014 la Crimea minacciata dai golpisti di Kiev».

La resurrezione della Russia di Putin ha inoltre indotto gli Usa ad abbandonare lo “scudo anti-missile” dell’Est Europa, presentato come un sistema di protezione contro i missili dell’Iran ma in realtà progettato per accerchiare la Russia e paralizzarla: i missili da fermare erano quelli che Mosca avrebbe potuto scagliare verso ovest, se attaccata. Ma perché concentrarsi sull’Europa orientale? Per colpire l’Ameirca, dice Meyssam, il percorso più breve è il Polo Nord. «Dopo aver minato per oltre un decennio le relazioni tra Washington e Mosca, il progetto viene abbandonato perché risulta tecnicamente impossibile distruggere in volo i missili russi intercontinentali di ultima generazione. Quindi è il principio stesso di “deterrenza nucleare” che viene abbandonato di fronte alla Russia, anche se rimane pertinente per gli altri Stati». Da Mosca a Pechino: «Washington ha esacerbato le tensioni tra la Cina e i suoi vicini, in particolare il Giappone. La Nato, che storicamente rende l’Europa vassalla del Nord America, si è dunque aperta a dei partner asiatici e dell’Oceania, tra cui Australia e Rasmussen, Obama e Cameron a NewportGiappone, attraverso contratti di associazione. Nel frattempo, ha ampliato il suo campo d’azione a tutto il mondo».

In questo periodo di restrizioni di bilancio, l’Alleanza, che a quanto pare non conosce crisi, sta costruendo una nuova sede a Bruxelles, per la somma sbalorditiva di un miliardo di euro: dovrebbe essere consegnata all’inizio del 2017. Nel frattempo si prevede di associare anche il Montenegro, mentre si invitano gli europei ad aumentare le spese militari. Intanto, a imporsi è sempre il Medio Oriente: «Nella preoccupazione di evitare che la Cina e la Russia controllino abbastanza materie prime da essere capaci di rivaleggiare con gli Stati Uniti», la Nato «si è aggiunta nel corso dell’estate la questione dell’Emirato islamico», il famoso Califfato. «Un’intensa campagna mediatica ha demonizzato l’organizzazione jihadista, i cui crimini non sono affatto nuovi, ma che deve solo attaccare il popolo iracheno». L’Isis è una cretatura occidentale. E, nonostante le apparenze, «la sua azione in Iraq è del tutto coerente con il piano Usa di dividere il paese in tre Stati separati», per sunniti, sciiti e curdi. «Per realizzare un progetto che costituisce un crimine contro l’umanità, perché presuppone la pulizia etnica, Washington ha fatto ricorso a un esercito privato che le spetta condannare pubblicamente intanto che però lo sostiene sottobanco». In realtà, infatti, i “tagliatori di teste” obbediscono agli ordini. Il Califfato è destinato a durare, assicura Meyssan: «Sebbene attualmente agisca soprattutto in Siria e in Iraq, è stato progettato per mettere a ferro e a fuoco a lungo termine la Russia, l’India e la Cina».

La questione dell’Emirato islamico non doveva pertanto essere aggiunta all’ordine del giorno anti-russo e anti-cinese di Newport, perché ne faceva già parte. Inoltre, non volendo rischiare di vedere un qualche Stato membro esprimere i propri dubbi su questa mascherata, Washington ha spostato il dibattito a margine del vertice. Obama ha riunito altri otto altri Stati, più l’Australia (che non è membro Nato, ma solo associata) per «mettere a punto il suo piano di guerra». Così, è stato deciso di associare anche la Giordania a questo dispositivo. In appena una mattinata, il vertice del Galles ha poi sbrigato la questione della lunga presenza occidentale in Afghanistan: «Certo, la Nato ritirerà le sue truppe da combattimento, come previsto, entro la fine dell’anno, ma manterrà il controllo dell’esercito afghano e della sicurezza del paese», ipotecando inoltre le prossime elezioni presidenziali. Quanto all’Est Europa, il vertice ha accettato di estendere il controllo Nato anche sull’Ucraina, «solo per vedere quale sarà la reazione russa», ma non è andato oltre: «L’Atto costitutivo sulle relazioni Nato-Russia non è stato revocato e Putinl’Ucraina non è stata incorporata nell’Alleanza. Ognuno ha preferito evocare un possibile cessate-il-fuoco tra Kiev e il Donbass».

Molto rumore per nulla, dunque? In apparenza, sì: «A meno che le cose importanti non siano state decise a porte chiuse, in occasione della riunione dei capi di Stato di venerdì 5 settembre, non sembra che le guerre segrete siano state discusse al vertice, ma solo a margine del vertice e solo con alcuni alleati». Già nel 2011, ricorda Meyssan, la Nato aveva violato le sue regole istitutive, non riunendo il Consiglio Atlantico prima di bombardare Tripoli. «Sembrava in effetti impossibile che tutti accettassero di perpetrare un tale massacro». Per questo, «in gran segreto», Usa e Regno Unito riunirono a Napoli la Francia, l’Italia e la Turchia, «per pianificare un attacco che ha causato almeno 40.000 morti civili in una settimana». Cinicamente, il report del vertice gallese «afferma che l’Alleanza ha protetto il popolo libico», citando le risoluzioni 1970 e 1973 delle Nazioni Unite, in realtà utilizzate «per cambiare il regime uccidendo 160.000 libici e facendo precipitare il paese nel caos». In ultima analisi, conclude Meyssan, negli ultimi anni la Nato ha raggiunto i suoi obiettivi in Afghanistan, Iraq, Libia e nel nord-est della Siria, «cioè solo ed esclusivamente in paesi o regioni organizzate in società tribali: non sembra dunque in grado di entrare in conflitto diretto con la Russia e la Cina».

Scritto il 23/9/14

Libre Idee

mercoledì 24 settembre 2014

Mentre Obama blatera, ISIS continua a espandersi e arricchirsi

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Sunday Times: Obama pronto ad usare truppe di terra in Siria


Sono passati due mesi e mezzo da quando, i primi di Luglio, il leader dei terroristi ISIS, nonché autoproclamato "califfo" Al Baghdadi, ha proclamato il "califfato islamico", una farsa che però -anche grazie al risalto mediatico - ha spinto migliaia di fondamentalisti islamici  di tutto il mondo a trasferirsi nei territori della Siria e dell'Iraq controllati da ISIS, che nel giro di due mesi ha triplicato l'entità del proprio esercito, giunto ormai a quota 100.000 jihadisti, nonostante gli USA minimizzino.

Obama ha annunciato che colpirà ISIS, che lo "distruggerà", ma fino ad oggi gli USA hanno fatto ben poco. Si sono limitati a respingere gli attacchi degli islamisti dal Kurdistan, impedendo loro di conquistare Erbil e le altre città curde.

Gli USA, i loro alleati e l'ONU hanno consentito all'ISIS, indisturbato, di conquistare metà territorio Siriano e metà Iraq, facendo finta di niente, nel totale silenzio mediatico; sono intervenuti - assai blandamente - solo quando la situazione era diventata troppo grave per continuare a far finta di niente, con centomila cristiani in fuga e decine di migliaia di Yazidi che pur di sfuggire ai terroristi sono scappati sulle montagne, dove molti sono morti di sete e di stenti, e il bilancio sarebbe stato più grave se la comunità internazionale non avesse tempestivamente paracadutato loro aiuti umanitari. Ma nonostante il "fuggi fuggi" i miliziani ISIS sono riusciti a rapire 3.000 donne, rinchiuse in bordelli e costrette a fare le prostitute dei jihadisti, dopo aver torturato e massacrato a sangue freddo i loro mariti.

Secondo quanto riportato da un articolo della testata inglese The Guardian datato 15 Giugno, in quella data gli uomini di Al Baghdadi erano entrati in possesso di un patrimonio di 2 MILIARDI di dollari, una disponibilità - che secondo alcune fonti è sottostimata - che nessun gruppo terroristico aveva mai avuto in precedenza, ottenuto saccheggiando tutte le banche e le gioiellerie delle città conquistate nell'ampio territorio sotto il loro controllo, che comprendegrandi città come Mosul, città con poco meno di 3 milioni di abitanti, dove secondo il governatore della regione hanno svuotato i caveau delle banche mettendo le mani su un tesoro da 429 milioni di dollariE poi ancora Tikrit (150.000 abitanti) Nassyria (632.000 abitanti) e numerose altre città irachene, mentre in Siria sono riusciti a conquistare Raqqa, città eletta a "capitale" dello stato islamico immaginario, dove vivono poco meno di 200.000 abitanti, e Aleppo, che di abitanti ne ha quasi 2 milioni, per citare solo le principali città controllate.

Oltre ad aver messo le mani su un consistente patrimonio economico, composto da banconote in contanti di diverse valute, tra cui dollari, euro, sterline ed in tono minore rubli, i terroristi dell'ISIS sono riusciti a mettere le mani su interi depositi di armi dell'esercito iracheno, che come abbiamo descritto nel dossier ISIS che abbiamo pubblicato pochi giorni fa, comprende decine di migliaia di kalashnikov e qualche milione di munizioni, migliaia di granate e lanciarazzi RPG, mortai, centinaia di carri armati, jeep blindate, mitragliatrici, ma anche missili scud, jet ed elicotteri da guerra; ai depositi di armi conquistati in Iraq vanno sommati quelli di cui si sono impossessati in Siria, seppure molto minori, dove hanno conquistato anche alcune basi aeree.

Come se non bastasse, ISIS ha assunto il controllo anche di pozzi e raffinerie di petrolio e giacimenti di gas. Fonti dell'intelligence israeliano, avrebbero censito i pozzi petroliferi finiti in mano all'ISIS, che sarebbero addirittura sessanta (vedi articolo) dai quali ricaverebbero introiti compresi tra i 3 ed i 6 milioni di dollari AL GIORNO: 90-180 milioni al mese, pari a 1-2 MILIARDI all'anno. Una capacità economica molto alta, che rende ISIS estremamente pericoloso.

Ai sessanta pozzi petroliferi dobbiamo aggiungere i giacimenti di gas, almeno cinque-sei, conquistati in Siria dopo sanguinose battaglie, costate la vita a centinaia di militari siriani e jihadisti dell'ISIS; citiamo di seguito alcuni casi. Per conquistare un giacimento di gas nella località di Al Shaer hanno perso la vita 270 persone; nella provincia di Homs la conquista di un giacimento di gas da parte dell'ISIS è costata la vita a 90 persone; la conquista di un giacimento vicino a Palmira invece è costato la vita a 23 guardie, mentre altre sono state catturate (e probabilmente uccise in seguito, come classico). I giacimenti di gas garantirebbero a ISIS una rendita di ulteriori 400-500.000 euro al giorno.

Infine, tra gli introiti del califfato c'è la cosiddetta "Jyzia", ovvero la tasse che gli islamisti impongono a tutti gli infedeli per avere salva la vita, stabilita in 450 dollari al mese. Considerando che diverse centinaia di migliaia di cristiani, yazidi e cittadini di altre minoranze sono scappati dai territori sottoposti al controllo dell'ISIS, dall'imposizione di questa tassa ricevono comunque una cifra compresa tra gli 8 ed i 12 milioni di dollari al mese, che si aggiungono alle entrate provento di saccheggi, petrolio, gas.

Grazie agli introiti sopra citati, Al Baghdadi può permettersi - oltre a mantenere un esercito di centomila uomini, ai quali viene offerto "diritto di preda" nei confronti degli "infedeli" - di offrire un discreto "stato sociale" ai cittadini dei territori sottoposti a ISIS; le famiglie più povere vengono aiutate, cosa che ha portato consensi all'autoproclamato califfo, e chi si sposa riceve un bonus di 1.200$ (che in Iraq ed in Siria sono una cifra di tutto rispetto) e persino la casa. (Vedi: http://on.fb.me/1pJDHxv)

LA DOMANDA CHE SORGE SPONTANEA è LA SEGUENTE: PERCHE' GLI USA NON SI ATTIVANO PER SOTTRARRE AL CONTROLLO DI ISIS I POZZI PETROLIFERI ED I GIACIMENTI DI GAS CHE HANNO CONQUISTATO?!?

Ma di questo non parla praticamente nessun media. Possibile che tagliare le fonti di finanziamento dell'ISIS possa non essere una priorità?!?

Anziché pensare a contrastare seriamente ISIS, Obama pensa a come destituire Assad; e ovviamente se il governo di Damasco dovesse cadere, al potere salirebbe ISIS, al quale nessun gruppo "ribelle" siriano sarebbe in grado di resistere, ma il problema non si pone, visto che quelli che Obama chiama "ribelli moderati" hanno firmato un UN ACCORDO DI NON BELLIGERANZA CON ISIS, in pratica un'alleanza...

domenica 21 settembre 2014

La Scozia non ha ottenuto l'indipendenza, ma ci sarà un nuovo "contratto di matrimonio"

Tra minacce e promesse di favori, la Corona ha "conquistato" gli scozzesi di nuovo. Leggere i vari favori, stile gli 80euro di Renzi...


La Scozia non ha ottenuto l'indipendenza, ma ci sarà un nuovo "contratto di matrimonio"
La Scozia non si separerà dalla Gran Bretagna, ma ora resta in attesa della revisione del "contratto di matrimonio" ossia del suo status come parte del Regno Unito. Due settimane prima del referendum erano state promesse ulteriori libertà costituzionali sotto forma di una maggiore autonomia e una nuova legge sulla Scozia.

Questo è ciò che ha convinto molti dei Celti. Il risultato del referendum per l'indipendenza scozzese è il seguente: circa il 53 per cento della popolazione ha votato contro la secessione. Circa il 47 per cento "per".
In linea di principio, un tale esito era previsto. Non era prevedibile solo la percentuale. Ma il primo ministro britannico, il conservatore David Cameron, ha passato una notte insonne nella sua residenza. Con l'alba del 19 settembre, dopo i risultati intermedi, dal n. 10 di Downing Street, dice "The Guardian", regna uno stato d'animo come se Londra avesse appena vinto la battaglia di Waterloo.
Sua Maestà non dovrà ridisegnare l’"Union Jack" con nuovi colori e i cartografi non dovranno disegnare nuove carte. La Gran Bretagna resterà membro del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (nessuno, in ogni modo, pensava che senza la Scozia potesse perdere il suo status). David Cameron resterà primo ministro (aveva promesso di lasciare, nel caso peggiore), la sterlina e la City non crolleranno senza il petrolio scozzese e i separatisti dell’intera UE non riceveranno una iniezione di adrenalina, così come speravano.
I sociologi hanno studiato i dati preliminari, dicono che tutto sarebbe andato a finire in modo diverso, se gli scozzesi non avessero manifestato la loro saggezza intrinseca e il loro senso di conservazione della famiglia. Nel campo avverso le donne hanno più che superato i loro connazionali maschili violenti e indisciplinati. Nel complesso, Londra ha qualcosa per cui gioire. Al momento…
Il primo ministro Cameron è rimasto fino a prima mattina proprio di fronte alla sua residenza e ha detto che Londra avrebbe rispettato e tenuto conto del parere della Scozia:
Potevamo cercare di bloccare lo svolgimento del referendum. Potevamo provare a rinviarlo per gli anni a venire. Ma quando si manifestano grossi problemi è meglio prendere una decisione anziché rifuggire da essi. Io credo appassionatamente nel Regno Unito. E più di ogni altra cosa volevo restasse indivisa. Ma sono anche un democratico. Ed era giusto dare al popolo scozzese il diritto di esprimersi.
In generale i risultati sono buoni. Ma, come al solito, ciò che è bene non dura a lungo. Le principali domande cui dovrà rispondere ora Cameron in quanto primo ministro, alla Gran Bretagna come Paese sono molto forti. E le domande sono state formulate da parte dei membri del suo partito e dall'opposizione, da dentro e dal di fuori dell'Unione Europea.
Se la Scozia otterrà una larga autonomia, che cosa accadrà in Irlanda del Nord e Galles? Se i parlamentari scozzesi decideranno tutte le questioni fiscali e di gestione amministrativa, come rapportarsi con l'Inghilterra? Nella Camera dei Comuni ci sono parlamentari della Scozia, essi dovrebbero essere ammessi a partecipare nel determinare il destino dell'Inghilterra e gli affari anglo – scozzesi? Gli altri parlamentari lo tollereranno?
Come ha detto, riconoscendo i risultati del referendum, Alex Salmond, primo ministro della Scozia e leader dello Scottish National Party, gli scozzesi hanno rivoluzionato la vita politica della Gran Bretagna e dimostrato che essi hanno il diritto di esigere ascolto:
L'affluenza al referendum è stata pari all’86 per cento degli aventi diritto al voto. Questo non è ancora mai successo in qualsiasi altro referendum nella storia delle elezioni di qualsiasi Paese democratico al mondo. È stato un trionfo del processo democratico. L’Unionist Party alla fine della campagna ha promesso di ampliare i poteri della Scozia. Vediamo come lo faranno. Ci aspettiamo che tutte le promesse saranno rispettate completamente e rapidamente.
Al di fuori del Regno Unito l’esercizio referendario scozzese ha causato un’impennata di alcuni movimenti secessionisti, mentre ha causato irritazione negli avversari. Perché gli scozzesi possono votare per la sovranità, e, per dire, Madrid fa naufragare l’aspettativa catalana? Perché gli altri governi e leader dell’UE negano gli stessi diritti, per esempio, ai fiamminghi in Belgio, ai Corsi in Francia, ai baschi in Spagna, alla regione settentrionale italiana, agli ungheresi in Romania? Perché esattamente lo stesso referendum in Crimea è considerato un "Anschluss" (annessione) e in Scozia un diritto legale del popolo?
Il caporedattore di "Problemi di strategia nazionale" dell’Istituto Russo per gli Studi Strategici Azhdar Kurtov ritiene che il referendum sarà foriero di problemi futuri non solo per Londra, ma per il resto d'Europa:
Credo che la storia si ripeterà come accade regolarmente, in questa materia, nel Quebec, provincia canadese, dove i referendum si tengono da diverso tempo, ma la maggioranza non ha ratificato la secessione dal Canada. In ogni caso, questa storia dimostra che il Regno Unito, così come tutta l'Unione Europea, sta attraversando momenti difficili.
Ora dobbiamo aspettare per vedere come il governo dei Tory adempirà le sue promesse "scozzesi". Il progetto di legge sulla Scozia dovrebbe essere pubblicato in occasione della giornata dedicata a Robert Burns il 25 gennaio 2015. L’anniversario del loro poeta nazionale è celebrato dagli scozzesi come una festa. Ma nel 2015 ci saranno le elezioni generali quindi questo progetto sarà preso in carico dal nuovo Parlamento non prima di questo evento, ma molto probabilmente in autunno. Alex Salmond è determinato a restare leader del Partito nazionale scozzese e a condurre la Scozia alle elezioni nel 2016. E ha detto che se tutte le promesse non saranno soddisfatte, indirà un nuovo referendum.
Per saperne di più: La voce della Russia

venerdì 19 settembre 2014

SQUALLORI E MISERIE DELL'EURORENZISMO

Come qualcuno aveva paventato, gli eccessi comunicativi di Renzi in campo europeo hanno contribuito ad inasprire il clima ed a renderlo più favorevole a strette della finanza pubblica sempre più drastiche. Le dichiarazioni ed i tweet a base dell'ossimoro: "non accettiamo lezioni, ma faremo ugualmente i bravi, anzi, i più bravi", non sono serviti a placare l'arroganza della burocrazia europea, come ha dimostrato la sortita del commissario finlandese; in compenso hanno contribuito, eccome, a rendere ancora più ineludibile per l'Italia l'osservanza del famoso vincolo del 3%, invece tranquillamente ignorato dalla Francia. Il classico mettersi nel sacco da soli.
Il continuo richiamo di Renzi alle promesse mancate di investimenti da parte del presidente della Commissione UE, Juncker, ha assunto poi un carattere patetico, dato che le promesse sono appunto promesse. Sarebbe inoltre tutto da dimostrare che gli "investimenti" creino davvero nuova occupazione, e non contribuiscano invece a mettere in forse quella che c'è, attraverso le solite "grandi opere" utili solo a distruggere storici tessuti sociali e produttivi.
Anche la comunicazione ufficiale pro-renziana ha assunto ormai uno strano doppio taglio. Ad articoli di apparente incitamento e sostegno, corrispondono piogge di commenti dei "lettori", che vanno in tutt'altro senso, cioè ad auspicare l'arrivo in Italia del castigamatti Troika. Questi finti commenti, chiaramente preconfezionati, servono a creare l'illusione di un moto spontaneo di opinione pubblica che si lamenta di un presunto "eccesso di democrazia" (l'eccesso di una cosa che non esiste), che si risolverebbe in eccesso di spesa.
C'è poi un Eugenio Scalfari sempre più vaniloquente, che non si limita ad invocare il commissariamento dell'Italia da parte della Troika UE-BCE-FMI, ma si lancia in elogi della "oligarchia", ritenuta la giusta e necessaria forma di governo. Per ora, secondo Scalfari, si tratterebbe ancora di una oligarchia "elettiva", forse come quella della Troika, che non è stata eletta da nessuno. Scalfari dimostra l'approssimazione dei suoi studi liceali, attribuendo l'auspicio del governo oligarchico a Platone (che semmai parlava di aristocrazia); ma è chiaro che si tratta di fumo pseudo-culturale che va nel senso di portare a compimento la delegittimazione dell'impianto costituzionale. Sarà un caso che Scalfari sia anche uno sperticato supporter di Giorgio Napolitano, il "custode della Costituzione"? Ma chi custodisce il custode? La NATO.
L'eurorenzismo si rivela così un'operazione politica di avvilimento complessivo ed irreversibile: il velleitarismo renziano viene spacciato come ultimo, disperato, rantolo dell'indipendenza italiana. Entro un anno la questione dell'euro potrebbe essere superata dai fatti per il crollo di tutta l'impalcatura fittizia che sostiene la moneta unica. Ma ciò non comporterebbe alcun allentamento della sottomissione coloniale in atto, poiché la sudditanza alla Troika verrebbe giustificata con le inguaribili tare storiche del popolo italiano. La mitica "cessione di sovranità" viene così sganciata persino da questo o da quell'obiettivo da raggiungere, ed il pretesto dell'emergenza finanziaria viene sostituito dall'emergenza razziale dovuta alla strutturale inferiorità del popolo italiano.
Il risultato pratico di questa campagna propagandistica, è di porre la questione della sopravvivenza della moneta unica su uno sfondo sempre più sfocato; ed in effetti il problema a questo punto non è la sopravvivenza dell'euro, e neppure della Unione Europea, ma di stabilire che nessun ostacolo procedurale o legale può essere opposto alle lobby degli affari insediate nelle organizzazioni internazionali, a cominciare dal Fondo Monetario Internazionale.
Infatti, mentre i "troikisti" si lamentano di inesistenti assunzioni di nuovi insegnanti, il Ministero dell'Istruzione finanzia una speculazione immobiliare dell'Università di Bologna, che svende palazzi storici per costruire un "campus" all'americana di cui nessuno sentiva il bisogno. Il tutto per edificare dei "College" che servano da preliminare all'Università vera e propria; dei "College" che elargirebbero a pagamento - ed a credito - la stessa qualità di istruzione che in passato forniva un liceo pubblico appena funzionante.
Per ora il TAR ha bloccato la "sperimentazione" del Liceo ridotto a quattro anni, avviata dalla ex ministra Carrozza. Ma questa "sperimentazione", avviata in gran segreto, è comunque indizio di una volontà precisa, che si succede di governo in governo, in quanto espressa dal FMI. La "cessione di sovranità" dovrebbe per l'appunto evitare altri inconvenienti del genere sulla strada delle cosiddette "riforme".

giovedì 18 settembre 2014

Ecco perché la Scozia deve rimanere colonia

USA,Europa e Regno Unito temono l'indipendenza della Scozia
Politici ed economisti USA e UE stigmatizzano la vittoria dei SI in Scozia, come si dice "la paura fa 90", fanno a gara tutti dalla Regina d'Inghilterra a tutti i politici UE a chi le spara più grosse sul disastro indipendenza  della Scozia. La realtà dell'indipendenza scozzese è un'altra , significa la possibilità di aprire spazi di democrazia e di riaffermare la sovranità delle nazioni su quella delle élite private mondialiperciò apre e da spazio alla sovranità dei popoli e degli stati, che finora sono piegati da politicanti servi che fanno solo l'interesse di massoni, élite, lobby e delle multinazionali d'oltre oceano, dalle affermazioni riportate nell'articolo di RT si capisce bene cosa vogliono fare alla Scozia questi energumeni. Sa Defenza

Analisti politici ed economisti americani continuano a fare previsioni apocalittiche sulla Scozia nel caso diventasse indipendente. Ma perché Washington è così allarmata a riguardo?
"Siamo interessati ad un Regno Unito che rimane forte, solido e unito", ha riferito Josh Earnest, portavoce della Casa BiancaVotare 'sì' nel referendum per l'indipendenza sarebbe un errore economico per la Scozia e un disastro geopolitico per l'Occidente. O, almeno, questo è quello che pensano esperti americani intervistati dal quotidiano 'The Financial Times'.

Alan Greenspan, ex presidente della Federal Reserve spiega che in realtà le conseguenze economiche di una Scozia indipendente sarebbero "sorprendentemente negative”. Secondo lui, non vi sarà alcuna possibilità che Londra accetti l'unione monetaria, gli scozzesi dovrebbero smettere di usare la sterlina molto rapidamente.
"Ho il sospetto che non funzionerà bene per gli scozzesi," afferma Robert Bruce Zoellickex vice segretario di Stato ed ex presidente della Banca Mondiale. Nell'analizzare l'impatto che l’indipendenza scozzese avrebbe su Washington, diventa chiaro perché l'élite americana preferisca dare previsioni così pessimistiche.
"La disintegrazione del Regno Unito sarebbe un declino per la Gran Bretagna e una tragedia per l'Occidente, proprio nel momento in cui l'America ha bisogno di forti alleati", ammette lo stesso Zoellick.
La perdita della Scozia indebolirebbe l'influenza del Regno Unito nell'Unione europea. Attualmente, il paese, con la Germania e la Francia è la grande triade del blocco. In caso di perdita della popolazione scozzese, sarebbe al quarto posto dietro l'Italia. Ciò significherebbe un minor numero di seggi al Parlamento britannico e meno influenza nel prendere decisioni politiche. "Nell'Unione europea, le dimensioni contano", ha detto Almut Moeller, esperto nel Consiglio delle relazioni estere in Germania, come riportato da Fox News.
Una Scozia indipendente non solo risulterà fuori dall'Unione europea, ma può anche causare l'uscita del Regno Unito dal blocco comunitario. Anche perché gruppi politici in Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord, che sostengono di lasciare l'Unione europea, diventeranno proporzionalmente più forti nel parlamento nazionale. "È il nostro incubo: l'indipendenza della Scozia seguito dall'uscita del Regno Unito dall'Ue", ha ammesso un funzionario americano a condizione di rimanere anonimo al 'The Financial Times ', sostenendo che questo renderebbe Londra un partner molto più debole.
Un altro motivo di preoccupazione per i responsabili politici americani è la cooperazione militare. Come ha detto il senatore repubblicano John McCain a 'The Financial Times', l’indipendenza scozzese provocherà danni all’intelligence militare e alle relazioni che Washington ha con Londra, il suo più importante alleato militare.
Una volta fuori dal Regno Unito, la Scozia sarà anche automaticamente fuori della NATO. In attesa del processo di reinserimento (molto lungo, tra l'altro), è necessario iscriversi e raggiungere nuovi accordi per pattugliare le rotte vitali nel Nord Atlantico e nel Mare del Nord. Se la Scozia scegliesse di non aderire, sorgerebbe un dilemma per la NATO senza precedenti: cosa fare con la perdita di un territorio dell'Alleanza sviluppato e governato democraticamente che ha scelto la neutralità, sottolinea Daniel Troupesperto canadese del Consiglio della NATO citato da Fox News.
Un altro dettaglio: i sostenitori della sovranità scozzese insistono sul fatto che il paese dovrebbe sbarazzarsi delle armi nucleari. Si dovrà trovare, quindi, un altro porto dotato di missili balistici intercontinentali Trident II D5, testate termonucleari, per ancorare quattro sottomarini della Royal Navy attualmente dispiegati nelle acque del fiume Clyde. È un rischio che "mina la deterrenza e difesa collettiva degli alleati della NATO,ha commentato il Ministero della Difesa del Regno Unito. Washington preferirebbe continuare a vedere Londra come una potenza nucleare, ma se la Scozia sarà indipendente, molti analisti metteranno in dubbio la possibilità che un Regno Unito minore possa continuare a sostenere i costi delle sue forze nucleari.
Gli analisti politici americani temono anche che il referendum Scozia influenzerà la posizione della Casa Bianca sulla crisi ucraina. Da un lato, esso potrebbe indebolire la capacità di USA e UEdi dare una risposta comune a causa dell'influenza ridotta del Regno Unito all'interno del blocco. Dall'altro, 'incentiverebbe' Mosca. "La Russia potrebbe sostenere che in realtà i movimenti separatisti sono perfettamente legittimi, sia in Crimea o in Ucraina orientale", ha detto a 'The Financial Times' Ivo Daalder, ex inviato degli Stati Uniti nella NATO.
 RT
tradusiu editau Sa Defenza

giovedì 11 settembre 2014

Il reddito di cittadinanza ora anche in Grecia. In Italia, solo riforme del FMI


Draghi ha di nuovo ricordato che per sostenere la ripresa (per i fondelli) c'è bisogno di .......rullo di tamburi....riforme. Quelle del FMI per intenderci. Quelle che, come apertamente chiarito da Renzi, non servono mica a dare da mangiare agli italiani. Ecco estratto:


La Bce chiede all’Italia di «rafforzare ulteriormente la posizione di politica fiscale cosi’ da adempiere alle norme del Patto di stabilità e di crescita, in particolare per quanto riguarda la riduzione del rapporto debito pubblico/Pil». Per quanto riguarda la flessibilità e le riforme, la Bce dice che «la flessibilità consentita nell’ambito delle regole permette di far fronte agli oneri di bilancio connessi a grandi riforme strutturali, nonché di sostenere la domanda». FONTE


Per fortuna che in Italia la società civile moralmente superiore che detiene il controllo delle piazze e della cultura doveva pensare a tutelare i deboli. Vedi ultimi esempi, salvataggi MPS e Decreto Bankitalia, bella ciao. Alla UE è dovuto il sangue degli italiani e cieca obbedienza, pena attribuzione dell'epiteto razzista-xenofono-euroscettico con "messa alla gogna" dai detentori dell'opinione pubblica. Ma quando la Ue dispose il reddito di cittadinanza oltre 20 anni fa e prontamente introdotto da tutti gli altri paesi eccetto Italia e Grecia, la società civile che tanto pensa agli ultimi mai si interessò di lottare per obbligare i governi succedutisi alla sua introduzione. Un assist alla finanza? Al massimo questa parte moralmente superiore parla di reddito minimo, che è un'altra cosa,ossia spetta a ch lavora e chi non lavora CREPI PURE. Tanto i suicidi per crisi non esistono. L'importante che siano gli stranieri a percepire 30 euro al giorno (inutile sostenere sia una bufala, ci sono i fax dei prefetti a disporne l'erogazione, che ovviamente sono falsi, secondo alcuni, i migranti infatti campano d'aria e lavorano tutti sempre secondo loro).


REDDITO DI CITTADINANZA: ANCHE LA GRECIA E’ PIU’ AVANTI DELL’ITALIA
AGOSTO 25, 2014 CONVERGENZA SOCIALISTA
di Rainero Schembri

In una precedente rubrica abbiamo dichiarato: “L’Italia, oltre ad essere uno degli ultimi sette Paesi UE a non avere un salario minimo non ha nemmeno un reddito minimo garantito, in compagnia questa volta della sola Grecia”. Errore. Ce lo ricorda l’Ambasciatore della Grecia in Italia Themistoklis Demiris. “Gli sforzi del governo ellenico”, ha dichirato l’Ambasciatore, “per venire incontro e aiutare il ceto più debole della popolazione si concentrano in quattro settori.

a) un programma pilota che garantisce il salario minimo in due aree del Paese con diverse caratteristiche socioeconomiche. Si tratta di un sussidio di reddito alle persone e famiglie che vivono in condizioni di estrema povertà.

b) La distribuzione di un sussidio sociale, che ammonta a 450 milioni di euro proveniente dal surplus primario del governo per l’anno 2013, a sostegno dei cittadini e delle famiglie a basso redito e con un piccolo patrimonio immobiliare calcolato sulla base di criteri specifici già stabiliti.

c) La distribuzione di ulteriori 20 milioni derivanti dal surplus primario per le persone senza fissa dimora, con una priorità per i programmi o azioni finalizzati a garantire la sistemazione, l’alimentazione e i servizi di previdenza sociale (o assistenza sanitaria) ai senza tetto.

d) L’efficace utilizzo del Fondo Europeo di Aiuti ai più bisognosi economicamente (FEAD). Le ricordo che l’UE volendo diminuire di 20 milioni il numero di coloro che si trovano in pericolo di povertà o di esclusione sociale, ha deciso quest’ anno la creazione di questo Fondo che prevede la distribuzione di 3 miliardi e 500 milioni di euro per il periodo 2014-2020. Secondo i calcoli dell’UE, alla Grecia spettano 249,3 milioni di euro che dovrebbero corrispondere, su base annua, a 41,5 milioni di euro.



mercoledì 10 settembre 2014

Servizi quotati in Borsa e manutenzione "fai da te". Lo Stato getta la spugna

per la saga svendesi vedasi anche Povera Italia, anche la riscossione tributi finisce in mano agli stranieri

All'interno della boutade parlamentare di queste settimane, che tra ciò che resta del mese di settembre e soprattutto ottobre si appresta a far arrivare in aula una selva di provvedimenti da approvare, ivi incluso il patto di stabilità che in pratica sarà una nuova manovra da circa 20 miliardi (almeno tale è la cifra che si fa in queste ore), è facile perdere di vista alcuni dettagli fondamentali di quanto sta accadendo o per accadere. 

Ma è proprio nei dettagli che sfuggono, invece, che si annidano i più grandi cambiamenti in corso. Mentre per le cose macroscopiche è facile accorgersi di quanto accade - ammesso che ci se ne voglia accorgere o che non si sia del tutto ipnotizzati dal nulla che ci circonda - per le cose più piccole è più difficile coglierne la portata epocale.

Tra queste ve ne è una, nel minestrone comunicativo che sta passando all'opinione pubblica come "Sblocca Italia", che segna un cambiamento profondo non solo dal punto di vista del linguaggio, ma proprio da quello fattuale. E che riguarda l'Italia nel suo complesso.

Il tema è quello dell'esproprio dalle funzioni e dalle "proprietà pubbliche" di alcuni elementi essenziali i quali vengono spinti, con l'agevolezza tipica del metodo di mala informazione che non consente ai cittadini di conoscere e capire quanto sta accadendo, verso le tasche, o meglio i portafogli, della speculazione. Di chi, cioè, in luogo dal voler svolgere un servizio pubblico, intende invece guadagnare.

A suo tempo, quando correva ancora l'era Berlusconi, ci si provò con l'acqua pubblica, e una mobilitazione di massa, sfociata poi nel referendum, bocciò la possibilità che un bene di tale portata e significato andasse a finire del tutto nelle mani private. Oggi, al terzo governo incostituzionale avallato da Napolitano, ci si prova con altri settori e, appunto, con un cambiamento epocale.

Lo Sblocca Italia di Renzi infatti obbliga - letteralmente: obbliga - gli enti locali che gestiscono alcuni servizi come il trasporto pubblico o il servizio rifiuti a collocarne in Borsa il 60%. In alternativa, si potrà collocare una quota ridotta ma a patto che la parte eccedente venga privatizzata fino alla cessione del 49.9%.

Si nota subito il cambio di passo e la direzione verso la quale si obbliga ad andare. Se fino al 2011, come detto, si puntava alle privatizzazioni, ora si impone di saltare anche questo passo rendendo legge l'obbligo di approdare direttamente in Borsa.
In caso in cui l'ente locale tipo non accettasse tale imposizione, entro un anno dal varo della norma dovrà indire una nuova gara per l'appalto con il rischio di un prolungamento della concessione per la modica durata di 22 anni e 6 mesi.

Naturalmente gli enti locali saranno letteralmente costretti a collocare in Borsa i servizi, perché in questo modo atterranno un po' di ossigeno per le loro casse esangui. Le somme derivanti dalla cessione delle quote potrebbero essere utilizzate, ad esempio dai Comuni, in deroga alle tenaglie attuali del patto di stabilità. I pratica dovranno farlo obtorto collo. Al momento, né da Fassino né da alcun altro esponente dell'Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) si è levato un solo parere almeno contrario, figuriamoci di sdegno.

Già adesso, qualcuno se ne sarà accorto, si vocifera della possibilità, da parte dei Comuni, di affidare, ovvero cedere - per usare un eufemismo - ai cittadini privati la manutenzione di alcune infrastrutture di stretta vicinanza offrendo loro in cambio uno sconto sulla Tasi (in aumento esponenziale per tutti rispetto all'Ici di una volta): è in pratica una ammissione di bancarotta. Il Comune, non avendo denaro per poter, ad esempio, riparare un manto stradale danneggiato (e sappiamo in quali condizioni versino alcune strade di pertinenza comunale) offrono al cittadino privato la possibilità di farsi carico direttamente della sua riparazione con la promessa di avere in cambio uno sconto, ancora non quantificato, sulle tasse da pagare. In altre parole, il Comune ammette di non avere denaro per poter far fronte alla manutenzione di alcunché, e dunque incita i cittadini a fare a livello personale ciò che lo Stato non è in grado di fare.

Sia nel primo sia nel secondo caso, ribadiamo, si tratta di cambiamenti epocali. Un servizio essenziale, come la raccolta rifiuti oppure il trasporto pubblico, ceduto ai mercati, entrerebbe fatalmente nell'alveo della speculazione più pura. Ad esempio con la perversa logica che vuole, in occasione del taglio di posti di lavoro, che le azioni della azienda interessata acquistino valore dall'operazione. Gli azionisti, puntando al massimo guadagno, spingerebbero i board delle nuove Spa a operare tutta una serie di cambiamenti sul servizio con il solo obiettivo di far salire la quotazione in Borsa. E i propri dividendi. Con buona pace dell'efficienza del servizio stesso.

Sull'altro versante, si assiste poi ai primi segnali evidenti dell'abbandono dello Stato nei confronti delle sue funzioni. Non avendo denaro per fare più nulla, si spinge il privato a fare da sé. È un precedente importante. Perché di pari passo si potrebbe arrivare fatalmente a spingere il privato a fare da sé anche in altri settori ove lo Stato non arriva: oggi la manutenzione e domani? La sanità? L'ordine pubblico?

Non si tratta di una provocazione: è la realtà che sta cambiando di giorno in giorno.

Dal punto di vista della governance è un passaggio chiave: è in atto la trasformazione più brutale del "pubblico" da erogatore di servizi (dopo aver raccolto le tasse) a oggetto per l'espansione degli interessi finanziari e speculativi sulla società e fin dentro ai servizi essenziali locali. È come se d'un tratto le "privatizzazioni" fossero state ormai superate e diventate obsolete, tanto dal far scattare una offensiva ancora maggiore, e imposta per legge, "viste le necessità economiche del momento", verso l'ulteriore stadio della speculazione: cioè direttamente in Borsa.

Il quadro che si delinea è chiaro da interpretare e scuro per le ricadute sulle società: i servizi più ghiotti verranno divorati dalla gestione dei mercati, quelli meno nobili e di maggiore prossimità al cittadino verranno lasciati dalla gestione statale alla "buona volontà" del singolo cittadino. Che a questo punto, viene facile da sottolineare, non si capisce che cosa dovrebbe più riconoscere allo Stato.

Valerio Lo Monaco
Il ribelle

martedì 9 settembre 2014

L’Italia in «missione prolungata» di guerra sotto comando USA

Domani – alla vigilia del 13° anniversario dell’11 settembre che segnò l’inizio della «guerra globale al terrorismo»  incentrata su Al Qaeda e l’invasione dell’Afghanistan e dell’Iraq da parte di coalizioni a guida Usa – il presidente Obama annuncerà, in un solenne discorso alla nazione, il lancio di una nuova offensiva a guida Usa mirante, secondo quanto ha dichiarato domenica in una intervista alla Nbc, ad «affrontare la minaccia proveniente dallo Stato islamico dell’Iraq e della Siria (Isis)». Pur non inviando ufficialmente forze di terra in Iraq e Siria, il presidente promette: «Degraderemo sistematicamente le capacità dei militanti sunniti dell’Isis, restringeremo il territorio che controllano e, infine, li sconfiggeremo».

La strategia è stata ufficializzata nella Dichiarazione finale del recente Summit Nato, in cui si afferma (al punto 37) che «l’Isis, con la sua recente avanzata in Iraq, è divenuto una minaccia transnazionale». Chi ne è responsabile? I 28 governi Nato (compreso quello Renzi) non hanno dubbi: «Il regime di Assad che ha contribuito all’emergere dell’Isis in Siria e alla sua espansione al di là di questo paese». Si capovolge così la realtà:

come già ampiamente documentato, i primi nuclei del futuro Isis si formano quando, per rovesciare Gheddafi in Libia nel 2011, la Nato finanzia e arma gruppi islamici fino a poco prima definiti terroristi (esprimendo ora, nella Dichiarazione del Summit, «profonda preoccupazione per le attuali violenze in Libia»).
Dopo aver contribuito a rovesciare Gheddafi, essi passano in Siria per rovesciare Assad. Qui, nel 2013, nasce l’Isis che riceve finanziamenti, armi e vie di transito dai più stretti alleati degli Stati uniti: Arabia Saudita, Qatar, Kuwait, Turchia, Giordania. In base a un piano sicuramente coordinato dalla Cia.

L’Isis lancia poi l’offensiva in Iraq, non a caso nel momento in cui il governo presieduto da Nouri al-Maliki sta predendo le distanze da Washington, avvicinandosi sempre più alla Cina. Essa compra circa la metà della produzione petrolifera dell’Iraq, fortemente aumentata, ed effettua grossi investimenti nella sua industria estrattiva. Lo scorso febbraio, i due governi firmano accordi che prevedono forniture militari da parte della Cina. Lo scorso maggio al-Maliki partecipa, a Shanghai, alla Conferenza sulle misure di interazione e rafforzamento della fiducia in Asia, insieme al presidente russo Vladimir Putin e ad Hassan Rouhani, presidente dell’Iran. Paese con cui il governo al-Maliki aveva firmato nel novembre 2013 un accordo che, sfidando l’embargo voluto da Washington, prevede l’acquisto di armi iraniane. Su questo sfondo si colloca l’offensiva dell’Isis, che incendia l’Iraq trovando materia infiammabile nella rivalità sunniti-sciiti.

L’Isis svolge quindi di fatto un ruolo funzionale alla strategia Usa/Nato di demolizione degli stati attraverso la guerra coperta. Ciò non significa che la massa dei suoi militanti, proveniente da diversi paesi, ne sia consapevole. Essa è molto composita: ne fanno parte sia combattenti islamici, formatisi nel dramma della guerra, sia ex militari dell’epoca di Saddam Hussein che hanno combattuto contro gli invasori, sia molti altri le cui storie sono sempre legate alle tragiche situazioni sociali provocate dalla prima guerra del Golfo e dalle successive nell’arco di oltre vent’anni. Ne fanno parte anche diversi provenienti da Stati uniti ed Europa, dietro le cui maschere certamente si nascondono agenti segreti appositamente formati per tali operazioni.

Detto questo, vi sono fatti incontrovertibili i quali dimostrano che l’Isis è una pedina del nuovo grande gioco imperiale in Medio Oriente. Nel maggio 2013, un mese dopo aver fondato l’Isis, Ibrahim al-Badri – il «califfo» oggi noto col nome di battaglia di Abu Bakr al-Baghdadi – incontra in Siria il senatore statunitense John McCain, capofila dei repubblicani incaricato dal democratico Obama di svolgere operazioni segrete per conto del governo. L’incontro è documentato fotograficamente (v. l’articolo di Thierry Meyssan suhttp://www.voltairenet.org/article185102.html#nb8). Molto sospetto è anche l’illimitato accesso che l’Isis ha alle reti mediatiche mondiali, dominate dai colossi statunitensi ed europei, attraverso cui diffonde i filmati delle decapitazioni che, suscitando orrore, creano una vasta opinione pubblica favorevole all’intervento della coalizione a guida Usa in Iraq e Siria. Il cui reale scopo strategico è la rioccupazione dell’Iraq e la demolizione della Siria.

Si apre così, preparata da 145 attacchi aerei effettuati in Iraq in un mese dall’aviazione Usa,  una «missione prolungata» di guerra che – precisa A. Blinken, vice-consigliere di Obama per la sicurezza nazionale  – «durerà probabilmente oltre l’attuale amministrazione». Guerra in cui il governo Renzi, scavalcando il Parlamento, si è già impegnato a far partecipare l’Italia. I nostri cacciabombardieri sono pronti, ha annunciato la ministra della «difesa» Pinotti, per «un’azione militare, che bisognerebbe avere il coraggio di fare».

martedì 2 settembre 2014

‘Nel conflitto ucraino, si può osservare il rapporto tra petrolio, gas e NATO’


LEGGI ANCHE L’ingresso strisciante americano in Siria si impiccherà in Ucraina.

Secondo Daniele Ganser, specialista sulla NATO, assistiamo in Ucraina al prossimo passo dell’espansione di tale organizzazione. La Germania dovrebbe seguire perché gli statunitensi hanno il comando e vogliono impedire la nascita di un nuovo asse Mosca-Berlino. Gli Stati Uniti perciò mettono gli Stati europei uno contro l’altro, per continuare a controllarli. La NATO è la più grande e potente alleanza militare da anni. “Deutsche Wirtschafts Nachrichten” ha parlato con lo storico ed esperto della NATO Daniele Ganser sulla sua struttura, il ruolo della Germania nell’organizzazione, la sua influenza nell’UE e il coinvolgimento nel conflitto in Ucraina.

Deutsche Wirtschafts Nachrichten: Il danese Rasmussen s’é appena dimesso da Segretario Generale. Il suo successore sarà probabilmente il norvegese Stoltenberg. Cosa ne pensa dell’influenza degli europei nella NATO?
DG: Penso che l’influenza degli europei nella NATO sia minima, perché è guidata dagli Stati Uniti. Dato che gli europei possono ancora nominare il Segretario Generale, ciò appare spesso nei media europei. Pertanto, sembra che il Segretario Generale sia la persona più importante nella NATO. Tuttavia, non è vero! La persona più influente nella NATO è il SACEUR (Comandante supremo delle forze alleate in Europa) ed è sempre un generale statunitense. La leadership militare è più potente del Segretario Generale ufficiale. L’ex presidente Nixon, una volta disse: “L’unica organizzazione internazionale che non ha mai funzionato è la NATO, semplicemente perché è un’alleanza militare che controlliamo”.

In che modo la NATO impone i suoi interessi all’UE?
Gli ambasciatori della NATO presso tutti i Paesi membri, sono ambasciatori inviati da ciascun Paese al fine di essere informati dei progetti della NATO sui conseguenti passi. I canali sono operativi in modo che la NATO, e in primo luogo gli Stati Uniti, dica: E’ così e ora va fatto. Fu così in particolare con l’11 settembre e la guerra all’Afghanistan. Sostanzialmente gli europei obbediscono. Non hanno mai detto: dobbiamo agire in maniera indipendente. Una politica estera e di sicurezza comune europea non esiste. Siamo ancora indecisi: dovremmo andare in Iraq con gli statunitensi? Gli inglesi si, ma non i francesi. O dovremmo bombardare con gli USA la Libia, Paese dell’OPEC? I francesi l’hanno fatto, non i tedeschi. Gli Stati Uniti hanno molto successo nel mettere contro tra essi i Paesi europei. In questo momento, usano la Germania contro la Russia, naturalmente per gli interessi statunitensi. Questo è il vecchio sistema del “divide et impera”. Non è obiettivo di Washington che UE e Russia cooperino e costruiscano una grande area economica, oltre ad avere i maggiori giacimenti di petrolio e gas. Non sarebbe nell’interesse degli Stati Uniti.

A causa della mancanza di trasparenza, è difficile avere i dettaglia del finanziamento della NATO, come i deputati olandesi hanno scoperto di recente. Sa qualcosa di concreto a riguardo?
No, perché la NATO non è in realtà un’organizzazione trasparente. Condivido la frustrazione del Parlamento olandese, perché ho cercato di avere informazioni sugli eserciti segreti della NATO. Hanno ignorato le mie domande e non sono stato informato di nulla. Alcuni pensano che la NATO sia un’organizzazione democratica e trasparente. Tuttavia non è così. È un’organizzazione militare che si sforza continuamente di mantenere i suoi segreti. Il budget del Pentagono è in ultima analisi assai rilevante e arriva a circa 700 miliardi di dollari l’anno o due miliardi al giorno. Quindi la domanda è, naturalmente, se un giorno del Pentagono equivale a un giorno della NATO, come viene calcolato. Ma queste sono operazioni contabili e possono essere calcolate in modi diversi.

Qual è il ruolo della NATO nel conflitto in Ucraina?
La mia opinione è che la guerra in Ucraina sia centrata su NATO e gas. La NATO dal 1990 ha avviato la corsa verso est. Il primo passo fu la rimozione della DDR dal Patto di Varsavia e l’annessione alla NATO. Perciò dovevano in quel momento accordarsi con Gorbaciov. Cioè che la fusione tra RFT e RDT, molto importante e che saluto molto, fu possibile solo con l’accettazione della Russia, con l’adesione della Germania unificata alla NATO. Ma i russi espressero anche il rifiuto dell’allargamento della NATO. E Gorbaciov disse che la NATO l’aveva garantito. Tuttavia, la NATO non mantenne la parola. Estonia, Lettonia e Lituania furono accolte nella NATO, come Polonia, Romania, Bulgaria, Ungheria, Slovenia, Repubblica Ceca e Slovacchia. Successivamente anche Albania e Croazia. Se si considera il punto di vista russo, la NATO tradì la sua parola e ora ancora cerca di prendersi gli elementi mancanti, Ucraina e Georgia, per circondare la Russia. I media occidentali dicono sempre che i russi sono irrazionali e si comportano in modo strano. In realtà si comportano come un giocatore di scacchi che, mossa dopo mossa, perde un giro qui, un cavallo lì e ancora una pedina. I russi sono infastiditi. L’espansione della NATO non viene in alcun modo menzionata dai media occidentali, nemmeno presa in considerazione. È possibile vederla semplicemente prendendo una mappa della NATO nel 1990 e nel 2014.


La NATO vuole solo accerchiare la Russia o vuole anche le risorse del Paese?
E’ la stessa cosa. Arabia Saudita e Russia condividono il primo posto internazionale per lo sfruttamento del petrolio. I russi producono circa 10 milioni di barili al giorno. Anche i sauditi producono circa 10 milioni di barili al giorno. La Russia è il Paese più grande del mondo e ha molti grandi giacimenti di gas. La guerra globale per le riserve di petrolio e gas è anche una lotta contro la Russia. Putin impedirà che l’Ucraina si unisca alla NATO. Dal punto di vista russo, la caduta di Janukovich è stata orchestrata dai servizi segreti occidentali. Come la veda o meno Putin, non importa. Per lui è legittimo dire che “quando arriva l’inverno, potrei chiudere il gas. Oppure posso dire, mi devi altri soldi per il gas”. Ciò significa che nel conflitto ucraino si può osservare il rapporto tra petrolio, gas e NATO in tutta la sua gloria.

Quali sono le indicazioni secondo cui il colpo di Stato in Ucraina fu orchestrato dai servizi segreti occidentali?
Ciò che sappiamo finora è che il 2014 è l’anno del licenziamento di Janukovych e dell’insediamento di Poroshenko. È un dato di fatto. E se guardiamo attentamente, ne vedremo le sottigliezze. Quando fu rimosso? Fu rovesciato nel febbraio 2014 e ora veniamo al nodo cruciale, cioè il peggioramento delle proteste con tiratori scelti a Maidan. E’ interessante notare, i cecchini, secondo le mie informazioni, spararono su manifestanti e agenti di polizia. Molto insolito. Si può pensare che si trattasse di un’azione d’intelligence per precipitare l’Ucraina nel caos. Ciò che l’indica è la conversazione telefonica tra Urmas Paet, ministro degli Esteri dell’Estonia e Catherine Ashton, Alto rappresentante agli Esteri dell’Unione europea. In questa conversazione si dice che dietro i tiratori scelti di Majdan non ci fosse Janukovich, ma qualcuno nella nuova coalizione. Il gruppo intorno Klishko, Jatsenjuk e Poroshenko andato al potere con il colpo di Stato. Se si scopre che Poroshenko è al potere grazie ai cecchini, si comprenderà che si tratta di un golpe furtivo. Fu così veloce che realmente si deve ammettere: siamo troppo stupidi per capirlo. Può essere che Putin sia meno stupido e l’abbia visto correttamente. Non voglio dire che dovremmo credere ciecamente a Putin, perché anche lui ha la sua agenda. La domanda cui dobbiamo rispondere in storia economica e contemporanea è: si tratta di un evento come nel 1953, quando CIA, il servizio segreto statunitense, e MI6, servizio segreto inglese, rovesciarono il governo di Mossadegh in Iran, perché voleva nazionalizzare il petrolio? All’epoca agenti travestiti da terroristi commisero attentati e scatenarono il caos nel Paese. Si chiamava “strategia della tensione”, così si creava deliberatamente il caos e la tensione per rovesciare un governo, e ciò funzionava, com’è dimostrato storicamente. Negli ultimi mesi la NATO ha intensificato le manovre. Dopo le operazioni della NATO in diversi Paesi europei, la sicurezza aerea è scaduta. Si tratta solo della presenza militare, o vi sono altre ragioni per i movimenti di truppe? Russia e NATO possono solo dire che c’è una maggiore presenza militare. Ma contrariamente all’opinione di molti commentatori, penso che non siamo sull’orlo della Terza Guerra Mondiale, come nella crisi dei missili di Cuba nel 1962, però siamo in un clima di sfiducia. Mosca e Washington sono diffidenti e Berlino è incastrata tra esse.

In Germania ci sono diverse basi della NATO, tra cui la base statunitense di Ramstein e il Comando Africom di Stoccarda. Qual è il ruolo attuale e futuro della Germania nella strategia della NATO?
La Germania è nella NATO un alleato minoritario perché gli USA la controllano. Dal punto di vista degli Stati Uniti, la Germania è un Paese occupato. Certo, fa male leggerlo per un tedesco, ma questa è la situazione. Gli Stati Uniti hanno basi militari in Germania e il telefono cellulare della cancelliera Merkel è sempre sotto il controllo dai servizi segreti militari statunitensi, la NSA. E quando gli statunitensi dicono che si va sull’Hindu Kush, i soldati tedeschi devono andarci e uccidere afghani, anche se non hanno mai avuto problemi con loro. Ciò significa che, purtroppo, la Germania è un vassallo, ed ha difficoltà a liberarsi da tale posizione. Il motivo è semplice: gli Stati Uniti sono l’impero. Un impero che si distingue per la maggiore economia nazionale del mondo in PIL. Gli Stati Uniti che hanno il maggior numero di portaerei e la più potente, numerosa e moderna forza aerea. Sono gli Stati Uniti che hanno la valuta di riserva mondiale, il dollaro; sempre gli Stati Uniti. E infine gli Stati Uniti hanno il maggior numero di basi militari nel mondo, non solo Guantanamo, Diego Garcia e in Afghanistan, ma anche a Ramstein, ecc. La cosa importante: l’impero domina i media e si assicura che informino in modo benevolente. Quindi questa è la posizione della Germania: è sottoposta all’impero statunitense, e la maggior parte dei media tedeschi ha paura di parlarne apertamente. La Svizzera è, inoltre, in condizioni non migliori, sottoposta all’influenza dell’impero statunitense, ma almeno non è un membro della NATO e non ha basi militari statunitensi; gli svizzeri non le vogliono.

Tuttavia, la Svizzera è, come la Finlandia, un membro osservatore della NATO…
…Il “Partenariato per la Pace” vero, fortemente criticato in Svizzera, ed è giusto così, perché non vogliamo in alcun modo diventare un membro della NATO. Alcuni politici sono disposti, ma non la popolazione svizzera. In un referendum non prevarrebbero, perché la maggioranza degli elettori svizzeri rifiuta le guerre di aggressione della NATO. L’opinione pubblica è assai contrariata dagli Stati Uniti negli ultimi anni. Gli Stati Uniti appaiono bugiardi perché conducono guerre economiche in tutto il mondo. Hanno raccolto i dati da tutto il mondo, in particolare i dati SWIFT, con il servizio segreto statunitense NSA e abusato di tali dati a scapito delle banche svizzere UBS e Credit Suisse. Condannano la Svizzera perché le sue banche hanno aiutato cittadini statunitensi ad evadere le tasse, che non è giusto. Ma allo stesso tempo, gli svizzeri vedono con stupore come la frode fiscale negli Stati Uniti, nel Delaware o in Inghilterra, sia ancora possibile. Perciò gli svizzeri non capiscono perché gli USA giochino al buonismo contro la frode fiscale, ignorando i difetti del proprio Paese. Ecco perché l’opinione pubblica è qui sempre più anti-americana.

L’11 settembre 2001 svolge un ruolo fondamentale nell’ambito della NATO, perché al momento la clausola della difesa reciproca dell’articolo 5 entrò in vigore. La clausola di difesa reciproca è ancora in vigore?
E’ una domanda interessante. Dovremmo chiederlo alla NATO. Dopo l’11 settembre, c’è stato un ampio dibattito. In ogni caso, la clausola di difesa reciproca fu dichiarata dopo l’11 settembre, è chiaro. Gli statunitensi vennero in Europa e dissero che era così, andiamo nell’Hindu Kush. Poi l’11 settembre fu una storia di cui avvalersi o meno. Inoltre, fu il primo caso di difesa reciproca nella storia della NATO. Ancora una volta, il ruolo dell’impero si pone. La sovranità più importante di cui l’impero dispone è interpretare se stesso in ogni evento storico. Gli attacchi dell’11 settembre sono contestati dagli storici, esistono diverse opinioni a riguardo. Ma appena uno storico va oltre, viene denigrato come cospirazionista. E ciò significa che non abbiamo il diritto di dire: fate attenzione quando mettono in vigore l’articolo 5, alcune domande sorgono. La NATO non vuole parlarne. Non vuole dibattiti critici su 11 settembre e Operazione Gladio. Cerca semplicemente di rimuovere questi argomenti. Ma penso che non ci riuscirà, infine, perché viviamo nell’era dell’informazione. Le persone sono sempre più capaci di avere diverse prospettive su un tema, ed è un bene.


Daniele Ganser è storico e ricercatore sulla pace. Analizza i temi di energia, guerra e pace da un punto di vista geopolitico. Studia la storia contemporanea internazionale dal 1945, servizi segreti, squadre speciali, strategia della guerra segreta, geostrategia e guerre, come il picco del petrolio e le risorse. Il suo libro “Gli eserciti segreti della NATO – Rete Stay Behiand, Gladio e terrorismo in Europa occidentale” è stato tradotto in dieci lingue.
AGOSTO 31, 2014

Dr. Daniele Ganser, Global Research, 29 agosto 2014