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giovedì 17 dicembre 2015

La jihad di Repubblica

Repubblica, il quotidiano della sinistra, ha lanciato una raccolta firme per far chiudere i battenti ai gruppi politici considerati fascisti/xenofobi.

Renzi sentenziò chiaramente come chiunque non fosse affiliato al Pd dovesse essere considerato di destra e quindi una bestia, a quanto pare Repubblica, attrezzo di propaganda dei governi di sinistra ha pensato di cominciare una crociata volta alla repressione di tutto ciò che, unilateralmente, l'organo di stampa reputi fascista/xenofobo.
Non solo quindi, nella democrazia di Renzi (ma i predecessori del suo partito non furono da meno) un quotidiano può essere  elevato a Ministero della verità, che ricorda da vicino la profezia di Orwell nel libro 1984, ma anche a tribunale del pensiero.

Secondo questo assunto del premier non eletto e considerato il 40% di consenso accordato al suo partito alle elezioni europee (assimilate de facto a quelle politiche nazionali sempre secondo decisione insindacabile del Partito Democratico) in Italia il 60% della popolazione è da considerarsi eretica/bestia, fuorilegge.

Come "democraticamente" annunciato da Renzi, è sufficiente non condividere il pensiero unico piddino per essere passibili di persecuzione per reato di opinione, in quanto automaticamente iscritti nel registro delle bestie che si possono tranquillamente macellare. Mi avevano insegnato che in democrazia la libertà di pensiero fosse garantita, a quanto pare sono ammesse deroghe a questo principio, deroghe "giuste" per tappare la bocca agli eretici. Gradirei mi si spiegasse quali siano le differenze con i regimi che, secondo le accuse, gli eretici del pensiero unico intenderebbero imporre.

Già perché la logica dei moralmente superiori è l'unica che deve trovare legittimità, l'unica che può arrogarsi il diritto di esistere anche a costo di ricorrere alla repressione, proprio ciò che i moralmente superiori imputano essere un pericolo mortale qualora il loro pensiero unico dovesse venire messo in discussione.

Di recente sono stati mandati all'ospedale tre ragazzi colpevoli di appartenere al FUAN, gruppo politico universitario non di sinistra, al quale come previsto per tutti i gruppi universitari era stata assegnata un'area per le loro attività. Episodio non isolato e tanto per comprendere fino a che punto si auto-legittimano ad agire in nome di una fantomatica lotta al "fascismo".

Ed ecco che chi è contrario a MAFIA CAPITALE, la logica piddina lo descrive come uno xenofobo che auspica lo sterminio dello straniero, chi è contrario ai matrimoni gay è un omofobo, quasi richiedesse l'incarceramento e l'isolamento degli omosessuali, esprimere solidarietà ai palestinesi diventa inneggiamento all'olocausto ebraico, e così via, di demonizzazione in demonizzazione impongono il loro pensiero unico,d'altronde, come ha detto Renzi, un pensiero difforme non è tollerabile in quanto "bestiale".

Nel regno di Renzi, ancora più che nei precedenti domini di sinistra, sono state cancellate le rimanenti tutele dei lavoratori, vi è una disoccupazione nell'ordine del 47,6%, (11,8% tasso ufficiale disoccupazione + 35,8% di inattivi) 8 suicidi al giorno anch'essi censurati dalla stampa, è stata quasi annientata la sanità, eliminate le pensioni, MA VENGONO SALVAGUARDATE LE BANCHE con i soldi di contribuenti e correntisti in modo coercitivo.

Questi punti non sono certo esaustivi per descrivere la tragica situazione italiana, ma a quanto pare sono i principi cardine della democrazia di sinistra da proteggere con ogni mezzo dai "fascismi".  Curioso come si giustifichi l'intolleranza totale per evitare che fantomatici politici futuri la possano imporre, suona molto come la guerra al terrorismo per la quale sono state cancellate molte libertà personali. La prossima iniziativa sarà per la reintroduzione dei gulak (presidiati da Eurogenfor) e delle purghe staliniane?


giovedì 10 dicembre 2015

"Dettagli" da ricordare quando la storia della Terza guerra mondiale sarà riscritta

AGGIORNAMENTO 11 DIC 2015
Solo ora noto questo preoccupante articolo, da segnalare 

Dove esploderanno le bombe ucraine?

Ecco l'inizio:

Il 7 dicembre CyberBerkut pubblicava altre prove che denunciano preparativi di attentati sotto falsa bandiera in Siria da parte del ministero della Difesa del Qatar. Secondo una e-mail di Anton Pashinskij, funzionario dellaSpetsTechnoExport (agenzia ufficiale per il commercio di armi ucraine), del 21 ottobre 2015 scritta al partner polacco Level 11: “Buon pomeriggio! C’è una nuova proposta. I militari del Qatar vogliono comprare 2mila bombe a frammentazione ad alto esplosivo OFAB 250-270. Il problema è urgente, sono pronti a pagare 2100 dollari USA al pezzo. Considerate di consegnarle al più presto. Il destinatario è il ministero della Difesa del Qatar. EUC in allegato”.letterL’OFAB 250-270 è una bomba da 250 kg attualmente utilizzata dagli aviogetti russi Su-25 e Tu-23M3 per colpire le posizioni di SIIL e simili gruppi sovversivi in Siria:" continua al link sopra

Tre ottimi articoli che evidenziano numerosi dettagli che la stampa serva occulta in nome del Washington Consensus, la colpa ovviamente è da addebitare ai nemici non sottomessi al dominio statunitense. Da ricordare quando Us-raele darà il via alla Terza Guerra Mondiale. Sotto, Dalla Turchia: venti di guerra, di Michele Rallo per Il discrimine, Altroché Je suis Paris di Andrea Bizzocchi



Alla guerra a passi da gigante: gigante demente di Maurizio Blondet
“Sia chiaro: la Turchia è membro della NATO e nostro alleato”, ha detto Obama a Parigi a margine del vertice sul clima. Le prove (schiaccianti) portate da Mosca che Erdogan e famiglia trafficano il petrolio di DAESH? “Totalmente assurde, ha risposto Steve Warren, portavoce del Pentagono. Ha deciso di posizionare batterie di Patriot al confine tra Turshia e Siria, come voleva Erdogan (e non aveva finora ottenuto). Contemporaneamente, la NATO – su raccomandazione del comando americano dell’alleanza – invita il microscopico Montenegro (630 mila abitanti) e conduce esercitazioni militari in Ucraina col regime di Kiev. A cui ha fornito già armi letali. Yatseniuk, il governante del regime di Kiev che è in bancarotta e tenuto in piedi da miliardi di finanziamenti FMI ed europei dal canto suo, si offre di fornire alla Turchia “mais e girasole e petrolio” (sic) ad Erdogan per aiutarlo nella lotta

Cameron ha ottenuto dal suo parlamento il via a “bombardare le basi ISIS” in Siria e lo fa’ senza coordinarsi con i russi. In pratica, un atto di ostilità. contro la Russia.
E la UE ha deciso – a porte chiuse, senza consultare i parlamenti per volontà di Angela Merkel – di prolungare le sanzioni contro Mosca. Che cosa precisamente la UE rimproveri alla Russia, non si sa più. Una cosa è evidente: “E’ la NATO a determinare totalmente la politica estera della UE”, commenta Deutsche Wirtschaft Nachrichten.

Kerry e Stoltenberg istruscono Kllimkin al vertice NATO di mmercoledì
Kerry e Stoltenberg istruscono Kllimkin (ministro di Kiev) al vertice NATO di mercoledì
Berlino s’impegna per la prima volta a mandare i suoi Tornado a bombardare la Siria – ormai chiaramente una operazione occidentale per ostacolare la vittoria russa contro l’ISIS – anche se dei 93 Tornado che aveva in origine acquistato ne restano operativi solo 29, aerei vecchi anche di 34 anni, considerati obsoleti. Dei 68 Eurofighter piàù moderni, ne restano operativi 37. Però anche Berlino ha annunciato che bombarderà “senza coordinarsi con la Russia”.

La miserabile debolezza con cui gli europei si prestano a queste dementi provocazioni anti-Putin è dimostrata dal fatto che da quando Mosca ha posizionato gli S-400 per contrastare gli aerei turchi, la francese Charles De Gaulle ha smesso di “bombardare l’ISIS”. Otto, nove giorni senza incursioni sulla Siria; senza il permesso di Assad – che non vuol chiedere – Hollande (che aveva promesso una “risposta spietata”) non osa rischiare la sua unica portaerei. Per giorni, anzi, la Charles De Gaulle è stata introvabile. Poi si è scoperto che aveva lasciato il Mediterraneo orientale “per rifugiarsi dietro i Patrios Usa in Turchia”. Erdogan, a cui non par vero di trovare ogni giorno più membri della NATO coinvolti nella sua sporca guerra, ha subito consentito ai caccia francesi di andare a “bombardare l’ISIS” (intralciare i russi) dalla base turca di Incirlik.

Insomma tutto l’Occidente, in perfetta malafede, è schierato a dar ragione ad Erdogan e a sostenere di fatto DAESH che cede sotto i colpi russi.

Il numero delle provocazioni che emergono in questi giorni è troppo, per non vedere una volontà precisa. Energe che quando gli F-16 turchi abbatterono il Sukhoi, erano appoggiati da F-16 americani come deterrente per una rappresaglia russa. “Se è vero, significa che Obama non ha alcuno scrupolo a cominciare un conflitto diretto con Mosca”, ha commentato Michael Jabara Carley, docente di politica internazionale alll’Università di Montreal.

L’ultima per il momento e forse la più inquietante provocazione: due sommergibili turchi (Dolunay e Burakreis) scortati dall’incrociatore americano USS Carney che porta missili balistici Aegis, stanno tallonando la nave da guerra Moskva, armata di missili S-300, al largo di Cipro, in acque internazionali.

La cosa è allarmante perché può essere il preludio alla ritorsione da Mosca più temuta fin dai tempi degli Zar: che la Turchia chiuda alla navigazione russa il Bosforo e i Dardanelli. Voci non confermabili che Erdogan lo sta già facendo – il traffico delle navi russe negli stretti viene vistosamente rallentato. Non c’è dubbio che il regime turco ci pensi, ne sia tentato. Il ministro Davutoglu ha minacciato: “Anche la Russia ha da molto da perdere” da controsanzioni.

Se Erdogan chiudesse gli stretti, commetterebbe un atto di criminalità internazionale con pochi precedenti, una violazione della libertà di navigazione sancita – per gli Stretti – dalla Convenzione di Montreux del 1936.
Mosca potrebbe far valere la Convenzione ed ottenere una condanna della cosiddetta comunità internazionale. Ma in quale sede? L’Onu? L’Europa? E’ chiaro che la “comunità internazionale” è dominata dall’impero del caos, e gli darebbe torto.

gli Stretti
gli Stretti
Impedita di passare con le navi per gli Stretti, la Russia non potrebbe più facilmente rifornire le sue forze in Siria.Peggio: ogni tipo di commercio russo verrebbe praticamente  paralizzato, reso difficle e costoso.
A quel punto, la guerra contro la NATO per Putin non diventerebbe un’opzione, ma una necessità. Esattamente come le sanzioni di Roosevelt che lasciavano il Giappone con riserve di petrolio per otto mesi, convinsero a quel tempo Tokio che la guerra era una necessità, altrimenti sarebbe stato lo strangolamento: e fu l’attesa, auspicata, desideratissima Pearl Harbour. Come un caso di scuola, gli Stati Uniti “si fanno aggredire” per cominciare le guerre mondiali, e quelle locali.
Maurizio Blondet

Dalla Turchia: venti di guerra
Quello che è successo lo sanno tutti. La Turchia ha abbattuto un aereo russo che, molto probabilmente, non aveva violato il suo spazio aereo. Quello che non si sa, invece, è che da tre anni la Turchia ha – unilateralmente e contro ogni regola del diritto internazionale – stabilito una No-fly-zone larga 8 chilometri a sud della propria frontiera meridionale, cioè all’interno del territorio siriano. Dal giugno 2012, in altri termini, Ankara fa finta che i cieli di un pezzo di Siria le appartengano, e quindi si arroga il diritto di “difendere” il nord della Siria come se fosse il sud della Turchia. Dunque, con ogni probabilità il Su-24 russo è stato abbattuto proprio su questo territorio, ove peraltro sono caduti i rottami dell’aereo; e altrettanto probabilmente – aggiungo – a violare lo spazio aereo di uno Stato sovrano (in questo caso la Siria) sono stati proprio i due caccia-killer di Ankara.
I motivi del comportamento turco – a parte la “normale” arroganza – sono due, ed entrambi inconfessabili. Uno: colpire i guerriglieri kurdi anti-Isis ed evitare ogni loro contatto con le province kurde della Turchia. Due: tutelare la zona attraverso cui si realizza l’interscambio semiclandestino Turchia-Isis (rifornimenti militari, foreign fighters, contrabbando di petrolio, eccetera).
Altra cosa poco nota (che i nostri media si sono ben guardati dal diffondere) è che – anche a voler credere che l’aereo russo fosse sconfinato – il diritto internazionale vieta che il Paese “invaso” possa abbattere il velivolo “invasore”, a meno che questo non sia in procinto di compiere azioni aggressive (bombardamenti, mitragliamenti al suolo, eccetera). E ciò, pur con tutta la protervia del caso, neanche i turchi osano affermarlo.
Terza cosa, infine, più grave e preoccupante per le sue implicazioni, anche questa taciuta al pubblico italiano. Fin dall’inizio del suo intervento in Siria, la Russia comunica dettagliatamente all’aviazione americana i piani di volo dei propri aerei, onde evitare ogni possibile incidente o collisione con i velivoli della “coalizione” a guida statunitense. Il sospetto – che Putin ha esternato senza tanti complimenti – è che gli americani abbiano comunicato i piani di volo russi ai turchi, mettendoli così in condizione di predisporre l’agguato.
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Perché è particolarmente preoccupante questo ultimo fatto? Perché l’azione turca era chiaramente una provocazione: si voleva che la Russia reagisse, magari bombardando qualche obiettivo entro i confini turchi. Dopo di che – ci scommetto – sarebbe scattata la trappola: la Turchia avrebbe invocato l’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico (quello che considera un attacco a un singolo Stato-membro come un attacco alla NATO nella sua interezza) e la Russia si sarebbe trovata automaticamente in guerra contro mezzo mondo. In altri termini, un invito alla terza guerra mondiale.
La Russia – si sa – non è caduta nella trappola, pur rafforzando la propria presenza in Siria e mettendo all’angolo la Turchia. Ma ciò non toglie che il tentativo di scatenare un conflitto devastante ci sia stato. E sgomenta il fatto che, fra tutti i leader occidentali, il solo Obama abbia trovato il coraggio di dire che «anche la Turchia ha il diritto di difendere le sue frontiere», fingendo d’ignorare tutti i retroscena del caso.
Quasi quasi si potrebbe pensare che la voglia di terza guerra mondiale non appartenga alla sola Turchia. E quasi quasi si potrebbe pensare che nei prossimi giorni possa verificarsi qualche altra provocazione. Magari dalle parti dell’Ucraina.
Fonte: “Social”, 4 dic. 2015 (per gentile concessione dell’Autore)
di Michele Rallo - 07/12/2015


Altroché Je suis Paris
Al di là delle stucchevoli e francamente vomitevoli retoriche del “Je suis Paris” (di retoriche stucchevoli e vomitevoli avevo già scritto a proposito dei fatti di Charlie Hebdo , retoriche per le quali bisogna essere terribilmente in malafede (il potere e i media che del potere rappresentano il cane da guardia) o terribilmente ingenui (le masse che il potere lo subiscono), vorrei riassumere in breve la sostanza dei fatti parigini, o meglio di ciò che c’è dietro i fatti parigini:paris
1) L’Isis, ormai lo sanno anche i sassi, è una creazione Usa/Cia o di chi per loro.
2) Se proprio non è una creazione diretta (ma lo è), diciamo pure che che gli Usa/Cia ne hanno “aiutato” la nascita, l’affermazione e l’espansione.
3) Gli Usa/Cia finanziano, sia direttamente che indirettamente l’Isis (e non solo). Gli schemi per farlo sono semplicemente infiniti.
4) Anche ammesso (ma non concesso) che gli Usa/Cia non abbiano nulla a che vedere con la creazione dell’Isis, non si capisce perché questi ultimi non avrebbero il diritto di reagire ai reiterati attacchi portati dall’Occidente e dagli Usa in particolare, a partire dall’Afghanistan in avanti, a quello che genericamente definiamo “mondo musulmano”. O il diritto di fare le guerre ce l’ha solo l’Occidente per esportare le sue gemme splendenti della “democrazia”, della libertà (ha-ha), del libero mercato (una liberissima rapina), ecc. ecc.? Urge capire che a prescindere da tutto il resto quella di “terrorismo” non è altro che una definizione, e poiché nelle guerre mosse dagli Usa e dai suoi alleati l’incidenza di vittime civili è superiore al 90%, ne consegue per pura deduzione logico-matematica, che i primi terroristi al mondo sono proprio gli Usa e i suoi alleati; insomma, il mondo “libero”. Ci sarebbe anche da aggiungere che quando si combatte con avversari che vantano una superiorità militare-tecnologica infinitamente superiore alla propria, allora la lotta, per chi è attaccato, non può che assumere le forme del terrorismo.
Fatta salva questa premessa vorrei andare dietro questi fatti apparenti. Gli Stati Uniti sono un Paese tecnicamente in bancarotta (in realtà tutti i Paesi al mondo lo sono, e questo per il semplice motivo che un denaro che viene emesso e prestato con interessi non può che creare un debito impagabile; difatti non il debito ma, udite udite, gli interessi generati dal debito, sono superiori al Pil dell’economia globale. Come può dunque l’economia reale, cioè quegli umani che con il loro lavoro la mandano avanti, ripagare questo debito? Non può. Del resto i debiti sono uno strumento di controllo ancor prima che di arricchimento. Ne parlo diffusamente nella mia trilogia Pecore da tosare – E io non pago – Euroballe).
All’interno dello scacchiere malato del debito mondiale si muovono con la grazia di un elefante in un negozio di porcellane gli Stati Uniti per mantenere “forte” il dollaro. Per essere più chiari, gli Usa, quando le cose si mettono male per loro, hanno essenzialmente una sola strada: una guerra mondiale. Gli americani, si sa, sono dei veri duri (Rambo docet), e quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare. Detto altrimenti, un bel conflitto ad ampio raggio, o meglio ancora una sorta di guerra permanente, è l’unica maniera per gli Usa di mantenere la propria egemonia mondiale.
Gioverà anche dare un’occhiata rapida alla storia e ricordare che gli Usa uscirono dal primo conflitto mondiale da debitori che erano (nei confronti principalmente del Regno Unito) a creditori, e uscirono ancor più rafforzati dal secondo conflitto quando addirittura riuscirono ad imporre il dollaro come moneta di riferimento internazionale. Basta pensare che il petrolio, il bene primario (in realtà un male primario) per sorreggere l’impalcatura del nostro mondo, viene commercializzato sin dal 1970 unicamente in dollari statunitensi. E Saddam e Gheddafi, che accettarono invece euro per il loro petrolio, ne sanno (sapevano) qualcosa.
Questo signoraggio mondiale del dollaro permette agli Usa di importare qualunque bene/merce a basso prezzo (e mantenere il popolo statunitense nel suo benessere/malessere da consumo) e soprattutto gli consente di acquistare in tutto il mondo risorse naturali, aziende, fabbriche, ecc., a basso, bassissimo e a volte addirittura inesistente costo.
E’ anche opportuno tenere a mente che l’unica vera, grande risorsa degli Usa, è l’enorme divario tecnologico-militare che questi vantano nei confronti del resto del mondo, divario che ovviamente non hanno nessuna intenzione di lasciar colmare. Insomma, gli Usa, o meglio le élite finanziarie ebreosioniste che gli stanno dietro e che li manovrano, hanno necessità di un bel conflitto mondiale che possa rilanciare il dollaro e mantenerli in un rapporto di dominanza globale, anche e soprattutto per tenere a bada le altre grandi potenze (Cina ma soprattutto Russia in primis), che ancora non si sono piegate ai loro desiderata. Sono fermamente convinto che in questo preciso momento storico, l’unico vero ostacolo alla realizzazione di questo piano sia la Russia di Putin. L’accerchiamento di Paesi Nato della Russia, la questione Ucraina, i prezzi bassissimi di gas e petrolio (da cui l’economia russa dipende fortemente) dopo i picchi di qualche anno fa, vanno visti molto chiaramente in questa ottica.
Ma questa guerra mondiale serve soprattutto ad un riequilibrio politico-economico il cui obiettivo è la nascita di un governo mondiale unico, di un esercito unico mondiale, di una economia unica mondiale, di una moneta unica mondiale (che sarà il dollaro o più probabilmente qualcosa che lo sostituirà, tanto le monete si possono creare e disfare a piacimento).
Per tornare a noi e concludere. Da queste esigenze le élites dominanti hanno elaborato una strategia politico-militare avviata con la farsa dell’11 Settembre (lo scrivo chiedendo perdono alle vittime ovviamente, così come chiedo perdono alle vittime di Parigi) e proseguita con altri accadimenti fino ad arrivare ai fatti parigini e di cui l’impiego dell’Isis rientra a pieno titolo. Tutto questo sono solo antipasti di ciò che accadrà. Ma per favore, risparmiateci almeno la retorica del Je suis Paris. Qui siamo in guerra, questa guerra non è stata creata dall’Isis (semmai l’Isis è stato creato ai fini di questa guerra), e comunque la sostanza di tutte le guerre è che a rimanerne vittima ed a pagarne il prezzo è sempre la gente comune. In conclusione, “moi, Je ne suis pas Paris”.

di Andrea Bizzocchi - 07/12/2015