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giovedì 24 giugno 2010

Angela Lano: la strage e le minacce perderanno con il giornalismo "non embedded"


di Davide Pelanda - 23/06/2010
Intervista ad Angela Lano a cura di Davide Pelanda
«Erano decine e decine di mostri che, dai canotti, salivano a frotte sulla nve. Sparavano, urlavano, si sono lanciati contro tutti noi. Abbiamo cercato di proteggere il capitano, ma i loro taser ci hanno bloccato. Avevano i volti coperti, le teste protette dai caschi e con questi colpivano le fronti di chi si avvicinava loro. A bordo abbiamo avuto molti feriti. I cameraman sono stati aggrediti durante le riprese. In quel momento hanno sequestrato tutte le telecamere e le macchine fotografiche. Vedevano sulla Mavi Marmara un immenso fumo, sentivamo le urla e quegli spari terrificanti, incessanti, mentre gli elicotteri squarciavano i cieli». È passato poco meno di un mese da quando Angela Lano, giornalista piemontese e direttrice dell’agenzia on-line www.infopal.it, ci ricordava la sua triste avventura a bordo della Freedom Flotilla, la flotta pacifista che voleva portare aiuti umanitari e infrangere l’embargo di Gaza. Una nave che portava aiuti umanitari con, a bordo, circa 100 case prefabbricate, depuratori d'acqua, mattoni, utensili da carpenteria, tende per gli sfollati. Poco meno di un mese, dicevamo. Ma Angela, dal suo ufficio dell’agenzia ricavato nella sua casa di Sant’Ambrogio di Susa, ha ancora negli occhi quelle terribili immagini di quei giorni. Una memoria nitidissima. Ora dalla sua agenzia, Angela e il suo staff di collaboratori continuano ad informare in maniera pulita, non “embedded”. E per questo hanno subito degli attacchi violenti: in qualità di direttore e per tutelare le persone che lavorano con lei, Angela ha deciso di oscurare nel sito l’elenco nominativo del Comitato di consulenza scientifica, composto da illustri professori e docenti universitari, nonché giornalisti. «Sì, soprattutto, due personaggi del mondo della “solidarietà con la Palestina”,- ci dice Angela - hanno diffamato l’agenzia di cui sono direttore, Infopal, e me, accusandoci di essere “antisemiti”. Ovviamente si tratta di una menzogna e di una manipolazione ai danni del nostro lavoro». Ma ora che sei rientrata in Italia dopo la brutta avventura nelle prigioni israeliane, ti sei ripresa bene? «Sì, mi sono ripresa bene, anche se sono stata bombardata da interviste e richieste varie. Ho ricevuto tantissime lettere, sms, messaggi su Facebook, di solidarietà. Ma, come dicevo, anche qualche attacco e minaccia.» Come vivi ora qui in Italia a distanza la tragedia del popolo palestinese? Cosa possiamo fare noi da qui per aiutarlo? «Continuo a lavorare a Infopal, a partecipare a serate e a progetti, e a fare informazione, perché è proprio di questo che c’è un gran bisogno, poiché i grandi e i piccoli mainstream del giornalismo italiano sono per lo più pro-Israele e, quando passano le notizie su ciò che avviene in Palestina, tendono a manipolare fatti e situazioni». Ti si può definire una giornalista "fuori dalle righe", una giornalista coraggiosa e pacifista? Per il popolo palestinese sei diventata una sorta di eroina? «Secondo me fare il giornalista significa esporsi, andare sul posto, testimoniare i fatti. Il fatto che io mi sia trasformata in “giornalista coraggiosa” la dice lunga sullo stato del mestiere, in Italia. Gli inviati e i corrispondenti delle grandi testate, infatti, sono per lo più “embedded” con gli eserciti, con i governi, con i più forti, insomma. Spesso comodamente in attesa delle veline dei politici o dei militari di turno, seduti nelle terrazze dei mega-hotel. Ebbene, questo per me non è giornalismo…Il mio modello è Tiziano Terzani, tutt’altro che “embedded” con i potenti…» Indubbiamente la vostra disavventura ha scosso l'opinione pubblica internazionale e da più parti, infatti, è stato chiesto la fine dell'embargo ai palestinesi, così come lo ha chiesto anche il papa. Solo parole o in questo periodo vedi una svolta? E quale svolta tu auspichi? «Il papa ha avuto il coraggio di dire le cose come stanno, ma la Chiesa Romana è tenuta spesso sotto minaccia di ritorsioni varie da parte del governo israeliano, dunque non sempre è libera di esprimersi chiaramente. Comunque, sono sicura che la Freedom Flotilla e le sue vittime stiano vincendo una battaglia politica e mediatica: il mondo ora sa di cosa è capace Israele quando qualcuno lo sfida, sia pure una flottiglia umanitaria che vuole rompere un ingiusto e illegale assedio a 1,5 milioni di persone nella Striscia di Gaza. Si può ben immaginare cosa accade giornalmente ai palestinesi sotto occupazione»

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