Negli ultimi giorni, i media italiani ( Ansa, Sette, Corriere della Sera, Oggi, Libero e tanti altri, finanche “La Stampa”, non ci posso credere ) hanno riscoperto la complessa questione legata alla tragica morte di Edoardo Agnelli, su cui avevo condotto, dopo anni di silenzi e omissioni, la mia inchiesta giornalistica pubblicata dalla Koinè nuove edizioni, nel gennaio 2009 col titolo “Ottanta metri di mistero”: è un dato di fatto che essa, stante i numerosi riscontri avuti già allora, per quanto non eclatanti come gli ultimi, costituisce la vera riapertura del caso, con buona pace di quanti soltanto ora ne hanno rivendicato la paternità.
Tengo a ribadire che io non avevo fatto un'indagine per dimostrare che Edoardo fosse stato ucciso: avevo cercato la verità per quanto possibile, con la limitatezza delle mie possibilità di giornalista e non di poliziotto, o magistrato e avevo scritto quello che avevo trovato, senza pregiudizi.
Poi, che quello che avevo trovato converge inequivocabilmente, con almeno una ventina di elementi concreti e non ipotesi, o congetture astratte, verso la direzione precisa che smentisce la versione ufficiale del suicidio, è un altro paio di mani: se avessi trovato il contrario, avrei scritto il contrario, non mi stancherò mai di ripeterlo, anche adesso che, alla luce di nuovi sviluppi, molti dei quali ancora inediti, sto preparando un secondo libro sull'intera vicenda, per poterle dare una dimensione organica e abbastanza precisa, almeno nelle indicazioni di fondo.
Nel frattempo, sollecitato, anzi, tirato per i capelli, da più parti, ho due, o tre cose da dire, che non possono aspettare, riguardo il programma di Giovanni Minoli per “La storia siamo noi”, andato in onda su Rai 2 giovedì 23 scorso, in seconda serata, come si dice in gergo, con un eufemismo, in quanto è iniziato poco prima di mezzanotte ed è finito a notte fonda, come di solito squallidamente avviene oramai per quei pochi programmi di qualità e di cultura che sono sopravvissuti alla Chernobyl generale prodotto dalla televisione, pubblica e privata che sia senza differenza alcuna.
Ciò nonostante, ho appreso con grande soddisfazione che ha avuto oltre un milione di telespettatori, più di quanto fosse ragionevolmente aspettarsi e uno share lusinghiero, il che dovrebbe far riflettere i responsabili dei palinsesti, se ancora ne avessero la capacità propositiva.
Non avendo altre possibilità, in quanto da alcuni anni non mi fanno più scrivere su nessun quotidiano, o periodico, della carta stampata, chiedo ospitalità ai blog e ai siti di contro-informazione di internet, che poi è anche meglio: e ringrazio di cuore chi vorrà pubblicarmi e i lettori che mi onoreranno della loro attenzione.
Nella trasmissione in questione, sono stato definito di essere “un complottista” e mi pare di aver già risposto, ma mi permetto di aggiungere un elemento che non avevo mai rivelato.
Nel novembre del 2000, facevo l'addetto – stampa dell' assessorato alla sanità della Regione Piemonte: mi sarebbe stato facile, dal mio osservatorio privilegiato, acquisire atti e documenti, fra l'altro e invece niente. Invece, anche io, come quasi tutti, non ebbi nessun sospetto: fui coinvolto dall'impostazione generale che era stata data, di “suicidio” senza ombra di dubbio, anche se viceversa, come scoprii soltanto in seguito, quando, nella primavera del 2008, fra l'altro per puro caso, iniziai a occuparmi del caso e ho già detto come, di ombre e di dubbi ce n'erano tanti.
L'altra sera, anzi, l'altra notte, poi, mi sono sentito dire di essere una specie di speculatore, che si è fatto pubblicità, nonché di aver fatto col mio libro una “cazzata”, da parte di un raffinato intellettuale della Gallia Cisalpina, che, malgrado la sua ancor giovane età, sugli argomenti relativi a speculazioni, pubblicità e “cazzate” può evidentemente disquisire con autorità, dall'alto del suo magistrale curriculum vitae.
Quindi va bene.
Comunque caso mai io, prima di “Ottanta metri di mistero”, in oltre già trenta anni di attività pubblicistica, ho scritto una decina fra libri, saggi, romanzi e opere teatrali e centinaia di articoli di giornali.
Poi, se un merito mi piglio, con “Ottanta metri di mistero”, al di là del poter forse un giorno stabilire se si tratti di suicidio, oppure omicidio, è quello di aver restituito ad Edoardo la sua vera dimensione di uomo attento e partecipe, convinto che un mondo migliore fosse possibile e intenzionato a dare il proprio esemplare contributo, intervenendo direttamente nella realtà dei fatti con i mezzi che avrebbe potuto avere, se non ne fosse stato estromesso. Questo, io penso che sia ancora più importante, del poter accertare se morì suicida, o assassinato.
Come ho avuto già modo di sottolineare, Edoardo
“..Era caratterialmente diverso da quello che in molti volevano far credere. Era sensibile, generoso, estremamente preparato in economia e in politica internazionale.
Non è vero che non fosse interessato alla vita dell'azienda di famiglia. Al contrario, creedeva che le industrie dovessero essere al servizio della comunità e non viceversa.
Per alcuni versi, è stato un precursore della finanza etica.
Già otto anni fa, Edoardo aveva previsto, nei suoi scritti, la crisi del sistema americano che ora stiamo vivendo".
Di questo anche l'altra notte qualche cenno è stato fatto, nel programma di Giovanni Minoli, che è poi il documentario – inchiesta firmato da Alberto D'Onofrio e Alessandra Ugolini.
Non entro nel merito delle singole questioni, e sarebbero tante, che la visione ha suscitato in me.
Dico che mi è piaciuto e lo dico senza ironia. Dico che ha giovato alla causa e lo dico con gratitudine.
Però, Giovanni Minoli poteva risparmiarsi dal trarre le sue conclusioni personali, che andavano lasciate alla sensibilità di ognuno dei telespettatori.
Poi, le ha tratte sulla base di molte lacune e omissioni, di merito, presenti nel programma: perché non è stato inserito quella parte del discorso di Marco Bava, che dimostra, letteratura scientifica alla mano, che le lesioni sul corpo di Edoardo NON sono compatibili con quel volo, da ottanta, o settantatré metri che siano? E invece è stato fatto affermare il contrario da altri, sulla base di esami compiuti su rilievi fotografici? Dai...
Perché è stato omesso di riferire che sul certificato di morte è stato scritto che Edoardo era alto 1.75 e pesava 75 chili, mentre invece era quasi due metri e in quel momento andava oltre il quintale? E che zoppicava d'un piede? E come si fa a sostenere che il povero pastore supertestimone contrario alla tesi ufficiale è un pazzo visionario?
E...Va bene, basta. Fra l'altro, io per primo credo che un programma televisivo non sia il modo più opportuno per fare discorsi specifici, che necessitano di ben altri contesti e ben altre sedi.
Potrei continuare a lungo. Ma mi fermo qui: ho già abusato del vostro spazio e della vostra attenzione. Me ne scuso e vi ringrazio.
Giuseppe Puppo
25.09.2010
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