Ma è segreta: i siti idonei non sono stati resi noti. Hanno paura che la gente s’arrabbi, ovvio. E visto che a pensar male si fa peccato ma eccetera, è lecito sospettare che vogliano tirar fuori il coniglio dal cappello all’ultimissimo istante, giusto per condire la faccenda con fretta, emergenza e magari poteri straordinari per soprammercato.
Il Corriere della Sera non dice che le cose finiranno così. Anzi. Suggerisce piuttosto che c’è tempo, il nucleare italiano è in ritardo. Ci vorranno anni, insomma. Giusto, ma insieme sbagliato. E le scorie delle vecchie centrali nucleari? E quelle che vogliono rimandarci indietro dallo Utah?
La lista dei 52 luoghi italiani adatti ad ospitare scorie radioattive è stata redatta dalla Sogin, la società controllata dal Tesoro per la gestione degli impianti nucleari, scrive il Corriere della Sera.
I siti sono sparsi su tutto il territorio nazionale “con particolare riferimento al Viterbese, alla Maremma, all’area di confine tra la Puglia e la Basilicata, le colline emiliane, alcune zone del Piacentino e del Monferrato”.
Il toto-pattumiera terminerà con la scelta di quello che, fra i 52 siti, diventerà il deposito nazionale per le scorie.
Secondo il Corriere della Sera, la decisione non sarà imposta da Roma, ma anzi: “avverrà d’accordo con le Regioni, con una sorta di asta: la comunità che accetterà i depositi radioattivi sarà infatti compensata con forti incentivi economici”.
Ma non esiste denaro in grado di ripagare la contaminazione radioattiva proveniente dalle scorie, e i luoghi individuati come impermeabili per un tempo indefinitamente lungo non è detto che lo siano davvero. Lo dimostra la miniera di salgemma di Asse, in Germania, riempita di scorie negli Anni 60 e 70 e già rivelatasi, ahimè, impermeabile quanto un colabrodo.
Insomma, dubito che la carota nucleare funzioni. Me li vedo piuttosto armeggiare col bastone.
Sul Corriere della Sera pronta la lista dei luoghi adatti ad ospitare rifiuti radioattivi
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