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martedì 15 marzo 2011

Fusione del nocciolo in tre reattori. Il Giappone chiede aiuto al mondo

Fusione del nocciolo in tre reattori. Il Giappone chiede aiuto al mondo

Giappone chiede aiuto al mondo. Le autorità ammettono che alla centrale nucleare di Fukushima Daiichi è iniziato il processo di fusione del nocciolo anche al reattore 2, quello che sembrava più tranquillo. Già domenica avevano ammesso l’inizio della fusione del nocciolo ai reattori 1 e 3.
Quest’ultimo è parzialmente alimentato con il plutonio: cosa che aggrava i danni prodotti dalla diffusione di radiazioni.
Il processo di fusione del nocciolo è iniziato al reattore 2 perchè la (pur scarsa) capacità di raffreddarlo è venuta meno a causa dei danni alle pompe provocati da una seconda esplosione avvenuta oggi pomeriggio (ieri la prima) nell’edificio del reattore numero 3. In precedenza si era verificata un’altra esplosione nell’edificio del reattore 1.
E si comincia a parlare – lo fa il Washington Post – di un altro pericolo: le “piscine” prossime alla centrale nucleare in cui alloggiano le barre di combustibile esausto.
Sono radioattive, e anch’esse hanno bisogno di acqua per la refrigerazione: ovvero esattamente di ciò che l’impianto di Fukushima Daiichi non riesce a fornire. Un esperto dice che, se rimanessero all’asciutto, si innescherebbe un incendio catastrofico: una Chernobyl potenziata.
Una centrale nucleare è, in ultima analisi, il modo più complicato per scaldare l’acqua e utilizzarla, sotto forma di vapore, per far girare una turbina che a sua volta produce elettricità.
Parlo da massaia: il calore è fornito dalle reazioni nucleari che avvengono all’interno del reattore, che possiamo immaginare come una grossa pentola sigillata con dentro acqua e il nocciolo: le sbarre di combustibile nucleare.
Il reattore deve essere costantemente raffreddato altrimenti la reazione diventa incontrollata: si produce troppo calore, sempre più calore finchè – al limite – combustibile e reattore fondono, scoppiano e producono una nube radioattiva.
A Fukushima Daiichi, dopo il terremoto di venerdì, è andato in tilt l’impianto di raffreddamento. La “pentola” del reattore è ben ben robusta, teoricamente in grado di sopportare il calore prodotto anche dal combustibile fuso e di conservarlo al suo interno. Sempre che non si sia incrinata: cosa di cui, finora, nessuno ha ufficialmente parlato.
Anzi: le autorità hanno ripetuto che le esplosioni finora sono state innescate dall’idrogeno (l’acqua, a causa dell’elevatissimo calore, si è divisa nei suoi due componenti, ossigeno e appunto idrogeno): per alleggerire la pressione dentro la “pentola” una parte del vapore è stata fatto uscire nell’edificio che ospita il reattore. Come quando fischia una pentola a pressione, si potrebbe dire.
Le esplosioni, affermano sempre le autorità, hanno interessato solo la struttura esterna della centrale: non la “pentola” del reattore.
Comunque con queste esplosioni si è diffusa nell’ambiente una certa dose di radiazioni. Tre dei tecnici che lavorano alla centrale sono stati ricoverati in ospedale proprio per esposizione alle radiazioni. Le misurazioni ufficiali parlano 751- 650 microsievert/ora ai cancelli della centrale. Ossia, star lì per un’ora significa assorbire una dose di radiazioni pari a quella cui si è esposti rimanendo per sei mesi un in ambiente non contaminato.
Se guardiamo le misurazioni non ufficiali, beh, è un altro paio di maniche. E sono state effettuate ieri, ossia un’esplosione fa.

Blogeko

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