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domenica 2 dicembre 2012

L’Uomo ha perso. Ha vinto la farfalla.


L’umanità è stata sconfitta.
Sconfitta da sé stessa e dalla propria incapacità a comprendere quanto grandioso fosse il compito al quale essa avrebbe dovuto assurgere. Un compito che la natura, Dio, l’universo, chiamatelo come vi piace, le aveva affidato: quello di proteggere il mondo, la Terra, la sua casa, sua madre. Proteggere i suoi figli. La vita.
E invece l’umanità si è sconfitta da sé.
Ed il suono di questa sconfitta si ode in ogni angolo del mondo.
Nei rantoli di sofferenza di uomini, donne e bambini che muoiono di fame, di cancro, di stenti, di lavoro, di depressione. Nei lamenti di animali sgozzati a milioni. Nel suono di ferro delle industrie inquinanti. Nel suono del cemento che cade in pezzi sotto le sferzate del tremore della Terra. Nel rumore assordante delle auto incolonnate su strade di città infestate dal bruciare di benzina. Nel
boato che fa un albero quando schianta a terra, ormai senza vita, col suo grido di dolore inimitabile. Nel suono dello sciacquettìo delle onde di un mare inquinato.
L’umanità si è vinta da sé.
E la sconfitta la senti in un odore.
Nell’odore putrescente di una discarica. Nell’odore di morte di un campo di battaglia o di una città distrutta dalle bombe. Nell’odore acre del fumo di una foresta in fiamme. Nell’odore nauseabondo del petrolio che sgorga dalle viscere della terra. Nel tanfo di una casa di disperati. Nel puzzo dell’acqua di un rubinetto. Nel profumo costoso di una signora che fa shopping.
L’umanità ha perso.




Ha perso l’occasione di dare un senso alla propria esistenza. L’ha sprecata nel costruire immense fabbriche dove ammassare carne da macello. L’ha sprecata nel distruggere il senso del vivere insieme, l’uno per l’altro. L’ha buttata a mare nel pensare il denaro come regolatore della vita sociale.

L’umanità ha perso.
E la sua sconfitta è tanto più grande quanto mette a repentaglio il mondo nel suo complesso, gli altri esseri viventi, che si estinguono a ritmo mai visto, nel mettere in crisi la stessa vita umana. La sua sconfitta è la sconfitta dell’intelligenza, dell’amore, della misericordia, della dignità, della dolcezza.
L’uomo non è ciò che è perchè pensa, ma pensa per essere ciò che vorrebbe che fosse. E senza di questo, l’uomo è la negazione, ciò che recide il legame con il creato, con il senso del mondo, con il senso ultimo della vita.
L’uomo deve, necessariamente, pensare a ciò che vuol essere. E se vuole essere ciò che è stato fin’ora, allora merita la sconfitta e la morte.
Perchè è impossibile accettare che la missione dell’uomo su questa terra sia quella di vivere una vita di stenti, solo per permettere ad altri, pochi, uomini di vivere nel lusso. Non è possibile accettare che l’uomo sia venuto al mondo per morire di fame, di cibo scadente, di radiazioni da esso stesso create, in catene. La missione dell’uomo non può essere quella di distruggere il pianeta in nome di un principio economico da esso stesso creato, un principio che ha soppiantato completamente quello di Dio, della Dea Madre, ancora più antico, o del culto della Vita, di molte civiltà primordiali. Il denaro non può essere il fine dell’agire umano. Se lo è diventato può significare solo una cosa: che l’uomo è caduto nell’autoinganno. Ed autoingannarsi è degli stolti, non degli intelligenti.
Lavorare, usare la propria creatività, plasmare la realtà, inventare, sognare, interpretare il mondo, scoprire, immaginare, non possono essere ridotti al freddo calcolo alchemico di un sudicio pezzo di carta.
Sudicio di sofferenza.
Sporco di sangue.
Contrassegno di tormenti e lamenti.
Assassino di passioni umane.
L’uomo è nato per altro. E’ nato per venerare il mondo, prendersene cura, renderlo più bello, accudirlo, sorreggere i suoi abitanti, rendere loro grazie per ciò che sono e rappresentano.
Il mondo è una poesia che non è stata ancora scritta. E’ una melodia non ancora composta. Una preghiera non ancora invocata. E’ un quadro non ancora dipinto. E’ un giardino ancora da coltivare. Un capolavoro di immane bellezza.
Ed il sommo cantore dello splendore di questo spicchio di universo avrebbe dovuto essere l’uomo. Che è nato ed ha acquisito l’intelligenza essenzialmente per questo, non per altro.
La Vita è unica. Indistinta. Microscopiche molecole di DNA che evolvono nel tempo.
La Vita è il Tempo.
E l’uomo avrebbe dovuto esserne il poeta più eccelso.
Come fa con i suoi colori il Pappagallo Ara o il Pesce Mandarino.
Come fa con il suo canto l’Usignolo all’imbrunire o il Verzellino al mattino.
Come fa con il suo volo leggiadro e spensierato la farfalla.
L’uomo avrebbe dovuto imparare a parlare con la voce del mare, con quella del vento, con la parola delle fronde degli alberi, con il sussurro del silenzio.
Lo ha fatto solo a sprazzi. Incantando per sempre con la sua grandezza. E quanti grandi uomini sono stati dimenticati. O ne viene solo celebrato l’immenso valore delle opere, dimenticando o ignorandone il più delle volte il messaggio.
Ma non bisogna dipingere un capolavoro per essere artista, o comporre un verso d’amore capace di commuovere per dirsi poeta. Basta una zappa e curare la terra, vederne crescere i frutti. Basta immaginare qualcosa che vada a vantaggio di tutti. Basta regalare un sorriso a chi in quel momento non ce l’ha.
E ognuno di noi può esser poeta, cantore, genio, artista.
Quando doniamo una carezza. Quando abbracciamo qualcuno. Quando regaliamo dolcezza.
Siamo tutti mirabili artisti nel condividere ciò che abbiamo, con gli altri.
Guardandoti intorno, però, scopri miseria, sofferenza, guerra, distruzione, angheria, individualismo, menefreghismo, cinismo, paura, rassegnazione, arrivismo, avarizia, avidità, morte.
Scopri la morte dell’uomo nel suo sguardo assetato di potere. Nel suo disprezzo. Nella sua indifferenza.
Scopri la morte, proprio laddove avrebbe dovuto esserci vita.
In fondo all’anima. Nei recessi di un tempio ormai distrutto.

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