L’umanità è stata sconfitta.
Sconfitta da sé stessa e dalla propria incapacità a comprendere quanto
grandioso fosse il compito al quale essa avrebbe dovuto assurgere. Un
compito che la natura, Dio, l’universo, chiamatelo come vi piace, le
aveva affidato: quello di proteggere il mondo, la Terra, la sua casa,
sua madre. Proteggere i suoi figli. La vita.
E invece l’umanità si è sconfitta da sé.
Ed il suono di questa sconfitta si ode in ogni angolo del mondo.
Nei rantoli di sofferenza di uomini, donne e bambini che muoiono di
fame, di cancro, di stenti, di lavoro, di depressione. Nei lamenti di
animali sgozzati a milioni. Nel suono di ferro delle industrie
inquinanti. Nel suono del cemento che cade in pezzi sotto le sferzate
del tremore della Terra. Nel rumore assordante delle auto incolonnate su
strade di città infestate dal bruciare di benzina. Nel
boato che fa un albero quando schianta a terra, ormai senza vita, col suo grido di dolore inimitabile. Nel suono dello sciacquettìo delle onde di un mare inquinato.
boato che fa un albero quando schianta a terra, ormai senza vita, col suo grido di dolore inimitabile. Nel suono dello sciacquettìo delle onde di un mare inquinato.
L’umanità si è vinta da sé.
E la sconfitta la senti in un odore.
Nell’odore putrescente di una discarica. Nell’odore di morte di un campo
di battaglia o di una città distrutta dalle bombe. Nell’odore acre del
fumo di una foresta in fiamme. Nell’odore nauseabondo del petrolio che
sgorga dalle viscere della terra. Nel tanfo di una casa di disperati.
Nel puzzo dell’acqua di un rubinetto. Nel profumo costoso di una signora
che fa shopping.
L’umanità ha perso.
Ha perso l’occasione di dare un senso alla propria esistenza. L’ha
sprecata nel costruire immense fabbriche dove ammassare carne da
macello. L’ha sprecata nel distruggere il senso del vivere insieme,
l’uno per l’altro. L’ha buttata a mare nel pensare il denaro come
regolatore della vita sociale.
L’umanità ha perso.
E la sua sconfitta è tanto più grande quanto mette a repentaglio il
mondo nel suo complesso, gli altri esseri viventi, che si estinguono a
ritmo mai visto, nel mettere in crisi la stessa vita umana. La sua
sconfitta è la sconfitta dell’intelligenza, dell’amore, della
misericordia, della dignità, della dolcezza.
L’uomo non è ciò che è perchè pensa, ma pensa per essere ciò che
vorrebbe che fosse. E senza di questo, l’uomo è la negazione, ciò che
recide il legame con il creato, con il senso del mondo, con il senso
ultimo della vita.
L’uomo deve, necessariamente, pensare a ciò che vuol essere. E se vuole
essere ciò che è stato fin’ora, allora merita la sconfitta e la morte.
Perchè è impossibile accettare che la missione dell’uomo su questa terra
sia quella di vivere una vita di stenti, solo per permettere ad altri,
pochi, uomini di vivere nel lusso. Non è possibile accettare che l’uomo
sia venuto al mondo per morire di fame, di cibo scadente, di radiazioni
da esso stesso create, in catene. La missione dell’uomo non può essere
quella di distruggere il pianeta in nome di un principio economico da
esso stesso creato, un principio che ha soppiantato completamente quello
di Dio, della Dea Madre, ancora più antico, o del culto della Vita, di
molte civiltà primordiali. Il denaro non può essere il fine dell’agire
umano. Se lo è diventato può significare solo una cosa: che l’uomo è
caduto nell’autoinganno. Ed autoingannarsi è degli stolti, non degli
intelligenti.
Lavorare, usare la propria creatività, plasmare la realtà, inventare,
sognare, interpretare il mondo, scoprire, immaginare, non possono essere
ridotti al freddo calcolo alchemico di un sudicio pezzo di carta.
Sudicio di sofferenza.
Sporco di sangue.
Contrassegno di tormenti e lamenti.
Assassino di passioni umane.
L’uomo è nato per altro. E’ nato per venerare il mondo, prendersene
cura, renderlo più bello, accudirlo, sorreggere i suoi abitanti, rendere
loro grazie per ciò che sono e rappresentano.
Il mondo è una poesia che non è stata ancora scritta. E’ una melodia non
ancora composta. Una preghiera non ancora invocata. E’ un quadro non
ancora dipinto. E’ un giardino ancora da coltivare. Un capolavoro di
immane bellezza.
Ed il sommo cantore dello splendore di questo spicchio di universo
avrebbe dovuto essere l’uomo. Che è nato ed ha acquisito l’intelligenza
essenzialmente per questo, non per altro.
La Vita è unica. Indistinta. Microscopiche molecole di DNA che evolvono nel tempo.
La Vita è il Tempo.
E l’uomo avrebbe dovuto esserne il poeta più eccelso.
Come fa con i suoi colori il Pappagallo Ara o il Pesce Mandarino.
Come fa con il suo canto l’Usignolo all’imbrunire o il Verzellino al mattino.
Come fa con il suo volo leggiadro e spensierato la farfalla.
L’uomo avrebbe dovuto imparare a parlare con la voce del mare, con
quella del vento, con la parola delle fronde degli alberi, con il
sussurro del silenzio.
Lo ha fatto solo a sprazzi. Incantando per sempre con la sua grandezza. E
quanti grandi uomini sono stati dimenticati. O ne viene solo celebrato
l’immenso valore delle opere, dimenticando o ignorandone il più delle
volte il messaggio.
Ma non bisogna dipingere un capolavoro per essere artista, o comporre un
verso d’amore capace di commuovere per dirsi poeta. Basta una zappa e
curare la terra, vederne crescere i frutti. Basta immaginare qualcosa
che vada a vantaggio di tutti. Basta regalare un sorriso a chi in quel
momento non ce l’ha.
E ognuno di noi può esser poeta, cantore, genio, artista.
Quando doniamo una carezza. Quando abbracciamo qualcuno. Quando regaliamo dolcezza.
Siamo tutti mirabili artisti nel condividere ciò che abbiamo, con gli altri.
Guardandoti intorno, però, scopri miseria, sofferenza, guerra,
distruzione, angheria, individualismo, menefreghismo, cinismo, paura,
rassegnazione, arrivismo, avarizia, avidità, morte.
Scopri la morte dell’uomo nel suo sguardo assetato di potere. Nel suo disprezzo. Nella sua indifferenza.
Scopri la morte, proprio laddove avrebbe dovuto esserci vita.
In fondo all’anima. Nei recessi di un tempio ormai distrutto.
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