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giovedì 21 novembre 2013

Denuncia ecocidio raccoglie MINACCE e tentati omicidi

La regione amministrata dai superiori moralmente, tanto diversi dalle "destre" e che si definiscono ecologisti.....Poi le autorità se meravigliano degli spiaggiamenti dei cetacei. Purtroppo sul versante Adriatico stessa storia.
Naturalmente Lannes denuncia anche le scie chimiche con dettagli comprovati, un argomento tabù e che il bestiame (noi) non deve sapere.
Barbara

TOSCANA. SVERSAMENTO NEL MAR TIRRENO DI LIQUIDI NUCLEARI DEL REATTORE MILITARE 

di Gianni Lannes 

In Italia, adesso, va in onda - come avevo anticipato tanto tempo fa - un disastro nucleare, nella solita disattenzione generale. Tanto la salute pubblica non vale nulla. Si scaricano in mare 750 metri cubi di liquidi refrigeranti del reattore nucleare. Secondo l'Arpat "i limiti di rilascio sono entro i limiti". Una menzogna a buon mercato: infatti per questo genere di inquinamento il limite biologico è mac zero. 
Agli esperti delle istituzioni si raccomanda la lettura del mirabile saggio Il mare intorno a noi, della biologa marina Rachel Carson. Questo tipo di danno è irreversibile. 
In altri termini: le autorità legalizzano malattie e morte certa per la popolazione. Sono sicuro che non si solleverà nessuno; anche nell'Italia centro-settentrionale sono quasi tutti a cuccia. 


Acque radioattive, è iniziato lo sversamento nel Canale Navicelli 

Dopo l’ok ricevuto da Enea sul primo lotto di 30 metri cubi di liquidi trattati l’operazione è cominciata. «I limiti di legge sono rispettati con margini altissimi, è acqua distillata» 


È iniziato venerdì mattina lo sversamento delle acque trattate della piscina dell’ex reattore nucleare di San Piero a Grado. 
L’operazione che vedrà lo smaltimento del primo lotto dei liquidi (30 metri cubi) durerà cinque giorni. A essere sversato ogni giorno nel Canale Navicelli sarà un piccolo quantitativo di acqua trattata : 4.5 mc/giorno. La procedura è iniziata dopo aver ricevuto l’ok di Enea come aveva anche confermato la Provincia di Pisa in un comunicato stampa. «Le analisi Enea sul primo lotto indicano misure radiometriche conformi ai valori previsti. Si procederà dunque con lo scarico attraverso il depuratore di Pisa Sud», aveva affermato l’amministrazione pisana. 

In riferimento alle analisi in corso sulle acque trattate della piscina dell'ex reattore nucleare di San Piero a Grado (analisi preventive effettuate in ordine al loro scarico attraverso il depuratore biologico di Pisa Sud), il Cisam, responsabile del processo di smaltimento, aveva, come promesso, trasmesso i risultati delle misure radiometriche che l'Enea, (coinvolta nel procedimento per volontà del Cisam stesso) ha compiuto sui campioni del primo lotto (batch) di 30 metri cubi. I rilevamenti, inviati per conoscenza a Prefetture, Province e Comuni di Pisa e Livorno; Ispra-Dipartimento nucleare rischio tecnologico e industriale; Arpat; Asl 5 Pisa; Acque Industriali Srl «confermano il rispetto, con ampi margini, dei valori previsti dalla "formula di scarico" illustrata in occasione dell'incontro del 16 ottobre scorso», scrive il Cisam. Il quale quindi provvederà, con le modalità indicate dall'autorizzazione conseguente agli esiti degli esami svolti, a eseguire «lo scarico dell'acqua suddetta attraverso il depuratore. Con cadenza settimanale, si procederà ad analoga operazione per i restanti batch da 30 mc, sempre previa ricezione, dall'Enea, delle misure radiometriche che attestino il rispetto della riferita formula di scarico». 
15 novembre 2013 

ATTENTATI E MINACCE DI MORTE CONTRO GIANNI LANNES. REGIA NATO? 
di Salvatore Esposito e Lucia Russo 

Non è un eroe ma un uomo al quale ignoti stanno rendendo la vita impossibile. Chi lo vuole morto e sepolto? Perché ben tre governi (Berlusconi, Monti, Letta) chiamati in causa da numerose interrogazioni parlamentari, tacciono? 

A ben guardare affiora una ricorrente coincidenza che indirizza l’attenzione verso certe attività belliche e di intelligence dell’Alleanza atlantica. Occhio alla sequenza cronologica degli eventi. 

Il 4 novembre 2008 il quotidiano La Stampa per cui lavorava Gianni Lannes, pubblica la sua inchiesta “A PICCO PER UNA BOMBA AMICA. Un’esercitazione Nato provocò l’affondamento di un peschereccio nel ‘94”. Una paginone intero che documenta i fatti con lucidità e riporta alcune testimonianze significative: una ricostruzione sintetica ed al contempo rigorosa sulla strage del peschereccio di Molfetta “Francesco Padre. Una tragedia consumatasi nell’Adriatico la notte fra il 3 ed il 4 novembre 1994, costata la vita a cinque onesti pescatori ed al loro cane Leone. Reazioni ufficiali? Nessuna, almeno in apparenza. 

Poco tempo dopo si fa vivo Piero Corsini, braccio destro di Minoli alla Rai. L’inventore di Mixer, autore in quel periodo della trasmissione La Storia siamo noi, è interessato alla vicenda e vuole farne un documentario, commissionato proprio a Lannes. 
Nei primi dell’anno 2009 partono le riprese filmate. Lannes intervista per conto di viale Mazzini, alcuni magistrati (Drago, Pugliese, Magrone), pescatori, familiari, tecnici e politici. I militari protagonisti della storia si rifiutano però, di parlare. 
A fine maggio di 4 anni fa la casa editrice La Meridiana propone al giornalista di scrivere un libro ricostruendo la vicenda nei dettagli. E Gianni non perde un attimo: si mette subito al lavoro. 

Lannes scrive anche la sceneggiatura per il filmato Rai. Per il 2 luglio 2009 alle ore 9 è fissata a Napoli presso lo studio del professor Giulio Russo Krauss (docente all’università Federico II di Napoli, titolare della cattedra di Naviglio minore). Un esperto che ha insegnato anche all’Accademia navale di Livorno e per conto della Procura della Repubblica di Trani aveva elaborato alcune perizie durante la prima inchiesta archiviata nel 1997, teorizzando senza uno straccio di prova che la barca da pesca fosse esplosa poiché portava un carico di ordigni. Si tratta dell’ultima intervista, poi si procederà al montaggio e alla produzione. 

La notte fra il primo luglio e il 2 luglio 2009, ignoti fanno saltare in aria l’auto della moglie di Gianni Lannes non assicurata per questo tipo di inconvenienti. Lannes sporge denuncia e salta l’intervista al Russo Krauss. Poco tempo dopo muore prematuramente Giulio Russo Krauss. Dopodiché la Rai tenta di manomettere il lavoro di Lannes, e così l’inchiesta non andrà mai più in onda. 

Nel frattempo, Lannes è costretto a portare al “sicuro” la sua famiglia. Il 21 luglio Gianni Lannes ha appuntamento con Maria Pansini, la figlia del comandante del motopesca, per accompagnarla in Tribunale a Trani ed aiutarla a visionare i fascicoli giudiziari, mai acquisiti dai parenti delle vittime. Al mattino Lannes parte con l’auto e qualche minuto dopo finisce fuori strada, ma incolume. I freni della vettura non funzionano. E viene meno l’appuntamento anche con la signora Pansini. 

In quei giorni roventi d’estate Lannes sta ultimando il libro NATO: COLPITO E AFFONDATO. Consegnerà infatti le bozze alla Meridiana a metà luglio. 
A fine ottobre Lannes torna a casa con la sua famiglia. Il 5 novembre 2009 è fissato l’incontro a Molfetta, presso la sede della casa editrice La Meridiana per l’incontro con i familiari dei pescatori uccisi e la consegna del volume appena stampato che verrà presentato pubblicamente presso il seminario arcivescovile il 14 novembre successivo. La sera torna nella sua abitazione. Durante la notte, ignoti danno alle fiamme la sua automobile, non è assicurata per questo tipo di danno. Lannes sporge la seconda denuncia, mentre il magistrato competente per le indagini nello stesso giorno, in tutta fretta, firma al mattino il decreto di archiviazione per il primo attentato. Le indagini della magistratura sono approdate ad un nulla di fatto. 

Il 6 novembre si presenta a casa della famiglia Lannes il capitano dei carabinieri Russo. L’ufficiale dice a Lannes che non si tratta di vendette postume, bensì di tentativi di intimidazione o comunque di condizionamento. Da quel giorno la dimora del giornalista è visibilmente piantonata a turno 24 ore su 24 dai carabinieri. 
Il 22 dicembre 2009 il ministero dell’Interno assegna a Gianni Lannes una scorta della Polizia di Stato, senza che lo stesso cronista ne avesse mai fatto richiesta. Anzi, Lannes non vuole alcuna protezione per sé ma soltanto per la sua famiglia. 
Nel gennaio del 2010 Gianni Lannes incontra il magistrato Fini, titolare delle indagini: si verbalizza la situazione, ipotizzando in forma scritta fatti e possibili mandanti. Nello stesso anno Lannes porta all'attenzione dell'opinione pubblica il caso di Eurogendfor. 

Nel febbraio 2010 il capo della Procura della Repubblica di Trani, Carlo Maria Capristo, riapre le indagini (archiviate nel 1997) sulla base del volume NATO: COLPITO E AFFONDATO. I riscontri probanti di Lannes sono stati recentente suffragati anche dai consulenti tecnici della Procura tranese. La magistratura ha inoltrato agli Usa una rogatoria internazionale, che non ha sortito alcuna risposta. 
Nel maggio 2010 Lannes si reca a Perugia con la sua famiglia, accompagnato ovviamente dalla scorta di Polizia, per tenere due seminari all’università organizzati da Peacelink e partecipare alla famosa marcia della pace. La domenica sera il giornalista fa rientro a casa., ma c’è un’altra amara sorpresa ad attenderlo. Ignoti sono penetrati nella sua casa senza lasciare segni di effrazione, ed asportando soltanto un computer portatile e un hard disk. I ladri non rubano altro. E in casa, Lannes non ha l’abitudine di conservare documenti di lavoro. Lannes sporge la terza denuncia. 

In quel periodo Lannes lavora alacremente all’inchiesta sulle navi dei veleni, come ben sa il ministero dell’Interno, a cui giungono periodicamente i rapporti di Polizia sulle attività giornalistiche di Lannes e dei suoi numerosi incontri pubblici in giro per l’Italia. Il 2 agosto a Salerno Lannes intercetta la nave Frelon appena giunta dalla Francia con un carico di materiale radioattivo di scarto e denuncia pubblicamente la situazione. Pochi sanno, però, che Lannes sta indagando ancora sulla NATO, più specificatamente ad una ricerca sul campo che darà corpo in seguito al libro, non ancora pubblicato. 

Per gran parte degli anni 2010 e 2011 giungono al cellulare della moglie del giornalista minacce intimidatorie. Lannes sporge la quarta denuncia. 
Il 19 luglio 2001, giorno della strage di via D-Amelio a Palermo, ma è soltanto una macabra coincidenza, una funzionaria del Viminale telefona a Lannes e gli comunica che dal 22 agosto 2011 sarebbe venuta meno la protezione dello Stato. Non viene addotta alcuna motivazione scritta. 
Il 2 agosto 2011 cinque deputati presentano un-interrogazione a risposta scritta al ministro dell'Interno. A tutt'oggi quell'atto parlamentare non ha ancora ha avuto una risposta e risulta in corso, come decine di altre interrogazioni ed interpellanze far data dall'8 luglio 2009. 
A gennaio dell'anno 2012 la moglie di Gianni Lannes trova nella sua auto, esattamente posizionato nel seggiolino di sicurezza per bambini, un biglietto anonimo che reca una minaccia di morte inconfondibile. Lannes sporge la quinta denuncia. Il Corriere della Sera riporta la notizia dell'accaduto. Nel 2012 Lannes pubblica il libro IL GRANDE FRATELLO. STATEGIE DEL DOMINIO. 

A gennaio dell'anno 2013 mentre il figlio di Gianni Lannes si trova in ospedale, il giornalista finisce ancora una volta fuori strada. I freni della vettura su cui viaggiava non hanno funzionato. Quel giorno Lannes avrebbe dovuto partecipare ad una nota trasmissione radiofonica a Roma, sul tema della guerra ambientale della Nato. Le indagini giudiziarie dopo 4 anni non hanno accertato ancora nè mandanti nè esecutori materiali degli atti criminosi contro la persona di Gianni Lannes e contro la sua famiglia. 

Se per curiosità si guarda il sito del Parlamento chiunque può rendersi conto del numero considerevole di atti parlamentari presentati sulla base di inchieste autorevoli e documentate di Gianni Lannes. Atti di sindacato ispettivo che però nel 99 per cento dei casi non hanno mai avuto risposta dai Governi italiani. 

Dopo tutte queste intimidazioni che non hanno di certo spaventato Gianni Lannes, i soliti ignoti passeranno all'eliminazione fisica? Perché Gianni Lannes non può vivere tranquillamente in Italia, nella sua terra e nella sua casa? Chi controlla il telefono di Gianni Lannes e chi monitora il suo lavoro di ricerca? Perché Gianni Lannes non può più condurre inchieste giornalistiche? 


Strage di tartarughe nell’alto Adriatico. Arrivano morte a riva grappoli

18 nov 2013 - Maria Ferdinanda Piva - Nell’alto Adriatico è un’autentica strage. Causa? Mistero. Circa 165 tartarughe (di cui 15 nelle ultime ventiquattro ore) sono arrivate morte a grappoli in poco tempo sulle spiagge dell’Emilia Romagna e del Friuli: eppure le tartarughe Caretta caretta sono animali solitari, oltre che rari e ultra protetti. Nessuna tartaruga (a quanto se ne sa) è stata trovata sulle spiagge del Veneto, nessuna in Slovenia e in Croazia. Probabilmente venti e correnti hanno concentrato le carcasse su porzioni limitate di costa. Le spiegazioni sono varie ed opposte. Il fenomeno è così grave che poco fa l’Arpa Emilia Romagna ha emesso un comunicato stampa.


Al comunicato dell’Arpa emiliana si deve l’unico tentativo di mettere ordine nei numeri: a partire da ottobre si sono spiaggiate complessivamente 35 tartarughe in Friuli (soprattutto nella Laguna di Marano,) e circa 130 in Emilia Romagna. E’ un “evento anomalo” perchè le carcasse sono concentrate in aree ristrette e sono molto, molto più numerose della norma. Non si può dire che il fenomeno sia concluso.

Anzi (e qui intervengo io) le tartarughe stanno giungendo a riva morte quasi in un macabro “crescendo” rossiniano. Il fenomeno è emerso per la prima volta ai primi nel mese: la fondazione Cetacea ha parlato di 51 tartarughe trovate morte fra il 3 e il 15 ottobre in Emilia Romagna, nella zona compresa fra Cervia e Ferrara (in 12 giorni un terzo degli esemplari normalmente trovati morti in un anno); gli animali presentavano “fratture ed ematomi” tali da far pensare che fossero stati trascinati e sballottati dalle reti da pesca (allora appena riaperta dopo il fermo stagionale) e poi buttati a mare, agonizzanti o morti, dai pescatori.

Segue la notizia (31 ottobre) di 12 tartarughe trovate morte sulle spiagge di Grado, in Friuli: causa ipotizzata, le esplosioni sottomarine dovute alle ricerche di idrocarburi. Qualche giorno di pausa e il 12 novembre News Rimini annuncia 32 tartarughe spiaggiate in poche ore; nella sola giornata di ieri, poi, due delfini e una tartaruga a Bibione e due tartarughe nella zona di Ravenna, con un bilancio complessivo salito a 150 animali (oggi se ne sono aggiunti altri 15) e un summit all’istituto di Veterinaria dell’Università di Padova: esclusi avvelenamenti o agenti chimici vari, la principale ipotesi diventa quella del virus o del batterio (“l’unica cosa che si ripete su diverse tartarughe trovate è un’emorragia ai muscoli pettorali e una sterilità dell’intestino”) anche perchè sembra assodato che le tartarughe sono morte praticamente all’improvviso e fino a poco prima di trovavano in buona salute.

L’Arpa Emilia Romagna invece oggi chiama in causa di nuovo le reti da pesca: “Permane quindi l’ipotesi che la causa principale sia legata all’attività di pesca esercitata con reti a strascico sia col metodo a ‘tartana’ che con ‘volante’. La cattura non voluta è da considerarsi in tutti i casi accidentale. A suffragare tali ipotesi sono i referti dello Zooprofilattico di Ferrara e dell’Università di Bologna (Medicina veterinaria) che evidenziano negli esemplari esaminati edemi, fratture degli arti, lesioni al collo”. Cioè praticamente si è tornati al punto di partenza e alla prima spiegazione, in ordine cronologico, data alla moria.

Io non sono veterinario, ma le due spiegazioni mi sembrano davvero difficilmente conciliabili: o le tartarughe erano in buona salute salvo l’emorragia dei muscoli pettorali e la “sterilità dell’intestino” (detto in parole più semplici, scarsa flora batterica intestinale) oppure erano tutte fratturate e sbatacchiate dalle reti dei pescherecci. Resta il fatto che le tartarughe muoiono a grappoli e che le Caretta caretta sono rare e protette. Nell’alto Adriatico, indubbiamente, c’è qualcosa che non va.

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