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martedì 19 novembre 2013

Ilva, le nostre lacrime mentre Vendola rideva

I moralisti dell'Italia migliore. Chissà come mai i media non hanno tempo di occuparsi di loro, che si ergono a paladini dei deboli ma conducono greggi al macello. Come la Ministra Kyenge, la cui Onlus gestita dai parenti pare abbia fatto sparire i fondi destinati ai suoi connazionali in Congo come opere di beneficenza.
O lo strano suicidio del "ricattatore" della Presidente della Camera. Chi ha il Washington Consensus non si indaga e la magistratura lo sà. Condanna ed indaga chi le viene comandato. Se in queste faccende vi fosse stato coinvolto qualcuno dei "non protetti", la stampa non finirebbe di proporre servizi, interviste ed approfondimenti.
Nuovo episodio della saga Ilva, Vendola: “Contro di me processo di piazza”. E rivendica i meriti ambientali - I pugliesi muoiono di cancro e lui si lagna. Disgustoso, ripugnante. Ci manca solo che accusi i cittadini di essere omofobi.Tranquillo, la magistratura non ti tocca.
Barbara

VENDOLA, QUANDO LA DIFESA È PEGGIO DEL BUCO - TRAVAGLIO: “QUELLA TELEFONATA È LA FINE DELLA SUA CARRIERA POLITICA”
Nichi dice che sghignazzava al telefono con Archinà per ingraziarsi i Riva e “salvare posti di lavoro” - Travaglio: “Archinà era un noto corruttore di politici, giornalisti, funzionari,
persino prelati. La telefonata è peggio di qualunque avviso di garanzia o condanna. Il rapporto servile fra l’ex rivoluzionario che si è seduto a tavola e il potente”…
1. ILVA, L'AUTODIFESA DI VENDOLA PIÙ IMBARAZZANTE DELLE RISATE - HO PRESO IN GIRO QUEL GIORNALISTA PERCHÉ VOLEVO INGRAZIARMI I RIVA
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Ilva, le nostre lacrime mentre Vendola rideva
di Alessandro Marescotti - 16/11/2013


Quella telefonata è il Potere, direbbe Pasolini oggi. Quel Pasolini di cui Vendola era stato cultore appassionato, fino a scriverne nella tesi di laurea.
Dopo aver ascoltato la telefonata fra Vendola (presidente della Regione Puglia) e Archinà (allora tessitore delle relazioni Ilva) ho pensato subito a quei giorni dell'estate del 2010. Avevamo fatto esplodere il caso del benzo(a)pirene lanciando sui media i dati dell'ARPA. Quel cancerogeno era schizzato tre volte sopra i limiti di legge. Entrava nei polmoni di bambini e lo denunciavamo con forza. Chiedevamo che si applicasse una normativa a tutela della popolazione mai applicata dal 1° dicembre 2010.
Al direttore dell'ARPA Giorgio Assennato venne rimproverato che quei dati erano usati "come delle bombe".
La nostra denuncia aveva avuto il fragore di una pietra che si infrange su una vetrina. E la vetrina simbolica che avevamo rotto era la rappresentazione di una fabbrica compatibile con la città. Una vetrina tirata a lucido da Vendola. Una vetrina che sarebbe poi stata distrutta due anni dopo da due impietose perizie della magistratura.
Quella vetrina andava in frantumi. Occorreva correre ai ripari.
Da qui si comprende la preoccupazione di Archinà, che chiede soccorso a Vendola rivolgendosi in qui termini per conto dell'Ilva.
Quella telefonata è il Potere, direbbe Pasolini oggi. Quel Pasolini di cui Vendola era stato cultore appassionato, fino a scriverne nella tesi di laurea.
Quando ho ascoltato le parole di Vendola, e le sue risate con Archinà,  ho ripensato a quei giorni bollenti del 2010 e al fatto che avevamo ancora fiducia in lui. Allora riponevamo in lui ancora la speranza. Del resto lo avevamo votato, molti di noi non avrebbero mai pensato a un tradimento, molti di quelli che erano impegnati sul fronte ambientale avevano fatto parte del suo comitato elettorale.
E così andammo a Bari, a raccontare la gravità della situazione. Non ci accolse Vendola ma l'assessore all'ambiente Nicastro e il dirigente dell'assessorato Antonicelli. Presero nota dei nostri numeri di telefono sui loro Iphone bianchi e neri. Ci ascoltarono con attenzione, con partecipazione, così mi sembrò. Nicastro ci disse: "Non terremo solo le matite a posto sulla scrivania". Mi colpì quella frase, la ripeté più volte. Lo presi sul serio.
Noi eravamo andati lì con una tremenda pena nel cuore, eravamo nella stanza dell'assessorato con la voce tremante, leggendo le email delle persone ammalate che ci avevano scritto.
Davamo voce alle vittime, alle tragedie, ai malati terminali che ci affidavano una frase, un appello accorato perché la Regione ci ascoltasse finalmente e agisse applicando la legge per fermare la almeno la cokeria dell'Ilva. Leggevamo storie da piangere e le leggemmo dignitosamente a Nicastro e Antonicelli trattenendo a stento le lacrime. Allora avevamo ancora fiducia in loro e non sapevamo che Nichi Vendova nel frattempo rideva al telefono con Archinà. Ce ne andammo via da Bari con il cuore gonfio di speranza, con calorose strette di mano e con il sorriso fiducioso di chi implora un aiuto. E fummo subito abbandonati.

Vendola/Ilva,quando una risata cancella Ecologia e Libertà    
In un paese ormai scivolato dal declino al degrado anche Nichi Vendola varca il Rubicone e passa dalla categoria dei politici a quella dei politicanti. Intercettato dalla Guardia di Finanza mentre al telefono con il responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva, Girolamo Archinà, dà, tra gli sghignazzi, “della faccia da provocatore” a un cronista che tentava di porre domande a Emilio Riva sulle morti per tumore, il Governatore pugliese non si scusa. Non si dimette. E anzi querela ilfattoquotidiano.it impapocchiando per l’occasione una pietosa e bugiarda spiegazione. 

Il (si spera) futuro ex leader di Sinistra ecologia e libertà nega in un comunicato le “presunte risate suscitate dalle domande sulle morti di cancro”. E ricorda invece di essere rimasto solo colpito da “Archinà che con un salto improvviso si era avvicinato a un giornalista che stava intervistando Riva”. Peccato però che “lo scatto di Archinà” non fosse la mossa del ballo della Taranta. Archinà, come si vede chiaramente nel filmato che tanta ilarità ha suscitato nel politicante pugliese, strappa il microfono dalle mani del giornalista subito dopo averlo sentito chiedere a Riva, con assoluta gentilezza, chiarimenti sui morti per tumore. E, poi non contento, si frappone a mo’ di gorilla tra il cronista e il suo padrone. 


Ovviamente tutto questo nel comunicato di Vendola non lo si legge. Probabilmente perché è difficile spiegare alle migliaia di militanti per bene del suo partito come sia da oggi conciliabile il nome di Sel con quello del proprio presidente. 


Il gesto violento con cui Archinà censura le domande scomode sul cancro, dovrebbe indignare chi ha a cuore sia l’ecologia che la libertà (a partire da quella di cronaca). Ma il Governatore di Puglia non si scandalizza. Si complimenta invece con il protagonista “della scena fantastica”, per poi raccomandargli di dire a “Riva che il presidente non si è defilato”. 


Fino alla sera prima della pubblicazione dei nostri video-servizi, qui a ilfattoquotidiano.it pensavamo che la brutta intercettazione si potesse giustificare con l’ansia di Vendola di non tagliare i ponti con l’Ilva per garantire l’occupazione. 


Per tutto il pomeriggio lo avevamo cercato in più colleghi telefonandogli, inviando sms e parlando con il suo entourage. Volevamo dargli la possibilità di replicare e avevamo pensato di chiedergli se, alla luce di quanto è accaduto a Taranto, non si fosse pentito dei suoi comportamenti. Vendola non ha risposto, né richiamato. 


Oggi però querela. E la sua replica, arrogante, dice tutto. Meglio così. Ci vedremo in tribunale. Ne siamo felici. 


Peter Gomez 
15.11.2013

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