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sabato 7 dicembre 2013

Alberto Micalizzi: con le privatizzazioni l’Italia è alla deriva

Nel mezzo di una recessione strutturale che ha fatto perdere il 9% di PIL al nostro Paese negli ultimi 6 anni, pari a circa 130 miliardi di Euro bruciati, che ha visto la spesa per interessi salire a 90 miliardi di euro, il debito pubblico superare la soglia dei 2.000 miliardi di euro, la disoccupazione oltrepassare il 12% e decine di migliaia di aziende chiudere i battenti per mancanza di domanda o spostare all’estero la propria sede, il governo Letta ha avuto una grande idea:
recuperare 12 miliardi di euro privatizzando ulteriormente quote pubbliche di aziende appartenenti a settori strategici.
Le aziende oggetto di ulteriore privatizzazione includono l’Eni, petrolio e gas, Stm, leader nella produzione di semiconduttori, Fincantieri, tra i leader mondiali della cantieristica, Cdp Reti, di proprietà della Cassa depositi e prestiti, Tag, che gestisce in esclusiva il tratto austriaco del gasdotto che trasporta il gas dalla Russia in Italia, Grandi stazioni, controllata al 60% dalle Ferrovie dello Stato, Enav, la società per il controllo del traffico aereo e Sace, gruppo per l’ assicurazione dell’export.
Queste aziende fanno parte di un piccolo nucleo rimasto in piedi dopo 20 anni di tiro al bersaglio sulle partecipazioni statali che dal 1992 sono state oggetto di svendita, saccheggio e umiliazione. Sono stati definiti carrozzoni e materia corruttiva anziché essere interpretati come fondamentali strumenti di politica economica, tra i pochi che si sarebbero dovuti mantenere saldamente in mano Statale proprio mentre si abbandonavano le leve monetarie e finanziarie a causa del sopraggiungere dell’Euro….
Tra il 1992 ed oggi si è ceduta la sovranità monetaria con l’Euro, quella finanziaria con l’intervento delle banche sistemiche e della Bce in testa – tutte istituzioni private che nulla hanno a che vedere con l’interesse pubblico – quella economico-industriale con la privatizzazione dei settori strategici, quella commerciale con l’apertura a qualsiasi trattato internazionale, senza mai domandarsi cosa sarebbe accaduto alle nostre imprese…..
Grazie a tutto questo l’Italia assomiglia oggi ad un barcone alla deriva, non ci sono più leve di comando, non si sa da dove veniamo e tantomeno in che direzione andare.
La raccolta di 12 miliardi dalla cessione di ulteriori quote di questi pochi brandelli di Stato rimasti in piedi coprirebbe a malapena 45 giorni di interessi passivi sul debito pubblico, non porterà efficienza né competitività nel sistema, non stimolerà il PIL, non creerà occupazione, non farà nulla di tutto questo. Rappresenta solo l’indegno epilogo di un ventennio che ha segnato la demolizione del Paese, la rimozione di ogni sua fondamenta ed il relativo trasferimento in mani estere, in maniera che in Italia non rimanessero che i lavoratori, i professionisti e gli imprenditori a fare debiti – in una valuta che giuridicamente appartiene ad altri – ed a pagare tasse.
Questa nuova ondata di privatizzazioni rappresenta solo un gesto stanco, privo persino di coreografia, una decisione diffusa tra le redazioni dei giornali quasi come una circolare interna, un comunicato senza anima da parte di chi non ha alcuna visione della politica e dell’economia. E’ uno sfregio al volto di un Paese già in ginocchio, chiamato “maiale”, ritenuto spazzatura, che vede ogni giorno donne e uomini rinunciare a beni alimentari di prima necessità, privarsi di intereventi sanitari urgenti, pagare tasse su tasse, costretti a sperare in Renzi come segno del nuovo (!), nel nome di una “austerità” economica che nessuno spiega ed il cui unico fine appare sempre più solo quello di costringere tutti a vivere nel terrore e garantire il pagamento degli interessi sul debito pubblico, cioè permettere la sottrazione di risorse economiche dalle tasche di lavoratori e imprenditori a poteri forti della finanza internazionale.
Fonte: Tech - media

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