Partendo dall'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia finita con la cancellazione delle registrazioni disposta dai togati non appena è spuntato il nome di Napolitano, spunta anche fuori tal Mattarella. Ma che strano, piace pure a Salvatore Borsellino, che di mafia ne sa qualcosa avendo perso il fratello Paolo.
Non che sia un nome di "rottura", tutt'altro. Infatti, sotto l'egida di questo personaggio si è ritrovato l'amore a sinistra. Per Mattarella son tutti pazzi, dall'"antagonista" SEL alle correnti ribelli del Pd.
Basta usare l'icona di un parente morto per la lotta alla mafia per ascrivere a lui gli stessi meriti. Però gli altri son vivi e sappiamo cosa vuol dire......
Ovviamente tale scelta è stata fatta passare come "superamento" del patto del Nazzareno, grande battaglia di civiltà e democrazia che risolleverà i destini di milioni di famiglie italiane ridotte in miseria....a leggere certa stampa è quanto si evince.
Poco importa se questo signore diede nome alla riforma che cancellò il proporzionale, si sa, oggi giorno pensare di concedere più voce al popolo, più rappresentanza ad esso viene considerato un abominio. Tant'è che abbiamo il terzo governo consecutivo non eletto e lo consideriamo sommo atto di responsabilità.
Ma il consenso è stato bipartisan, con una sponsorizzazione come quella di Mario Draghi l'ordine non poteva essere rifiutato o contestato.
Non può non piacere all'impero atlantico, dato che il Mattarella in qualità di Ministro della Difesa del governo Amato dette il via ai bombardamenti sulla ex Jugoslavia.
Così come certo non poteva essere votato Imposimato, unico a denunciare il Bilderberg quale mandande di ogni strage commessa sul territorio italiano, che ha osato denunciare all'Aja gli Usa per l'11/9, unico a rendere pubblico in modo dettagliato il malaffare che si cela dietro al sistema Tav Italia che funziona da bancomat per i partiti. Una classe di conniventi, corrotti e servi non avrebbe mai potuto convergere su Imposimato. Siamo in democrazia, ed è questo il suo prezzo, il suo valore.
Così come certo non poteva essere votato Imposimato, unico a denunciare il Bilderberg quale mandande di ogni strage commessa sul territorio italiano, che ha osato denunciare all'Aja gli Usa per l'11/9, unico a rendere pubblico in modo dettagliato il malaffare che si cela dietro al sistema Tav Italia che funziona da bancomat per i partiti. Una classe di conniventi, corrotti e servi non avrebbe mai potuto convergere su Imposimato. Siamo in democrazia, ed è questo il suo prezzo, il suo valore.
Riporto un articolo di Dagospia che, raccogliendo altri pezzi, delinea un profilo del loro presidente della Repubblica fresco di conferma Mattarella.
Sotto, link ad altri articoli interessanti a riguardo che la stampa si è ben premurata di non approfondire.
MATTARELLA: FIRME FALSE PER CANDIDARLO A BOLZANO NEL 2001
IL PRESIDENTE DI RENZI? E’COSI’ VICINO AGLI ITALIANI, DA AVERLI PUGNALATI ALLE SPALLE
30 gen 2015 11:16
1. “SPECCHIATO” E “SCHIENA
DRITTA”, MA ANCHE IL CARO MATTARELLA TIENE FAMIGLIA. E SOPRATTUTTO UN FRATELLO
CHE ERA IN AFFARI CON ENRICO NICOLETTI, BOSS DELLA MAGLIANA - 2. L’AVVOCATO
ANTONINO, O EX AVVOCATO, VISTO CHE SECONDO ALCUNI DOCUMENTI SAREBBE STATO
CANCELLATO DALL’ORDINE, HA AVUTO PIÙ VOLTE A CHE FARE CON LA GIUSTIZIA - 3. TRA
GLI ANNI ’80 E ‘90 SI INDEBITÒ PESANTEMENTE CON NICOLETTI, MA FU ANCHE CURATORE
DEL SUO FALLIMENTO. FINO A ESSERE ACCUSATO DI AVER RICICLATO SOLDI SPORCHI
INVESTENDOLI IN GROSSI ALBERGHI A CORTINA (FU ARCHIVIATO PER MANCANZA DI PROVE)
- 4. IL FRATELLO PIERSANTI, POI VITTIMA DELLA MAFIA, FU COLUI CHE FECE ELEGGERE
VITO CIANCIMINO SINDACO DI PALERMO. E IL PADRE, BERNARDO, SEMPRE NOTABILE DC
SICILIANO, FU DENUNCIATO COME AMICO DEI MAFIOSI DA DANILO DOLCI E DALLA
SINISTRA SICILIANA
1. LE OMBRE DEL PICCOLO SCALFARO
- SAN SERGIO FINÌ NEI GUAI PER FINANZIAMENTO ILLECITO. E IL FRATELLO...
Tommaso Montesano per “Libero
Quotidiano”
«Con la schiena dritta». Eccola
la formula più usata, dai sostenitori della sua candidatura al Quirinale, per
descrivere Sergio Mattarella. «Un politico per bene», twitta il presidente del
Consiglio, Matteo Renzi. Un ex popolare con un rigore morale, a leggere i
ritratti comparsi sui giornali, La Repubblica in primis, da fare invidia a
Oscar Luigi Scalfaro.
Nelle biografie ufficiali e non,
Sergio Mattarella risulta avere un solo fratello: Pier Santi, l’ex presidente
della Regione Sicilia assassinato a Palermo da Cosa Nostra il 6 gennaio 1980.
In realtà il candidato del centrosinistra al Quirinale di fratello ne ha anche
un altro. Si chiama Antonino ed è balzato agli onori delle cronache alla fine
degli anni Novanta nell’ambito di un’inchiesta della procura di Venezia per
riciclaggio di denaro sporco e associazione mafiosa.
Procedimento poi archiviato nel
1996 per mancanza di prove. Le cronache dell’epoca consentono di ricostruire la
vicenda. Secondo l’allora sostituto procuratore della Direzione distrettuale
antimafia di Roma, Andrea De Gasperis, citato dal Giornale di Sicilia del 18
ottobre 1999, Antonino Mattarella, insieme al commercialista trapanese
«Giuseppe Ruggirello, avrebbe convogliato nella perla del Cadore (Cortina
d’Ampezzo, ndr) un’ingente massa di soldi sporchi, riconvertendo in
multiproprietà alcuni grandi alberghi».
Tra gli indagati ci furono anche
Enrico Nicoletti, il «cassiere» della banda della Magliana, Riccardo Lo Faro,
legale rappresentante della «Cortina Sport», proprietaria di una delle
strutture acquisite (l’hotel Mirage), e un imprenditore di Frosinone, Mario
Chiappisi. Indagine chiusa per mancanza di prove sulla presunta provenienza
illecita del denaro. A macchiare l’immagine di Sergio, invece, c’è la confessione
di aver accettato, alla vigilia delle Politiche del 1992, un contributo
elettorale di tre milioni di lire - sotto forma di buoni benzina -
dall’imprenditore agrigentino Filippo Salamone, noto in Sicilia per essere
vicino a Cosa Nostra.
Il padre di Pier Santi e Sergio,
Bernardo, è stato pure lui in politica. Deputato per cinque legislature, oltre
che uno dei leader della Dc siciliana nel Dopoguerra. Un ruolo di primo piano,
alla guida della corrente morotea dell’isola, che emerge anche dalla relazione
di minoranza che nel 1976 depositò in Parlamento l’allora deputato comunista
Pio La Torre, assassinato a Palermo il 30 aprile 1982 per mano di Cosa Nostra.
Dal nonno al nipote.
Il figlio di Sergio, Bernardo
Giorgio, docente di Diritto amministrativo (all’università di Siena e alla
Luiss di Roma), è capo dell’ufficio legislativo della Funzione pubblica al
ministero della Pubblica amministrazione guidato da Marianna Madia. Quella
Madia che è stata fidanzata con Giulio Napolitano, il figlio dell’ex presidente
Giorgio. Forse è anche in nome di questi legami che ieri Napolitano senior ha
fatto per la prima volta il suo ingresso nell’Aula di Montecitorio nella nuova
veste di senatore a vita.
L’ex capo dello Stato non ha
nascosto di tifare per l’elezione di Mattarella: «È persona di assoluta lealtà,
correttezza, coerenza democratica, alta sensibilità costituzionale». Un
endorsement in piena regola che testimonia l’attivismo di Napolitano per
l’ascesa del giudice costituzionale - nominato alla Consulta dal Parlamento proprio
sotto la sua presidenza - al Colle. «Io lo conosco bene, da quando era
deputato», ripete il presidente emerito in Transatlantico prima di lasciare il
Parlamento.
2. IL FRATELLO ANTONINO E QUEGLI
AFFARI COL RAS DELLA MAGLIANA
Marco Lillo per “il Fatto
Quotidiano”
Un fratello che chiedeva prestiti
a Enrico Nicoletti: non è certo un punto a favore della candidatura di Sergio
Mattarella la presenza in famiglia di un tipo come l’avvocato Antonino
Mattarella, o forse sarebbe meglio dire ex avvocato perché, stando ad alcune
pubblicazioni di una decina di ani fa, sarebbe stato cancellato dall’ordine
professionale per i suoi traffici.
Le colpe dei fratelli non
ricadono sui presidenti in pectore però è giusto conoscere a fondo la storia
delle famiglie di provenienza quando si parla di capi di Stato. Sia nella luce,
come nel caso del fratello Piersanti, nato nel 1935 e ucciso nel 1980 dalla
mafia, sia nell’ombra, come nel caso di Antonino, nato nel 1937, terzo dopo
Caterina (del 1934) e prima del piccolo Sergio, classe 1941.
Antonino Mattarella ha fatto
affari con quello che è da molti chiamato “Il cassiere della Banda della
Magliana” anche se in realtà quella definizione è imprecisa e sta stretta a don
Enrico Nicoletti, una realtà criminale, come dimostra la sua condanna
definitiva per associazione a delinquere a 3 anni e quella per usura a sei
anni, autonoma e soprattutto di livello più alto.
Enrico Nicoletti era in grado di
parlare con Giulio Andreotti, faceva affari enormi come la costruzione
dell’università di Tor Vergata, si vantava di conoscere Aldo Moro, ha pagato
parte del riscatto del sequestro dell’assessore campano dc Ciro Cirillo. Ora si
scopre che ha prestato, 23 anni fa, 750 milioni di vecchie lire al fratello di
un possibile presidente della Repubblica.
Il Tribunale di Roma nel
provvedimento con il quale applica la misura di prevenzione del sequestro del
patrimonio di Nicoletti nel 1995 si occupa dei rapporti tra l’avvocato Antonino
Mattarella e Nicoletti. Nell’ordinanza scritta dal giudice estensore Guglielmo
Muntoni, presidente Franco Testa, si descrive la storia di un palazzo in zona
Prenestina comprato da Nicoletti, tramite una società nella quale non figurava,
grazie anche alla transazione firmata con il curatore di un fallimento di un
costruttore, Antonio Stirpe.
L’affare puzza, secondo i
giudici, perché il curatore, Antonino Mattarella era indebitato con lo stesso
Nicoletti. Il palazzo si trova in via Argentina Altobelli in zona Prenestina e
ora è stato confiscato definitivamente dallo Stato. “Davvero allarmanti sono le
vicende attraverso le quali il Nicoletti ha acquistato l’immobile in questione
– scrivono i giudici – Nicoletti infatti ha rilevato l’immobile dalla società
in pre-fallimento (fallimento dichiarato il 20 luglio 1984) dello Stirpe con
atto 9 gennaio 1984; è riuscito ad evitare una azione revocatoria versando una
cifra modestissima, lire 150 milioni, rispetto al valore del bene, al
fallimento.
La transazione risulta essere
stata effettuata tramite il curatore del fallimento Mattarella Antonino, legato
al Nicoletti per gli enormi debiti contratti col proposto (dalla documentazione
rinvenuta dalla Guardia di finanza di Velletri emerge che il Nicoletti
disponeva di titoli emessi dal Mattarella, spesso per centinaia di milioni
ciascuno)”.
La legge fallimentare cerca di
evitare che i creditori di un imprenditore restino a bocca asciutta. Il
curatore dovrebbe evitare che, prima della dichiarazione di fallimento, i beni
prendano il volo a prezzo basso. Per questo esistono contro i furbi le cosiddette
azioni revocatorie che riportano i beni portati via con questo trucco nel
patrimonio del fallimento. Il curatore dovrebbe vigilare e invece, secondo i
giudici, l’avvocato Antonino Mattarella aveva fatto un accordo con Nicoletti e
il palazzo era finito nella società di don Enrico.
Per questo le carte erano state
spedite in Procura ma, prosegue l’ordinanza del sequestro, “una volta che gli
atti furono trasmessi dal Tribunale Civile alla Procura della Repubblica per il
delitto di bancarotta si rileva che le indagini vennero affidate al Maresciallo
P. che risulta tra i soggetti ai quali Nicoletti inviava generosi pacchi
natalizi”.
Non era l’unica operazione
realizzata dalla società riferibile a Nicoletti e poi sequestrata, la Cofim,
con Antonino Mattarella. “In data 23 aprile 1992 risulta il cambio a pronta
cassa dell’assegno bancario di lire 200 milioni non trasferibile, tratto sulla
Banca del Fucino all’ordine di Mario Chiappni”, che è l’uomo di fiducia di
Nicoletti per l’attività di usura. “In data 28 aprile viene versato sul
predetto c/c altro assegno di lire 200 milioni sulla Banca del Fucino, tratto
questa volta all’odine della Cofim dallo stesso correntista del primo assegno:
questo viene richiamato dalla società, a firma dell’Amministratore sig. Enrico
Nico-letti. In data 30 aprile 1992 la Banca del Fucino comunica l’avvio al
protesto del secondo assegno).”
L’assegno citato – concludono i
giudici di Roma – risulta essere stato emesso dal Prof. Antonino Mattarella”.
I giudici riportano le
conclusioni del rapporto degli ispettori della Cassa di Risparmio di Rieti,
Cariri. “A tal proposito – scrive il Tribunale – viene esemplificativamente
indicato il richiamo di un assegno di 550 milioni emesso sempre dal Prof.
Mattarella. Si riporta qui di seguito per estratto quanto esposto
dall’ispettorato Cariri: ‘In data 15 maggio 1992 (mentre era in corso la
presente ispezione), è stato effettuato dalla Succursale il richiamo di un
assegno di Lire 550 milioni, tratto sulla Banca del Fucino da Mattarella
Antonio, versato in data 4 maggio sul c/c 12554 della Cofim (società riferibile
a Nicoletti e poi sequestrata, ndr).
Il richiamo è avvenuto previo
versamento sul c/c della Cofim di altro assegno di pari importo tratto dallo
stesso Mattarella, essendo il primo insoluto’. La Banca del Fucino ha
regolarmente informato la nostra Succursale (il giorno 21 o 22) che anche il
secondo assegno, regolato nella stanza di compensazione del 18 maggio, era
stato avviato al protesto. (...).
L’assegno di 550.000.000 lire è
tornato protestato il 4 giugno e, al termine dell’ispezione, è ancora sospeso
in cassa per mancanza della necessaria disponibilità per il riaddebito sul
conto della Cofim”. I rapporti tra Nicoletti e Antonino Mattarella risalivano
ad almeno 3 anni prima. I giudici riportano un episodio: il 17 luglio del 1989
Nicoletti telefona al suo uomo di fiducia Mario Chiappini mentre sta
nell’ufficio di un tal Di Pietro della Cariri. Chiappini prende il telefono e
dice al suo boss “che aveva prelevato e fatto il versamento e che era tutto a
posto. Doveva sentire solo Mattarella con il quale aveva un appuntamento”.
3. BORDIN LINE
Massimo Bordin per “Il Foglio”
Nel settembre 1970 Vito
Ciancimino divenne sindaco di Palermo. Durò pochissimo. Fu il segretario della
Dc di allora, Arnaldo Forlani, a imporre da Roma le sue dimissioni. Del resto
la maggioranza che lo aveva eletto fu molto risicata. Nella stessa Dc votarono
contro gli andreottiani di Lima, la corrente di Alessi e qualche spirito
libero, oltre a socialisti e comunisti. I neofascisti si divisero nel segreto
dell’urna, a favore votarono repubblicani e socialdemocratici oltre ai Dc
fanfaniani, guidati da Gioia, e morotei, guidati dal giovane Piersanti
Mattarella che aveva proposto la candidatura di Ciancimino.
E fu proprio Piersanti Mattarella
ad essere convocato a Roma da Forlani, segretario nazionale del partito e
fanfaniano, eppure convinto che fosse meglio evitare un sindaco del genere.
Ciancimino dovette dimettersi e Piersanti Mattarella fu, dieci anni dopo, un
coraggioso presidente della regione che pagò con la vita il suo diniego alle
pretese di Ciancimino e dei mafiosi.
Il fratello di Piersanti, Sergio,
entrò in politica qualche anno dopo l’omicidio di suo fratello, chiamato da De
Mita a rappresentare in Sicilia la svolta della Dc e il suo e emendarsi da un
passato di contiguità con la mafia, rappresentato anche da Bernardo Mattarella,
notabile Dc siciliano, padre di Piersanti, più volte denunciato come amico dei
mafiosi da Danilo Dolci, e da tutta la sinistra, negli anni 50 e 60.
Oggi si vuole al Quirinale suo
figlio Sergio, persona irreprensibile. Almeno si sappia che, incolpevolmente,
rappresenta questa storia, familiare e politica. Molto più tragica e grave di
un carrello dell’Ikea o di un processo per truffa.