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giovedì 28 giugno 2012

E se avesse ragione la Merkel?

Premetto che, quando si leva il coro di voci unanimi comincio a subodorare una "fregatura" sottostante. In particolare, l'ennesimo "nein" della Merkel agli eurobond, posizione ben nota sin dal 2010, che hanno fatto crollare la borsa ed i titoli bancari in particolare ha fornito ancora l'alibi per alzare i toni contro la Cancelliera. Da mesi ormai le si addebita l'austerity imposta alla Grecia, come se il FMI, la BM, la Bce non avessero svolto alcun ruolo ma fossero degli enti in suo possesso. La stampa mainstream ed i paladini dell'euro, insieme ad alcuni partiti diffondono immagini della cancelliera in abiti delle SS. Li capisco, d'altra parte potrebbero dire la verità sulla provenienza dell'austerity che sta tutta nelle clausole del Trattato di Maachstricht accettato di buon grado e con tanto entusiasmo da tutti gli eurocriminali? Ma si chiedono coloro che "tifano" per gli Hollande o gli Obama di turno, che urlano "basta austerità, ora crescita", quando, costoro ed i loro partiti abbiano mai fatto qualcosa per il cittadino e per il benessere dei popoli? Pensano che questi soggetti, soprattutto Obama che chiede all'Europa di iniettare liquidità  illimitata nel circuito bancario chiamandola misura per la crescita, abbiano realmente a cuore la sorte delle persone?
No, meglio addossare tutta la responsabilità alla Germania e financo ai cittadini tedeschi, come se intascassero loro i soldi estorti ai greci e non le banche. Ma sulle ragioni della Merkel nemmeno una parola? Cosa è stato chiesto alla Germania? Sulla vera natura, la destinazione ed i benefici derivanti dagli eurobond nessun approfondimento dal mainstream, se non un generico "senso di solidarietà" (verso le banche ovviamente). Per rispondere a questo interrogativo, visto che la stampa msm è solo occupata a demonizzare il capro espiatorio di comodo ci viene incontro l'articolo di Paolo Majolino su Arianna Editrice.

Qui a seguito, riporto due articoli di Rinascita sul Mes e la richiesta di trasferimento di ulteriori poteri in seno all'Ue e suoi organi non sottoposti ad
alcun processo democratico.

Il Mes: un potere assoluto a cui affidiamo i nostri destini
Nel luglio 2012 l’Ue ratificherà il Meccanismo europeo di Stabilità o Fondo Salva Stati

Fabrizio Ferrara

Il Parlamento? Sarà un bivacco per firmacarte. Neanche nostre. La Costituzione fornirà aforismi per i Baci Perugina. Non sto scherzando.
E’ questo che ci ritroveremo allorché nel Luglio 2012 verrà ratificato nei paesi dell’Ue il M.E.S (o E.S.M all’inglese), ovvero il Meccanismo Europeo di Stabilità meglio noto come Fondo Salva Stati.
Ma facciamo un po’ di storia. Tutto inizia con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1° Dicembre 2009. Questo documento revisionava il Trattato sull’Unione Europea e il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, sotto forma di lievi modifiche. In questo modo sono stati evitati quegli stessi referendum con cui Francia e Olanda, poco prima, avevano bocciato la Costituzione Europea.
Ma perché questa escamotage? Perché il Trattato di Lisbona (ovvero la “risorta” Costituzione Europea) ridisegna la distribuzione di competenze tra Paesi membri e Unione con un forte travaso dai primi alla seconda. In pratica la nostra vita verrà decisa prevalentemente al di fuori dei confini nazionali e su questo punto molti potrebbero anche essere d’accordo perché, molte riforme che potrebbero migliorare l’efficienza del Sistema Italia e che non mettiamo in pratica per inettitudine, potrebbero esserci imposte volenti o nolenti.
E poi in un’ottica di macro-aggregazioni territoriali o politiche, un’Europa maggiormente unita potrebbe difenderci meglio. Il punto è che tutto ciò verrà fatto in modo scarsamente democratico, impedendo il contributo delle singole nazioni e dei singoli popoli e, anzi, creando un’omologazione verso il basso dei territori europei.
Tutto ciò a partire proprio dal Meccanismo Europeo di Stabilizzazione. Vediamo come funziona lo strumento che dovrebbe garantirci sonni tranquilli e che opererà una silenziosa lobotomia ai popoli europei. Con la crisi del Dicembre 2011, i rappresentanti dei Paesi Membri hanno deciso di costituire e anticipare l’entrata di in vigore di un Fondo di Garanzia Europeo che dovrebbe avere il capitale sociale di 700 milioni di euro. A questo ammontare contribuirebbero tutti gli stati soci secondo le loro disponibilità.
All’Italia toccherebbe la terza fetta più grossa di esborso con 125 milioni di euro, di cui 15 subito in 5 rate annuali ed i restanti in caso di emergenza. Queste quote sono da versare “incondizionatamente ed irrevocabilmente”. Cosa significa? Che entro pochi giorni dalla ricezione della “bolletta europea” dovremo pagare. Dovremo! Una volta aderito al M.E.S, il nostro Paese non potrà dissociarsi né un governo neo eletto potrà cercare di non pagare. Anzi, in caso di “morosità”, perderemmo il diritto di voto all’interno del Congresso Direttivo del Fondo, il quale potrebbe votare un aumento del capitale sociale e della quota a noi spettante, senza che il nostro paese possa opporvisi.
Quindi dobbiamo pagare e presto. Direi che è già abbastanza fastidioso così. Ma non basta e qui viene il bello. Noi non abbiamo questi soldi. Dovremo emettere titoli di debito e quindi farci prestare soldi dalle banche europee a un tasso di interesse altissimo, mentre a loro quello stesso danaro è stato fornito dalla BCE con un interesse di favore dell’1%. Iniziate a capire? Per “salvarci” in un lontano domani, dobbiamo indebitarci ora e trasferire danaro per le prossime generazioni nelle banche europee. Oltre a indebitarci dovremo fare tagli e manovrine senza soluzione di continuità. Qualcuno potrebbe obiettare che si potrebbe non aderire e cercare di risolvere i problemi economici con soluzioni interne, magari concertate. Legittimo. E come veniamo convinti? Naomi Klein nel testo “Shock Economy” ci spiega che per convincere le popolazioni a prendere decisioni scomode, si può sottoporle a dei traumi. Un po’ come i prigionieri di guerra che vengono sottoposti a lunghe maratone di veglia, scosse elettriche, digiuni interminabili per fiaccarne la psiche e riprogrammarli. Procedimento identico. Vi dice nulla ciò che accadde al Cile di Allende o alla Polonia di Lech Valesa (Solidarnosh)? Entrambe queste nazioni vennero strangolate dall’aumento dei tassi d’interesse del loro debito e costrette la prima ad un golpe e la seconda a rinnegare il piano di riforme dei sindacati liberi. In ambedue le situazioni vennero mandati da Washington degli studiosi della Scuola di Chicago di Milton Friedman e del liberista Von Hayek. Costoro proposero delle riforme in cui lo Stato doveva ridurre il suo ruolo al minimo indispensabile e tutto doveva essere affidato al libero equilibrio del mercato: liberalizzazione dei prezzi, privatizzazione del sistema pensionistico, tagli allo stato sociale, licenziamenti dei dipendenti pubblici, minori garanzie per i lavoratori autonomi e gli operai, privatizzazione delle aziende di stato. E laddove, come nell’Iraq post Saddam, questo non poteva avvenire ci si limitava a far convergere gli aiuti internazionali sulle aziende estere incaricate, con appalti estorti, di ricostruire il paese a scapito della forza lavoro e delle aziende locali costrette al fallimento e alla miseria.
Come? Qualcosa vi sembra familiare? Si, esatto. Anche noi siamo stati sottoposti a uno shock. Ricordate la storia dello Spread? E quella dei Default? Le agenzie di rating, americane, hanno bocciato sia le nostre banche che la solvibilità creditizia del nostro Paese. Per loro sarebbe meglio non investire in Italia perché rischiamo di saltare in aria da un momento all’altro. Stessa cosa è capitata a Spagna, Grecia, Ungheria, Irlanda (benché questi ultimi 2 paesi abbiano cercato di resistere e reagire in modo diverso alle speculazioni). La cosa agghiacciante è che non era del tutto vero. L’agenzia Standard & Poor’s, nella sede di Milano, è stata perquisita dalla guardia di Finanza con l’accusa di aver “manipolato” il mercato. Dunque c’era la Crisi, ma non eravamo sull’orlo di un baratro.
Nel frattempo, però, i media controllati dalle grandi lobby finanziarie erano già partiti con una campagna di terrore in cui le notizie all’ordine del giorno erano l’uscita dall’Euro, il ritorno alle vecchie monete nazionali ed un innalzamento dei prezzi di ogni sorta di bene. Mancavano solo le scene di assalti ai supermercati per far man bassa dei generi alimentari ed il quadro poteva dirsi completo. A questa compagna stampa ci abbiamo creduto e abbiamo avuto paura, desiderando che qualcuno ci offrisse una soluzione.
Eccola. Il M.E.S, addolcito nel termine eufemistico di Fondo Salva Stati. Ora siamo disposti a farci scegliere il Premier e il Ministro delle finanze (sempre Monti) dall’Europa. Mansueti, accettiamo di farci smantellare lo stato sociale con politiche di austerity e non di sviluppo per i prossimi anni e le prossime generazioni (ricordate? Non possiamo fare dietro front).
Bene, anzi male. Arrivati a questo punto abbiamo capito perché si sia accettato un prestito a condizioni cosi svantaggiose dalla “Finanziaria MES”. Ma non abbiamo ancora chiarito perché dovremmo preoccuparci molto, in fondo siamo sempre stati indebitati, ci hanno sempre chiesto sacrifici.
I motivi per cui dobbiamo preoccuparci sono tanti ed esulano, paradossalmente, dalla nostra semplice riduzione alla miseria.
Torniamo al Fondo del MES, stabilito intorno ai 700 milioni di euro. E’ un capitale sociale troppo incongruo e non risolverà nulla. Dovremo aumentarlo quasi sicuramente per le crisi che verranno create ad hoc dagli speculatori. Il Fondo dove prenderà le cifre mancanti e non fornite dai paesi soci? Dal mercato finanziario. Ovvero sempre dalle banche, sempre dalle finanziarie, ma anche da Paesi dell’area non-Euro, tipo la Cina. Questi amici generosi potranno, in cambio, sedere come osservatori con enormi poteri nel Consiglio direttivo del Fondo e decidere le politiche di austerity da imporre ai paesi che richiedessero i finanziamenti. Un “presidente” cinese o un oligarca russo, ma è un caso limite, potrà stabilire che i nostri operai abbiano scarsissime garanzie e che le loro proteste vengano represse nel sangue, come nei loro paesi di origine. Corollario di tutto ciò sarà che non potremo riconsiderare le loro decisioni in alcun modo perché il nostro Parlamento manterrebbe solo la funzione di ratificare decisioni prese da altri ma che andrebbero ad inficiare sulle nostre vicende quotidiane. E’ brutto quando qualcuno decide per noi, non trovate?
Altri motivi di inquietudine sono l’intoccabilità di chi opera per il M.E.S. E’ infatti, prevista l’immunità giuridica su tutto il territorio europeo per i componenti del direttivo, per membri onorari, per i loro staff. Le loro sedi non possono essere perquisite, i loro documenti non possono essere sequestrati, le loro comunicazioni non possono essere intercettate. Non sono processabili neanche in caso di colpe accertate (impossibile comunque, perché non possono essere indagati). I componenti del M.E.S possono pagare per le loro eventuali responsabilità solo se rinunciano spontaneamente alla loro immunità. E neanche dopo esser decaduti dalla carica possono parlare o essere indotti a parlare. E se, per pura ipotesi di accademia, non riuscissimo a restituire il prestito accordatoci? Altro motivo di preoccupazione: le conseguenze! A parte gli interessi di mora, altissimi, che ci verrebbero imposti nei riguardi del M.E.S (creditore privilegiato, potremmo anche essere costretti a pagare il dovuto con la forza. Il Trattato di Lisbona ha istituito la creazione dell’EuroGendFor, una gendarmeria europea con i compiti di “condurre missioni di sicurezza e ordine pubblico; monitorare, svolgere consulenza, guidare e supervisionare le forze di polizia locali nello svolgimento delle loro ordinarie mansioni, ivi comprese l’attività di indagine penale; assolvere a compiti di sorveglianza pubblica, gestione del traffico, controllo delle frontiere e attività generale d’intelligence; svolgere attività investigativa in campo penale, individuare i reati, rintracciare i colpevoli e tradurli davanti alle autorità giudiziarie competenti; proteggere le persone e i beni e mantenere l’ordine in caso di disordini pubblici”. Non è che in caso di insolvenza questi “Esattori” prima ci multano e poi ci mandano dei picciotti a casa? Ovviamente stiamo esagerando (?) ma quello che si viene a configurare con il varo del M.E.S è comunque un potere assoluto, indivisibile, esterno, irreversibile a cui affidiamo i nostri destini. Proprio come il Leviatano prefigurato nelle opere di Tommaso Hobbes. Un potere senza legittimazione popolare che deciderà politiche iperliberiste pagate con la distruzione dello stato sociale e con le tasse dei contribuenti, politiche di depauperamento sociale ed umano, politiche non già di crescita e sviluppo.
Un potere assoluto che non ci darà neanche la consolazione di essere illuminato e di decidere per noi come ha fatto magari la zarina Caterina di Russia o Lorenzo il Magnifico a Firenze. Eh no, perché (articolo 15) “Il consiglio dei governatori può decidere di concedere assistenza finanziaria a un membro del MES ricorrendo a prestiti con l’obiettivo specifico di ricapitalizzare le istituzioni finanziarie dello stesso membro del MES”. Tradotto, si potranno usare i fondi anche per ripianare gli ammanchi delle banche. Le banche prendono soldi ai cittadini, non prestano alla piccola impresa, non prestano per i mutui alle famiglie, fanno investimenti azzardati e, in caso di ammanchi, i loro buchi saranno coperti con i nostri soldi. Non so voi ma il trasferimento di fondi dal pubblico al privato non corrisponde precisamente all’idea di progresso sociale che ho sempre custodito in me. E poi, detto tra noi, non credo che i nostri “Padri nobili”, dai risorgimentali ai costituenti, abbiano lottato, cosparso di rosso sangue il verde delle nostre pianure ed il bianco dei nostri monti per questo, ovvero perché fossimo schiavi “cornuti e mazziati” di poche centinaia di persone nel mondo.
Se questo è il nuovo “Ordine mondiale” che dovrebbe garantire pace e stabilità nel mondo, le speranze più che coltivarle dobbiamo seppellirle.
Ma non preoccupiamoci, non ancora.
Possiamo ancora discutere di questa faccenda perché si sviluppino le consapevolezze atte a bloccare qualcosa di profondamente ingiusto e non democratico.
Possiamo ancora. Dopo… no. Tutto potrebbe diventare un lusso. Anche il non essere d’accordo.
Fabrizio Ferrarael frattempo, però, i media controllati dalle grandi lobby finanziarie erano già partiti con una campagna di terrore in cui le notizie all’ordine del giorno erano l’uscita dall’Euro, il ritorno alle vecchie monete nazionali ed un innalzamento dei prezzi di ogni sorta di bene. Mancavano solo le scene di assalti ai supermercati per far man bassa dei generi alimentari ed il quadro poteva dirsi completo. A questa compagna stampa ci abbiamo creduto e abbiamo avuto paura, desiderando che qualcuno ci offrisse una soluzione.
Eccola. Il M.E.S, addolcito nel termine eufemistico di Fondo Salva Stati. Ora siamo disposti a farci scegliere il Premier e il Ministro delle finanze (sempre Monti) dall’Europa. Mansueti, accettiamo di farci smantellare lo stato sociale con politiche di austerity e non di sviluppo per i prossimi anni e le prossime generazioni (ricordate? Non possiamo fare dietro front).
Bene, anzi male. Arrivati a questo punto abbiamo capito perché si sia accettato un prestito a condizioni cosi svantaggiose dalla “Finanziaria MES”. Ma non abbiamo ancora chiarito perché dovremmo preoccuparci molto, in fondo siamo sempre stati indebitati, ci hanno sempre chiesto sacrifici.
I motivi per cui dobbiamo preoccuparci sono tanti ed esulano, paradossalmente, dalla nostra semplice riduzione alla miseria.
Torniamo al Fondo del MES, stabilito intorno ai 700 milioni di euro. E’ un capitale sociale troppo incongruo e non risolverà nulla. Dovremo aumentarlo quasi sicuramente per le crisi che verranno create ad hoc dagli speculatori. Il Fondo dove prenderà le cifre mancanti e non fornite dai paesi soci? Dal mercato finanziario. Ovvero sempre dalle banche, sempre dalle finanziarie, ma anche da Paesi dell’area non-Euro, tipo la Cina. Questi amici generosi potranno, in cambio, sedere come osservatori con enormi poteri nel Consiglio direttivo del Fondo e decidere le politiche di austerity da imporre ai paesi che richiedessero i finanziamenti. Un “presidente” cinese o un oligarca russo, ma è un caso limite, potrà stabilire che i nostri operai abbiano scarsissime garanzie e che le loro proteste vengano represse nel sangue, come nei loro paesi di origine. Corollario di tutto ciò sarà che non potremo riconsiderare le loro decisioni in alcun modo perché il nostro Parlamento manterrebbe solo la funzione di ratificare decisioni prese da altri ma che andrebbero ad inficiare sulle nostre vicende quotidiane. E’ brutto quando qualcuno decide per noi, non trovate?
Altri motivi di inquietudine sono l’intoccabilità di chi opera per il M.E.S. E’ infatti, prevista l’immunità giuridica su tutto il territorio europeo per i componenti del direttivo, per membri onorari, per i loro staff. Le loro sedi non possono essere perquisite, i loro documenti non possono essere sequestrati, le loro comunicazioni non possono essere intercettate. Non sono processabili neanche in caso di colpe accertate (impossibile comunque, perché non possono essere indagati). I componenti del M.E.S possono pagare per le loro eventuali responsabilità solo se rinunciano spontaneamente alla loro immunità. E neanche dopo esser decaduti dalla carica possono parlare o essere indotti a parlare. E se, per pura ipotesi di accademia, non riuscissimo a restituire il prestito accordatoci? Altro motivo di preoccupazione: le conseguenze! A parte gli interessi di mora, altissimi, che ci verrebbero imposti nei riguardi del M.E.S (creditore privilegiato, potremmo anche essere costretti a pagare il dovuto con la forza. Il Trattato di Lisbona ha istituito la creazione dell’EuroGendFor, una gendarmeria europea con i compiti di “condurre missioni di sicurezza e ordine pubblico; monitorare, svolgere consulenza, guidare e supervisionare le forze di polizia locali nello svolgimento delle loro ordinarie mansioni, ivi comprese l’attività di indagine penale; assolvere a compiti di sorveglianza pubblica, gestione del traffico, controllo delle frontiere e attività generale d’intelligence; svolgere attività investigativa in campo penale, individuare i reati, rintracciare i colpevoli e tradurli davanti alle autorità giudiziarie competenti; proteggere le persone e i beni e mantenere l’ordine in caso di disordini pubblici”. Non è che in caso di insolvenza questi “Esattori” prima ci multano e poi ci mandano dei picciotti a casa? Ovviamente stiamo esagerando (?) ma quello che si viene a configurare con il varo del M.E.S è comunque un potere assoluto, indivisibile, esterno, irreversibile a cui affidiamo i nostri destini. Proprio come il Leviatano prefigurato nelle opere di Tommaso Hobbes. Un potere senza legittimazione popolare che deciderà politiche iperliberiste pagate con la distruzione dello stato sociale e con le tasse dei contribuenti, politiche di depauperamento sociale ed umano, politiche non già di crescita e sviluppo.
Un potere assoluto che non ci darà neanche la consolazione di essere illuminato e di decidere per noi come ha fatto magari la zarina Caterina di Russia o Lorenzo il Magnifico a Firenze. Eh no, perché (articolo 15) “Il consiglio dei governatori può decidere di concedere assistenza finanziaria a un membro del MES ricorrendo a prestiti con l’obiettivo specifico di ricapitalizzare le istituzioni finanziarie dello stesso membro del MES”. Tradotto, si potranno usare i fondi anche per ripianare gli ammanchi delle banche. Le banche prendono soldi ai cittadini, non prestano alla piccola impresa, non prestano per i mutui alle famiglie, fanno investimenti azzardati e, in caso di ammanchi, i loro buchi saranno coperti con i nostri soldi. Non so voi ma il trasferimento di fondi dal pubblico al privato non corrisponde precisamente all’idea di progresso sociale che ho sempre custodito in me. E poi, detto tra noi, non credo che i nostri “Padri nobili”, dai risorgimentali ai costituenti, abbiano lottato, cosparso di rosso sangue il verde delle nostre pianure ed il bianco dei nostri monti per questo, ovvero perché fossimo schiavi “cornuti e mazziati” di poche centinaia di persone nel mondo.
Se questo è il nuovo “Ordine mondiale” che dovrebbe garantire pace e stabilità nel mondo, le speranze più che coltivarle dobbiamo seppellirle.
Ma non preoccupiamoci, non ancora.
Possiamo ancora discutere di questa faccenda perché si sviluppino le consapevolezze atte a bloccare qualcosa di profondamente ingiusto e non democratico.
Possiamo ancora. Dopo… no. Tutto potrebbe diventare un lusso. Anche il non essere d’accordo.
27 Giugno 2012 
Bruxelles chiede più poteri per affrontare l’emergenza

Barroso rimprovera i governi di non capire la gravità della crisi e afferma che il mondo vuole un’Europa più integrata

Filippo Ghira

La Commissione europea, a giudizio di José Barroso, ha una chiara visione dell’entità della crisi in corso, ma la stessa cosa non si può dire dei governi europei.
La tecnocrazia di Bruxelles è così innamorata del proprio ruolo e del proprio potere da non voler nemmeno prendere in considerazione l’ipotesi che forse quello che non va non sono le resistenze degli Stati nazionali che non intendono rinunciare alla loro sovranità ma semmai la pretesa della Commissione europea di assumere tutti i poteri.
La crisi economica è grave e di conseguenza insiste Barroso, serve un grande salto in avanti.
Questa crisi, ha insistito, costituisce la peggiore minaccia a tutto quel che è stato raggiunto attraverso la costruzione europea negli ultimi 60 anni. Ma forse, ha accusato, non tutte le capitali europee hanno capito l'urgenza del momento. Il tecnocrate portoghese ha giudicato incredibile che al vertice del G20 in Messico, paesi come Cina, India, Brasile e Usa abbiano chiesto ai Paesi europei di integrarsi di più. Di conseguenza, ha osservato, ora c’è la necessità di garantire la stabilità economica e finanziaria globale. L'Europa deve decidere dove vuole andare e la strada da seguire per arrivare alla meta. Il tutto all’insegna del principio della solidarietà che deve coesistere con quello di una maggiore responsabilità. Si deve accelerare sull'integrazione economica anche per fare aumentare la fiducia complessiva nella solidità dell’euro.
Barroso si aspetta quindi che dal Consiglio europeo del 28-29 giugno escano misure concrete per la crescita economica e che si fissino le tappe per costruire un'Unione economica e monetaria più forte e credibile.
Tali misure, che la Commissione Ue sta proponendo da un anno, riguardano l'aumento di capitale della Bei (Banca europea degli investimenti), il varo dei “project bond” (titoli garantiti dalla Ue per finanziare specifici investimenti infrastrutturali) e un uso più mirato dei fondi europei. I singoli governi dovranno poi affrontare alla radice i problemi “strutturali” dell'economia europea, termine che implica la volontà di rendere il lavoro sempre più precario e flessibile.
Con un occhio rivolto agli eurobond, che nelle attuali condizioni sono uno strumento improponibile per il no di Angela Merkel, la Commissione europea intende spingere già da subito per una vera e reale Unione bancaria che dovrebbe accomunare tutti e 27 i Paesi membri della UE. Considerato poi che l'Unione non può procedere al ritmo dei Paesi più lenti e che quelli che desiderano avanzare devono essere in grado di farlo, Barroso vorrebbe creare altre strutture di controllo centralistico. Vuole dare quindi vita rapidamente ad una singola supervisione bancaria europea, ad un'assicurazione comune di garanzia sui depositi bancari e a un sistema per intervenire nelle banche in crisi, compresi prestiti reciproci tra fondi nazionali.
Inoltre, ai fini di creare una unione economica e monetaria più forte, l’unione fiscale diventa più importante degli stessi eurobond. Un'unione fiscale, ha continuato Barroso, significa anche più coordinamento nelle politiche di tassazione e un approccio europeo molto più forte nelle questioni di bilancio. Si deve arrivare al punto che le politiche fiscali non saranno più negoziabili. Della serie: il governo centrale europeo, che attualmente è privo di rappresentanza, tasserà tutti i cittadini che dovranno pagare senza protestare, in deroga al famoso principio, sempre citato, di “niente tasse, senza rappresentanza”. In soldoni, può imporre tasse solo chi è stato eletto”. E questo non è il caso di Barroso.
Se Barroso si mostra cauto sugli eurobond, dopo il no della Merkel ad una condivisione dei singoli debiti pubblici da parte di tutti gli Stati, il presidente del Consiglio europeo, il belga Herman Van Rompuy, andando oltre il ruolo di impulso proprio della sua carica, ci crede molto e non si rassegna tanto da sostenere nel rapporto che ha preparato sulle prospettive dell’Unione che l'emissione di debito comune nel “medio termine” potrebbe essere valutata come un elemento di un'unione di bilancio più stretta e soggetta ad una progressiva integrazione. Con un nuovo organismo di bilancio, un vero e proprio ufficio del Tesoro, gestito ovviamente dalla Commissione. Quello che la Germania non vuole, perché vorrebbe dire trasferire le entrate a Bruxelles e aspettare che da lì ritornino nei singoli Stati.
27 Giugno 2012

Wall Street tifa per gli eurobond contro la Merkel
La speculazione anglofona sogna la condivisione del debito, l’indebolimento della Germania e la fine dell’euro
Filippo Ghira

Il Wall Street Journal, organo ufficiale della speculazione a stelle e a strisce, scommette su un imminente via libera della Germania all’introduzione degli eurobond. Una svolta che dovrebbe portare alla condivisione dei singoli debiti pubblici nazionali da parte dell’insieme dei Paesi dell’Unione europea, attraverso uno strumento che verrebbe emesso e garantito da Bruxelles e che implica la progressiva cessione di potere in campo fiscale e in quello della spesa pubblica da parte degli Stati.
Citando non meglio precisate fonti del governo tedesco, il Wsj afferma che il deciso no di Angela Merkel starebbe trasformandosi quantomeno nella disponibilità a parlarne nei prossimi vertici europei, ad incominciare da quello di fine mese. Pure la Germania, sostiene il Wsj, intende attivarsi per salvare l’Unione Europea e l’euro dalla disgregazione che potrebbe essere innescata dal crollo della Grecia e da quello della Spagna. In realtà, a voler bene interpretare il no della Cancelliera, esso è stato determinato dalla considerazione che non si possono emettere gli eurobond se prima non vi è stata una unificazione delle norme in materia fiscale e bancaria e se i vincoli all’aumento della spesa pubblica (come per le pensioni e la sanità) non vengono fatti rispettare con ferrea determinazione prussiana. Ed infischiandosene delle devastanti conseguenze in termini di aumento della povertà.
Soprattutto, è il ragionamento della Merkel, misure di questo tipo, e in una fase come l’attuale, non avrebbero altro risultato che rinviare la data della definitiva resa dei conti quando i Paesi in crisi non potranno più nascondersi dietro la possibilità di essere sempre e comunque salvati e lo stato comatoso dei conti pubblici farà la differenza. Inoltre, pensa la Cancelliera, e con lei i cittadini tedeschi, se la maggioranza degli esperti e degli speculatori dà per sicura l’uscita della Grecia dall’euro, per non parlare di quello della Spagna, lo stesso futuro dell’euro è a rischio. Non si può insomma versare altri soldi o assumere ulteriori impegni a favore di Paesi che si sono caratterizzati per la spesa facile se poi, con la loro probabile bancarotta e con il conseguente effetto domino, finisse per collassare lo stesso edificio dell’euro. Meglio il buon vecchio marco, pensano i cittadini della Germania che l’anno prossimo andranno a votare e che potrebbero punire la “generosità” della Merkel. Siamo il secondo esportare mondiale dopo la Cina, pensano i crucchi, ed anche senza l’euro potremmo farcela benissimo da soli.
Così lascia il tempo che trova tutto il frenetico attivarsi dei leader tecnocratici europei che è funzionale ad una svolta accentratrice di poteri a Bruxelles e Francoforte. I vari Mario Draghi (Bce), José Barroso (Commissione Ue), Jean Claude Juncker (Eurogruppo) e Herman Van Rompuy (Consiglio Ue) danno allora l’idea di sprecare fiato se pensano di poter mettere la Germania con le spalle al muro e obbligarla a dire sì agli eurobond. Buona parte dei soldi dovrebbe infatti essere messa da Berlino e questo un aspetto fondamentale che non si può trascurare.
L’uscita del Wsj appare così come il classico sasso gettato nello stagno per creare ulteriori turbolenze sui mercati finanziari e dare l’idea che l’euro sta per collassare su se stesso e che la Germania è incerta se attivarsi a lasciare che la cronica debolezza dei Paesi dell’area Sud faccia sentire i suoi effetti. Che la Germania sia il grande ostacolo all’introduzione degli eurobond lo ha detto pure un losco figuro e speculatore anti italiano ed anti europeo come George Soros che ha paventato il pericolo della nascita di un nuovo Impero tedesco prevedendo che la Germania farà il minimo indispensabile per cercare di salvare l’euro. Che è cosa, diciamo noi, ben diversa dal salvarlo. Se l’euro saltasse, ha previsto lo speculatore americano, già mitteleuropeo, la Bundesbank entro la fine dell’anno si troverebbe con un’enorme quantità di titoli di Stato in portafoglio che di fatto sarebbero inesigibili.
Il portavoce della Merkel ha subito precisato che gli eurobond non offrono una soluzione ai problemi della zona dell’euro e saranno una ipotesi concreta soltanto tra diversi anni ed in presenza di una maggiore integrazione economica, monetaria e bancaria. In ogni caso, l'unione bancaria (auspicata da Draghi) e l'introduzione degli eurobond (voluti dalla Commissione) si muovono in maniera autonoma e non hanno percorsi né tempi paralleli.
Cauto il commento della Commissione europea che ha stigmatizzato “certe notizie di stampa che possono creare confusione”. Per il portavoce di Bruxelles, Pia Ahrenkilde, non ci sono piani segreti sulla ristrutturazione dell'Unione Europea o sul salvataggio dell'euro. Barroso, Van Rompuy, Juncker e Draghi stanno semplicemente lavorando in stretta collaborazione per rafforzare l'Unione economica e monetaria ed arrivare ad un governo comune dell’economia. E’ allo studio, ha concluso, un pacchetto di nuove proposte che si aggiungono all'insieme di strumenti già attivati, come il Patto di bilancio e l’Esm,il fondo permanente salva Stati.

 05 Giugno 2012

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