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sabato 23 giugno 2012

Terremoto e liquefazione del suolo. Un mese dopo.

di Monia Benini (testelibere.it)
Per arrivare a San Carlo da Ferrara bisogna fare una deviazione. Il centro di Mirabello è ancora chiuso al transito, mentre si può passare a fianco di Poggio Renatico, nonostante i crolli abbiano interessato il centro abitato. Si giunge nel piccolo centro emiliano affiancando per un breve tratto la Cispadana, i cui piloni sono stati messi a dura prova.
La prima impressione è di un déjà vu: come a L’Aquila, se non fosse per le strutture più datate, parrebbe una zona tranquilla. Ai monti abruzzesi qui si sostituisce il lembo di questa parte della Pianura Padana, apparentemente da sempre steso e intonso, con la terra fertile intenta a dare cereali, frutta, verdura, erbe per l’allevamento. Lungo la strada che attraversa il piano, qua e là, le prime vistose cicatrici nelle case di campagna e nei fienili. Poi la rotatoria e i cartelli che indicano le deviazioni del transito dei veicoli. E ancora una camionetta dei Carabinieri all’ingresso del paese, mezzi dell’esercito che transitano per le vie, tende e camper in prossimità delle case.
San Carlo è stato squassato nel profondo e non solo per il terremoto che ha scosso le viscere della terra. A poche centinaia di metri dall’ingresso, iniziano gli sbarramenti delle zone rosse: le aree interdette all’accesso perché pericolose.
La Chiesa si erge maestosa nel centro di San Carlo, con a fianco il campanile ancora intatto. Ma l’ingresso è sbarrato e secondo alcuni testimoni, il pavimento di una sala interna, seminterrata, che era utilizzata come un piccolo teatro, si è sollevato al livello del palco. La strada davanti alla Chiesa
è solcata da crepe longitudinali, mentre la presenza di diversi macchinari per il movimento terra, insieme alle tracce di scavi recenti, sono prova dei lavori intrapresi con urgenza per ripristinare le reti del gas e dell’acqua.
Una linea di faglia superficiale emerge chiaramente sia nella via di fronte alla Chiesa, sia nella strada che la fiancheggia e che prosegue alle sue spalle. E’ come se un gigante avesse tirato i due margini di una pezza, stappandola e lacerandola: il terreno appare fratturato, sconnesso, sollevato o martoriato da voragini che si sono aperte nell’asfalto

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