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mercoledì 26 settembre 2012

EU: uno spaccio per multinazionali

La cara amata Europa, la culla della democrazia e tolleranza, intima ai propri popoli di trangugiare Ogm anche se causano tumori e distruggono reni e fegato. Sicuramente la Ue, provvederà a dichiarare malati di mente i ricercatori  che hanno prodotto le evidenze mastodontiche dei tumori sulle cavie. Deve essere la sindrome Clini che si diffonde, così come il cancrificio Ilva non può chiudere altrimenti "si perderebbero" 8 milardi (chi li perde Clini?) così i popoli vengono relegati allo status di tubo digerente del capitalismo con l'unico scopo di rimpinguare il portafoglio delle multinazionali. Mentre la lobby sementiera, come ogni altro comitato d'affari (in Italia si chiama MAFIA, ma le sacre istituzioni europee mica sono corrotte e corruttibili no?) si fa scrivere le leggi dalla Commissione Europea pro domo sua, già nel 1998 per tale cosca fu decretato per legge l'escusività del mercato. Già, proprio quella Unione Europea che impose la Bolkenstein in nome della concorrenza, da orrenda istituzione ipocrita qual'è, scrive leggi
finalizzate ad autorizzare il monopolio del mercato per favorire qualche cricca di turno. Tutto questo senza la benché minima trasparenza e partecipazione popolare. Ma guai ad evidenziare il totalitarismo delle lobby economico-finanziarie per le quali la stessa Europa fu costruita, i politically correct eurofanatici sono pronti a lanciare strali di offese ed ingiurie contro i "dissenzienti", da bravi tolleranti quali sono. Da notare anche le loro doti da piazzista nello spacciare come divino il "sogno europeo", quello che si materializza come manganello davanti ai popoli greci, spagnoli e portoghesi (gli italiani son felici, hanno Monti il "presentabile") salvo poi, come la Fornero, fingere qualche lacrimuccia, esternare qualche appello ai massacratori, affinché picchino meno forte, dal momento che non possono sempre coprire le "malefatte" agli occhi della gente.
Intanto, il capitano del nuovo ordine mondiale Barak Obama ha intimato all'India di "aprire" alle multinazionali straniere. Ma come si permettono questi indiani di fare i "razzisti" contro le perline colorate yankee, francesi ed inglesi? Meno male che noi abbiamo il buon Napolitano a ricordarci che dobbiamo rimuovere ogni laccio e lacciuolo agli investimenti "internazionali". Inoltre, ribadisce il Censis, i piccoli negozianti sono "antieconomici" quindi debbono sparire per far ancora più spazio alla grande distribuzione. Ma possibile che questi popoli siano così "restii" ai grandi cambiamenti che vengono portati avanti nel loro interesse?
Barbara 

“La lobby delle sementi vuole imporre gli Ogm”

Fabio Rainieri, segretario della commissione Agricoltura della Camera, lancia l’allarme

Matteo Mascia

Gli organismi geneticamente modificati sono cancerogeni per i topi. Questo il risultato emerso durante uno studio sugli effetti del mais ogm sui roditori condotto dall’università di Caen. Una novità assoluta nel panorama scientifico. Molti ricercatori avevano avuto più di qualche perplessità rispetto alla commercializzazione di prodotti sottoposti ad interventi di ingegneria genetica. Un team francese è riuscito a dare dignità scientifica a questo risultato. Conclusioni in contrasto con diverse pubblicazioni sul tema. Rinascita ha intervistato Fabio Rainieri, deputato leghista e segretario della commissione Agricoltura della Camera. Lunedì, Mario Catania, ministro per le Politiche agricole si è detto “impressionato” per i risultati delle indagini scientifiche sui topi.

Qual è la sua opinione sui risultati dello studio francese sugli effetti degli organismi geneticamente modificati?
Sono risultati che devono far riflettere. Il vivace dibattito nella comunità scientifica non può essere ignorato. Tra le altre cose sarebbe utile interrogarsi su quanto è emerso negli studi degli ultimi anni. Il metodo scientifico non permette sconti. Evidentemente, le indagini coordinate dalla Agenzia europea per la sicurezza alimentare non sono state svolte correttamente. Oppure, non hanno indagato in modo approfondito gli effetti a lungo termine di questo tipo di prodotti. Semi, frutta e ortaggi che entrano nella nostra catena alimentare.
 

Come giudica la legislazione italiana su questa materia?
Credo che le linee guida individuate dal ministro Luca Zaia andassero nella giusta direzione. Non sono contrario ad una sperimentazione condotta con rigore scientifico, questa però deve essere sottoposta alla vigilanza della autorità preposta e circoscritta a territori ben delimitati. Ho invece la netta sensazione che si voglia distruggere il lavoro svolto negli ultimi anni. In ogni caso, le priorità del comparto agricolo italiano sono altre.

Il ministro Mario Catania ha un ruolo in questo...
Una totale apertura nei confronti degli Ogm non può essere tollerata. Non possiamo smembrare la nostra filiera, una realtà imitata in tutti gli angoli del mondo. Questi intendimenti sono molto pericolosi e dannosi per il nostro sistema economico.

Ritiene ci sia anche una subalternità nei confronti della Commissione europea?
Questo non può essere negato. Sappiamo tutti quale sia il potere delle lobby a livello di Unione europea. La lobby delle sementi è una delle più forti, è chiaro che dietro a certe operazioni, a certe autorizzazioni ci siano grandi multinazionali pronte ad immettere sul mercato europeo i propri prodotti. Dinamiche non trascurabili. Questi gruppi di pressione sono in grado di mettere in campo metodi molto persuasivi. Atti in grado di ingenerare storture molto pesanti.

L’agricoltura italiana ha le carte in regola per ripartire e lasciarsi alle spalle la congiuntura?
La congiuntura che affligge l’economia è solo uno dei fattori. Io sono convinto che sia necessario avviare una campagna d’informazione capillare su tutto il territorio. Ci sono grandi marchi dell’alimentare che investono milioni di euro in pubblicità, anche nel fast-food ci sono aziende in cui si esalta il fatto di utilizzare carni prodotte in Italia. I consumatori vengono notevolmente indirizzati verso questo tipo di prodotti. Molte aziende italiane non riservano l’attenzione adeguata alla promozione. Credo che il Ministero delle Politiche agricole debba avviare un deciso programma di intervento; magari partendo dalle scuole elementari e dai bambini. Il mangiare sano e l’educazione alimentare sono fondamentali per il benessere di tutta la popolazione.

L’informazione istituzionale può quindi essere la carta vincente per risollevare il comparto...
Una campagna pubblicitaria studiata può essere fondamentale. Dobbiamo far comprendere ai consumatori quanto sia importante difendere i prodotti tipici locali ed acquistare prodotti nazionali. Sarebbe un primo passo. I problemi sono ovviamente molto numerosi, basti pensare all’impennata dei prezzi sui mercati internazionali. È chiaro che un aumento del consumo di quanto prodotto ed allevato in Italia andrebbe a favorire le nostre aziende.


26 Settembre 2012 12:00:00 - Rinascita


L`India costretta ad aprire alle multinazionali straniere

Obama in persona aveva intimato a Nuova Delhi di aprire alle grandi catene di supermercati, che rischiano di spazzare via milioni di piccoli negozianti
Ferdinando Calda

L’India a un passo dalla crisi di governo dopo l’approvazione delle controverse riforme economiche e liberalizzazioni guidate dal primo ministro Manmoha Singh. Tra le più discusse e contestate la norma che prevede l’apertura del mercato indiano alle grandi catene di supermercati stranieri. Giovedì scorso milioni di persone sono scese in piazza in tutto il Paese in seguito allo sciopero generale indetto da sindacati e partiti di opposizione, specialmente la sinistra e i nazionalisti indù del Bharatiya Janata Party. Secondo i critici, l’arrivo delle grandi multinazionali straniere (come la statunitense Walmart, la britannica Tesco o la francese Carrefour) metterebbe in crisi i milioni di piccoli negozianti, che in India rappresentano ancora la principale fonte di approvvigionamento.
Per protesta il partito bengalese Trinamool Congress (Tmc) – una delle principali forze politiche all’interno della coalizione di governo guidata dal National Congress (Tnc) di Sonia Gandhi – ha abbandonato il governo e ieri ha presentato le dimissioni dei sei suoi ministri, tra cui quello delle Ferrovie. Alla fine Singh è riuscito a spuntarla – almeno per il momento – grazie all’appoggio dei deputati del Samajwadi party (partito regionale dell’Uttar Pradesh) e dei centristi del Bahujan Samaj Party.
Ma il futuro si preannuncia ancora piuttosto travagliato per Singh e la sua coalizione, e si prevedono altri duri scontri. A venire contestato è l’interno pacchetto di riforme economiche proposto dal governo, che ha già alzato del 14% il prezzo del diesel per uso domestico per risanare il deficit di bilancio. Quello della grande distribuzione, infatti, non è il solo settore strategico che sarà aperto agli investimenti privati stranieri. È prevista infatti la parziale (fino al 49%) privatizzazione delle grandi industrie nazionali nel campo dell’energia e delle materie prime, come la Oil India e la National Aluminium. Aperto anche il mercato dell’aviazione civile, con la possibilità per le compagnie aeree internazionali di acquistare fino al 49% di quelle nazionali.
Il governo sostiene che queste misure serviranno a rilanciare l’economia indiana, sulla quale aleggiano cupe ombre di crisi. La crescita rallenta, l’inflazione è in aumento, il deficit dello Stato cresce, così come il prezzo dell’energia, sia per i rincari del greggio che per la flessione della Rupia. Le agenzie di rating sembrano già minacciare il declassamento. L’enorme blackout che alla fine di luglio ha messo in ginocchio mezzo Paese e lasciato al buio centinaia di milioni di indiani ha dimostrato tutta l’arretratezza intorno alla crescita indiana.
Con l’apertura del Paese ai capitali stranieri, Singh spera di dare un nuovo impulso all’economia e allo sviluppo. In particolare, per quanto riguarda la grande distribuzione, la speranza è che l’arrivo dei colossi stranieri porti con sé un ammodernamento delle infrastrutture. Un esempio su tutti, la cosiddetta catena del freddo: si stima che, a causa di strade dissestate, continui cali di tensione e assenza di celle frigorifere per il trasporto delle merci deperibili, ogni giorno in India quasi un terzo dei prodotti agricoli marcisca prima di raggiungere i banchi del mercato o venga buttato per l’impossibilità di mantenerli freschi per l’intera giornata.
Allo stesso tempo, questa arretratezza nel sistema di distribuzione indiano ha fatto la “fortuna” dei piccoli commercianti e dei negozi di quartiere spesso a conduzione familiare. Non a caso le statistiche indicano che, nonostante la presenza di grandi magazzini indiani come Future Group o Reliance, le vendite al dettaglio da parte dei supermercati e delle catene di negozi rappresentano in India solo l’8% del totale, contro il 20% in Cina e ben l’85% negli Stati Uniti.
Ma da tempo ormai le grandi multinazionali straniere guardano con sempre maggiore interesse al mercato indiano, dove, a fronte di 450 milioni di poveri, esiste anche una classe media di 300 milioni di persone in crescita. E per fare in modo che anche le società statunitensi possano approfittare di questa torta – finora la Walmart è riuscita a entrare solo nella distribuzione all’ingrosso mettendosi in società con il re dei telefonini Bharti – è sceso in campo lo stesso presidente Usa Barack Obama, che in un’intervista di luglio al Press Trust of India ha criticato senza giri di parole il “clima contrario agli investimenti diretti esteri in India”. L’India, ha dichiarato Obama, “ha continuato a crescere a un ritmo impressionante. Ma molte aziende statunitensi ci informano che è ancora molto difficile investire in India. In molti settori come quello della vendita al dettaglio l’India limita o proibisce gli investimenti diretti esteri che potrebbero creare posti di lavoro, sia in India che nel nostro paese, e che sono necessari per continuare a crescere”.
Alla fine il governo di Nuova Delhi – che  già lo scorso dicembre era stato costretto a ritirare una simile riforma dopo appena una settimana a causa delle infuocate proteste – sembra aver ceduto alle richieste del mercato e dell’importante alleato statunitense. Appare comunque la volontà di mantenere alcuni paletti. Nel commercio, ad esempio, gli investimenti stranieri saranno possibili solo nelle città con oltre un milione di abitanti (che sono 51 in India) e per un minimo di 100 milioni di dollari. La metà di questa somma dovrà essere spesa nelle infrastrutture, come appunto la catena del freddo. Inoltre il 30% della merce dovrà provenire da piccole e medio imprese locali.
Sulla carta sembrano essere valide garanzie, ma l’esperienza ci insegna a guardare con particolare prudenza a privatizzazioni e liberalizzazioni, specialmente quando coinvolgono massicciamente multinazionali straniere.


22 Settembre 2012 12:00:00 - Rinascita

2 commenti:

  1. Vorrei sapere cosa mangiano queli della Monsanto, Sigenta, Dupont, ecc..
    ?

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  2. ah ah ah ...bella domanda...per me topi....son rettiliani! ;)

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