Israele chiederà a Obama di attaccare la Siria
Betlemme – Ma’an. Israele sfrutterà la visita del presidente degli Usa, Obama, in programma il 20 di questo mese, per convincerlo a lanciare attacchi aerei contro obiettivi all’interno della Siria, qualora ci fossero “prove” che dimostrano il trasferimento di missili e armi dal regime siriano a Hezbollah libanese. E’ quanto ha reso noto il giornale
britannico, The Guardian, in un rapporto pubblicato domenica 17 marzo.
britannico, The Guardian, in un rapporto pubblicato domenica 17 marzo.
Il giornale ha aggiunto che Israele avrebbe un’altra opzione da mattere in campo qualora non riuscisse a convincere Obama. Un’alternativa che consiste nel chiedere agli Usa solo il consenso e l’appoggio ad un attacco israeliano contro la Siria, con il pretesto di fermare il contrabbando di armi in Libano.
Infopal
Ferdinando Calda
Preparandosi alla sua prima visita in Israele come presidente degli Stati Uniti, Barack Obama si preoccupa di ostentare una rinnovata amicizia con la leadership israeliana, in particolare con il premier Benjamin Netanyahu, con il quale i rapporti non sono sempre stati idilliaci. Per sottolineare l’unione di intenti con l’amico “Bibi”, Obama evita accuratamente di entrare nel merito della delicata questione palestinese, e si sposta invece ad attaccare il comune nemico iraniano. Una mossa potenzialmente inopportuna, in un momento che le nuove nomine dell’amministrazione Obama –John Kerry a Segretario di Stato, Chuck Hagel alla Difesa e John Brennan alla Cia, tutti tendenzialmente contrari a una politica aggressiva contro Teheran – avevano fatto sperare l’opinione pubblica iraniana in un possibile allentamento delle tensioni con gli Usa.
Ma, ovviamente, quando c’è da scegliere tra Tel Aviv o Teheran, alla Casa Bianca hanno pochi dubbi. Specialmente se il presidente si sente in obbligo di recuperare gli anni in cui è stato accusato di essere poco attento alle richieste di Israele.
In una intervista concessa alla televisione commerciale israeliana Canale 2, Obama ha voluto rassicurare gli israeliani del fatto che condivide i loro timori sulla bomba atomica iraniana, ribadendo a più riprese di essere in perfetta sintonia con Netanyahu (che per tutta l’intervista chiama con il nomignolo “Bibi”) sulle questioni militari e strategiche fondamentali.
“Sulla base della tecnologia acquisita finora, l’Iran necessita circa un anno o un po’ di più per produrre armi nucleari. Ma noi ovviamente non vogliamo arrivare vicini a quel punto”, ha dichiarato Obama. E poco importa se proprio questa settimana il direttore della National Intelligence (Dni) statunitense, James Clapper, abbia ricordato al Congresso di Washington che non c’è alcuna indicazione che l’Iran abbia deciso di sviluppare un’arma atomica (oltre al fatto che gli iraniani non riuscirebbero a cominciarla senza essere scoperti).
L’importante, per il presidente Usa, è assicurare agli israeliani che “tutte le opzioni sono sul tavolo” per “accettarci che l’Iran non si doti di armi nucleari”. Infatti, ha sottolineato subito dopo, “gli Stati Uniti dispongono di capacità molto significative”. Il che, tradotto per l’irrequieta leadership israeliana, vuol dire: “Aspettate di coordinare con noi ogni eventuale azione militare contro l’Iran. Non avrete da pentirvene, in quanto le vostre capacità offensive non potranno mai eguagliare le nostre”. In passato, infatti, Tel Aviv ha accusato il presidente democratico di eccessivo immobilismo sulla questione iraniana, minacciando un’azione militare nonostante il parere contrario dell’alleato statunitense.
A questo si erano aggiunti i malumori degli ambienti filo-israeliani negli Usa, che rimproverano al presidente democratico un atteggiamento troppo “freddo” nei confronti di Israele, in particolare per le – velate – critiche alla politica coloniale di Tel Aviv.
Adesso Obama sembra intenzionato a recuperare il tempo perduto e ha preparato il terreno con l’ intervista concessa alla giornalista di Canale 2, Yonit Levy, scelta di persona per evitare domande imbarazzanti. “In tutta la mia carriera ho sempre provato ammirazione non solo per la storia di Israele, non solo per i suoi valori fondamentali, non solo per i suoi straordinari successi economici, ma anche per il diritto fondamentale di Israele di fungere in sicurezza da patria del popolo ebraico”, ha sviolinato il presidente statunitense.
Prudente silenzio, invece, sulla questione palestinese. “L’obiettivo di questo mio viaggio è ascoltare – ha spiegato – Intendo incontrare Bibi [...] e vedermi con Salam Fayyad e Abu Mazen (premier e presidente dell’Anp ndr) per ascoltare da loro le loro strategie e le loro idee, capire dove ci porteranno”.
16 Marzo 2013 Rinascita
Intanto gli Usa, con il Segretario di stato John Kerry, hanno fatto sapere che «non ostacoleranno» i paesi europei che intendono fornire armi ai ribelli. LEGGI TUTTO
Ed ancora Nena News ci informa:
Intanto sul piano militare, ieri i ribelli hanno segnato un altro punto a proprio favore, occupando una base dell'intelligence militare siriana a Sud, a poca distanza dal Golan occupato, oggi in territorio israeliano. Da settimane gruppi armati stavano compiendo attacchi nell'area a otto chilometri dalla frontiera, relativamente tranquilla dal 1974, anno del cessate il fuoco tra Siria e Israele. FONTE
Come sia possibile senza un ACCORDO con Israele mi piacerebbe saperlo
Obama scorda la Palestina e attacca l’Iran
Preparandosi alla sua prima visita in Israele, il presidente Usa ignora anche i rapporti dell’intelligence per compiacere Tel AvivFerdinando Calda
Preparandosi alla sua prima visita in Israele come presidente degli Stati Uniti, Barack Obama si preoccupa di ostentare una rinnovata amicizia con la leadership israeliana, in particolare con il premier Benjamin Netanyahu, con il quale i rapporti non sono sempre stati idilliaci. Per sottolineare l’unione di intenti con l’amico “Bibi”, Obama evita accuratamente di entrare nel merito della delicata questione palestinese, e si sposta invece ad attaccare il comune nemico iraniano. Una mossa potenzialmente inopportuna, in un momento che le nuove nomine dell’amministrazione Obama –John Kerry a Segretario di Stato, Chuck Hagel alla Difesa e John Brennan alla Cia, tutti tendenzialmente contrari a una politica aggressiva contro Teheran – avevano fatto sperare l’opinione pubblica iraniana in un possibile allentamento delle tensioni con gli Usa.
Ma, ovviamente, quando c’è da scegliere tra Tel Aviv o Teheran, alla Casa Bianca hanno pochi dubbi. Specialmente se il presidente si sente in obbligo di recuperare gli anni in cui è stato accusato di essere poco attento alle richieste di Israele.
In una intervista concessa alla televisione commerciale israeliana Canale 2, Obama ha voluto rassicurare gli israeliani del fatto che condivide i loro timori sulla bomba atomica iraniana, ribadendo a più riprese di essere in perfetta sintonia con Netanyahu (che per tutta l’intervista chiama con il nomignolo “Bibi”) sulle questioni militari e strategiche fondamentali.
“Sulla base della tecnologia acquisita finora, l’Iran necessita circa un anno o un po’ di più per produrre armi nucleari. Ma noi ovviamente non vogliamo arrivare vicini a quel punto”, ha dichiarato Obama. E poco importa se proprio questa settimana il direttore della National Intelligence (Dni) statunitense, James Clapper, abbia ricordato al Congresso di Washington che non c’è alcuna indicazione che l’Iran abbia deciso di sviluppare un’arma atomica (oltre al fatto che gli iraniani non riuscirebbero a cominciarla senza essere scoperti).
L’importante, per il presidente Usa, è assicurare agli israeliani che “tutte le opzioni sono sul tavolo” per “accettarci che l’Iran non si doti di armi nucleari”. Infatti, ha sottolineato subito dopo, “gli Stati Uniti dispongono di capacità molto significative”. Il che, tradotto per l’irrequieta leadership israeliana, vuol dire: “Aspettate di coordinare con noi ogni eventuale azione militare contro l’Iran. Non avrete da pentirvene, in quanto le vostre capacità offensive non potranno mai eguagliare le nostre”. In passato, infatti, Tel Aviv ha accusato il presidente democratico di eccessivo immobilismo sulla questione iraniana, minacciando un’azione militare nonostante il parere contrario dell’alleato statunitense.
A questo si erano aggiunti i malumori degli ambienti filo-israeliani negli Usa, che rimproverano al presidente democratico un atteggiamento troppo “freddo” nei confronti di Israele, in particolare per le – velate – critiche alla politica coloniale di Tel Aviv.
Adesso Obama sembra intenzionato a recuperare il tempo perduto e ha preparato il terreno con l’ intervista concessa alla giornalista di Canale 2, Yonit Levy, scelta di persona per evitare domande imbarazzanti. “In tutta la mia carriera ho sempre provato ammirazione non solo per la storia di Israele, non solo per i suoi valori fondamentali, non solo per i suoi straordinari successi economici, ma anche per il diritto fondamentale di Israele di fungere in sicurezza da patria del popolo ebraico”, ha sviolinato il presidente statunitense.
Prudente silenzio, invece, sulla questione palestinese. “L’obiettivo di questo mio viaggio è ascoltare – ha spiegato – Intendo incontrare Bibi [...] e vedermi con Salam Fayyad e Abu Mazen (premier e presidente dell’Anp ndr) per ascoltare da loro le loro strategie e le loro idee, capire dove ci porteranno”.
16 Marzo 2013 Rinascita
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