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domenica 31 agosto 2014

Qe ed austerità, entrambe le strategie ingrassano le banche

Come volevasi dimostrare......ma continuiamo a ripetere che è tutta colpa della Germania che non vuole smettere con l'austerità e che non vuole che le filantropiche banche, in testa la BCE,  tanto buona, si metta a stampare denaro per far finire la crisi....secondo la vulgata.
Dare un'occhiata agli Usa per apprezzare l'efficacia no eh?
I media ma anche molti signori della presunta controinformazione fanno credere che la ricetta anti austerità sia l'iniezione di liquidità, il QE della Fed. Peccato che, sia l'austerità che le iniezioni di liquidità siano solo modi diversi  PER INGRASSARE LE BANCHE A SPESE DEI POPOLI

ps leggo da Dagospia (che riporta un art del Corriere che si intenderebbe di criticare l'Economist, ma per ragioni in parte sbagliate, non manca il corriere di fare l'appello alle fantomatiche riforme, non se ne fanno abbastanza, come se negli ultimi 20 anni non fosse cambiato niente, ma immagino che per certi pennivendoli entrare nel merito della validità delle riforme sia un dogma e non sono certo pagati per quello....scrive il corriere che abbiamo una classe politica orrenda. Bene, peccato che quando c'è da difenderla sta classe politica il corriere si sia sempre schierato in prima linea....)
RENZI A PICCO - L’ “ECONOMIST” CI RICORDA CHE L’EURO È UNA BAGNAROLA E STIAMO TUTTI AFFONDANDO. MA STAVOLTA A BORDO CI SONO ANCHE FRANCIA E GERMANIA
Se Draghi, dopo l’annuncio in America, non potrà cominciare a stampare soldi (perché la Germania glielo impedirà), rischiamo un clamoroso effetto boomerang: le borse che inchiodano, i rendimenti che schizzano - Renzi sa solo fare la sua battutina: “Preferisco il gelato artigianale”...
ecco il casus belli: come sempre la Germania si è sempre opposta alla Bce come FED, contro la facoltà di iniettare denaro NELLE BANCHE, già perché quei soldi non vengono accreditati sui c/c di cittadini, disoccupati, pensionati o lavoratori come si insinua da alcune parti per demonizzare la Germania ed esaltare i buoni propositi delle banche...
Ma volete mettere, è più poetico e romanzato raccontare che la Germania si oppone alla fine dell'austerità, illudendo che i QE yankee style renderanno tutti i cittadini ricchi a dismisura.
Che la Francia e Germania potessero essere immuni allo sfacelo lo credevano solo certi italioti che si dovevano far belli con le loro teorie "dall'euro ci guadagnano i paesi del Nord"...(questi signori lasciano intendere che sti paesi siano stati tanto furbi da fregarci con l'euro ma contemporaneamente tanto stupidi da illudersi da essere immuni...un pò contraddittoria come teoria)


LE BANCHE CENTRALI DEL MONDO OCCIDENTALE ALLA RIUNIONE DI JACKSON HOLE DANNO I NUMERI. di Mario Lettieri e Paolo Raimondi

La riunione annuale dei banchieri centrali tenutasi a fine agosto a Jackson Hole, nello stato americano del Wyoming, sorprendentemente ha dibattuto intensamente i problemi della disoccupazione, dei salari e dell’occupazione.
Non è stato così negli incontri degli anni scorsi quando a Jackson Hole solitamente venivano annunciate le politiche monetarie più accomodanti per la finanza, come quelle dei Quantitative Easing e della liquidità facile.

Sono diventati sindacalisti o hanno inaspettatamente compreso che il lavoro e l’economia reale devono essere prioritari rispetto agli interessi della finanza? Non lo crediamo.
Questa improvvisa preoccupazione per il mondo del lavoro è legittima ma un po’ sospetta. I livelli di disoccupazione sia in Usa che nella zona euro infatti finora sono serviti proprio per giustificare la continuazione di quelle politiche monetarie.
Il presidente della Federal Reserve, Janet Yellen, ha esordito sostenendo che, dall’inizio della politica del QE3 di settembre 2012 fino ad oggi, il tasso di disoccupazione è sceso dall’8,1% al 6,2%. Per raggiungere tale risultato la Fed ha «drogato»il sistema immettendo, come noto, liquidità per circa 2.000 miliardi di dollari.
Ha comprato bond di stato e una marea di titoli speculativi abs di dubbia qualità, che adesso sono sui libri contabili della Fed.

Janet Yellen ha dovuto ammettere però che si sta «sovrastimando il miglioramento ottenuto». Infatti dall’inizio della crisi i lavori a tempo parziale (part time job) sono saliti al 5% dell’intera occupazione.
Sul mercato del lavoro si è avuto anche una «polarizzazione»tra i posti di lavoro di alta e quelli di bassa qualificazione, a discapito di quelli di media qualificazione (il cosiddetto ceto medio) che sono sempre stati la parte più consistente e reale del mondo del lavoro.

Secondo noi, molto più significativo del tasso di disoccupazione, che misura la perdita dei posti di lavoro, è quello della partecipazione della forza lavoro, che indica il rapporto tra coloro che per età dovrebbero essere nel mercato del lavoro e chi lo è effettivamente. Questo tasso è purtroppo diminuito per una serie di ragioni dovute agli effetti negativi della crisi, quali lo scoraggiamento, la disabilità, il prolungamento del periodo scolastico ed il prepensionamento. Si tratta di disoccupati «nascosti»che però non entrano nel calcolo del tasso di disoccupazione.

Per cercare di coprire la responsabilità della crisi finanziaria globale nel crollo dell’apparato industriale e nell’aumento della disoccupazione, la Fed sostiene che i problemi del mercato del lavoro erano già iniziati nel 2000 e poi successivamente aggravati da un certa rigidità che non ha permesso di tagliare sufficientemente i salari.

Tutto ciò ha indotto la governatrice Usa a concludere che la politica monetaria accomodante dovrà continuare anche se la disoccupazione è scesa sotto la soglia del 6,5%, al cui raggiungimento la Fed avrebbe dovuto ritornare a comportamenti «normali».
Evidentemente adesso è l’inflazione sotto il 2% a mantenere alta la tensione e la necessità di essere «accomodanti». E’ la stessa analisi elaborata in «salsa europea»da Mario Draghi a Jackson Hole.

Certamente i problemi in Europa, anche quelli del mercato del lavoro, sono dovuti soprattutto alla mancanza di una politica comune. 
Secondo la Bce nella zona euro, oltre agli iniziali effetti negativi della crisi con il crollo verticale della produzione e del commercio, il problema principe, a differenza degli Usa, sarebbe la gestione dell’alto debito pubblico.

Noi riteniamo tale analisi non sia sorretta da dati credibili.

Infatti se si sommasse il debito pubblico americano a quello dei due colossi del credito ipotecario, Fannie Mae e Freddie Mac, che furbescamente sono mantenuti fuori dai conti pubblici, si arriverebbe facilmente ad un debito pubblico complessivo di circa 150% rispetto al Pil americano. Se si aggiungesse anche quello privato il debito totale degli Usa sovrasterebbe di molto l’equivalente europeo.

In Europa, la mancanza di politiche produttive convincenti ha portato all’esplosione della disoccupazione soprattutto nella fascia di giovani tra 15 e 24 anni, che è passata dal 15% del 2007 al 24% del 2013. In Italia ha raggiunto il 43,7%!

La causa, indicata sia dalla Fed che dalla Bce, sarebbe stata la mancanza di un Quantitative Easing europeo. Ciò ha indotto Draghi ad annunciare che «a settembre lanceremo la nostra prima Operazione di Rifinanziamento di Lungo Termine che ha già riscosso un interesse significativo da parte delle banche.

La preparazione degli acquisti sui mercati di asset-backed-security (abs) procede speditamente e crediamo che possa contribuire a facilitare la creazione di credito. Tali acquisti dovrebbero contribuire in modo significativo a diversificare i nostri canali di creazione di liquidità».

Non si possono comunque sottovalutare le preoccupazioni per l’opacità del sottostante dei titoli abs che, si ricordi, sono in gran parte speculativi. In definitiva a noi sembra che a Jackson Hole si sia consapevolmente voluto rimuovere ancora una volta le responsabilità delle banche centrali nella crisi.
Nei passati 6 anni la Fed e la Bce avrebbero dovuto operare in due direzioni per aiutare l’economia ad uscire dalla palude: introdurre regole stringenti contro la speculazione e riportare il sistema bancario alla sua mission creditizia primaria. Ad oggi si può dire che su entrambi i fronti le banche centrali hanno fallito.

domenica 24 agosto 2014

Il presidente Hollande riconosce che la Francia ha armato le milizie anti siriane che collaboravano strettamente con i terroristi dell’ISIS

Il leader francese Hollande ha rilasciato dichiarazioni lo scorso Giovedi, riconoscendo che il governo di Parigi ha fornito le armi ai terroristi Takfiri in Siria“qualche  mese fa,” ed ha inoltre sottolineato che, secondo lui, “Non dobbiamo smettere di sostenere i militanti anti-Damasco”.
Hollande , nel corso dell’intervista, ha anche invitato gli altri paesi, a partire da Stati Uniti ed Unione Europea ad aderire alla campagna e ha sostenuto che la Francia non può “fare da sola”.
In un’intervista con il giornale francese Le Monde dello stesso giorno, pubblicato successivamente, il presidente francese ha detto che la comunità internazionale deve assumersi una “grande responsabilità” per quanto riguarda le turbolenze in Siria, che si sono anche riversate nel vicino Iraq.
Egli ha anche detto che i militanti Takfiri dell’ISIL non sarebbero mai apparsi come un esercito se la crisi in Siria fosse stata messa a termine, aggiungendo che gli altri miliziani armati che operano nel paese “meritano tutto il nostro sostegno.”
La Francia è stata tra le maggiori potenze sostenitrici degli estremisti Takfiri operanti in Siria per rovesciare il governo del presidente siriano Bashar al-Assad dal marzo 2011.
Nel mese di gennaio, Hollande aveva dichiarato   che circa 700 cittadini francesi risulta che abbiano  preso parte alla guerra contro il governo di Damasco, aggiungendo che Parigi deve mettere in guardia i giovani contro l’arruolamento nella rete dei gruppi estremisti nel paese arabo.
Secondo alcune fonti, più di 180.000 persone sono state finora uccise e milioni di altre persone sfollate a causa della violenza alimentata da militanti occidentali-basati in Siria
Eretz Zen diffonde il video che dimostra la connessione tra lo Stato islamico (ISIS) e l’opposizione siriana


Uno degli uomini chiave degli Stati Uniti in Siria, il “Syrian Army libero” (FSA) Col. Abdel Jabbar al-Okaidi, che operavano per lo più nella zona della Grande Aleppo, dichiara che era abituato  ad una comunicazione quotidiana e alla collaborazione con i gruppi jihadisti estremisti dello “Stato islamico in Iraq e Levante “(ISIL) e il ramo ufficiale di al-Qaeda in Siria, Jabhat al-Nusra. Egli si riferisce a questi  combattenti come” fratelli”.  In un filmato dopo la cattura del ribelle Menagh, nella base aerea militare, lo stesso era anche apparso in piedi accanto a un jihadista egiziano dell’ ISIL, Abu Jandal, mentre lui e il suo gruppo lo ringraziavano per il suo contributo. E’ risaputo che gli Stati Uniti hanno inviato aiuti militare ad al-Okaidi ed agli altri del FSA durante l’ultimo paio di anni.

Nota:

Questi sono i leaders occidentali che adesso lanciano l’allarme  circa l’aggressione e le atrocità commesse dagli estremisti islamici dell’ISIL in Iraq, sono gli stessi che da circa tre anni hanno armato e sostenuto i vari movimenti estremisti takfiri dei miliziani che combattevano in Siria per rovesciare il governo di Basahar al-Assad.  Sono  gli Hollande, i Cameron, assieme a Barak Obama, gli stessi  che adesso si ergono a “paladini” nella lotta ai “barbari islamisti”. Qualcuno può dare ancora credibilità a simili personaggi?

Fonte: Le Monde                  Syrian Free Press
di Eretz Zen

sabato 23 agosto 2014

I guasti dell'americanismo

Nei primi decenni del Novecento l’ingegnere americano Taylor promuove la razionalizzazione scientifica dell’organizzazione del lavoro che, negli anni Trenta, il produttore di automobili Henry Ford, con la sua politica economica e industriale, perfeziona e radicalizza, favorendo lo sviluppo industriale e capitalistico statunitense. Dalla fabbrica lo sviluppo taylorista investe l’intera società americana e diventa un modo di fare e pensare la vita: l’americanismo. Già Gramsci (1891 – 1937), nel Quaderno 22 dal carcere, definiva l’americanismo novecentesco una rivoluzione passiva, la cui l’egemonia non si limitava al controllo produttivo in fabbrica ma tendeva a occupare la società civile a tutti i livelli, morale, culturale e politico. L’intellettuale comunista critica l’intento capitalista di razionalizzare e di controllare capillarmente non solo il lavoro, ma perfino la coscienza e la vita privata del lavoratore: un produttore da ridurre a “gorilla ammaestrato”, privato di coscienza e pensiero. Il passaggio a questa fase egemonica – avverte Gramsci – avrà l’effetto di formare un “nuovo tipo umano”, condizionato al punto da fargli esprimere una diversa sensibilità, una nuova mentalità e un altro senso comune. La classe dominante, estendendo il potere della fabbrica alla società, organizzava anche l’imponente “struttura ideologica” vòlta a controllare le coscienze morali dei singoli tramite la stampa, le case editrici, i giornali, le riviste, le biblioteche, le scuole, i circoli, i clubs, ecc., tutto ciò che, direttamente o indirettamente, condizionava l’opinione pubblica. L’americanismo-fordismo dunque consisteva nell’imperniare tutta la vita del paese e tutto il sistema di accumulazione del capitale finanziario sulla produzione industriale. “L’egemonia nasce dalla fabbrica e non ha bisogno per esercitarsi che di una quantità minima di intermediari professionali della politica e dell’ideologia” (Q. 22, 2146). Oggi l’egemonia nasce dal capitale finanziario e sembra poter fare a meno di quantità anche minime di intermediari ma, sempre più spesso, mira a occupare direttamente le istituzioni politiche con i suoi impiegati e consulenti. Gramsci, pur definendolo razionale e progressivo, sostiene che l’americanismo-fordismo è destinato a fallire, perché non sarebbe in grado di superare le contraddizioni sociali della crisi organica del capitalismo. Questa sua riflessione, non confermata dalla realtà storica successiva, ci consente però di capire l’americanismo dei nostri tempi in cui, non l’organizzazione industriale estesa alla società, ma i mercati finanziari sorretti dal potere massmediatico colonizzano le coscienze.  Il nesso tra potere economico, culturale e politico costituisce un elemento di grande attualità per interpretare anche la società del nostro tempo, assalita e affatturata dai mass media.

Gramsci, riflettendo sull’americanismo non solo in termini economici ma geoculturali e geopolitici, ci offre la chiave di lettura del permanere dell’americanismo oltre l’epoca del fordismo.  Ai nostri giorni l’americanismo diffonde e impone uno stile di vita improntato al mito della velocità, della corsa folle e insensata, e del consumo ossessivo non solo delle risorse, ma anche dell’esistenza. La fretta e la velocità, infatti, divorando lo spazio e sconvolgendo il tempo biologico, accelerano il ritmo e il logorìo anticipato dei rapporti umani, impediscono di cogliere il senso delle cose, vanificano e banalizzano la fruizione della natura e dell’arte. Il produttivismo e il consumo forsennato ci precludono il vivere sereno, ci volgarizzano, come aveva ben intuito un quasi contemporaneo di Gramsci: «L’americanismo è la peste che avanza volgarizzando, rimbecillendo, imbestialendo il mondo, avvilendo e distruggendo alte, luminose, gloriose civiltà millenarie». (“Aforisma a buon mercato” Ardengo Soffici (1879- 1964). L’influenza e il condizionamento di questa cultura d’oltreoceano, avvertiti come un flagello negli anni Venti e Trenta da intellettuali e artisti di diversa estrazione ideale e culturale, si ripresentano nella seconda metà del secolo scorso. A partire dal dopoguerra la prepotente siringa del piano Marshall, iniettando non solo soldi ma anche modi di vivere e di pensare, è stata determinante nel cambiare antropologicamente i popoli occidentali tutti, e in particolare quello italiano, a cui i vincitori hanno imposto l’american way come l’unico civilmente valido, attraente e moderno, tramite soprattutto televisioni e cinema.  Così come nel secolo scorso la cultura ufficiale estendeva, nell’egemonia del capitale produttivo, l’idea di produttività fordista alla società civile, oggi dilata, nel dominio globale del capitale finanziario, l’idea del “mercato” a tutte le forme di esistenza; spinge per integrare definitivamente l’amministrazione, la produzione e le menti nella dimensione liberista e per appiattire, tramite i massa-media, le coscienze su un modo particolare di rapportarsi alla realtà, al lavoro, ai problemi sociali, alla fede religiosa, al guadagno.

Da vent’anni a questa parte la classe politica ed economica sub-dominante ci impone di competere, di concorrere, di conformare la nostra dimensione materiale e culturale alle esigenze liberiste imposte dai mercati, di “lasciare a tutti la libertà di sopprimere la nostra” – così A. Soffici definiva il liberalismo -. Gli Italiani dunque dovrebbero adeguarsi non soltanto ai modelli economici e giuridici eurounionisti, ma omologarsi e rassegnarsi, in tutto e per tutto, all’americanizzazione dell’Occidente. Adeguarsi ossessivamente all’ideologia del mercato globale imitando scimmiescamente lo spirito angloamericano, le logiche del profitto, la concorrenza e la competizione, illudendosi di appagare i mercati e i rapaci investitori stranieri, significa stravolgere e snaturare i valori comunitari che storicamente abbiamo ereditato e che simbolicamente avremmo il dovere di trasmettere. A una società ad economia liberista, dove al profitto segue immediatamente l’uso e il consumo, appare assurda ed estranea l’idea di un popolo istintivamente risparmiatore, che regge la sua storia su una tradizione di economia reale e di capitale sociale, piano sul quale dobbiamo fondare la nostra rinascita, e non sulla pura finanza speculativa, livello su cui saremo sempre perdenti e dominati.

Perciò dovremmo chiederci se la logica mercatista è connaturata al nostro modo di essere, se si concilia con i nostri schemi di interpretare la realtà, con l’insieme delle nostre pratiche quotidiane, con le nostre varietà interculturali. Noi apparteniamo a una cultura che, per quanto il gruppo politico sub-dominante pretenda di trasformare in apolide e cosmopolita, rimane provinciale nel senso più umano e positivo del termine, perché da secoli la dimensione provinciale garantisce la percezione del senso del limite, della misura, dell’equilibrio e l’orrore per la hybris, per l’empietà. 

“Il piacere della convivialità, dell'otium contemplativo e della bellezza, la ricerca dell'equilibrio fra gli estremi, che confligge frontalmente con l'inclinazione 'oceanica' per l'informe e per la violazione di ogni limite, sono doni elargiti nella stessa misura a Napoli come a Tunisi o a Giaffa”. (G. Marano, Per l’indipendenza della grande patria mediterranea).
 La nostra cultura quotidiana, incline al godimento qualitativo del vivere, diverge da quella americanista iperattiva e tesa alle quantità mai bastevoli. Le relazioni sociali, l’ospitalità, i comportamenti che oscillano tra l’onore e la vergogna, esprimono una sensibilità contadina, una visione estranea alle logiche delle megalopoli indistinte e uniformi, degli spazi vasti e indifferenziati, degli scali attraversati da folle di eterni nomadi che non “popolano” mai nessuna terra e ignorano l’esistenza di “… popolazioni che si conoscono, si incontrano e – fecondamente – si scontrano da millenni. Genti che nelle varianti di un unico idioma fondamentale esprimono l’identica gioia di vivere fuori dai dettami del profitto e dell’utile” (G.Marano, La grande patria mediterranea). Siamo chiamati a ripensare, a ricostruire, a far rinascere l’Italia, tenendo conto delle sue peculiarità e della dimensione ideale che la caratterizza, a cui dare forza per tracciare un’identità in armonia con la dimensione materiale – la nostra economia, i nostri prodotti, le nostre creazioni –. Ci piace credere che l’Italia, in cui valori irrinunciabili precedono il perseguimento dell’accumulo e della rendita, possa rappresentare un bastione a difesa dalla degenerazione turbocapitalista.  “…si tratta di uno scontro, quasi antropologico, tra una cultura universale indifferenziata e tutto ciò che, in qualsiasi contesto, conserva qualcosa di irriducibile” (Jean Baudrillard)
di Luciano Del Vecchio - 18/08/2014

Fonte: Il giornale del Ribelle

mercoledì 20 agosto 2014

Bridgewater, l'hedge fund che ci ha comprati

vedi anche L’Unione Europea è l’antitesi dell’Europa che consiglio di leggere interamente, qui un abstract:
L’Unione Europea era all’origine una grande opportunità, difficile è capire se lo possa essere ancora, di certo perché ciò sia possibile si dovrebbe eludere ogni richiesta, da parte delle istituzioni UE, di cessioni di sovranità, anzi i singoli Stati membri dovrebbero fare ogni sforzo per riconquistare ognuno la propria e poi, volendo ancora perseguire una politica europeista, trovare piuttosto un modo di sommare sovranità e forze, cosi da poter divenire davvero un attore globale.

Consiglio anche I conti e le tasse di Renzi
"Con il debito pubblico al 135% del Pil, gli spazi di manovra sono inesistenti e il destino dell'Italia è segnato. Ci vuole una manovra aggiuntiva tuonano dai Palazzi europei e dal Fondo monetario internazionale."

intanto la Spagna ha ancora il reddito di cittadinanza, COSA CHE IN ITALIA CON cotanti lottatori per gli ultimi ed i debolo IN 20 anni non hanno trovato stranamente il tempo di introdurlo. Ma sarà colpa della Germania.La mafia italo ammmmerikana chiede di taglieggiare......la "finanza" ha investito, deve essere remunerata.
La mafia non poteva che non andare d'accordo con i liberatori, stessa pasta. Ed ora il paese è in mano loro. Non è una novità dell'ultima ora anche se la soc civile per lavarsi la coscienza finge che tutto nacque nel 1994- (amato e ciampi non davano fastidio, all'intellighenzia serva della finanza)
Quindi questi "invstitori" ci han portato 160 miliardi.....ma che ce li han regalati? Li avete visti voi? E si aspettano qualcosa in cambio. QUESTO NON E' INVESTIRE, QUESTO E' COMPRARE

20 AGO 2014 10:57
1. ECCO COSA PENSA DI NOI BRIDGEWATER, IL PIÙ GRANDE HEDGE FUND DEL MONDO, IN UN RAPPORTO DEDICATO ALL’ITALIA DOVE HA INVESTITO OLTRE 160 MILIARDI DI DOLLARI: “GLI SPREAD DELL’ITALIA NON RIFLETTONO LA SITUAZIONE IN DETERIORAMENTO DEL PAESE” E CHE “MENTRE L’ITALIA CONTINUA A PEGGIORARE, DIVENTERÀ SEMPRE PIÙ IMPORTANTE CAPIRE FINO A CHE PUNTO LA BCE SARÀ DISPOSTA A SOSTENERE I COSTI DI FINANZIAMENTO DEL PAESE” - 2. AMORALE DELLA FAVA E DELLA RAVA: SIAMO DEI MIRACOLATI DELLO SPREAD, GRAZIE ALLA BCE DI DRAGHI, MA NON POSSIAMO ANDARE AVANTI COSÌ.

CI CHIEDONO TUTTI DI FARE UNA RIFORMA DEL LAVORO E I GRANDI INVESTITORI ESTERI CI INDICANO IL MODELLO DELLA SPAGNA, DOVE SONO SCESI TUTELE E SALARI. ABBIAMO IL CORAGGIO DI FARLO, O VIVACCHIEREMO TRA UN TAGLIO DI SPESA E UN PRELIEVO SULLE PENSIONI, PRIMA DEL GRANDE BOTTO? -



1. AVVISI AI NAVIGATI
Bridgewater è il più grande hedge fund del mondo ed è guidato da un italoamericano, Ray Dalio, che per sé e per i suoi clienti ha guadagnato oltre 50 miliardi di dollari. Lo scorso 12 agosto, in un rapporto dedicato all’Italia, ha messo nero su bianco che cosa pensa di noi.

Lo riferisce oggi Repubblica e non è una lettura piacevole. Bridgewater dice senza peli sulla lingua che “gli spread dell’Italia non riflettono la situazione in deterioramento del Paese” e che “mentre l’Italia continua a peggiorare e la sensibilità al debito aumenta, diventerà sempre più importante capire fino a che punto la Bce sarà disposta a sostenere i costi di finanziamento del Paese”.
Si tratta di un avvertimento pesante, perché l’hedge fund americano fa parte di quei grandi investitori esteri che dal 2012 hanno riportato in Italia oltre 160 miliardi di dollari e che ora potrebbero ripensarci in qualunque momento. Anche perché il modello virtuoso citato dal report è quello della Spagna, che ha fatto una severa riforma del lavoro e ha recuperato quote di export.
Gli spagnoli hanno esportazioni del 10% sopra i livelli del 2008, mentre noi italiani siamo sotto del 3% e continuiamo a perdere quote di mercato. Per questo motivo, scrive crudamente Bridgewater, “una correzione al ribasso dei salari in Italia deprimerebbe ulteriormente i redditi e la spesa, partendo da livelli già depressi, ma non affrontare questo passaggio metterebbe la manodopera italiana in una condizione ancora peggiore nel lungo periodo”.
 
Ecco, abbiamo riportato queste parole perché sta tutto qui il vero dilemma di Renzie. Siamo dei miracolati dello spread, grazie alla Bce di Draghi, ma non possiamo andare avanti così. Ci chiedono tutti di fare una riforma del lavoro e i grandi investitori esteri ci indicano il modello della Spagna, dove sono scesi tutele e salari. Abbiamo il coraggio di farlo, o vivacchieremo tra un taglio di spesa e un prelievo sulle pensioni?
 
 2. NON FA SOSTA LA SUPPOSTA
Con una serie di tweet, ieri Renzie ha precisato l’agenda del suo governo e pare che non ci sia spazio per gli interventi sulle pensioni dei quali ha parlato il ministro Poletti, ma la situazione resta confusa. Repubblica: “Pensioni, scontro nel governo sul contributo di solidarietà. I sindacati: ‘Troppa confusione’. Polemiche sul piano allo studio al ministero del Lavoro. Baretta (Tesoro): tranquillo chi prende meno di 2.000 euro”. Renzi: “Proposta già bocciata”, ma l’idea prima gli piaceva. Poletti tira dritto, cerca fondi per esodati e cassintegrati. Anche Cottarelli propose un taglio ai trattamenti più ricchi, ma l’ipotesi sul tavolo è quella di Gutgeld” (pp. 2-3).
Anche il Corriere prende atto delle smentite del premier, ma dedica ancora molto spazio alle pensioni per sconsigliare interventi: “La tentazione di tagli e balzelli. I no della Consulta e i conti sbagliati. I dubbi sulla possibilità di ricalcolare gli importi con il sistema contributivo. Oggi le pensioni sono calcolate ancora con il metodo retributivo per il 98%: un nuovo balzello peserebbe su quasi tutte. La metà dell’Irpef pesa su meno di 2 milioni di pensionati con assegni oltre i 30mila euro: un contributo li penalizzerebbe due volte” (p. 7).
 Sulla Stampa si fa vivo ancora una volta Lorenzo Bini Smaghi. Dopo l’intervento sul Corriere dei giorni scorsi, l’ex membro della Bce invita a copiare la riforma spagnola del mercato del lavoro e a fare le riforme per aumentare la competitività italiana (p. 5).
Sul Messaggero, le indiscrezioni su altri tagli: “Stangata statali. Il Tesoro studia un nuovo blocco biennale dei salari. Un congelamento della busta paga consentirebbe risparmi per 4-5 miliardi. Dal 2010 a oggi tagli al settore per 11 miliardi” (p. 2).

3. IL RAID AEREO DEL PREMIER CAZZARO
Botta d’immagine per il premier in vacanza a Forte dei Marmi, che oggi fa un giro in Iraq, rigorosamente in giornata. La Repubblica dei renziani titola: “Renzi, visita lampo in Iraq a Bagdad e dai profughi. ‘Anche a nome della Ue’. Colloqui con le autorità, poi a Erbil nella zona curda. Il premier e il fronte estero: ‘Italia attiva nelle crisi, pure la Libia avrà bisogno” (p. 6).
Il Corriere va oltre e spiega: “Blitz iracheno e alleanze: lanciata la volata di Mogherini. Mancano dieci giorni al vertice sulle euronomine. Berlino non si oppone, c’è l’intesa con Parigi. In crescita le chance di ottenere il ruolo di Mrs Pesc. Per la responsabile degli Esteri restano l’opposizione dell’Est e le difficoltà sul dossier russo. L’Eliseo favorevole a un binomio della candidata italiana con l’ex ministro Moscovici a cui andrebbe un importante portafoglio economico” (p. 5).
 
4. GIUSTIZIA À LA CARTE
Prosegue il dibattito sulla riforma della giustizia che il ministro Orlando sta mettendo a punto con sapienza democristiana. Sul civile è già quasi tutto pronto, ma restano problemi aperti sul penale: “Scontro sulle intercettazioni. Aut aut di Ncd: o si approvano anche le norme sugli ascolti oppure chiediamo anche la separazione delle carriere. Oggi vertice di maggioranza con il ministro Orlando. Il viceministro Costa: il premier rispetti i patti stipulati. Il governo vuole organizzare prima una tavola rotonda con i direttori dei giornali” (Repubblica, p. 11). Già solo la caccia all’invito sarà uno spettacolo.
Per il Messaggero, problemi anche su altri fronti: “Ma sulle regole del nuovo Csm è scontro nella maggioranza. Tensione Pd-Ncd anche sulla responsabilità civile dei magistrati. Oggi vertice con Orlando. Berlusconi alla finestra, gli azzurri: pronti a discutere, ma nessuna cambiale in bianco” (p. 5)
 
 
5. L’ABBRACCIO DEL CAINANO
Giustizia a parte, Berlusconi aspetta Renzie sulle ricette economiche, come racconta oggi il Giornale: “Il piano di Berlusconi: un’agenda economica per unire il centrodestra. Il leader azzurro al lavoro su un progetto anti crisi da presentare a Renzi ma anche a Ncd, Fdi e Lega. L’idea della flat tax: per l’ex premier è la ricetta vincente come in Spagna e Gran Bretagna” (p. 8). In autunno si vedrà se il premier ha i voti per portare a casa le sue riforme economiche. Sulla riforma del Senato non li aveva e ha avuto bisogno di Forza Italia.
 
6. ARIA DI DIVORZIO IN LUXOTTICA
Andrea Guerra potrebbe lasciare Luxottica, ma non per fare il ministro. Il Corriere spiffera il grande gelo al vertice con il patròn Leonardo Del Vecchio: “Luxottica, Guerra verso l’uscita. Divergenze con Del Vecchio. In primavera 35 milioni di guadagno con le stock option. Le incomprensioni sull’alleanza con Google per gli occhiali hi-tech e sulla chiamata pubblica di Renzi per fare il ministro” (p. 25). Anche il Sole 24 Ore fiuta aria di divorzio e racconta: “Luxottica, in uscita l’ad Guerra. I contrasti con il presidente e azionista Leonardo Del Vecchio sono alla base del prossimo cambio al vertice del gruppo. Verso una transizione-soft nei prossimi mesi” (p. 1 dorso Finanza & Mercati).
 
7. LINGOTTI IN FUGA
Sembra complicarsi la partita della fusione Fiat-Chrysler, con Torino che rischia di dover rifare l’operazione daccapo per l’esercizio dei diritti di recesso. Repubblica riporta: “La speculazione si scatena su Fiat, -3% in Borsa. Stasera scade il recesso” .Report di Credit Suisse alla vigilia della scadenza che parla di azione sopravvalutata: “l’istituto di Zurigo scommette sulla necessità di una ricapitalizzazione. Norges Bank torna ad acquistare azioni del Lingotto e risale oltre il 2 per cento” (p. 24). L’investitore scandinavo aveva votato contro la fusione. A Torino restano ottimisti e credono che alla fine il diritto di recesso non farà saltare l’operazione.
 
8. TELECOM-MEDIA DO BRASIL
Si avvicinano i giorni della verità per la battaglia brasiliana tra Telecom e Telefonica. Per il Corriere, “Telecom-Vivendi, il rebus dei soci italiani. Fiammata in Borsa. Il mercato scommette sull’offerta. Mediobanca, Intesa Sanpaolo e Generali dovranno ora decidere se vendere o allearsi con il nuovo partner francese” (p. 27).
La Stampa apre un nuovo fronte: “Telecom, resta il rischio aumento di capitale. Per gli analisti di Soc Gen è tra le opzioni sul tavolo dell’ex monopolista e potrebbe superare il miliardo. Prosegue la sfida tra italiani e spagnoli per conquistare la brasiliana Gvt. Il 28 agosto la decisione finale a Parigi. Da Telefonica probabile una controfferta dell’ultimo minuto” (p. 22). Il Sole spiega: “Telecom-Vivendi, offerta in azioni e cash. Advisor al lavoro per una proposta mista con cassa e azioni della holding e di Tim Brasil” (p. 1 Finanza&Mercati). Bollorè nella posizione migliore possibile per decidere quanto entrare da padrone nelle telecomunicazioni italiane.
Dagospia

Visto sul blog di Luciano Davì



domenica 17 agosto 2014

L’etica di “Opus Goldman Sachs Dei”

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Quando si dice RISORSE, che per disoccupati, sfrattati, pensionati, cassintegrati italiani NON CI SONO. Il mercato immobiliare ne sarà entusiasta..



L’etica di “Opus Goldman Sachs Dei” – di Irene Sabeni

Pubblicato il 4 agosto 2014 da Il nodo gordiano
Il diavolo e l’acqua santa. Il denaro sterco del demonio. Gli pseudo opposti che si incontrano e si suggeriscono regole di comportamento. Con tanti saluti alla nuova linea della Chiesa attenta alla povertà con la quale Francesco I ha voluto caratterizzare il suo Pontificato. La Pontificia Università Santa Croce, che dipende dall’Opus Dei, ha deciso che i suoi studenti, futuri sacerdoti, debbano conoscere l’economia e la finanza, per comprendere meglio il senso del proprio apostolato e dove esso debba indirizzarsi nel sociale. Fino a qui, niente di trascendentale. Non si vive di solo spirito e poi, come si dice in certi ambienti, il cibo materiale deve poter trasformarsi in cibo spirituale. Non sarà più sufficiente quindi agli studenti dell’Opera fondata da Escrivà de Balaguer essere in grado di maneggiare la teologia, la filosofia, il diritto canonico e la comunicazione. Da qui l’idea di creare un corso denominato “Economics for Ecclesiastic” grazie al quale, questo è l’intendimento, i futuri sacerdoti non si troveranno troppo isolati dal mondo reale.

Il problema sta nella personalità del professore che erudirà le future tonache sul significato etico dell’economia e della finanza nel mondo contemporaneo. Sarà infatti Brian Griffiths of Fforestafch, un cognome impronunciabile che è tutto un programma, ad intrattenere gli studenti su “Le sfide etiche e culturali per la finanza contemporanea”. Il punto è che il signore in questione è stato vice presidente esecutivo di Goldman Sachs International, ossia della banca di affari che nell’immaginario del cittadino medio Usa rappresenta il simbolo stesso della più schifosa speculazione che strozza i piccoli risparmiatori e crea le condizioni per portargli via la casa.

In Italia, come in Europa, la Goldman Sachs è la banca che ha speculato a man bassa contro i titoli di Stato, i Bonos spagnoli e i Btp italiani, con l’intento di affossare l’euro. Insomma, Brian Griffiths of Fforestafch è un banchiere che vanta non poche responsabilità nell’avere contribuito ad aggravare una situazione interna, come quella italiana, già di per sé grave per l’altissimo debito pubblico. È quasi superfluo aggiungere che Griffiths è membro della Camera dei Lords (appartiene quindi alla nomenklatura inglese) ed è stato consigliere di Margareth Thatcher per le privatizzazioni e per deregolamentare il mercato interno. Si tratta di uno di quei tecnocrati che sostiene la creazione di un grande mercato globale senza vincoli di frontiere e di dazi doganali. Un mercato globale che implica la cancellazione degli Stati nazionali e la loro sottomissione ad un complesso di strutture sovranazionali, di fatto in mano all’Alta Finanza.

Una strategia che il mondo cattolico dovrebbe teoricamente vedere con ostilità. Questo in teoria perché ci sono, e non sono pochi, banchieri cattolici che sognano lo stesso traguardo, sia pure con una attenzione paternalista verso i poveri e gli emarginati.

E in Italia i banchieri legati all’Opus Dei sono molti e potenti, anche se spesso quasi sconosciuti al grande pubblico. Tra i più noti svetta Antonio Fazio, ex governatore della Banca d’Italia. In Spagna, fa parte dell’Opus Dei, il presidente del Banco di Santander, Emilio Botin. Questo per dire che non esiste una finanza “laica” e una finanza “cattolica” ma esiste soltanto una finanza che realizza affari e profitti e intende continuare a farli. Come dimostra l’enorme patrimonio mobiliare e immobiliare della chiesa cattolica e delle sue tante diramazioni.

Ma nemmeno i protestanti scherzano visto che Griffiths ha presieduto in passato il Lambeth Fund, controllato dall’arcivescovo di Canterbury. Ed allora questo connubio tra Opus Dei e Goldman Sachs trova la sua ragione di essere nel medesimo approccio universalista. Del resto il capitalismo liberista si è sempre fatto forte, basti vedere Max Weber, di una profonda impronta evangelica e biblica. Ma l’Opus Dei non è l’unica struttura in ambito cattolico a tenere buoni rapporti con certi ambienti e ad allevare futuri banchieri. Mario Draghi, anche lui un ex Goldman Sachs, ha studiato dai gesuiti. E questo non gli ha impedito di caratterizzare la sua attività nella direzione di rafforzare il potere delle banche e della finanza e al tempo stesso di impoverire i cittadini italiani ed europei, come sappiamo ormai a menadito


ripetete con me, è tutta colpa della Germania e dei tedeschi.

sabato 16 agosto 2014

Arriva la stangata di fine agosto, 29 miliardi made in Italy

Ad agosto, come una buona parte degli italiani, anche il fisco non va in ferie. Lo sanno bene i contribuenti italiani, in particolar modo le imprese e i lavoratori autonomi, che entro la fine di questo mese dovranno versare all’Erario, al netto dei contributi previdenziali, oltre 29 miliardi di euro di imposte.

A comunicare la notizia è l’Ufficio studi della CGIA.

La voce che da un punto di vista economico “graverà” maggiormente sulle tasche dei contribuenti sarà l’Iva: il gettito dovrebbe superare i 13 miliardi di euro. Segue il versamento da parte dei datori di lavoro delle ritenute Irpef dei dipendenti e dei collaboratori, pari ad un importo di 7,6 miliardi di euro e il pagamento del saldo e dell’acconto Irpef che dovrebbe garantire un gettito di 2,45 miliardi. Altri 1,7 miliardi giungeranno nelle casse dello Stato dal pagamento dell’addizionale Irpef, mentre dall’Irap e dall’Ires sono previsti altri 3 miliardi di euro. Infine, i lavoratori autonomi dovranno versare le proprie ritenute Irpef per un importo che dovrebbe toccare 1,3 miliardi di euro.

L’Ufficio studi della CGIA ricorda che le principali scadenze fiscali/contributive di questo mese sono 11, così distribuite: 7 entro il 20 di agosto; una entro il 25 agosto e altre 3 entro il 31 agosto. Visto che quest’ultima data cade di domenica, il termine slitta di un giorno (1 settembre).

“Anche in vista delle scadenze fiscali di agosto – dichiara Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA – molti italiani sono stati costretti ad accorciare le vacanze o, nella peggiore delle ipotesi, a starsene a casa. A settembre, poi, non è detto che tutte le attività riaprano i cancelli. In attesa di tempi migliori, imprese e famiglie hanno deciso di risparmiare. In definitiva, la paura del futuro sta condizionando gli italiani che in questo momento di difficoltà hanno solo una certezza: onorare un fisco sempre più esoso.”
Dalla CGIA, infatti, ricordano che in prospettiva il carico fiscale che grava sui contribuenti italiani potrebbe addirittura aumentare.
Nel 2015 il Governo ha deciso di tagliare la spesa pubblica di 17 miliardi di euro, con un impegno minimo da raggiungere che non potrà essere inferiore ai 4,4 miliardi di euro.


Nel caso il Governo non sia in grado di centrare questo obbiettivo minimo, scatterà la cosiddetta “clausola di salvaguardia”. In altre parole, come ha confermato nei giorni scorsi il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, a fronte del mancato taglio della spesa, i contribuenti saranno chiamati a sopportare un aggravio fiscale di 3 miliardi di euro, a seguito della riduzione delle agevolazioni/detrazioni fiscali e all’aumento delle aliquote, mentre i ministeri dovranno tagliare la spesa per un importo di almeno 1,44 miliardi di euro.
“In buona sostanza – conclude Bortolussi – o si riesce a razionalizzare la spesa pubblica e a ridurre gli sprechi, gli sperperi e le inefficienze, altrimenti a pagare il conto saranno ancora una volta gli italiani che già ora sono tra i contribuenti più tartassati d’Europa.”

Le principali scadenze fiscali – agosto  2014 -

entro il 20 agosto

1 – Versamento ritenute Irpef dipendenti, collaboratori e lavoratori autonomi.

2 – Versamento contributi  previdenziali e assistenziali dipendenti e collaboratori.

3 – Contribuenti che svolgono attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore; Versamento imposte risultanti dal modello Unico con maggiorazione dello 0,4 a titolo di interesse corrispettivo. Le persone fisiche e società di persone versano: Irpef; add.li Irpef, Irap, Inps artigiani e commercianti (contributi eccedenti minimale); Le società di capitali versamento: Ires e Irap

4 – Versamento liquidazione Iva mese di luglio.

5 – Versamento liquidazione Iva II trimestre contribuenti trimestrali

6 – Versamento 2^ rata contributi Inps su minimale per commercianti e artigiani

7 – -. Comunicazione telematica all’Agenzia delle Entrate dei dati contenuti nelle Dichiarazioni di Intento relative agli acquisti o prestazioni confluiti nella liquidazione Iva
entro il 25 agosto

8 – – Trasmissione elenchi INTRASTAT contribuenti tenuti alla presentazione mensile

entro il 31 agosto (slitta al 1 Settembre in quanto il 31 agosto è domenica)
9 – Presentazione all’Inps del modello UNIEMENS da parte del datore di lavoro.

10 – Comunicazione telematica all’Agenzia delle Entrate dei dati relativi alle operazioni Iva con operatori economici con sede in Paesi a fiscalità privilegiata; invio mensile relativo al mese precedente.

11 – Comunicazione telematica all’Agenzia delle Entrate dei dati relativi agli acquisti Iva da San Marino annotate nel mese precedente nei registri Iva

Elaborazione: Ufficio Studi CGIA

Con il DPCM del 13 giugno 2014 è stata concessa una proroga ai contribuenti soggetti agli studi di settore. Il termine ordinario del 16 giugno, entro il quale effettuare i versamenti risultanti dal Modello Unico, è stato spostato al 7 luglio; mentre il termine del 16 luglio, entro il quale è possibile effettuare i versamenti con la maggiorazione dello 0,4% a titolo di interesse corrispettivo, è stato spostato al 20 agosto 2014.


mercoledì 13 agosto 2014

UE: numeri da incubo, il funerale si avvicina


Revoca degli ultimi campoli di sovranità nazionale e trasferimento di tutti i poteri a Bruxelles. Lo “propone” Mario Draghi, cioè l’uomo costantemente citato come il pegggior banchiere centrale del mondo, il peggiore della storia, scrive Paolo Barnard. «Ci si chieda: perché l’Italia della metà degli anni ’90 – che non  faceva la riforme di Draghi, che non strisciava supina di fronte a Bruxelles, che usava la spesa pubblica molto ma molto più di oggi… perché veniva definita da “Standard & Poor’s” come “economia leader d’Europa”? Allora Mario, che ci rispondi? Avevamo l’Eurozona allora? No. Avevamo invece il triplo della spesa pubblica di oggi, che come i veri economisti sanno è l’attivo di tutto il settore privato di cittadini e aziende. Oggi la folle dittatura delle Austerità  ha stroncato la spesa pubblica, e stroncati affondiamo. Tutto qui».

«Se metti in acqua diciotto barche con buchi sotto la chiglia e queste iniziano ad affondare», scrive Barnard nel suo blog, «mi sembra ridicolo che tutti Mario Draghipuntino lo sguardo su quella che affonda più in fretta», l’Italia, «piuttosto che considerare il fatto che sono state tutte costruite da incompetenti», e quindi «è il cantiere cialtrone che va chiuso». Tradotto: «Mario Draghi regge il cantiere Eurozona dove tutti, e tutto, sta affondando, ma gli viene comodo imbrogliare i media e il pubblico puntando il dito sulla barca Italia che affonda un po’ più delle altre». La crescita dell’Eurozona, dopo 14 anni di grandi promesse, è letteralmente pietosa, «non riesce mai a superare quel triste zero virgola», mentre ad esempio la Gran Bretagna «cresce come basilico al sole». La deflazione europea è fuori controllo, «cioè i prezzi crollano di minuto in minuto perché non c’è domanda, e tutti i gran proclami di Draghi per frenare questa valanga sono stati accolti dai mercati e dai consumatori come ridicolaggini, fra l’altro disoneste perché tutte tese solo a favorire speculazioni finanziarie».

Le cosiddette “riforme” tanto invocate da Draghi come pozione magica di salvezza «non hanno salvato nessuno dei paesi che le hanno fatte». Bollettino di guerra: la Finlandia è all’ottavo mese a crescita zero, l’Olanda precipita nella terza recessione dal 2009, Francia registra il record della disoccupazione e un crollo storico di settori-chiave come l’immobiliare e il manifatturiero. Nel Belgio “commissariato” dall’Ue abbiamo consumi a tasso negativo e crescita zero. E persino in Germania crollano gli ordini industriali (-4%), il Pil è in calo, stipendi sono stagnanti da 10 anni, il calo della domanda interna deprime tutto l’export europeo. Poi, secondo dati ufficiali Eurostat, «le gloriose riforme di Draghi e dell’Eurozona hanno infilato nella calza della Befana anche il più alto tasso di disoccupazione europea dalla nascita dell’euro». E poi le banche, «quelle regolamentate da Mario Draghi, che oggi dispensa ricette severe su come curarci». Ebbene: la maggioranza delle banche europee «sono marce, ma veramente, cioè di fatto fallite».

Secondo la Bank of International Settlements, «le banche in Europa non sono riuscite a rimediare alla loro catastrofica esposizione a prestiti che saranno inesigibili perché gli indebitati sono al collasso». E  il collasso, sottolinea Barnard, è proprio opera della Troika di Draghi e delle sue austerità, «come ormai ammettono anche Goldman Sachs e gli “hedge funds”». La stessa Reuters ci informa che le stesse banche europee, azzoppare da «buchi contabili che si vedono dalla Luna», hanno prestato 3.000 miliardi di dollari ai “mercati emergenti”: soldi che difficilmente torneranno indietro. «Poi indovinate a chi, per questo motivo, le medesime banche diranno no alBarnardmutuo o al finanziamento? A voi, a voi, e infatti registriamo il più alto declino nei prestiti bancari alle famiglie dal 2008».

E attenzione: il 90% dello strombazzato calo dello spread e degli interessi sui titoli di Stato dei paesi come Spagna, Irlanda o Italia, rivela uno studio di “Bloomberg”, «non è dovuto a reali progressi dell’economia di quegli Stati, ma ai trucchi speculativi di Mario Draghi alla Bce: quindi aria fritta, che Renzi oggi usa per infinocchiare i soliti poveri italiani». Gran finale: il “Financial Times” annuncia che le banche più fallite di tutta l’Europa «non sono quelle spagnole o italiane, ma quelle tedesche», espressione del sistema di potere che domina Bruxelles e Francoforte, di cui Draghi è forse il massimo esponente. E questo “terapeuta” ha ancora il coraggio di proporre soluzioni e cure? Assolutamente sì. Il macellaio travestito da medico: la farsa continua, e l’Europa affonda.
Fonte: Libre
12 Agosto 2014


domenica 10 agosto 2014

Taqfiri d’Italia

Datagate: leader ISIL Abu Bakr Al Baghdadi e' ebreo ed e' un agente del Mossad
TEHERAN (IRNA) – Il cosiddetto "califfo" dell'ISIL, lo stato islamico dell'Iraq e del Levante, il gruppo terroristico che ha messo a ferro e fuoco l'Iraq, non si chiama Abu Bakr Al Baghdadi ma Shimon Elliott, e' un ebreo ed e' uno dei migliori agenti del Mossad israeliano.

E' quanto rivela il sito americano Veterans Today 
che spiega che l'agente Elliot e' specializzato in spionaggio nel mondo arabo ed in guerra psicologica contro i musulmani. Le preziose informazioni sul leader dell'ISIL, che ne dimostrano la provenienza israeliana e non islamica, come si vorrebbe far sembrare con il nome, sono state ottenute dalla mole di informazioni rivelate da Edward Snowden nell'affare Datagate. Veterans Today spiega che prima di assumere questa nuova identità, Elliott ha svolto operazioni di spionaggio nei paesi arabi con il falso nome di Ibrahim ben Uad ben Ibrahim al Badri. Il sito americano conclude che l'obbiettivo principale dell'ISIL è quello di creare nella regione il caos che può dare ad Israele la possibilità di dominarla e mettere in atto in essa le sue mire espansionistiche.

Taqfiri d’Italia
Alessandro Lattanzio, 8/8/2014


Greta Ramelli e Vanessa Marzullo sono le ‘cooperanti’ filo-islamiste scomparse il 1 agosto nella provincia di Aleppo, in Siria, dopo essere state infiltrate dai servizi segreti italiani e turchi in territorio siriano. La Farnesina, ovvero il ministero degli Esteri italiano, al solito sproloquia di “progetti umanitari nel settore sanitario e idrico” seguiti dalle cooperanti. In Siria e in una zona bellica? Le due ‘cooperanti’ operano assieme a Roberto Andervill, dell’IPSIA Varese, ONG delle ACLI, che dopo essersi distinto in Bosnia e Kosovo, dove la presenza islamista è notevole, è divenuto un attivista a favore della “Rivoluzione antigovernativa”. Con Marzullo e Ramelli ha creato il progetto Horryaty (“per servizi idrici, sanitari e culturali” da sviluppare in Siria, a credergli) e per cui si sono infiltrti nell’area rurale di Idlib dalla Turchia, accompagnati dai terroristi che affliggono la Siria e con l’evidente supporto dei servizi d’intelligence italiani e turchi, (ovvero della NATO). Andervill, a conferma dei sospetti, il 7 agosto ha chiuso la pagina facebook del progetto Horryatyproprio quando due suoi elementi sono ‘scomparsi’. Strane le affermazioni del soggetto: “E’ lei che ha mandato le due ragazze in Siria? “Assolutamente no. Intanto chiariamo una cosa: Horryaty non è un Organizzazione Governativa o una Onlus. E’ semplicemente un gruppo di tre persone che hanno a cuore un paese e hanno deciso di fare qualcosa per aiutarlo”.” Quindi? Una comitiva per una scampagnata, o qualcos’altro d’incofessabile? Tale presa di distanza suscita solo ulteriori sospetti.


Nessun dubbio sulle finalità politiche di simili iniziative ‘umanitarie’

Difatti, già in precedenza Vanessa Marzullo aveva compiuto un tour de force nella Siria assediata e martirizzata dagli stessi criminali che l’accompagnavano. Il 6 aprile era a Homs, il 22 a Duma, centinaia di chilometri più a sud, presso Damasco.

Questo è il tracciato del viaggio di Vanessa Marzullo nella Siria martirizzata dalla guerra islamo-atlantista. No Alpitour?

Tutto ciò è impossibile senza l’appoggio delle intelligence dei Paesi interessati e dei mercenari islamo-terroristi operanti in Siria: “Come avete fatto a entrare in Siria? Lei era il più esperto del gruppo, è stato a Gaza, in Bosnia. Chi ha trovato in contatti per passare il confine? “Certo, non siamo entrati da soli. Ci ha aiutato un gruppo di persone conosciute prima di partire, persone fidate. Abbiamo anche lavorato con altre associazioni italiane come We are Onlus e Rose di Damasco. Siamo sempre stati tutti e tre consapevoli dei rischi che correvamo e ci siamo organizzati in modo da passare il confine solo quando è strettamente necessario. Non siamo degli stupidi”.” GiàRose di Damasco, sulla relativa pagina facebook si legge: “MATERIALI RACCOLTI VENGONO PORTATI IN SIRIA ATTRAVERSO I NOSTRI AMICI SIRIANI e da SEGRATE CON CONTAINER poi ritirati e distribuiti in Siria da nostri contatti locali. Altre associazioni fidate che si occupano della Siria in Italia: Comunità araba siriana in Italia, We are, Insieme si puo’ fare, Onsur.it, Ossmei, Auxilia italia, il Cuore in Siria (ovvero Time4life), Insieme per la Siria Libera”. Tutte associazioni promosse dall’universo del dirittuamitarismo pronta cassa ex-cattocomunista: arci, acli e pretonzoli alla padre dell’Oglio non mancano; ma qualcuna riesce ad essere anche più inquietante: l’ong “Il Cuore in Siria è un progetto di solidarietà che nasce da un incontro di cuore fra Claudia Ceniti, milanese, bancaria, Paola Francia, giornalista freelance di Forlì e Pietro Tizzani, funzionario dell’Arma dei Carabinieri con esperienza in Kosovo”, anche qui il Kosovo (e i servizi d’intelligence, cos’altro è un ‘funzionario dei carabinieri’?) fa curriculum per infiltrarsi in Siria, per ‘scopi umanitari’. Sempre sulla pagina facebook di Rose di Damasco, si può leggere tale frase inequivocabile: “CONDANNIAMO IL REGIME DI ASSAD E SUOI ALLEATI IRAN E RUSSIACOMPLICE SILENZIO MONDIALE E LA DISINFORMAZIONE. CHIEDIAMO LA FINE DEL REGIME ASSASSINO, CHIEDIAMO CHE SIA SALVAGUARDATA L’UNITÀ NELLA MOLTEPLICITÀ DEL PAESE E CHIEDIAMO CORRIDOI UMANITARI PER I RIFUGIATI E GLI AIUTI.” In sostanza Rose di Damasco è un’organizzazione militante che affianca il terrorismo attivo e operativo in Siria, auspicando perfino l’intervento armato diretto della NATO contro la Repubblica Araba Siriana (i cosiddetti ‘corridoi umanitari’).
A fine luglio Ramelli e Marzullo vengono infiltrate nel governatorato di Aleppo. “Il 30 luglio (Ramelli) ha mandato un messaggio su facebook a una decina di amici, in realtà è la terza volta che si reca in Siria. Doveva stare solo una settimana, ma ci ha comunicato che aveva deciso di fermarsi ancora perché si sentiva più utile sul campo. A Varese e Milano organizzava incontri per la raccolta fondi, perché è qui che ha fondato con la sua amica questa organizzazione. In questi mesi ha fatto un lavoro splendido. Ci chiedeva di comprare latte in polvere, materiale medico e altro. Rispetto alle modalità con cui operava, sappiamo che arrivava in Turchia portando i soldi della raccolta fondi e poi entrava da una frontiera di quel paese. La Farnesina trova normale e auspicabile infiltrare cittadini italiani in territorio straniero, per di più sotto il controllo di organizzazioni terroristiche riconosciute come tali a livello mondiale. Riguardo ai servizi segreti (le cosiddette ‘intelligence & sicurezza’), chiaramente partecipano in prima linea a tale guerra di 4.ta generazione contro il Popolo e le autorità siriane. Per il resto, non c’è alcun dubbio che il progetto ‘umanitario’ Horryaty sia un’attività di fiancheggiamento del terrorismo che affligge la Siria.

(foto al link originale) La bandiera ucraina accanto a quella siriana coloniale chiude il cerchio dell’allenza tra islamismo mediorientale e nazifascismo ucraino

In Siria, contro la popolazione e le forze armate siriane, combattono anche jihadisti ceceni e tatari. Nelle file del Dawlat al-Islamiya fi al-Iraq wal-Sham (Stato Islamico dell’Iraq e Levante – SIIL), operano l’emiro Umar al-Shishani (Omar il Ceceno), a capo del gruppo ceceno ausiliario del SIIL Muhajarin wal-Ansar (emigranti e partigiani), ma opera anche Abdulqarim al-Uqraini (“Abdulqarim l’ucraino”) anche noto come Abdulqarim Krimsky (“dalla Crimea”), vicecapo delJaysh al-Muhajirin wal-Ansar (JMA). A febbraio, Abdulqarim al-Uqraini stipulò un accordo con la liwa Shuhada Badr, gruppo dell’esercito libero siriano (ELS). Abdulqarim al-Uqraini in precedenza guidava la Jamaat Crimea. Inutile ribadire che la Jamaat di Abdulqarim si era installata ad Haraytan, provincia di Aleppo, ospite della liwa Shuhada Badr. L’accordo tra al-Uqraini e liwa Shuhada Badr afferma tra l’altro l’imposizione dei comitati per la shariah gestiti da Ahrar al-Sham e Jabhat al-Nusra nei villaggi e quartieri controllati dai terroristi, e di sostenersi a vicenda nella guerra contro il regime di Assad. L’accordo è stato firmato alla presenza di shaiq Abu Amir, rappresentante dell’organizzazione terroristica Ahrar al-Sham. In precedenza, nell’ottobre 2013, ad Aleppo, 13 organizzazioni terroristiche taqfiriste, tra cuiJabhat al-NusrahAhrar al-Sham e liwa al-Tawhid formavano Jabhat al-Islamiya (Fronte Islamico), un’alleanza islamista ancor più ‘radicale’ rispetto all’ELS. Tale dichiarazione avveniva dopo l’aumento dei rifornimenti militari degli Stati Uniti e della NATO alle organizzazioni terroristiche presenti in Siria. In seguito, venne creato l’Amaliyat Ghurfat Mushtaraqat Ahl al-Sham (AGMAS – Sala operativa congiunta del Levante), che coordina le operazioni nel governatorato di Aleppo della locale filiale di al-QaidaJabhat al-Nusra, del Jabhat al-Islamiya e del Jaysh al-Mujahidin (Esercito dei mujahidin).
Pochi giorni dopo la nascita del Fronte Islamico, altre 43 fazioni terroristiche creavano il Jaysh al-Islam guidato dal saudita Muhammad Zahran al-Lush. Ad esso aderivano la qataib Junub al-Asima, liwa Shuhada Badr, qatiba al-Ashayr, qatiba Rayat al-Haq, liwa Dara al-Ghuta, liwa Jaysh al-Muslimin, liwa Umar bin Abdelaziz, liwa Tawhid al-Islam, liwa Maghawir al-Qalamun, liwa Fatah al-Sham, qatiba Suqur Abu Dujana, liwa Shuhada al-Atarib, qataib Ayn Jalut, qataib Nur al-Ghuta, liwa Umar bin al-Qatab, qataib al-Sadiq. In precedenza Zahran al-Lush guidava la liwa al-Islam, finanziata dal “Consiglio dei sostenitori della rivoluzione siriana in Quwayt”. La formazione di Jaysh al-Islamrafforza il fatto che la rivoluzione siriana si distingue per il suo orientamento islamico. Rappresenta la fine di qualsiasi influenza significativa detenuta dal secolare ELS non lasciando sostanzialmente nessuno, nell”opposizione’ che non propugni un’identità islamica“.


Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, in questa foto, presa durante una manifestazione antisiriana, reggono un cartello su cui è scritto: 
Agli eroi di liwa Shuhada, grazie per l’ospitalità e se Dio vuole vedremo la città di Idlib libera quando ritorneremo”.

Ma cos’è l‘Itihad Liwa Shuhada Badr (Unione dei battaglioni dei martiri di Badr)? Il suo capo è Qalid bin Ahmad Siraj Ali (alias Qalid Hayani). Il gruppo è dedito a saccheggi e altri crimini contro i civili nella provincia di Aleppo. La liwa Shuhada Badr controlla due centri di tortura soprannominati “Guantanamo” e “Abu Ghraib”, dove detengono avversari politici, militanti baathisti e civili rapiti nei quartieri settentrionali di Aleppo. La liwa Shuhada Badr è attivamente impegnata nella lotta contro la locale popolazione di origine curda, ed è nota per l’uso dei famigerati “cannoni inferno”, armi che lanciano grosse bombole di gas caricate di TNT, utilizzate contro i quartieri filo-Baath di Aleppo. Ad aprile, una coalizione di attivisti siriani per i diritti civili di Aleppo aveva definito Hayani un “macellaio” avendo bombardato i civili, incoraggiato i suoi uomini a violentare le donne e i prigionieri, per aver saccheggiato e distrutto le industrie, laboratori e negozi di Aleppo per venderne il materiale alle imprese turche. La liwa Shuhada Badr controllava parte dei quartieri settentrionali di Aleppo Shayq Maqsud, Bani Zayd, al-Qaldiya e Ashrafiya e dispiega parte dei suoi circa 3000 islamisti oltre che ad Aleppo anche a Hayan, Bayanun e Haraytan. A giugno, il gruppo terroristico ha bombardato i quartieri occidentali di Aleppo, filo-governativi, in risposta alle elezioni presidenziali siriane.



Le due ragazze sono vicine anche ad organizzazioni come ‘Un esercito unificato per ripristinare la rivoluzione‘, emanazione del Fronte islamico, le cui iniziative hanno questo tenore: “Il PYD è criminale quanto i criminali del Partito Baath“. Il PYD è il maggiore partito della minoranza curda in Siria, che ha una notevole presenza ad Aleppo. Come visto, i curdi sono oggetto degli attacchi della brigata taqfirista di Hayani, cui le due rapite (e viciniori) esprimono entusiastico supporto e sostegno. In sostanza, le ONG italiane o attive in Italia, con la copertura dei servizi segreti (italiani e turchi), della Farnesina e di altri organismi delle ‘autorità italiane’ (scusate l’ossimoro), supportano attività, in Italia, che sarebbero vietate dalla legge Mancino.
Infine, va ricordato che nei giorni della ‘scomparsa’ delle due ‘cooperanti’, esattamente il 2 agosto, veniva instaurato l’ennesimo organismo-ammucchiata anti-Baath tra fazioni e bande islamo-terroristiche. In tale caso si tratta di organizzazioni salafite e della Fratellanza mussulmana (leggasi Qatar e Turchia). La nuova organizzazione si chiama Comando del consiglio rivoluzionario e vi fanno parte haraqat Hazam, Fronte dei siriani rivoluzionari, Duru Hayat al-Thawra, Firqat 101, Jabhat al-Haq al-Muqatila, Alwiyat al-Ansar, Jaysh al-Mujahidin, Ajinad al-Sham, liwa al-Haq, Suqur al-Sham, Jaysh al-Islam, haraqat Nur ad-Din al-Zanqi, Faylaq al-Sham. Si notino che almeno haraqat Hazam eharaqat Nur ad-Din al-Zanqi hanno appena ricevuto i missili anticarro statunitensi BGM-71 TOW, probabilmente da Arabia Saudita e Turchia, ma con l’approvazione degli Stati Uniti. Il capo di haraqat Hazam è Abdallah Awda (alias “Abu Zayd”), che nel giugno 2011 trasmise tramite al-Jazeera un video sulla sua diserzione dall’esercito siriano e l’adesione ai gruppi islamisti in rivolta. Awda ha creato e guidato haraqat Dabat al-Ahrar, l’organizzazione su cui si basa l’ELS. Nel 2012, Awda creò la qatiba Faruq al-Shmal, presso la città di Qan al-Subul, governatorato di Idlib, che faceva parte della qataib al-Faruq, controllata tramite la Fratellanza musulmana siriana dai governi di Turchia e Qatar. Nel dicembre 2013, la qatiba Faruq al-Shmaal aderì a Jabhat al-Thuwar al-Suriya (Fronte dei rivoluzionari siriani – SRF), comprendente 14 gruppi terroristici nei governatorati di Idlib, Aleppo, Lataqia e Hama, e che riceve armi da Stati Uniti, Arabia Saudita e Turchia. Nel gennaio 2014, la qatiba al-Faruq al-Shmal condusse azioni terroristiche congiunte con haraqat Hazam, nell’ambito di una campagna chiamata Ginevra II, in concomitanza con i colloqui di pace a Ginevra tra i fantocci siriani della NATO e il governo baathista.

La ‘cooperante’ Vanessa Marzullo si felicita per le imprese dei terroristi di al-Nusra
Vanessa Marzullo, 10 giugno 2014

Gli amici di Vanessa e Greta



#Homs – Il 3 giugno, i rivoluzionari hanno preso d’assalto il villaggio di Um Sharhsouh, 10 km a nord della città di Homs e 2 chilometri a ovest della strada M5 (la principale ad unire nord-sud), conquistando il punto più alto del paese, la fortezza di Um Sharshouh. Da allora, guidati da Jabhat a-Nusra, Ahrar al Sham e altri battaglioni, hanno preso controllo del 60% del paese, sottraendo al regime diversi depositi di armi.
La battaglia per Um Sharshouh è parte di una campagna militare della zona periferica settentrionale, dove i ribelli mantengono il controllo di alcune zone: Rastan e Talbise; al-Hula e Dar al-Kabira a ovest.
Osama Abu Zeid, attivista di 23 anni di Homs, spiega perchè alcuni dei rivoluzionari della città vecchia di Homs si sono tirati fuori dagli scontri.
* Qual è l’importanza di Um Sharshouh?
La sua posizione geografica. Si trova su una collina che domina il resto dei villaggi che vogliamo liberare. Ha una fortezza, il castello Um Sharshouh – il cui controllo è fondamentale per le battaglie.
La maggior parte dei shabiha, miliziani governativi, erano al suo interno.
* Le brigate vogliono riprendere il controllo di Homs? Hanno obiettivi a lungo termine?
Quello che sta accadendo nel nord non ha alcun legame con la battaglia per riconquistare Homs, al punto che non tutti i battaglioni che hanno lasciato la città stanno partecipando. Questi battaglioni sono stati intenti a unificare i loro ranghi, al fine di riprendere il controllo della città.
* Qual è l’obiettivo della battaglia per Um Sharshouh, e cosa è accaduto fino ad ora?
L’obiettivo è liberare un gruppo di villaggi controllati dal regime: Um Sharshouh, Kufr Nan e Jabourin. Quei villaggi separano Talbise e Rastan da al Houla.
Se questi villaggi vengono conquistati, l’Esercito Siriano Libero sarà sul punto di controllare la via di rifornimento del regime per la costa: l’autostrada Homs-Tartous.
Fino ad ora i ribelli hanno preso il controllo di una parte di Um Sharshouh, tra cui il castello della città – una delle parti più importanti della battaglia.

FOTO AL LINK L’uomo all’estrema sinistra è Haisam Saqan (Abu Omar)? La tizia che fa la V di vittoria si chiama Nawal Soufi, attivista antisiriana di origine marocchina. Forse tale origine le permette di divinare sempre i carichi di immigrati clandestini che sbarcano in Sicilia, dove lei opera? Digos e servizi segreti italiani, tacciono, acconsentono e proteggono.

Nessuna pietà per i ratti, e i loro pidocchi.

Minacce preventive:
Arabafenix Fabio alessandro, capisci a me!! so perfettamente che se volevano solo aiutare i bambini e malati sarebbero rimaste nel campo profughi turco dal quale sono passate per entrare in siria, ne si sarebbero trovate nella casa di un lieder rivoluzionario antigovernativo : quello che dico e’ nel tuo giovanile farti travolgere dalle emozioni non puoi definirle troiazze, e augurarti la loro.eliminazione fisica. Prima di tutto e’ un reato, e poi a 20 anni il piu. delle volte si pensa di aver capito tutto e invece non si e’ capito un cazzo. Stare dalla parte della jiahd islamica, del califfato (sponsorizzati dagli usa), significa stare da parte di gente che apre il ventre del nemico e addenta il fegato dello sventurato e si fa pure filmare. La tua opera di informazione sul donbass e’ impareggiabile, ma se ti esprimi da estremista il tuo messaggio diventa inefficace, e rischi che ti chiudano l.accaunt.

Fonti:

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