Come volevasi dimostrare......ma continuiamo a ripetere che è tutta colpa della Germania che non vuole smettere con l'austerità e che non vuole che le filantropiche banche, in testa la BCE, tanto buona, si metta a stampare denaro per far finire la crisi....secondo la vulgata.
Dare un'occhiata agli Usa per apprezzare l'efficacia no eh?
I media ma anche molti signori della presunta controinformazione fanno credere che la ricetta anti austerità sia l'iniezione di liquidità, il QE della Fed. Peccato che, sia l'austerità che le iniezioni di liquidità siano solo modi diversi PER INGRASSARE LE BANCHE A SPESE DEI POPOLI
ps leggo da Dagospia (che riporta un art del Corriere che si intenderebbe di criticare l'Economist, ma per ragioni in parte sbagliate, non manca il corriere di fare l'appello alle fantomatiche riforme, non se ne fanno abbastanza, come se negli ultimi 20 anni non fosse cambiato niente, ma immagino che per certi pennivendoli entrare nel merito della validità delle riforme sia un dogma e non sono certo pagati per quello....scrive il corriere che abbiamo una classe politica orrenda. Bene, peccato che quando c'è da difenderla sta classe politica il corriere si sia sempre schierato in prima linea....)
Ma volete mettere, è più poetico e romanzato raccontare che la Germania si oppone alla fine dell'austerità, illudendo che i QE yankee style renderanno tutti i cittadini ricchi a dismisura.
Che la Francia e Germania potessero essere immuni allo sfacelo lo credevano solo certi italioti che si dovevano far belli con le loro teorie "dall'euro ci guadagnano i paesi del Nord"...(questi signori lasciano intendere che sti paesi siano stati tanto furbi da fregarci con l'euro ma contemporaneamente tanto stupidi da illudersi da essere immuni...un pò contraddittoria come teoria)
ps leggo da Dagospia (che riporta un art del Corriere che si intenderebbe di criticare l'Economist, ma per ragioni in parte sbagliate, non manca il corriere di fare l'appello alle fantomatiche riforme, non se ne fanno abbastanza, come se negli ultimi 20 anni non fosse cambiato niente, ma immagino che per certi pennivendoli entrare nel merito della validità delle riforme sia un dogma e non sono certo pagati per quello....scrive il corriere che abbiamo una classe politica orrenda. Bene, peccato che quando c'è da difenderla sta classe politica il corriere si sia sempre schierato in prima linea....)
RENZI A PICCO - L’ “ECONOMIST” CI RICORDA CHE L’EURO È UNA BAGNAROLA E STIAMO TUTTI AFFONDANDO. MA STAVOLTA A BORDO CI SONO ANCHE FRANCIA E GERMANIAecco il casus belli: come sempre la Germania si è sempre opposta alla Bce come FED, contro la facoltà di iniettare denaro NELLE BANCHE, già perché quei soldi non vengono accreditati sui c/c di cittadini, disoccupati, pensionati o lavoratori come si insinua da alcune parti per demonizzare la Germania ed esaltare i buoni propositi delle banche...
Se Draghi, dopo l’annuncio in America, non potrà cominciare a stampare soldi (perché la Germania glielo impedirà), rischiamo un clamoroso effetto boomerang: le borse che inchiodano, i rendimenti che schizzano - Renzi sa solo fare la sua battutina: “Preferisco il gelato artigianale”...
Ma volete mettere, è più poetico e romanzato raccontare che la Germania si oppone alla fine dell'austerità, illudendo che i QE yankee style renderanno tutti i cittadini ricchi a dismisura.
Che la Francia e Germania potessero essere immuni allo sfacelo lo credevano solo certi italioti che si dovevano far belli con le loro teorie "dall'euro ci guadagnano i paesi del Nord"...(questi signori lasciano intendere che sti paesi siano stati tanto furbi da fregarci con l'euro ma contemporaneamente tanto stupidi da illudersi da essere immuni...un pò contraddittoria come teoria)
LE BANCHE CENTRALI DEL MONDO OCCIDENTALE ALLA RIUNIONE DI JACKSON HOLE DANNO I NUMERI. di Mario Lettieri e Paolo Raimondi
La riunione annuale dei banchieri centrali tenutasi a fine agosto a Jackson Hole, nello stato americano del Wyoming, sorprendentemente ha dibattuto intensamente i problemi della disoccupazione, dei salari e dell’occupazione.
Non è stato così negli incontri degli anni scorsi quando a Jackson Hole solitamente venivano annunciate le politiche monetarie più accomodanti per la finanza, come quelle dei Quantitative Easing e della liquidità facile.
Sono diventati sindacalisti o hanno inaspettatamente compreso che il lavoro e l’economia reale devono essere prioritari rispetto agli interessi della finanza? Non lo crediamo.
Questa improvvisa preoccupazione per il mondo del lavoro è legittima ma un po’ sospetta. I livelli di disoccupazione sia in Usa che nella zona euro infatti finora sono serviti proprio per giustificare la continuazione di quelle politiche monetarie.
Il presidente della Federal Reserve, Janet Yellen, ha esordito sostenendo che, dall’inizio della politica del QE3 di settembre 2012 fino ad oggi, il tasso di disoccupazione è sceso dall’8,1% al 6,2%. Per raggiungere tale risultato la Fed ha «drogato»il sistema immettendo, come noto, liquidità per circa 2.000 miliardi di dollari.
Ha comprato bond di stato e una marea di titoli speculativi abs di dubbia qualità, che adesso sono sui libri contabili della Fed.
Janet Yellen ha dovuto ammettere però che si sta «sovrastimando il miglioramento ottenuto». Infatti dall’inizio della crisi i lavori a tempo parziale (part time job) sono saliti al 5% dell’intera occupazione.
Sul mercato del lavoro si è avuto anche una «polarizzazione»tra i posti di lavoro di alta e quelli di bassa qualificazione, a discapito di quelli di media qualificazione (il cosiddetto ceto medio) che sono sempre stati la parte più consistente e reale del mondo del lavoro.
Secondo noi, molto più significativo del tasso di disoccupazione, che misura la perdita dei posti di lavoro, è quello della partecipazione della forza lavoro, che indica il rapporto tra coloro che per età dovrebbero essere nel mercato del lavoro e chi lo è effettivamente. Questo tasso è purtroppo diminuito per una serie di ragioni dovute agli effetti negativi della crisi, quali lo scoraggiamento, la disabilità, il prolungamento del periodo scolastico ed il prepensionamento. Si tratta di disoccupati «nascosti»che però non entrano nel calcolo del tasso di disoccupazione.
Per cercare di coprire la responsabilità della crisi finanziaria globale nel crollo dell’apparato industriale e nell’aumento della disoccupazione, la Fed sostiene che i problemi del mercato del lavoro erano già iniziati nel 2000 e poi successivamente aggravati da un certa rigidità che non ha permesso di tagliare sufficientemente i salari.
Tutto ciò ha indotto la governatrice Usa a concludere che la politica monetaria accomodante dovrà continuare anche se la disoccupazione è scesa sotto la soglia del 6,5%, al cui raggiungimento la Fed avrebbe dovuto ritornare a comportamenti «normali».
Evidentemente adesso è l’inflazione sotto il 2% a mantenere alta la tensione e la necessità di essere «accomodanti». E’ la stessa analisi elaborata in «salsa europea»da Mario Draghi a Jackson Hole.
Certamente i problemi in Europa, anche quelli del mercato del lavoro, sono dovuti soprattutto alla mancanza di una politica comune.
Secondo la Bce nella zona euro, oltre agli iniziali effetti negativi della crisi con il crollo verticale della produzione e del commercio, il problema principe, a differenza degli Usa, sarebbe la gestione dell’alto debito pubblico.
Noi riteniamo tale analisi non sia sorretta da dati credibili.
Infatti se si sommasse il debito pubblico americano a quello dei due colossi del credito ipotecario, Fannie Mae e Freddie Mac, che furbescamente sono mantenuti fuori dai conti pubblici, si arriverebbe facilmente ad un debito pubblico complessivo di circa 150% rispetto al Pil americano. Se si aggiungesse anche quello privato il debito totale degli Usa sovrasterebbe di molto l’equivalente europeo.
In Europa, la mancanza di politiche produttive convincenti ha portato all’esplosione della disoccupazione soprattutto nella fascia di giovani tra 15 e 24 anni, che è passata dal 15% del 2007 al 24% del 2013. In Italia ha raggiunto il 43,7%!
La causa, indicata sia dalla Fed che dalla Bce, sarebbe stata la mancanza di un Quantitative Easing europeo. Ciò ha indotto Draghi ad annunciare che «a settembre lanceremo la nostra prima Operazione di Rifinanziamento di Lungo Termine che ha già riscosso un interesse significativo da parte delle banche.
La preparazione degli acquisti sui mercati di asset-backed-security (abs) procede speditamente e crediamo che possa contribuire a facilitare la creazione di credito. Tali acquisti dovrebbero contribuire in modo significativo a diversificare i nostri canali di creazione di liquidità».
Non si possono comunque sottovalutare le preoccupazioni per l’opacità del sottostante dei titoli abs che, si ricordi, sono in gran parte speculativi. In definitiva a noi sembra che a Jackson Hole si sia consapevolmente voluto rimuovere ancora una volta le responsabilità delle banche centrali nella crisi.
Nei passati 6 anni la Fed e la Bce avrebbero dovuto operare in due direzioni per aiutare l’economia ad uscire dalla palude: introdurre regole stringenti contro la speculazione e riportare il sistema bancario alla sua mission creditizia primaria. Ad oggi si può dire che su entrambi i fronti le banche centrali hanno fallito.