Si chiama “tenuità” il richiamino per i delinquenti stranieri
aprile 29 2015
Sapete perché in Italia ci sono tanti delinquenti stranieri? E non parlo soltanto dell’aliquota fisiologica di singoli criminali, che emigrano in cerca di un territorio più ricco da aggredire, ma anche di tutte le “organizzazioni” (alcune delle quali altamente specializzate) che hanno deciso di stabilirsi qui da noi: dalle tante “mafie di colore”, ai trafficanti di ogni genere (armi, droga, organi espiantati), agli schiavisti che rapiscono le ragazze nei loro paesi e le costringono a prostituirsi in Italia, giù giù fino alle bande specializzate in furti nelle abitazioni o in altri crimini “minori”. Sapete – dicevo – perché in Italia ce ne sono così tanti? Semplice: perché se, per un reato X nel loro paese rischiano una pena salatissima da scontare in un carcere-lager fino all’ultimo giorno, per lo stesso reato in Italia rischiano soltanto qualche mese di reclusione confortevole (almeno per i loro standard), mantenuti a spese dello Stato italiano con un costo per singolo detenuto di circa 6.000 euro al mese (pari a 200 euro al giorno).
Ci sono paesi dell’est europeo che hanno risolto buona parte dei loro problemi di ordine pubblico semplicemente favorendo la “migrazione” dei delinquenti locali verso l’Italia. E ci sono paesi africani che, in questo modo, hanno addirittura limitato il problema del sovraffollamento delle carceri; magari favorendo una serie di “fughe”. Tanto, in Italia prendiamo tutto, e non stiamo tanto a sottilizzare: anche i serial killer, anche i criminali più violenti e pericolosi, purché abbiano l’accortezza di farsi passare per “rifugiati”.
I risultati di questa politica sono sotto gli occhi di tutti, e non perdo tempo a citare dati e numeri. M’interessa soltanto fissare un concetto, e cioè che la criminalità estera predilige l’Italia per due motivi: quel poco di benessere sopravvissuto all’euro e, soprattutto, l’esiguità delle pene previste dalle nostre leggi.
Ma non è tutto. L’Unione Europea ci ha dato un anno di tempo per ridurre l’affollamento (scandaloso) delle nostre carceri. Come ovviare? Uno Stato civile e sovrano avrebbe costruito nuove carceri e rimpolpato gli scarsi organici della polizia penitenziaria. Noi, invece, continuiamo ad abbandonare i vecchi istituti di pena quando cadono a pezzi (vedi “Striscia la notizia”) e non sostituiamo le guardie carcerarie che vanno in pensione. D’altro canto, l’Unione Europea e le “riforme”, che hanno trasferito il potere degli Stati di battere moneta alle “banche centrali”, non ci consentono di fare altrimenti. Anche nel campo penitenziario, dunque, come in tutti gli altri settori della vita pubblica, se gli Stati vogliono realizzare qualche cosa di utile devono farsi prestare i soldi dal sistema finanziario; beninteso, dietro pagamento di adeguati interessi.
Non potendo quindi appesantire la “spesa pubblica” e non potendo nemmeno ricorrere alla solita amnistia (che probabilmente non avrebbe i numeri per passare in parlamento), che cosa va ad inventarsi quella volpe del nostro Presidente del Consiglio? Una sorta di amnistia preventiva, travestita da piccola norma di ordinaria amministrazione, da far passare in silenzio e senza clamori, fidando nella complice acquiescenza degli organi d’informazione. Si potrebbe definire “amnistia non-amnistia” quella celata nel Decreto Legislativo n. 28 del 16 marzo 2015 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 18 marzo), il cui oggetto è velato dal solito linguaggio da addetti ai lavori: dare attuazione all’articolo 1, comma 1, lettera M, della Legge 28 aprile 2014 n. 67, contenente deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Vogliamo tralasciare un po’ il politichese e vedere cosa, in concreto, preveda questo Decreto Legislativo? Semplice: che, determinati reati non saranno più puniti con la carcerazione. Unica condizione: che tali reati siano caratterizzati da “tenuità”, che non siano – cioè – contrassegnati da specifiche aggravanti (comportamenti abituali, motivi futili o abietti, eccetera).
Poco male, penserà qualcuno. Si tratterà certamente di piccole infrazioni, di quelle che sarebbe sufficiente punire con una multa e con un “non farlo più”. E invece no, non è proprio così. I reati suscettibili di “tenuità” sono – incredibile a dirsi – quelli che prevedono una condanna fino a 5 anni di carcere. Mi sono preso la briga di consultare un sito specializzato – il quotidiano informatico “LeggiOggi.it” – e ne ho contati ben 113. Si va, in ordine alfabetico, dall’Abbandono di persone minori o incapaci (art.591 c.p.) allaViolenza o minaccia per costringere taluno a commettere un reato (art.611 c.p.). In mezzo c’è di tutto. Dall’Adulterazione di cose in danno della pubblica salute (art.441) all’Appropriazione indebita (art.646), dall’Attentato alla sicurezza dei trasporti (art.432) al Combattimento tra animali (art.544), dal Commercio di medicinali guasti (art.443) alla Corruzione di minorenne(art.609), dalla Frode in emigrazione (art.645) al Furto (art.624), dall’Invasione di terreni o edifici (art.633) all’Omicidio colposo (art.589), allo Stalking (art.612), alla Truffa (art.640), al Vilipendio di cadavere (art.410), alla Violazione di domicilio (art.614), a tante altre fattispecie che vi risparmio. C’è di che far felici i delinquenti di tutte le latitudini, i quali – ci scommetto – da questo momento (il Decreto Legislativo è già operante, avendo il Parlamento dato una delega a scatola chiusa) avranno un altro buon motivo per scegliere l’Italia come meta privilegiata delle loro escursioni; a parte coloro – beninteso – che hanno già ottenuto regolare permesso di soggiorno nel Belpaese.
Evviva le riforme.
Fonte: “Social”, 24 aprile 2015 (per gentile concessione dell’Autore)
Tratto da: www.ildiscrimine.com
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