Premetto che sarà un post miscellanea, partendo dal ritratto che Massimo Fini fà del Mullah Omar dando risposta ad un "occidentale risentito", tal Mughini, (qui l'articolo del Mughini).Ho scelto di partire da quel ritratto, mi ha profondamente toccato quella persona, additata di essere una persona spregevole dal nostro perfetto ed inappuntabile occidente.Mi preme ri-trasmettere quei sinceri valori che il Mullah Omar incarna e che Fini ha saputo egregiamente descrivere, nonché conservarne traccia nel blog.
Poi un paio di links su quelli che sono i "valori occidentali" che dovremmo custodire con gelosia e molto uranio impoverito e soprattutto torture.
“QUI NESSUNO FAREBBE COME IL TALEBANO OMAR: NON SI BATTE PER I SOLDI”
DI MASSIMO FINI
Giampiero Mughini, su Libero di venerdì 8 aprile (vedi il suo articolo più sotto, ndr), scriveva dell'infatuamento di Massimo Fini per il Mullah Omar : "Innamorato del talebano, dimentica com'è bello l'occidente". L'occasione per il dibattito è stata la pubblicazione del nuovo provocatorio saggio del giornalista, un'esaltazione del combattente afghano.
Ecco la replica di Massimo Fini.
Caro Giampiero, c’era una battuta che facevo a teatro, nel mio Cyrano, se vi pare..., che riscuoteva un certo successo. Dicevo, storpiando un po’ l’italiano per esigenze di spettacolo: «Nego nel modo più assoluto che il Mullah Omar sia meno rappresentativo della sua gente del fatto che qui da noi si infili una scheda in un’urna e salta fuori Renato Schifani». Boato. Con ciò non intendevo dire, come non lo intendo nel mio libro, che noi dobbiamo cuccarci il Mullah, ma nemmeno che dobbiamo imporre gli equivalenti di Schifani, i nostri valori, le nostre istituzioni a un popolo, che tu stesso definisci «remotissimo», che ha una storia, tradizioni, sistemi familiari, concezioni della vita e della morte completamente diversi da quelli che si sono sviluppati in Occidente a partire dalla Rivoluzione industriale.
Ma questa è già ideologia. Nel mio libro io riporto fatti, dati, documenti. Racconto innanzitutto come nasce il movimento talebano. Se non si conoscono le sue origini e le sue ragioni, non si può capire come mai i Talebani si siano affermati in Afghanistan e l’abbiamo governato per sei anni, fino all’invasione americana e all’occupazione della Nato. I leggendari comandanti militari che avevano sconfitto l’Unione Sovietica, i “signori della guerra”, i Massud, gli Ismail Khan, gli Heckmatyar, i Dostum, impegnati in una feroce guerra civile per la conquista di un potere lasciato vacante dall’uscita di scena dei russi, si erano trasformati, con i loro sottoposti e vassalli, in bande di borseggiatori, di ladri, di taglieggiatori, di stupratori (di stupratori, Giampiero, tu che difendi, giustamente, la dignità della donna), di assassini che vessavano in ogni modo la popolazione agendo nel più pieno arbitrio. Il movimento talebano, che nasce letteralmente dall’iniziativa di quattro ragazzi, Omar, Ghaus, Hassan e Rabbani, che avevano combattuto giovanissimi gli invasori sovietici, è una reazione a questo intollerabile stato di cose. Dirà il giovane Omar: «Come potevamo starcene tranquilli vedendo tanti crimini commessi contro le donne e la povera gente?».
I giovanissimi Talebani sconfiggeranno i ben più esperti e meglio armati “signori della guerra” non solo per la fortissima carica ideale che li anima ma perché hanno il pieno appoggio della popolazione che non ne può più di quegli abusi, riporteranno l’ordine e la legge nel Paese,