martedì 16 dicembre 2014

Sono ormai due anni che il trittico di “economisti”, Bagnai, Borghi e Rinaldi, ci propinano la loro tiritera che o l’Italia esce dell’euro oppure è la fine per tutti. Fino a poco tempo fa erano praticamente degli sconosciuti, ma ora, grazie alla potenza mediatica, che vi ricordo essere il maggiore strumento di controllo delle masse, hanno raggiunto l’obiettivo perseguito da tempo: la popolarità, dal momento che il mondo economico non se li è mai filati di striscio.

Peccato che a questo dogma non facciano seguire una soluzione concreta. Perchè se prima non si comprende perchè il sistema non permetterà di uscire a meno che esso stesso non decida di implodere (e per questo vi rimando all’articolo sulle bolle papali, utilizzate dai tempi che furono per controllare la legge universale del libero arbitrio), si può tanto urlare che i trattati internazionali non sono validi e cose del genere, ma trattasi di propaganda, teorica e politica. Nè più nè meno.

In aggiunta, i tre di cui sopra, denominati nei reali ambienti economici “i tre tenori”, hanno la memoria molto corta riguardo al loro passato: chi era uomo soggiogato agli organi di potere, pronto a tutto pur di cercare visibilità politica, chi sosteneva l’euro e predicava la flessibilità del lavoro.

Hanno ottenuto ciò che volevano: visibilità, partecipazione a conferenze, prezzemolini della tv, tasche piene. E chi li segue di certo contribuisce a questo, senza rendersi conto che non sono certo i salvatori della Patria, ma del loro orticello.

Allora, vediamo di ricordare un po’ la loro storia.

Claudio Borghi, ha indossato elmo e armatura lumbard per approdare al partito di Salvini. Alla disperata ricerca di visibilità politica, ha fatto della battaglia contro la moneta unica il tema principale, praticamente l’unico, della sua campagna elettorale. La leggenda dell’euro studiato a tavolino da politici e banchieri tedeschi per opprimere le operose genti della Padania fa breccia facilmente tra artigiani e piccoli imprenditori. E Borghi, autore del manuale “Basta euro. Uscire dall’incubo è possibile”, si è prestato con entusiasmo a fare da spalla al capopopolo Salvini. Storia singolare, quella del nuovo crociato lumbard.

Fino a qualche anno fa infatti Borghi lavorava per la Deutsche Bank. Sì, proprio quella, proprio il bastione della finanza teutonica, bersaglio della propaganda leghista. Il manager milanese, classe 1970, era un “sales”, come si dice in gergo, cioè vendeva prodotti finanziari agli investitori istituzionali.

Tra il 2008 e il 2010 Deutsche Bank ha ristruttura le sue attività italiane e Borghi cambia mestiere, ma resta nell’ambiente. Nel 2011, per dire, lo troviamo nel consiglio di amministrazione della Banca Arner, sede in Svizzera, filiale a Milano. Arner è un nome noto alle cronache per almeno due motivi: gli stretti rapporti con Silvio Berlusconi e un’indagine della procura di Milano per gravi irregolarità di gestione.

Era approdato alla filiale italiana della banca di Lugano subito dopo il commissariamento disposto dalla Banca d’Italia, che impose il repulisti tra manager e amministratori. I soci di maggioranza, però, non sono mai cambiati: un gruppo di finanzieri legati a Berlusconi da almeno un ventennio. Capitolo chiuso anche quello, ormai. Da circa un anno Borghi ha abbandonato il board della Banca Arner, ma nel frattempo è riuscito a costruirsi la fama dello studioso di economia.

Il suo curriculum accademico, in verità, è piuttosto scarno. Laureato nel 2000, a 30 anni, con una tesi sul trading di Borsa, il crociato lumbard insegna all’Università Cattolica di Milano grazie a un contratto temporaneo di docenza. Le sue materie sono “Economia degli intermediari finanziari” ed “Economia dell’arte”. E l’euro che c’entra? Niente.

Andiamo avanti.

A ben guardare, le invettive che infiammano le piazze leghiste non sono poi così diverse da quelle che Antonio Maria Rinaldi ha riservato all’elettorato di Fratelli d’Italia, tradizionalmente più forte al sud. Al congresso dei transfughi di Alleanza Nazionale, c’era anche lui, Rinaldi che ha tenuto un applaudito discorso contro la moneta unica. Il partito di Giorgia Meloni è l’unico, insieme alla Lega Nord, ad aver sposato in pieno le idee No euro. Porte aperte, allora, a chi fornisce contributi intellettuali utili alla causaIl romano Rinaldi, al pari del milanese Borghi, non è un accademico in senso stretto, visto che non fa parte dei ruoli del ministero dell’Istruzione. Può vantare, però, due incarichi di docenza: uno nella capitale, alla Link University l’altro a Pescara, nella stessa università di Bagnai. Quanto basta, insomma, per essere definito professore ed economista, anche se nel suo curriculum non ci sono pubblicazioni scientifiche.

Di certo però Rinaldi ha avuto la possibilità di conoscere la finanza molto da vicino. Ha lavorato all’Eni, alla Consob e suo padre Rodolfo era un banchiere potente, prima al Santo Spirito e poi alla Bnl, come vicepresidente, negli Ottanta e Novanta del secolo scorso. Altro uomo del sistema Tra i militanti a tempo pieno della causa no euro c’è anche un altro figlio d’arte. Si chiama Nino Galloni, 60 anni, erede del più volte ministro democristiano Giovanni. Galloni junior, che vanta alcune docenze universitarie, ha lavorato una vita tra enti pubblici (anche l’Inps) e ministeri, compreso il Bilancio ai tempi della prima Repubblica. Il suo impegno contro la moneta unica data addirittura dal 2005, quando scrisse un primo pamphlet contro i misfatti della finanza. Da allora è stato un crescendo di pubblicazioni e interventi. Anche Rinaldi si è mosso per tempo. Nel 2011, in piena crisi del debito pubblico, lo studioso della Link University dava alle stampe il pamphlet “Il fallimento dell’euro” e argomentava la necessità di un ritorno alla lira accompagnato da una svalutazione del 25-30 per cento per ridare fiato alle esportazioni.

Io mi auguro che non abbiate solo partecipato a qualche strapagata sua partecipazione a convegni, ma che abbiate anche letto il suo testo: economicamente il nulla, e non lo dico certo io, ma coloro che hanno il titolo per essere definiti economisti.

Ed infine la chicca: Bagnai.

«Non è vero», va predicando da mesi Bagnai, che dell’eterogenea compagnia dei noeuro è forse quello con il curriculum scientifico più articolato. È lui l’autore del libro che viene considerato una sorta di testo sacro della crociata contro la moneta unica. Il titolo è già un programma politico: “Il tramonto dell’euro. Come e perché la fine della moneta unica salverebbe democrazia e benessere in Europa”. Professore di Politica economica all’università di Pescara, 51 anni, Bagnai ormai gira come una trottola. Colleziona interviste. Ha un blog sul “Fatto Quotidiano”. Infaticabile su twitter, organizza convegni con il suo centro studi A/simmetrie.  «Stiamo assistendo al suicido economico di un continente», va predicando Bagnai, che descrive l’euro come un progetto studiato dalle élite per favorire se stesse. Parlantina sciolta, oratore infaticabile, il professore di origini toscane combatte la sua battaglia a suon di grafici, tabelle e citazioni, molto spesso di se stesso.

Peccato però che Bagnai ha la memoria MOLTO corta.

Qui di seguito vi pubblico una sua relazione del 1997, dove non solo veniva esaltato l’euro, ma addirittura auspicata il più possibile la flessibilità del lavoro.

Per carità, cambiare idea è sinonimo di grande intelligenza. Ma mi piacerebbe capire, di fronte allo stato disastroso dell’economia europea degli ultimi cinque anni, chi in realtà non l’ha cambiata o finge di non averlo fatto?

Riprendendo le parole di Gianluca Monaco, degno erede della scuola Auritiana: Quando parlo di ECOMUNISTI® mi riferisco a persone come questo signore qui che oggi critica chi non si accorse dove ci avrebbe portato la UE e l’Unione monetaria mentre nel 1997 era a favore della moneta unica e della precarizzazione che oggi ci chiede la UE.

Ed un ringraziamento a Daniele Pace, che ha sottoposto pubblicamente la questione.

Leggere per credere:


Bene.

Appurato che evidentemente i motivi per i “tre tenori” sono tutt’altri che quelli di “riprendersi le chiavi di casa”, slogan ripetuto, perchè altrimenti non si limiterebbero a blog, twitter, convention, ma proporrebbero qualcosa di concreto diverso dal libro strenna natalizia con concetti ripetuti in continuazione, posto che rientri nel loro dna, l’UNICO che fin da prima del Trattato di Maastricht ha sempre detto che l’euro ci avrebbe portato al punto in cui siamo è stato GIACINTO AURITI.

Non solo un economista, ma un GENIO, che diede contributi concreti da subito per evitare questo disastro. Tutti bravi quando le uova nel paniere sono rotte a raccogliere il malcontento. Solo persone altamente dotate possono farlo MOLTO TEMPO PRIMA che addirittura la gallina faccia l’uovo.

Per non dimenticare un GRANDISSIMO, chissà perchè tanto disprezzato dai tre tenori, ho scelto “casualmente” un video del 1997:


Scritto il dicembre 14, 2014 

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