Seguono links di approfondimento degli ultimi giorni, questi orrendi giorni in cui l'occidente spinge per una nuova guerra di occupazione, il più classico dei segni che il capitalismo si trova in profondissima crisi d'identità.
Barbara
La “strage di civili”: l’immancabile prologo della “guerra umanitaria”
di Enrico Galoppini
Le moderne “democrazie” ufficialmente non fanno più la guerra a nessuno. La guerra, questo “orrore assoluto” condannato da tutte le parti e con ogni mezzo (politici, preti, cultura, scuola, musica, cinema ecc.), sembra una cosa arcaica, confinata nel passato, come se la Seconda guerra mondiale – come c’indottrinano i demenziali “libri di testo”- segnasse uno spartiacque tra un mondo “prima” e un mondo “dopo la guerra”, quest’ultimo percepito come quello della “pace perpetua”. E se, com’è constatabile da chiunque, conflitti armati esistono ancora (anzi, ve ne sono sempre di più!), lo si dovrebbe solo al fatto che la “democrazia” non è arrivata dappertutto a portare “pace e bene”… Di questo sofisma sono perfettamente convinti i suoi apologeti sciocchi e autoreferenziali, le marionette che si agitano nel teatrino della “fabbricazione del consenso”; certo di meno i suoi astuti e scaltri pupari… La “pace mondiale” di “un mondo senza guerre” – che non ha niente a che vedere con la Pace interiore con la “P” maiuscola – è difatti un vecchio sogno di costoro, a fini di dominio planetario, e a tale scopo hanno istituito le farisaiche Nazioni Unite (e prima la Società delle Nazioni) con tutte le agenzie collegate che veicolano il medesimo messaggio nei differenti domini dell’esistenza.
Intendiamoci, per attaccare un “nemico” c’è sempre stato bisogno d’individuare qualche buon motivo propagandistico da proporre ai propri sudditi. Ma fino alla Seconda guerra mondiale, però, si trattava ancora di guerra tra Stati, e non di “operazioni di polizia internazionale” (dove un “poliziotto planetario” – democratico – castiga un “gaglioffo”), quindi poteva anche bastare l’aizzamento sciovinistico quale, ad esempio, quello che additava nella “barbarie tedesca” il sacro movente per mandare al macello milioni di esseri umani.
Poi, dopo la fine del bipolarismo Usa-Urss e della falsa dicotomia tra “capitalismo” e “comunismo”, da una parte il “pacifismo”, dall’altra l’ipocrisia moralistica dilagante con la diffusione dell’ideale e del modo di vita democratico, hanno però posto nuovi problemi a chi deve escogitare qualche trucco pubblicitario prima di un’aggressione militare. Certo, il “pacifismo” è stato creato ed incoraggiato dagli stessi dominanti occidentali, ma tra i suoi esiti meno graditi che richiedevano un aggiustamento del tiro della propaganda bellica vi era l’irriducibile avversione ad ogni avventura in armi della propria nazione. Molti ricorderanno infatti con quale imbarazzo, nel 1990-91, in un’Italia in cui la guerra era effettivamente un tabù, dovettero far digerire una seppur minoritaria partecipazione italiana alla “coalizione” che si apprestava a flagellare l’Iraq.
Ma a partire dalla guerra alla Federazione Jugoslava (1999) è stato fatto il salto di qualità, inaugurandosi la stagione delle “guerre umanitarie”. Quella volta erano gli albanesi kosovari i poveri agnellini da difendere da un’altra proverbiale “barbarie”, quella serba, variante di quella atavica “slava”. E in un crescendo di demonizzazione a senso unico, giungeva ad un