sabato 24 settembre 2011

Come tutti i mercoledì da un po’ di anni a questa parte, anche oggi ho tenuto la mia rubrichetta su Radio Circuito 29.

L’argomento era qualcosa che avevo già trattato nel mio libro Il Girone delle Polveri Sottili senza che questo sollevasse scandalo o anche solo una qualche reazione, cioè come i farmaci vengono o possono venire immessi in commercio.

La Medicina non è una scienza perché non ne ha tutte le caratteristiche ed è solo la sperimentazione su numeri sufficientemente alti, cioè un metodo statistico, che può fornire una certa sicurezza - lontanissima dall’essere totale, però - sia sull’efficacia sia sulla tollerabilità di una data molecola.

Ahimè, tutto questo ha costi elevati e richiede tempi lunghi, non fosse altro perché la biologia non può essere accelerata.

Non è difficile rendersi conto che spese e tempi contrastano con gl’interessi delle case farmaceutiche, aziende con fatturati che a volte possono competere con i bilanci di piccoli stati. E allora? E allora, ancora una volta, ecco che siamo uomini di mondo e prendiamo le scorciatoie del caso, qualche volta addirittura con la benedizione degli enti di controllo.

L’episodio di oggi era relativo ad uno psicofarmaco con cui negli Stati Uniti
s’imbottiscono i bambini rompiscatole che soffrono di “disturbo bipolare”, una condizione in cui depressione ed euforia si alternano. Un vero albero della cuccagna per le industrie farmaceutiche e per gli psichiatri convinti che ci sia una pillola per ogni forma di follia.

Uno di questi farmaci, precisamente il Risperidone, aveva goduto delle prove cliniche condotte da un grande nome della psichiatria, tale dottor Joseph Biederman, professore nientemeno che all’Università di Harvard, e ne era uscito trionfalmente. Da lì, il business con le prescrizioni a raffica e i bambini sempre più rincoglioniti, però per il bene loro. Se vuoi guarire, devi soffrire. Peccato che le prove non siano state fatte e fossero frutti di fantasia, cosicché efficacia ed effetti collaterali restavano qualcosa che forse Kant avrebbe classificato come a priori, vale a dire verità indipendenti dall’esperienza. Malauguratamente, in un certo senso l’organismo è meno raffinato della ragion pura kantiana e, quando gli si ficcano dentro dei prodotti chimici, reagisce male se l’esperienza non ne ha dimostrato almeno la capacità di non nuocere o, meglio, trattandosi di farmaci, di nuocere poco.

Visto il successo, pare che la casa farmaceutica avesse in mente di servirsi del mitico dottor Biederman per spingere un altro psicofarmaco, sempre indirizzato ai bambini, sempre rompiscatole, ma stavolta iperattivi ed incapaci di prestare attenzione. Concerta è il nome del medicinale, un medicinale che, come è ovvio, ha effetti collaterali e, in particolare, mal di testa, infezioni delle vie respiratorie superiori, dolori addominali, vomito, perdita d’appetito, insonnia, tosse, faringite, sinusite e vertigini.  Ma niente paura: il dottor Biederman si sarebbe impegnato a minimizzare i problemi. Pagando, s’intende.

Detto a margine, il dottore non è riuscito a spiegare del tutto da dove gli fosse arrivato un milione e seicentomila dollari. E, ancora a margine, interrogato da un avvocato su quale fosse la sua qualifica, il Nostro rispose: “Professore ordinario.” All’ulteriore richiesta di chi fosse il suo superiore, la risposta fu: “Dio.” Pare naturale pensare che un bravo psichiatra troverebbe in lui un paziente interessante. Comunque sia, il dottor Biederman ha ammesso le sue responsabilità, cosa che a casa nostra sarebbe forse impensabile.

In attesa che il produttore offra la sua spiegazione e, magari, veda di scagionarsi, davanti a questa ennesima ripetizione di un annoso déjà-vu, chissà se qualche medico comincerà a porsi il problema del principium auctoritatis di stampo medievale che ancora vige in Medicina, laddove conta più chi dice una cosa di quanto non valga la sua dimostrazione rigorosa.

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