venerdì 12 aprile 2013


Italia:Euro o morte.Tutto il resto è "populismo"

Partito unico neoliberista e potere  di veto
Tito Pulsinelli - C'è fretta di istallare un governo: le ordinanze di Francoforte e Bruxelles devono essere controfirmate a Roma. La "devianza" degli elettori ha per ora congelato la cascata di iniquità a grappolo già approntate dalla BCE e FMI. Momentaneamente sospese ulteriori depredazioni contro i redditi e la confisca finale del patrimonio nazionale. Per Draghi e colleghi di Goldman Sachs c'è ancora bisogno del fastidioso formalismo di firme e sigilli apposti da funzionari autoctoni. C'è il rischio che imploda la terza economia e salti la 
demolizione controllata, con gravi danni collaterali per il resto dei Filistei calvinisti d'Europa.
Si è genialmente rivelata l'identità delle due ali del neoliberismo italico e la natura
avanspettacolare d'una inesistente "contrapposizione". Entrambe soffocate nel magma devitalizzato del partito unico neoliberista (PUN). Consacrato alla devozione integrale ai "mercati" e all'opzione preferenziale per la grande banca privata. Tutto il resto è solo... "populismo"!

L'impotenza del PUN è assenza di governo, latitanza di azzeccagarbugli e firmacarte, insomma un vuoto con risvolti positiviPer ora. I vuoti, però, vanno riempiti con l'espansione di aree di influenza che sotraggano spazio ed iniziative al PUN. La conquista d'un innegabile potere di veto, sia pure transitorio, rende impossibile il varo di un governo sui generis o di un surrogato. E' operante un indubbio potere di veto della base sociale contro l'unilateralismo delle elites. Quello stesso che prese corpo dopo la chiusura delle banche e il sequestro dei depositi in Argentina, e destituì ben 5 presidenti in un semestre. E ne mise in fuga altrettanti in Bolivia ed Ecuador. E' la chiusura d'un ciclo, l'inevitabile punto critico in cui i globalisti cozzano contro il potere di interdizione. Il fantasma dell'esorcizzato "populismo" ha la forza del divieto, e comincia il ritorno sulla scena degli interessi e delle identità nazionali.
Il vuoto strategico è sempre a termine: in Italia è stato sempre risolto puntualmente con la tradizionale strage di Stato, ed oggi con forme creative di golpismo costituzionale miscelato con strapotere mediatico. Uno stadio superiore dell'eversiva operazione Monti,  un rialzo del tiro in grado di imporre definitivamente l'economia come unica ragion di Stato e liquidare l'autonomia e il potere politico stesso. Però per avere governabilità è urgente spurgare la Costituzione e rimandare al mittente fiscal compact e "patto si stabilità". Il Monte dei Paschi di Siena non può ricevere trasfusioni dall'erario, se non per nazionalizzarlo.
Per un'inversione di tendenza non basta una teoria monetaria, qualche sciopero generale o due, e nemmeno una sola elezione. Il Presidente argentino Kirchner potè estromettere il FMI solo dopo che il Venezuela prestò 2 miliardi di dollari  con condizioni ragionevoli. L'oscurantismo si frena con una sequenza di rotture e resistenze, preludio in crescendo alla sconfitta visibile dell'attuale classe dirigente. 
Il globalismo è fallito e lascia in eredità una crisi dissolvente che disarticola la socialità e la convivenza, ma soccombe solo con la morte dalle mille ferite. Guardare solo alla latitudine dell'Atlantico nord, e credere virtuosa l'insistenza ad essere sempre la coda del leone, o la piuma dell'aquila, porta alla Caporetto morale made in NATO. Senza onore, senza mercati e molti debiti. Impotenza di partecipare all'invasione della Libia, e come premio perdere i vantaggi dei contratti sugli idrocarburi. Svenarsi per finanziare guerre perse in Afganistan o in Iraq, a che serve?. 
L'Italia deve tornare al suo spazio geopolitico e mettersi alla testa d'una diplomazia per la pace e gli interscambi tra le sponde del Mediterraneo. E' tempo di un'altra classe dirigente, consapevole che siamo entrati nel post-globalismo, e che sappia  scrutare i nuovi orizzonti emergenti: la pluripolarità e il BRICS. Agli Stati Uniti è stato già dato, con troppi interessi composti posticipati. 
Le forze che vogliono ristabilire più equità sociale e quelle protese a recuperare le sovranità perdute o sacrificate -in primo luogo monetaria- hanno nell'arco qualche freccia per fermare i demolitori per conto terzi. Al potere finanziario deve essere impedito di annettersi il residuale potere politico e liquidare, così, il contratto sociale, riducendo lo Stato a zecca privata del clan dell'usura. Senza sovranità, l'inequità potrà solo aggravarsi; senza equità non potrà rafforzarsi la sovranità. Dal potere di veto si esce solo con il consolidamento dell'egemonia: sarà quella popolare o del PUN?

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