I fondi che Bruxelles stanzierà a breve rientrano nell’ambito di 26 progetti di ricerca scientifici che la Commissione Europea sta tuttora vagliando. Se sono 34 le compagnie israeliane che fanno parte della rosa dei candidati a ricevere il denaro, è soprattutto su una che si è concentrata l’attenzione delle organizzazioni a difesa dei diritti umani. La compagnia in questione è la Israel Aerospace Industries (IAI), cioè la più importante produttrice di sistemi aerei per impiego civile e militare.
La IAI realizza per il mercato militare israeliano ed estero i famigerati droni, gli aerei senza pilota che vengono impiegati in azioni ricognitive e per condurre incursioni militari che dovrebbero teoricamente limitare le perdite civili. Il drone più conosciuto uscito dalle officine della IAI è il cosiddetto Heron, in grado di volare ad altitudini medie con un’autonomia di 52 ore. Proprio questo velivolo sarebbe stato massicciamente impiegato, in un sorta di test di collaudo, nel corso dell’aggressione israeliana alla striscia di Gaza tra la fine del 2008 e gli inizi del 2009, causando circa 90 vittime civili.
Due sarebbero i progetti di partnership tra UE e IAI che hanno superato la prima fase del processo di approvazione da parte di Bruxelles e che aspettano ora il via libera definitivo. Il programma di ricerca della Commissione Europea prevede complessivamente uno stanziamento di 53 miliardi di euro per il periodo 2007-2013.
Come ha documentato l’agenzia di stampa IPS News, in corsa per i contributi europei ci sono anche altre compagnie che contribuiscono alle operazioni illegali di Israele nei territori palestinesi occupati. Una di esse è Afcon, compagnia produttrice di metal detector che vengono utilizzati nei check-point dell’esercito istituiti lungo il confine tra Israele e Gaza. La stessa Afcon un paio d’anni fa aveva inoltre ottenuto un appalto per installare un sistema di sicurezza in un progetto ferroviario destinato a collegare gli insediamenti israeliani illegali di Gerusalemme Est con il centro della città.
La particolare predisposizione dell’UE nei confronti di Israele è il risultato di una aggressiva azione di lobbying messa in atto da Tel Aviv negli ultimi anni ed è singolarmente andata di pari passo con il deteriorarsi dell’immagine di questo paese agli occhi dei cittadini europei. Per quanto, comprensibilmente, gli esponenti delle istituzioni comunitarie cerchino di minimizzare la generosità europea verso il business israeliano, i numeri parlano da soli. Secondo un giornale israeliano, le aziende di questo paese potrebbero beneficiare di 17 milioni di euro con la prossima quota di finanziamenti EU da erogare. Ciò porterebbe il totale dei fondi intascati a partire dal 2007 dalle compagnie israeliane grazie ai fondi per i programmi di ricerca europei a 290 milioni di euro.
Alle critiche giunte da più parti, la Commissione Europea ribatte sostenendo che le cooperazioni scientifiche così promosse con Israele riguardano esclusivamente il settore civile. Ma è lo stesso governo di Tel Aviv a non farsi scrupoli nel propagandare gli stretti legami che intercorrono tra le aziende civili operanti nel settore tecnologico e le forze armate. In varie pubblicazioni governative, ad esempio, viene sottolineata addirittura la “simbiosi” tra il comparto tecnologico e quello della sicurezza nazionale in Israele.
Allo stesso modo, alcune compagnie sulla lista d’attesa per i fondi UE hanno confermato come il loro lavoro finisca spesso per produrre innovazioni di cui si giova l’esercito. La filiale israeliana dell’azienda tedesca produttrice di software SAP fornisce alle forze armate israeliane una serie di “equipaggiamenti” speciali. Emza e LiveU, invece, realizzano strumenti di sorveglianza fortemente richiesti dai militari per le loro operazioni.
Se qualche eurodeputato ha fatto sentire la propria voce, protestando l’incoerente politica della Commissione Europea nei confronti di Israele, sembra improbabile che questo flusso di denaro possa essere ostacolato in futuro. Tanto più che molti paesi europei acquistano regolarmente aerei da guerra ed equipaggiamenti prodotti dalle stesse compagnie israeliane (testati a Gaza ed impiegati in Afghanistan). Pur lanciando critiche a livello ufficiale, insomma, l’UE finisce così per rendersi in qualche modo complice dell’occupazione e della repressione che i palestinesi continuano a subire per mano di Israele.
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