Liberalizzare Gli Orari Dei Negozi? Sarebbe Il Colpo Di Grazia Per L’Economia
Periodicamente salta fuori qualcuno che propone, come formula miracolosa, la liberazione delle aperture domenicali dei negozi… Siccome la ritengo un’ipotesi DEVASTANTE (e ne sospetto la matrice lobbistica) vorrei far notare alcune cose, le dico in sintesi, poi, se qualcuno obietta qualcosa rispondo:
Premetto, a tutti fa comodo fare la spesa la domenica. Anche a me. Ma….
Per prima cosa: non capisco perché il discorso valga per il commercio e non, ad esempio, per la possibilità di fare un esame medico la domenica mattina, di ritirare la pensione o una raccomandata la domenica mattina, di poter andare in banca, di poter fare un documento in un ufficio pubblico o un’udienza in tribunale, fare uno stato di famiglia, andare all’imps o a parlare con l’ufficio delle dogane o della finanza che mi abbiano contestato qualcosa… la domenica mattina……ma debba poter comprare un paio di mutande, la domenica mattina.
Le prime cose, oltretutto, sarebbero oltretutto possibili spostando personale da enti francamente inutili o con troppo personale, come dire che, da un lato salverebbe posti di lavoro che ormai sappiamo destinati a sparire (nel pubblico e nel privato), dall’altro renderebbe molto meno oneroso il peso della burocrazia per cittadini ed imprenditori. Le mutande, invece, sono mutande. Prima le cose serie, poi le cazzate.
Poi, gli effetti che avrebbe la “liberalizzazione” sarebbero questi.
Siccome la gente non potrà mangiare di più i consumi resteranno sempre gli stessi, solo aumenteranno i costi variabili dei negozi (corrente elettrica, pulizia ecc) e questi faranno aumentare i prezzi.
Il personale potrebbe anche aumentare, ma siccome si vende già poco e si venderà lo stesso ma in un tempo maggiore, si cercheranno di organizzare i turni dei già assunti per coprire il giorno in più. Come dire che l’occupazione aumenterà “pochino”.
Per esperienza posso dire che nei giorni festivi i piccoli negozi dei centri storici,
se non sono in area di passaggio turistico, non fanno affari. Chi aprirebbe sarebbero solo, quindi, i negozi del centri commerciali.
Non tutti i negozi dei centri commerciali sono contenti di aprire la domenica, spesso, infatti, solo i supermercati, i negozi di elettronica e pochi altri fortunati guadagnano. Ma i contratti a cui sono legati obbligano i negozi a tenere aperto. Inutile dire che chi vuole tenere aperto sono i negozi più grandi e “con più millesimi”. Per coprire i maggiori costi chi cirimette aumenta i prezzi, ovvio.
Le statistiche, fatte sia da regioni di destra che da regioni di sinistra (Emilia Romagna e Lombardia) dicono che, per ogni posto di lavoro creato nella grande distribuzione se ne distruggono da 3 a 6 nei negozi tradizionali. Come dire che qualunque provvedimento che favorisca lo sviluppo della GDO ridurrà l’occupazione.
I posti di lavoro che si creassero nella grande distribuzione sarebbero, con tutto il rispetto, dipendenti a basso reddito. Quelli che si distruggono nella piccola distribuzione sono i titolari dei negozi: persone con reddito medo o medio-alto. Come questo si rifletta sui consumi nazionali è facile immaginarlo.
I piccoli negozi hanno bisogno di servizi: avvocati, commercialisti, consulenti finanziari, falegnami, corrieri espresso, consulenti, ma anche agenti di commercio eccetera. La grande distribuzione no: o ne ha alcuni assunti o, comunque, ne ha uno per nazione. Anche questi redditi andrebbero persi.
I piccoli commercianti, per sopravvivere, devono avere merce diversa da quella del negozio identico collocato a 50 metri di distanza. Possono comprare pochi pezzi per tipo e lo fanno da produttori / grossisti locali, magari per tramite di agenti di commercio. Questo è il motivo per il quale nei negozi più piccoli si trova ancora merce made in Italy.
La grande distribuzione tende a cercare merce standardizzata e, siccome non è strutturata per consigliare il cliente, pubblicizzata in televisione. Questo è il motivo per cui nelle grandi superfici si trova, in prevalenza, merce standardizzata che la stessa catena ha fatto produrre in Cina (saltando qualunque altro passaggio in Italia).Come possa la nostra manifattura sopravvivere senza un mercato interno che le dia spunti e reddito non riesco ad immaginarlo.
Vorrei far notare che i 100 euro che spendi in un piccolo negozio vanno spartiti in mille rivoli ma, prevalentemente, restano nel sistema ad alimentare la nostra economia. Gli stessi 100 euro che spendi nella grande distribuzione, tolto un 11% di costo del personale ed, eventualmente, la remunerazione della banche che hanno finanziato il negozio, se ne vanno all’estero, ad alimentare economie diverse dalla nostra.
I prodotti costruiti in Cina costano meno, ma non inglobano costi come quelli delle nostre pensioni, del nostro sistema sanitario nazionale ed altre cose che finanziamo con le tasse sul lavoro e sulle nostre aziende. Facciamo due conti per vedere se è vero che costano poco o se valgono solo molto di meno (a prescindere dalla qualità più o meno bassa)?
Per finire, che sennò c’è troppa carne al fuoco: spostare il commercio nei centri commerciali vuol dire desertificare i centri cittadini, questo riduce il valore degli immobili, non solo quello dei negozi ma anche quello delle case. Cosa che non ha senso favorire in un paese in cui il mattone è la forma principale di risparmio.
In sintesi: liberalizzare le aperture non aumenterebbe i consumi ma favorirebbe la grande distribuzione a scapito dei piccoli negozi del centro. Siccome questi ultimi hanno un effetto benefico sull’economia la misura accentuerebbe una crisi già devastante. Domande? Ho semplificato molto ma posso spiegare ogni passaggio…
Ah, dimenticavo, ci sarà qualcuno che mi darà dell’illiberale perché non favorisco il “libero mercato”
A questi vorrei far notare che quello che fa andare avanti l’economia è la concorrenza, non il mercato e li invito a cercarsi la definizione di concorrenza. Se la cosa li avrà stuzzicati vorrei cercassero anche la definizione e gli effetti dell’oligopolio per poi porsi domande tipo “l’abolizione dei latifondi, fatta per legge, è stato un atto contrario al mercato?”
Rischio Calcolato
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lunedì 22 agosto 2011
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