L'immagine qui accanto ben riassume le "perle" dell'illuminato Letta. C'è da rabbrividire al pensiero di cosa e come Letta intenda usare l'Italia come esempio di "altà idealità, ineludibile per le nuove generazioni" per costruire gli Stati Uniti d'Europa. Ineludibile, accipicchia quanto è "democratico". Ah già, interpellare il popolo sul proprio destino è roba da "populisti".
Barbara
Squali, draghi e speculatori
Risale lo spread Btp-Bund. La Bce comprerà
titoli da 1 a 3 anni. E sull’ex Goldman Sachs si abbatte la tegola dei
derivati, utilizzati per entrare nell’euro e che minacciano di
peggiorare lo stato dei conti pubblici
L’annuncio di Bernanke sull’intenzione della
Federal Reserve di cessare dal luglio 2014 l’acquisto di titoli pubblici
statunitensi ed europei ha provocato come era prevedibile il calo della
quotazione dei Btp italiani, un rialzo degli interessi sulle future
emissioni e un aumento del differenziale di rendimento con i Bund
tedeschi. Mario Draghi ha cercato di spargere tranquillità, intervenendo
a Berlino, ad un convegno della Cdu, il partito di governo di Angela
Merkel, con la quale ha stabilito da tempo un solido rapporto. Un
legame fatto della difesa del rigore dei conti pubblici e del taglio
della spesa, in particolare quella improduttiva. Una linea che
ovunque, nell’Eurozona come nell’Europa dei 27, ha finito per peggiorare
gli effetti della recessione, far esplodere la
disoccupazione e far cadere drasticamente la domanda interna. Draghi ha cercato di atteggiarsi un po’ a banchiere “sociale”. Così, dopo aver difeso il principio del pareggio di bilancio, il presidente della Bce ha sostenuto che esso non può essere ottenuto facendo debiti. Della serie: se il disavanzo è ora al 2,9-3% rispetto al Pil, grazie a 13 mesi di “cura” Monti il debito è arrivato al 127%, ben 7% in più rispetto all’era Berlusconi. Si tratta forse di una polemica in famiglia tra Draghi e Monti, dovuta al fatto che entrambi hanno lavorato per Goldman Sachs? Agli esperti l’ardua sentenza. Così, a seguire, Draghi ha sostenuto che una ripresa economica nell’Eurozona è ancora possibile nella seconda metà del 2013. Ovviamente, l’intenzione era quella di far passare l’idea che se ciò si verificasse, sarà tutto merito dei suoi interventi “non convenzionali”, anticipazioni di cassa e altre varie, più i prestiti veri e propri fatti alle banche (1.000 miliardi di euro) nel periodo novembre 2011-marzo 2012 per fare prestiti alle imprese e alle famiglie, sostenere la domanda interna e fare ripartire la crescita economica. Tutti obiettivi rimasti sulla carta considerato che le banche si sono ben guardate dall’erogare prestiti e la stretta creditizia è perfettamente palpabile.
disoccupazione e far cadere drasticamente la domanda interna. Draghi ha cercato di atteggiarsi un po’ a banchiere “sociale”. Così, dopo aver difeso il principio del pareggio di bilancio, il presidente della Bce ha sostenuto che esso non può essere ottenuto facendo debiti. Della serie: se il disavanzo è ora al 2,9-3% rispetto al Pil, grazie a 13 mesi di “cura” Monti il debito è arrivato al 127%, ben 7% in più rispetto all’era Berlusconi. Si tratta forse di una polemica in famiglia tra Draghi e Monti, dovuta al fatto che entrambi hanno lavorato per Goldman Sachs? Agli esperti l’ardua sentenza. Così, a seguire, Draghi ha sostenuto che una ripresa economica nell’Eurozona è ancora possibile nella seconda metà del 2013. Ovviamente, l’intenzione era quella di far passare l’idea che se ciò si verificasse, sarà tutto merito dei suoi interventi “non convenzionali”, anticipazioni di cassa e altre varie, più i prestiti veri e propri fatti alle banche (1.000 miliardi di euro) nel periodo novembre 2011-marzo 2012 per fare prestiti alle imprese e alle famiglie, sostenere la domanda interna e fare ripartire la crescita economica. Tutti obiettivi rimasti sulla carta considerato che le banche si sono ben guardate dall’erogare prestiti e la stretta creditizia è perfettamente palpabile.
Con poco senso del
ridicolo, Draghi ha parlato di “miglioramenti” dei mercati finanziari
grazie anche al meccanismo dell’Omt della Bce che ha comprato titoli
pubblici dei Paesi dell’Eurozona da 1 a 3 anni e ha calmierato lo spread
tra Bund e Btp. Peccato che proprio nei giorni scorsi, a traino delle
dichiarazioni di Bernanke, lo spread sia risalito a quota 300 punti dopo
mesi di bonaccia in una fascia tra 260 e 270 punti. La Bce
continuerà comunque ad essere “accomodante”. Termine che implica una
politica di tassi di interesse bassi tale da convincere le imprese a
indebitarsi e ad investire. Ma la carenza è stata quella delle banche
che, finora, hanno utilizzato i soldi presi a prestito dalla Bce per
ricapitalizzarsi e rifarsi delle perdite subite a causa di investimenti
andati a male e di vere e proprie speculazioni. Di conseguenza la
sperata ripresa manca del carburate essenziale per potersi attivare.
Quei derivati targati Wall Street
Se questo è il presente, a disturbare il passato di Draghi sta arrivando una grana non da poco. Quella
di 8,1 miliardi di euro in titoli derivati che peseranno sui conti
dello Stato. Titoli che nei Palazzi romani si sapeva che sarebbero
venuti a scadenza ma che tutti avevano fatto a gara per occultare. E
quel tutti ,sono i direttori generali del Tesoro, Draghi lo è stato dal
1991 al 2011, che avrebbero fatto passare sotto silenzio perché quei
titoli erano stati sottoscritti per permettere l’entrata dell’Italia nel
sistema dell’euro, tramite il meccanismo delle anticipazioni di cassa.
Titoli che dovevano assicurare l’Italia da eventuali contraccolpi
negativi dovuti ad oscillazioni eccessive sia dei cambi che dei tassi di
interesse.
Titoli garantiti ovviamente dalle solite banche d’affari (e di
speculazione) americane e da alcune europee, come quelle tedesche.
Rischi che non si sono poi verificati ma che hanno comportato che tali
titoli finissero per pesare sui nostri bilanci pubblici a causa della
restituzione del capitale venuto a scadenza. E
perché molti di questi derivati sono stati rinegoziati con clausole
punitive per lo Stato italiano. Queste operazioni hanno così aperto
buchi non da poco nei conti pubblici che i governi di destra e di
sinistra hanno pensato bene di coprire facendo pagare agli italiani con
un aumento indiscriminato della pressione fiscale. Nessuno dei governi è immune da responsabilità. L’aspetto
più inquietante è comunque dato dal fatto che non pochi dei
protagonisti italiani di questa vicenda, tra ministri ed alti funzionari
dello Stato, e alcuni loro famigliari, hanno ottenuto consulenze pagate
lautamente e incarichi di prestigio da quelle stesse banche che avevano
emesso o garantito questi derivati. Insomma, tutta questa bella (si fa
per dire) gente è stata premiata per aver asservito il nostro Paese agli
interessi delle banche di Wall Street. Le stesse, è appena
il caso di ricordarlo, che hanno speculato contro la lira nel 1992 a
ruota di quel criminale di professione che risponde al nome di George
Soros. Le stesse che hanno speculato in questi anni contro i nostri Btp e
di riflesso contro l’euro. Le stesse che hanno aiutato la Grecia a
truccare i propri conti pubblici in maniera tale da creare un euro con
le gambe molli e pronto a crollare al primo attacco deciso. Fra queste
anche la banca che gestisce buona parte del patrimonio personale dell’ex
presidente del Consiglio.
Tutto questo dimostra che siamo di fronte non
soltanto ad un gigantesco conflitto di interessi tale da far impallidire
quello personale del Cavaliere. Ma al tempo stesso esso dimostra che
tutte le forze politiche sono complici di questa rapina organizzata ai
danni degli italiani e che tutte le chiacchiere che sono state
diffuse a piene mani in questi due giorni sono soltanto fumo per coprire
una realtà vergognosa. Monti è un ex consulente di Goldman Sachs, come
lo sono stati Gianni Letta, Romano Prodi e il non compianto Tommaso
Padoa Schioppa. Mario Draghi è stato per tre anni vicepresidente per
l’Europa della Goldman Sachs. Senza parlare di figli vari di altri
gerarchi e gerarchetti piazzati in banche di prestigio come
ringraziamento per il lavoro amichevole svolto dai padri. In ogni caso,
adesso si parla di un danno per 8.1 miliardi di euro, a fronte di
contratti per 31,7 miliardi, che verranno prelevati dalle tasche degli
italiani che in tal modo si troveranno cornuti e mazziati.
Immediata è arrivata in giornata una precisazione
del Tesoro, affidata una nota che afferma che non esisterebbe alcun
pericolo per i conti dello Stato. La nota parla di “illazioni avanzate
da alcune testate”, come il britannico Financial Times, e poi riprese
anche da Repubblica. In ogni caso si tratta di una situazione
preoccupante che ha suscitato l’interesse della Corte dei Conti che
negli ultimi tempi sembra essersi assunta il compito di coscienza
critica del sistema a fronte dell’assenza delle autorità di governo e di
quelle di vigilanza. Il Tesoro ha negato che i derivati siano stati
utilizzati per permettere l’entrata nell’euro ma non ha potuto negare
che siano stati utilizzati. Sarebbe tutto un malinteso, insistono da
Via XX Settembre. E poi non c’è stata alcuna perdita e non ci sarà alcun
aggravio per i conti pubblici. Vedremo.
Più abbottonata la Commissione europea che,
nonostante tutto, non intende cambiare le proprie valutazioni sui
disavanzi passati dell'Italia (nel 1995 era al 7,7% e nel 1998 era sceso
al 2,7% proprio grazie ai giochetti con i derivati) e le previsioni sul
futuro. Resta il fatto che la Procura della Repubblica di Roma ha
aperto un fascicolo senza indicare il reato o gli indagati ma soltanto
per accertare i fatti. Poi si vedrà.
Rinascita
Italia accattona alla corte dell’Ue
di: Matteo Mascia
La maggioranza delle “larghe intese” affronta con notevole conformismo e volontà compromissoria il tema delle Politiche europee e dei vincoli di bilancio imposti dai Trattati siglati dell’Unione. Non poteva essere altrimenti, l’attuale Presidente del Consiglio è sempre stato uno dei più forti sostenitori dell’attuale situazione. Sembrano lontani anni luce gli annunci fatti durante l’ultima campagna elettorale; ampi settori del Pd e del Pdl avevano manifestato insofferenza verso i vincoli del bilancio ed i diktat imposti dalla EuroTower di Francoforte, sede della Banca centrale europea. Al clamore ed agli slogan ha fatto seguito un assordante silenzio, il pallino del gioco è stato lasciato nelle mani delle opposizioni e dei partiti extraparlamentari. Ieri, la Camera ha votato delle mozioni riguardanti gli orientamenti del Governo durante il prossimo Consiglio dei ministri dell’Unione. Passaggio fondamentale per capire quale sarà la piega che si prenderà nelle stanze dei grigi palazzi di Bruxelles. Come ha sottolineato qualcuno durante i lavori dell’Aula, la discussione è andata avanti in un’atmosfera surreale. Un silenzio ed una calma che non si sposano con la solennità degli argomenti. Pochissimi deputati hanno pensato di pronunciare parole come “Grecia” o “Cipro”, Paesi membri dell’Ue in cui si sta consumando una crisi imposta da Commissione e Troika. Sono quelli gli esempi che dovrebbero essere additati da tutti per segnalare cosa non va nell’unione commerciale e monetaria.
Quelle le realtà che conclamano lo sprezzo assoluto per la volontà popolare ed i Parlamenti legittimamente eletti dal corpo elettorale. Che gli errori greci siano stati tanti e rilevanti lo hanno riconosciuto anche a Berlino. Lo hanno fatto con notevole ritardo, complice una flessione del loro prodotto lordo.
Tre anni fa gli economisti di mezzo mondo avevano bocciato le strategie “comunitarie” dopo averne letto i contenuti in sintesi, consulenti e tecnocrati plurititolati hanno dovuto attendere trentasei mesi per riconoscere la propria debacle. Anche se – purtroppo – si segnala qualcuno che vorrebbe ancora puntare su austerità e vincoli sui livelli di indebitamento. Economisti che, evidentemente, non hanno ancora compreso che in un grafico o in un piano cartesiano si può dimostrare solo quanto si può trasformare in cifre.
Gli approcci ideologici possono essere tramutati in funzioni con diverse variabili indeterminate e spesso indeterminabili; una lacuna che dovrebbe spingere a diffidare da chi continua a propinare tagli lineari e pericoli di iperinflazione. L’intervento di Enrico Letta a Montecitorio è stato avulso dal contesto internazionale. La crisi si è avvertita solo in qualche passaggio, come se il milione di nuovi disoccupati italiani fossero un effetto collaterale di una terapia benefica per tutto il resto del tessuto economico-produttivo.
Il semestre di presidenza italiana nella seconda metà del 2014 “sarà un’occasione unica per una grande battaglia politica e per porre le questioni istituzionali e la dimensione politica al centro dell’azione della Comunità e degli Stati membri, ha spiegato il Presidente del Consiglio rispondendo alle domande arrivate dai banchi di maggioranza ed opposizione. “Sarà un’occasione unica per dare il via, proprio dall’Italia - ha aggiunto Letta - alla costruzione degli Stati uniti d’Europa, una idealità alta, ineludibile per le nuove generazioni, sola bussola per il nostro Paese”.
Una bussola impazzita a cui non è possibile far riferimento, non si capisce poi come declinare le parole del Governo. Più facile inquadrare delle dichiarazioni di Letta durante un’intervista rilasciata nel pomeriggio di domenica.
Il deputato pisano, in sostanza, si è detto preoccupato dall’interventismo delle corti costituzionali europee in merito agli accordi presi intorno ai tavoli di Bruxelles. Una frase pericolosa che non ha scatenato nessun tipo di reazione. Ammonire in questo modo i “giudici delle leggi” non evidenzia approccio al dialogo al confronto, le frizioni con le leggi fondamentali uno degli Stati aderenti non sono quisquilie da legulei. Fortunatamente, chi ha ragionato sull’Ue e la sua gestione pensò di introdurre l’unanimità per l’approvazione di decisioni riguardanti le materie più rilevanti.
Basta il veto del singolo per disinnescare i piani degli altri. Un gioco di equilibri studiato per evitare il fanatismo europeista di tanti protagonisti della politica continentale. Approccio che non giova all’Italia ed agli italiani.
25 Giugno 2013 Rinascita
Italia accattona alla corte dell’Ue
di: Matteo Mascia
La maggioranza delle “larghe intese” affronta con notevole conformismo e volontà compromissoria il tema delle Politiche europee e dei vincoli di bilancio imposti dai Trattati siglati dell’Unione. Non poteva essere altrimenti, l’attuale Presidente del Consiglio è sempre stato uno dei più forti sostenitori dell’attuale situazione. Sembrano lontani anni luce gli annunci fatti durante l’ultima campagna elettorale; ampi settori del Pd e del Pdl avevano manifestato insofferenza verso i vincoli del bilancio ed i diktat imposti dalla EuroTower di Francoforte, sede della Banca centrale europea. Al clamore ed agli slogan ha fatto seguito un assordante silenzio, il pallino del gioco è stato lasciato nelle mani delle opposizioni e dei partiti extraparlamentari. Ieri, la Camera ha votato delle mozioni riguardanti gli orientamenti del Governo durante il prossimo Consiglio dei ministri dell’Unione. Passaggio fondamentale per capire quale sarà la piega che si prenderà nelle stanze dei grigi palazzi di Bruxelles. Come ha sottolineato qualcuno durante i lavori dell’Aula, la discussione è andata avanti in un’atmosfera surreale. Un silenzio ed una calma che non si sposano con la solennità degli argomenti. Pochissimi deputati hanno pensato di pronunciare parole come “Grecia” o “Cipro”, Paesi membri dell’Ue in cui si sta consumando una crisi imposta da Commissione e Troika. Sono quelli gli esempi che dovrebbero essere additati da tutti per segnalare cosa non va nell’unione commerciale e monetaria.
Quelle le realtà che conclamano lo sprezzo assoluto per la volontà popolare ed i Parlamenti legittimamente eletti dal corpo elettorale. Che gli errori greci siano stati tanti e rilevanti lo hanno riconosciuto anche a Berlino. Lo hanno fatto con notevole ritardo, complice una flessione del loro prodotto lordo.
Tre anni fa gli economisti di mezzo mondo avevano bocciato le strategie “comunitarie” dopo averne letto i contenuti in sintesi, consulenti e tecnocrati plurititolati hanno dovuto attendere trentasei mesi per riconoscere la propria debacle. Anche se – purtroppo – si segnala qualcuno che vorrebbe ancora puntare su austerità e vincoli sui livelli di indebitamento. Economisti che, evidentemente, non hanno ancora compreso che in un grafico o in un piano cartesiano si può dimostrare solo quanto si può trasformare in cifre.
Gli approcci ideologici possono essere tramutati in funzioni con diverse variabili indeterminate e spesso indeterminabili; una lacuna che dovrebbe spingere a diffidare da chi continua a propinare tagli lineari e pericoli di iperinflazione. L’intervento di Enrico Letta a Montecitorio è stato avulso dal contesto internazionale. La crisi si è avvertita solo in qualche passaggio, come se il milione di nuovi disoccupati italiani fossero un effetto collaterale di una terapia benefica per tutto il resto del tessuto economico-produttivo.
Il semestre di presidenza italiana nella seconda metà del 2014 “sarà un’occasione unica per una grande battaglia politica e per porre le questioni istituzionali e la dimensione politica al centro dell’azione della Comunità e degli Stati membri, ha spiegato il Presidente del Consiglio rispondendo alle domande arrivate dai banchi di maggioranza ed opposizione. “Sarà un’occasione unica per dare il via, proprio dall’Italia - ha aggiunto Letta - alla costruzione degli Stati uniti d’Europa, una idealità alta, ineludibile per le nuove generazioni, sola bussola per il nostro Paese”.
Una bussola impazzita a cui non è possibile far riferimento, non si capisce poi come declinare le parole del Governo. Più facile inquadrare delle dichiarazioni di Letta durante un’intervista rilasciata nel pomeriggio di domenica.
Il deputato pisano, in sostanza, si è detto preoccupato dall’interventismo delle corti costituzionali europee in merito agli accordi presi intorno ai tavoli di Bruxelles. Una frase pericolosa che non ha scatenato nessun tipo di reazione. Ammonire in questo modo i “giudici delle leggi” non evidenzia approccio al dialogo al confronto, le frizioni con le leggi fondamentali uno degli Stati aderenti non sono quisquilie da legulei. Fortunatamente, chi ha ragionato sull’Ue e la sua gestione pensò di introdurre l’unanimità per l’approvazione di decisioni riguardanti le materie più rilevanti.
Basta il veto del singolo per disinnescare i piani degli altri. Un gioco di equilibri studiato per evitare il fanatismo europeista di tanti protagonisti della politica continentale. Approccio che non giova all’Italia ed agli italiani.
25 Giugno 2013 Rinascita
Tesi:
RispondiEliminala casta politica, partitocratica, sindacale ed istituzionale italiana è del tutto incapace di opporre contrasto alla crisi riducendo spesa pubblica e debito pubblico che viene investito in clientelismo e corruzione.
Sintesi:
Il governo Letta vuole investire ancora producendo debito pubblico per creare economia.
Risultato:
Letta non capisce nulla di economia e di finanza, questo stato è totalmente mafioso e corrotto ed io ne ho le tasche piene di questi banditi travestiti da autorevoli personaggi istituzionali che non sanno ne leggere ne scrivere a sufficienza per governare un paese reale avanzato e complesso come è l'Italia.
http://www.ilcittadinox.com/blog/paesi-viziosi-sbarazzatevi-delle-costituzioni-antifasciste.html
Gustavo Gesualdo
alias Il Cittadino X