giovedì, marzo 27, 2014
di Francesco Filini
Esiste una guerra energetica di cui i media si guardano bene dal parlare, USA e Russia si contendono la leadership di venditori di risorse energetiche all’Europa, divenuta nel corso degli anni una grande colonia per la pressoché totale dipendenza energetica, come spiega bene il Prof Auriti nel suo saggio fondamentale Il Paese dell’Utopia. Il grande problema della moneta unica è quello di operare in un mercato disorganico, dove l’approvvigionamento di petrolio passa esclusivamente attraverso il dollaro. Gli USA, i vincitori della II guerra mondiale, hanno imposto il dollaro come moneta di riserva mondialee come unica divisa per l’acquisto di petrolio, il cosiddetto petroldollaro. I paesi esportatori di petrolio aderenti all’OPEC (Iran, Irak, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Nigeria, Libia, Quatar, Kuwait, Venezuela etc..) sono obbligati a vendere barili di oro nero solo ed esclusivamente in dollari. Il dominio energetico a stelle e strisce si basa soprattutto su questo “signoraggio petrolifero“, essendo diventato l’oro nero il materiale di riserva della moneta emessa dalla Federal Reserve da quando l’oro ha cessato di esserlo nel 1971.
Vien da sé che l’intera economia americana si basa principalmente sull’esportazione e sul controllo del commercio del petrolio. Senza questo primato, senza questo domino, Washington (che fa segnare già da tempo il segno negativo sui bilanci) rischia di veder svalutata la sua moneta, con la quale ha, da oltre mezzo secolo a questa parte, inondato i mercati mondiali. Per tenere in piedi il dollaro e per evitare che questo diventi carta straccia, gli USA sono costretti a politiche espansionistiche ed imperialiste. Questa chiave di lettura è sufficiente a spiegare decenni di aggressioni in medioriente, ben mascherati dal ruolo di “salvatori del mondo” con la complicità di certa propaganda Hollywoodiana.
Questa nuova stagione di politiche espansioniste targate USA può essere facilmente spiegata dai nuovi accordi commerciali tra paesi come Cina, Giappone e Iran che scambiano petrolio in yuan o in oro (oil for gold). A cui si aggiunge la minaccia del ministro degli esteri russo (poi smentita da una nota poco convincente del Cremlino) di abbandonare il dollaro come moneta di riserva per il commercio di petrolio e commerciare greggio in cambio di beni con l’odiato Iran.
La Russia di Putin è il maggior fornitore di gas europeo, Italia e Germania – ad esempio – dipendono dal gas russo per ben il 30%. L’Ucraina è da sempre il ponte per i gasdotti della Gazprom (società pubblica della Federazione Russa) verso il Vecchio Continente, quindi un paese geopoliticamente strategico. Gli USA sanno bene che chi controlla l’Ucraina controlla il gas degli ex sovietici verso l’Europa. Ecco come si spiega l’appoggio degli agenti segreti “occidentali” ai ribelli neo-nazisti di Maidan (forse poco consapevoli di essere strumento delle politiche atlantiste).
Da qualche anno la Gazprom lavora alla costruzione di due grandi gasdotti alternativi, che possano fare a meno del passaggio di servitù ucraino: il North Stream e il South Stream (linee tratteggiate in rosso nella foto).
Con il plebiscito di Crimea il costosissimo progetto del South Stream (che passa per le profondità del Mar Nero) può essere modificato, facendo risparmiare parecchi rubli a Putin. Basta vedere la conformazione geofisica del fondale del Mar Nero per rendersi conto di come il passaggio del gasdotto in Crimea semplifichi enormemente la vita agli ingegneri della Gazprom (http://kungurov.livejournal.com/80884.html).
Il tracciato del gasdotto è modificato con il passaggio in terra Crimea, così come evidenziato dalla linea tratteggiata di colore blu)
Notare la differenza di profondità nel tratto della Crimea con quella del mare aperto
Ancora una volta Putin ha gabbato, con un colpo da vero maestro, il pupazzo della Fed Obama.
Alla luce di queste considerazioni è lecito porre la seguente domanda: chi ha un dannato e urgente bisogno di scatenare una guerra?
twitter @francescofilini
Fonte: Rapporto aureo
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