25 gennaio. E' stato proprio il
PRC, in vista delle elezioni europee, a proporre una lista
transnazionale unitaria della sinistra con il greco Alexis
Tsipras (leader di Syriza) come
candidato presidente. Sarebbe una lista degli europeisti
di sinistra, quelli
a cui non vanno giù le politiche austeritarie e liberiste
imposte dalle oligarchie europee, ma che rifiutano di
andare alla radice, la moneta unica, e che quindi
rifiutano ogni discorso sulla necessità rompere l'Unione e
tornare alla sovranità nazionale.
A fine dicembre segnalavamo che
pezzi da novanta della "borghesia progressista" come Barbara
Spinelli e Flores D'Arcais sono saltati sul carro Syriza. Ora
è la volta di Toni Negri.
«Toni Negri, con l’articolo scritto
con Sandro Mezzadra Rompere l’incanto
neoliberale: Europa, terreno di lotta, ha deciso di
sostenere un'eventuale lista Tsipras anche italiana. Negri
giudica irreversibile il processo di integrazione europea e
concepibili solo su tale terreno le lotte per rompere
l’incanto liberista e fondare una nuova ipotesi (una volta
diceva potere) costituente.
Il suo schema rimane sempre lo
stesso: dove il comando capitalista ed i suoi nuovi processi
di accumulazione si ritengono più avanzati lì devono
necessariamente darsi le fasi più avanzate dello scontro di
classe e la formazione del soggetto più avanzato del
conflitto.
Lo sosteneva anche dopo le
ristrutturazioni che portarono allo smantellamento della
concentrazione fordista ed al modello della fabbrica diffusa (operaio
sociale); lo diceva rispetto ai processi di
globalizzazione (moltitudini biopolitiche); lo diceva
nel passaggio tra prima e seconda repubblica, immaginando
chissà quali spazi costituenti si potessero aprire al
protagonismo dei movimenti (disobbedienti od
obbedientemente allineati col centrosinistra); e lo ripete
oggi riguardo all’Unione Europea —almeno nell’art. si parla di
nuova composizione sociale dei lavoratori e dei poveri,
rimanendo nella definizione di classe più sul concreto.
In tutti i casi precedenti hanno
vinto lo scontro di classe i capitalisti e tutto lascia
credere che anche questa volta, se lo spazio sarà quello
europeo che si pontifica, saranno i poteri eurocratici ad
affermarsi definitivamente e non il portato costituente dei
movimenti di lotta per diritti, reddito e welfare. E
questo non tanto perché diffidiamo delle previsioni di Negri
ma perché abbiamo sempre ritenuto che non nelle sue forme
più avanzate ma in quelle più arretrate si danno le
contraddizioni più acute, quelle che possono aprire processi
rivoluzionari. O meglio le une e le
altre sono modelli diversi di un organico sistema di
accumulazione, che però assicura sfruttamento con un minimo di
redistribuzione nei modelli avanzati e supersfruttamento nei
modelli arretrati.
Ora la cristi strutturale ha
colpito anche i modelli di accumulazione occidentali che
stanno perdendo terreno rispetto agli emergenti fino a ieri
arretrati ma le contraddizioni più grandi si danno ,
limitandoci allo spazio europeo, all’interno degli stati
nazionali esautorati di molte prerogative e ridotti alla mezzogiornificazione;
destinati a diventare aree di sottosviluppo del sistema
integrato dell’euro, se riusciranno a mantenerlo così com’é.
Per rompere l’incanto
neoliberale e per attaccare gli attuali anelli deboli che
possano far saltare la catena dell’euro non è quindi
reazionario porre insieme alla difesa dei diritti sociali,
dei diritti del lavoro, anche la difesa della sovranità
nazionale, purché la si declini come sovranità popolare e
come base di una nuova solidarietà tra quei popoli e paesi
più duramente colpiti dalle politiche di austerity,
che impongono processi di spoliazione e concentrazioni di
capitali a scapito del Sud Europa ed a vantaggio di Germania
e paesi nordeuropei.
Per pensare ad una lotta che
investa uniformemente lo spazio dell’Unione bisognerebbe
immaginare che i conflitti esplodano con la medesima intensità
e per le stesse cause in Germania come in Grecia e diano corso
a simultanei ed auspicabili processi rivoluzionari. Ci sembra
uno schema di scarsa attendibilità storica.
Piuttosto che arrampicarsi su
presunte aperture socialdemocratiche della Merkel, o auspicare
una prossima maggioranza socialista europea, magari con una
costola di sinistra che sarebbe
questa famosa lista pro
Tsipras-Siryza, ripulita degli elementi
antieuro (ci ricorda qualcosa di già visto in
Italia con i governi Prodi ed il suicidio della sua sinistra)
occorrerebbe, questo si, una lista sovrastatale, ma di forze
che si pongano come fronte sovranista, antiliberista e pure
comunista, intento a perseguire una nuovo campo di alleanze e
di scambi privilegiati, non a partire dalla moneta ma da
politiche sociali ed istituzionali ispirate a reale
democrazia, uguaglianza solidale e sovranità popolare.
Dal momento che questo non si darà
per le prossime elezioni teniamoci almeno quelle posizioni
antieuro democratiche-sovraniste-solidali che possono darsi
sul terreno nazionale e possano contendere qualcosa a
formazioni come quella di Le Pen le quali, se pure le sinistre
radicali continueranno a scambiare la globalizzazione per
l’Internazionale, rischiano di rimanere le sole a convogliare
la crescente rabbia popolare verso l’Eurocrazia e le sue
istituzioni.
Che nell'articolo di Negri e
Mezzadra si finisca per attribuire al salario minimo
introdotto in Germania un fattore di relativa stabilità
capitalistica se esteso al resto dell’Unione dovrebbe far
riflettere gli estensori sulle contraddizioni in cui si
incappa quando si assume il "dentro e contro" anziché il
"fuori e contro"; su quali risorse pensano che si potrebbe
dedurre, se non proprio sul prelievo diretto di natura
finanziaria e sulla messa a valore dei beni comuni?
Certamente il ripiego delle lotte
sul terreno nazionale non ci garantirebbe da derive
nazionaliste reazionarie ed ancor più liberiste ma è comunque
il terreno concreto su cui si daranno le lotte dei popoli più
colpiti dalla crisi, dei loro settori sociali ridotti alla
povertà, anche quando useranno simboli e modalità che non ci
piacciono. Non tutti saranno assorbiti dalla mobilità del
vagheggiato nuovo proletariato europeo; i più dovranno
starsene a casa, rinchiusi nei loro espropriati confini.
L’interesse
delle elezioni europee per noi sarà tale solo se andranno
forze con l’intento dichiarato di far saltare l’Unione
"irreversibile"; che sabotino da dentro il processo di
integrazione e diano risalto e sostegno alle lotte
nazionali. Se dovessero
assumere tale profilo, strumentalmente, solo forze come il Front
National, meglio il boicottaggio che
dar credito all’ennesima lista di imbonitori di sinistra,
utili solo a dar legittimità all’Europa delle banche, magari
dell’unione bancaria ma certamente non dell’unione dei
popoli di cui non si vede traccia da oltre un ventennio, se
non nei loro sproloqui».
Fonte: A
pugno chiuso
Concordo totalmente. Lo scomparso Costanzo Preve definiva Negri l'opposizione gradita a Sua Maestà il capitale, eppure gli utili idioti dei cessi sociali lo adorano.
RispondiEliminaQuesta di produrre simili falsi cristi è una strategia pen pensata del nuovo ordine capitalista. Cosa c'è di meglio che reprimere le opposizioni? Crearne di proprie...
Negri ha da tempo immemorabile espresso una contraddizione che solo per lui e i suoi adepti non è tale, ossia la lotta ad un tempo alla globalizzazione e agli stati nazionali. Mi chiedo come possa conciliare le due cose dal momento che di fatto lui è un accanito globalizzatore avendo sempre sostenuto la necessità di stati sovranazionali.
E per omaggiare ancora il grande Preve e dimostrare che LUI aveva ben capito Marx mentre i marxisti ufficiali come Negri non ne hanno colto una mazza, ricordo che Marx stesso nel Manifesto ricorda che la prima fase della lotta proletaria sarà una lotta NAZIONALE nei singoli paesi.
Negrievidentemente ha bypassato questa parte e arriva direttamente allo sterile "dentro e contro" sovranazionale di cui si parla nell'articolo.
Grazie Barbara!