sabato 9 agosto 2014


non si parla mai del colonialismo TUTT'ORA VIGENTE per opera delle potenze vincitrici. Già perché queste vantano una specie di diritto di imporre democrazia a tutti. La Francia in testa che fa quel che le pare tanto gli occhi in Ue son tutti puntati contro la Germania vera cattiva e se lo dice la stampa mainstream dobbiamo crederci.



La verità finirà per trionfare! Colloquio con François Mattei

ICC: "Il caso contro Gbagbo è stato fatto dalla Francia",
 secondo François Mattei (INTERVISTA) 

PoliticoMag.com offre la seconda parte dell'intervista condotta da François Mattei La Voce della Russia. Il giornalista francese, autore del libro "Per la verità e la giustizia - Costa d'Avorio: Révélations su uno scandalo francese", ha risposto alle domande di Mikhail Egorov-Gamandiy. - 
LVdlR: Nel Suo libro, scritto in collaborazione con il signor Gbagbo, leggiamo che la "verità prevarrà" ... In che modo il presidente Gbagbo vede il suo futuro, quello della sua famiglia e della Costa d'Avorio? E Lei cosa ne pensa? 

FM: Sono molto preoccupato per la Costa d'Avorio, perché penso che sia nelle mani di persone inaffidabili. Persone che sono venute al potere con la forza. Che continuano a mantenere le loro posizioni con la forza. Ouattara non può fare nulla contro queste persone che sono tornate al potere e che sono per lo più analfabeti. Sono molto numerose. Ritroviamo ad esempio un apprendista cuoco diventato prefetto, è fantastico ... Soro, presidente dell'Assemblea Nazionale, che era anche il primo ministro, non è altro che un signore della guerra. Che è stato anche designato in una serie di rapporti scritti come responsabile di crimini di guerra e si ritrova oggi sotto immunità parlamentare. Egli, come Bayayoko che è ministro degli Interni, è in agguato per prendere il potere.       
Alla base, sono tutti leader delle milizie armate, che ognuno continua a dirigere. E si spiano tutti l'un l'altro aspettando che il signor Ouattara, che è molto malato, scompaia dalla scena politica. Tutto questo è molto preoccupante. L'unico che poteva costruire il consenso è Laurent Gbagbo. Nessuno lo ha voluto. Ciò che sta accadendo ora è che andrà in processo. E per questo bisogna individuare due cose: 3 giugno 2013, la Corte penale internazionale aveva detto che non c'era nessun carico contro di lui. Pochi mesi dopo, i carichi vengono ritenuti. Si scopre, dopo aver studiato il fascicolo, che invece non c'è nulla di nuovo. Tutti lo devono sapere, non c'è assolutamente nulla di nuovo. Quindi è chiaro che si tratta di una decisione politica. Perché nel 2015 ci saranno la elezioni presidenziali in Costa d'Avorio e Gbagbo non deve essere libero. L'obiettivo è di mantenerlo il più a lungo possibile fuori dal gioco politico in modo che per lui non ci sia più possibilità di ritorno. La verità verrà fuori comunque. E penso che quando verrà fuori ci sarà il processo della CPI, e non quello di Ggagbo. Cosa rappresenta la CPI se non un'istituzione, dico bene un'istituzione e non una giurisdizione, che serve interessi personali? Il fascicolo contro il signor Gbagbo è stato creato a Parigi e Abidjan da parte del governo attuale. Quest'ultimo ha molto di cui rispondere. Gli unici atti veramente di genocidio sono stati commessi dal regime attuale, o almeno dalle persone che lo hanno sostenuto. E nessuno di loro si trova oggi alla CPI. Così capiamo che si tratta di un'istituzione che non è rispettabile e che conviene non rispettare. Il problema è che il signor Gbagbo ne fa parte.Stavo per dire che aspettiamo con ansia il processo perché il signor Gbagbo sarà in grado di parlare al mondo. E spero che sarà trasmesso ovunque. E in questo caso, la Corte Penale Internazionale crollerà.

Per quanto riguarda il signor Gbagbo, egli rimane ottimista. Lui sa perfettamente cosa è successo. Per riassumere: dato che c'era una disputa elettorale, vale a dire due presidenti, ha chiesto il riconteggio dei voti sotto la protezione di una commissione internazionale. Questo è stato rifiutato. Eppure, quando si sa di aver vinto, non si dovrebbe avere paura del riconteggio. Soprattutto perché si tratta di un uso assolutamente comune. Lo abbiamo visto negli Stati Uniti nel caso di Bush e Gore. E' successo con l'UMP in Francia, dove per la presidenza di un partito politico ci fu una tragica commedia per mesi. 

Ancora un altro esempio: Haiti, dove tutto si è svolto senza problema: colui che era arrivato terzo alle elezioni, dopo il riconteggio è diventato Presidente della repubblica, poiché c'erano conti effettuati male dall'inizio. Così, invece di provocare guerra e morte - perché bisogna ricordare che in Costa d'Avorio ci sono stati molti morti - sarebbe stato più semplice contare di nuovo. Invece l'opzione della guerra è stata scelta al posto di un riconteggio che avrebbe salvato molte vite. 
Laurent Gbagbo è rimasto al potere perché è stato eletto. Ha continuato a esercitarlo, Tanto per le prerogative economiche quanto per quelle militari, e difendendo il proprio paese. Ed è questo che gli viene rimproverato oggi. E' accusato di aver continuato a governare mentre la cosiddetta comunità internazionale riteneva che fosse stato sconfitto alle elezioni. Un'ultima cosa: non so dove sia stato letto o deciso che era compito della comunità internazionale o di chiunque altro quello di decidere l'elezione di un presidente di un paese sovrano. Logicamente, mi pare che sia il popolo in questione che debba scegliere il proprio futuro.       
La comunità internazionale può avere un ruolo, ma solo agendo nel rispetto della sovranità di uno Stato e della libera scelta dei cittadini a seguito di una elezione democratica. Questo è ciò che Laurent Gbagbo difenderà, e su questo è piuttosto tranquillo. Per quanto riguarda il futuro della Costa d'Avorio, lui è molto preoccupato perché pensa che oggi non ci sia più democrazia in Costa d'Avorio. Per esempio, un gran numero di transazioni si svolgono in via amichevole mentre si dice che il signor Ouattara sia un grande economista. Forse. In ogni caso, nessuna delle normali regole in questo settore è rispettata o fatta rispettare. La Costa d'Avorio va ora stranamente male quando invece la guerra è finita. A Gbagbo è stato criticato il suo bilancio quando era ancora in guerra con la metà del paese occupato. E il bilancio, nonostante tutto, non era affatto pessimo. Posso dimostrarlo. Quanto ad oggi, vi è un calo delle risorse petrolifere, e di cacao. Sta andando molto male. Per che cosa? Perché ci sono molte appropriazioni indebite

Non perché ci sia meno cacao e meno petrolio. C'è semplicemente un sacco di gente che fa "business". Tra questi, un gran numero di politici francesi. Tra cui l'onorevole Gueant che è stato ministro degli Interni, e suo genero che si occupa, tra l'altro, della privatizzazione delle banche lì. Tutti fanno molti affari. La Costa d'Avorio è ormai diventata un bancone da mercato. Non è più uno Stato, bensì un bancone da mercato aperto ai quattro venti del liberismo selvaggio. 

LVdlR: Lei pensa che un giorno i capi della ribellione armata in Costa d'Avorio, così come coloro che hanno commesso reati a partire dal 2002, possano ritrovarsi di fronte a un tribunale, nazionale o internazionale? Oppure pensa che i loro mentori occidentali non lo permetteranno mai? 

FM: Penso che non lo permetteranno mai. E poi è troppo tardi. E' ovvio che se vogliamo fare un processo e mettere sul piatto tutto ciò che è successo lì, bisognerà inviare il signor Soro alla CPI. E perché non il signor Ouattara? Tutte queste persone hanno organizzato una ribellione selvaggia. Ci sono stati centinaia di migliaia di morti, villaggi rasi al suolo. Massicci massacri. L'inerzia della CPI è assolutamente incomprensibile. Ma la comunità internazionale è intrappolata nella sua stessa posizione, perché ha sostenuto queste persone. La verità ... si saprà. Ma per quanto riguarda la probabilità di sanzioni contro i responsabili di questi crimini, penso che ci siano pochissime possibilità. 

LVdlR: Secondo Lei, il CPI non si è definitivamente screditato nel confermare le accuse contro Laurent Gbagbo e ancora facendo orecchie da mercante riguardo la responsabilità dei crimini di massa commessi dai ribelli sostenuti dal governo francese?

La FM: Ai miei occhi, sì. E anche agli occhi di molti francesi che fortunatamente stanno cominciando a svegliarsi. E, grazie ai dibattiti che si sono svolti alla Corte Penale Internazionale, molte persone cominciano a vedere chiaramente che sotto la copertura legale, compaiono interessi chiaramente politici, militari ed economici. Penso che la verità verrà fuori. Molte persone iniziano a reagire in modo diverso rispetto a anche due o tre anni fa. E se le persone si rendono conto che sono state ingannate fino a questo punto, c'è un rischio di violenza. In Francia è così, ci si sveglia ogni 20 anni. Mi fido della gente del mio paese. Il segreto della Françafrique - questa commedia sinistra ma che frutta notevolmente allo Stato francese - che hanno cercato di mantenere così a lungo, si sta svelando oggi in piena luce. E ora che i cittadini stanno cominciando a capire il motivo di base per il quale si gioca con i capi di stato in Africa come con delle pedine su una scacchiera, penso che ci sarà una reazione sana in Francia. Lei sa che c'è un ex ambasciatore di Francia, signor Gildas Le Lidec, che ha appena pubblicato un libro "Da Phnom Penh a Abidjan," che si riferisce appunto al periodo in cui era ambasciatore di Francia in Costa d'Avorio, all'epoca di Laurent Gbagbo. E racconta alcune cose stupefacenti che spiegano come non sia stata data nessuna possibilità a Gbagbo e che la Francia semplicemente non ne voleva sapere. E anche il signore della guerra Soro ha voluto strangolarlo. Così egli parla di tutte queste cose come testimone diretto. 

Ringrazio per la traduzione la mia amica Catherine, curatrice del blog La crepa nel muro


i diritti umani oggi in Costa d'Avorio

foto prigionieri politici della costa d'avorio. Ma lì non c'è il cattivo dittatore, c'è uno messo dalla Francia, quindi tutto ok



è arrivata la democrazia e si vede. La Libia annichilita, ora califfato islamico quando prima era laica.

Un ripassino per la Costa d'Avorio, quando il colonialismo va bene, ora i diritti umani, come in Libia saranno senz'altro garantiti come si nota dall'ASSENZA DELLA SOCIETA' CIVILE A FAR presidi sotto le ambasciate. Quando il capo lo insediano i "buoni", chi se ne frega dei diritti umani


Costa d’Avorio: un Paese depredato dal colonialismo francese


Redazione il 25 giugno 2014 

di Salvo Ardizzone
Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è attualmente detenuto all’Aia, presso la Corte Penale Internazionale, per crimini contro l’umanità; secondo l’accusa, fra il 2008 e il 2011 avrebbe gestito un piano per mantenere il potere a qualsiasi prezzo, causando la morte di centinaia e centinaia di persone. Vista così la vicenda sembra quella di uno dei tanti dittatori che hanno insanguinato l’Africa, finalmente chiamato a pagare per i suoi crimini, nel suo caso dopo che le Forze Speciali francesi della missione Liocorne l’hanno catturato nel palazzo presidenziale dove era asserragliato. Ma a parte che vedere i commando di Parigi nel ruolo di gendarmi della giustizia e della democrazia è un poco dura, è tutta la vicenda ad apparire assai più complessa.

Gbagbo, che è nato nel 1945, è stato impegnato in politica da sempre, su posizioni socialiste e panafricane che l’hanno portato ad opporsi al regime autoritario di Houphouet–Boigny, che ha retto il Paese fra gli anni ’60 e ’90; in quegli anni è stato pure incarcerato e da ultimo costretto all’esilio a Parigi.

Nel 2000, col Front Populaire Ivoirien, vince le presidenziali, e solo massicce manifestazioni popolari riescono a imporre la sua elezione al Generale Guei (che aveva già preso il potere), inaugurando una presidenza decennale improntata al socialismo, ma tormentata da una sorta di colpo di Stato che costringe il Governo a una pace debole coi ribelli, e alla perdita del controllo sulle regioni settentrionali.
Nel 2010 si candidò ancora alla presidenza contro Alassane Ouattara, un vecchio ministro di Houphouet–Boigny; malgrado la presenza di osservatori dell’Onu e dell’Unione Africana, ci furono brogli e intimidazioni che costrinsero quei controllori alla fuga. Alla fine fu proclamato vincitore Ouattara e Gbagbo chiese il riconteggio dei voti, con un seguito di violenze che provocarono migliaia di morti da ambo le parti. Fu la Francia a premere per un intervento internazionale su mandato dell’Onu; ci fu l’attacco al palazzo presidenziale e Gbagbo finì dinanzi alla Corte Penale sotto un cumulo d’accuse che via via si sono moltiplicate. Ma come fa notare il suo avvocato, Emmanuel Altit, l’impianto delle accuse, malgrado anche troppo vasto, è tutt’altro che solido e definito (alcune delle prove presentate si riferivano addirittura a fatti avvenuti in Kenya, che nulla avevano a che fare con la vicenda), tanto da richiedere ulteriori supplementi d’indagine.
Il fatto è che l’eliminazione di Gbagbo dalla scena, è un grosso piacere ai vasti interessi francesi nel Paese; Parigi mantiene un controllo sempre più stretto sull’economia, per capirci: è il primo patner commerciale; ha in loco 240 filiali e 600 società a capitale francese; France Telecom, Orange, Paris Paribas e Credit Lyonnaise controllano telecomunicazioni e banche e la moneta locale è garantita dal Tesoro Francese. Non c’è ambito dell’economia, compresa l’estrazione del petrolio, che non sia sotto il controllo della Francia. Gbagbo s’era opposto ad altre privatizzazioni e voleva limitare l’influenza delle troppe già avvenute, ostacolando gli interessi di Parigi, a differenza di Ouattara, assai vicino a Sarkozy e ad altri dell’entourage parigino.
Malgrado le dichiarazioni di Fadi Al-Abdallah, portavoce della Corte Penale, che ha difeso l’operato del Procuratore Fatou Bensouda, sono molte le ambiguità di un’indagine che appare sempre più un processo politico, intentato per sbarazzarsi d’un personaggio scomodo.
È un fatto che la Francia, prima con Chirac e poi con Sarkozy, abbia agito più volte per rovesciare il governo di Gbagbo in nome dei propri interessi. È un fatto che la presa della Francia sull’Africa sia tornata fortissima, e ciò è testimoniato dai continui interventi militari, da ultimi in Costa d’Avorio, Mali, Repubblica Centrafricana. Per Parigi, la vecchia dottrina di Francafrique è più che mai attuale, con il suo colonialismo fatto di cinico sfruttamento e di violenza.


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