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I TRUCCHI DI EQUITALIA PER RASTRELLARE INTERESSI NON DOVUTI
È notizia del 16 novembre scorso che a partire dall’anno prossimo Equitalia sarà sottoposta al controllo di un’Autorità di garanzia per la riscossione esattoriale, che avrà il compito di impartire alle agenzie di riscossione indicazioni operative sull’attività di recupero crediti e verificare che vi si adeguino. Una funzione di indirizzo e di monitoraggio, che però potrà essere attuata solo a partire dal 2015, perché per legge le sue prescrizioni avranno valore ad un anno di distanza dalla data di approvazione. Una decisione, quella del Ministero dell’Economia, probabilmente motivata dalla necessità di porre un argine alle continue irregolarità commesse dalla nota azienda di riscossione (di proprietà per il 51% dell’Agenzia delle Entrate e per il 49% dell’Inps). I casi più noti quelli di cartelle non firmate da dirigenti, ma da semplici funzionari, che sono da considerarsi nulle, come sentenziato dal TAR del Lazio (recente il caso dei falsi dirigenti dell’Agenzia delle Entrate, cioè funzionari promossi senza un pubblico concorso): un ‘guaio’ per Equitalia, ma ancora di salvezza per i contribuenti, perché annullerebbe il 50% delle cartelle esattoriali (la parola definitiva verrà data però dalla Corte Costituzionale). In caso di atto ipotecario, invece, è bene controllare che vi siano indicati i termini entro cui l’atto può essere impugnato e l’autorità presso cui depositare ricorso: se non è così, l’atto può considerarsi nullo, secondo la sentenza n.4777 della Corte di Cassazione del 26 febbraio 2013. Inoltre, devono essere indicati non soltanto gli importi, ma la base di calcolo degli interessi (sentenza n.4516 del 22 febbraio 2012 della Cassazione Civile Tributaria e sentenza n. 92 del 1° ottobre 2012, vedi qui), la cui assenza rende nullo l’atto ricevuto (come probabilmente la maggioranza di quelli inviati dopo il 2008). In base ad un’altra sentenza della Corte di Cassazione, tenuta nel cassetto per un po’ di anni (è la n. 3701 del 16 febbraio 2007), la cartella esattoriale non può presentare maggiorazioni semestrali del 10% quando riguarda una contravvenzione stradale (se non in caso di ordinanza o ingiunzione oppure in caso di rigetto del ricorso da parte del Prefetto) perché il mancato pagamento della contravvenzione comporta già una maggiorazione. Ma non basta: la cartella deve essere consegnata direttamente da un ufficiale di riscossione, messo comunale o agente di polizia municipale (se vi è una convenzione, in quest’ultimo caso, tra comune ed ente di riscossione) e non può essere inviata per raccomandata, secondo diverse sentenze delle Commissioni Tributarie di varie province. In pratica, quante cartelle si salvano?
Non stupisce allora l’istituzione dell’Authority… che però sarà composta da: due dirigenti del Ministero dell’Economia, uno dell’Agenzia delle Entrate, uno dell’Inps e due esponenti degli altri enti che si avvalgono del servizio di Equitalia. Gli stessi enti, cioè, a cui va oltre il 90% di quanto riscosso dall’agenzia, che tiene per se solo l’8%.
Conflitto di interessi? E chi ricorda lo strano caso di Equitalia S.p.a., rinominata poi Equitas, ossia la società off-shore con sede nel Delaware (U.S.A.) e omonima dell’azienda di riscossione italica? Una strana coincidenza che ha fatto pensare ad un tentativo di accantonare in paradisi fiscali (quale è lo stato U.S.A. per le società straniere) le somme sottratte ai contribuenti italiani, spesso con modalità ai confini della legalità. Sospetti infondati?
L’articolo che segue, tratto da Rinascita, fornisce ulteriori spunti di comprensione.
Redazione Nexus
Gli esosi trucchi di Equitalia
Federcontribuenti: per rastrellare interessi non dovuti
Equitalia, azienda esperta nel trarre guadagno, continua ad usare il diabolico trucchetto del notificare a distanza di anni le cartelle esattoriali ai contribuenti lasciando che gli interessi di mora triplichino l’originario importo del debito iscritto. Allungando ingiustificatamente l’azione del recupero, viene garantito un maggior guadagno per Equitalia che incassa tassi di interesse fino al 20% per ogni anno di ritardo. Non bastano le recenti sentenze che condannano questo sistema come neanche le labili ”leggi” ad obbligare l’agenzia ad allinearsi a criteri più giusti ed equi. Equitalia continua a seminare terrore tra la società. Precisa il presidente Paccagnella di Federcontribuenti:
«la società gioca sulla consapevolezza del suo enorme peso politico, basti pensare che l’Erario perde, mantenendo in piedi Equitalia, circa il 40% delle entrate tributarie».
Non sono vere quindi, le ultime dichiarazioni politiche che piovono da più parti le quali affermano che se le cartelle esattoriali dovessero essere sgravate di interessi di mora, aggio e sanzioni ci sarebbe una perdita di più di 3 miliardi di incasso per lo Stato. È vero il contrario:
«sempre meno sono le rateizzazioni concesse preferendo il pignoramento dei beni che, alla fine, ben poco portano alle casse dello Stato. Se i pagamenti fossero studiati in base alla reale possibilità contributiva del cittadino il recuperato sarebbe superiore all’attuale di ben 40 punti percentuali con grande respiro per tutti quanti, compresa la continua caccia alle coperture finanziarie».
Tenere perennemente in una posizione debitoria i contribuenti e egli imprenditori è quindi una politica suicida: nessun guadagno per l’Erario e nessuna ripresa economica.
Insomma, Equitalia stra rastrellando in tutta la nazione montagne di soldi eppure la loro spartizione è argomento di misteri ed ombre. Per non parlare di Equitalia Giustizia che dal 2008 gestisce il Fondo Unico Giustizia, dove lo Stato fa confluire le risorse recuperate dai sequestri derivanti dalla lotta alla criminalità. Esiste un buco nero?
«Il nostro Stato è una macchina tanto inefficiente quanto poco trasparente. In effetti non conosciamo nel dettaglio le entrate come le uscite. Voci di capitolo sparate qui e là, tra amministrazione centrale, regioni, province e comuni tutti noi ci muoviamo alla cieca: anche se sentiamo, avvertiamo che qualcosa proprio non va mancano dati oggettivi».
Inoltre, l’illogicità dell’applicare gli studi di settore alle piccole imprese quando è evidente che queste muoiono di giorno in giorno. Parametri che andrebbero bene in una epoca di agiatezza e non in un momento di recessione. «Si continua a dire a questi imprenditori che devono guadagnare 100 e non accettano che il 99% di questi non guadagna che 10». Manca il lavoro, quello svolto viene spesso pagato con ritardo, in molti casi le aziende committenti chiudono dall’oggi al domani lasciando debiti sparsi come coriandoli. Cosa resta agli italiani? La consapevolezza di non essere padroni del proprio sudore. Un cane che si morde la coda. Rincorriamo un debito che non raggiungeremo mai, una Europa con in seno una tale disparità fiscale che aumenta le diversità e non l’Unione monetaria. Attacchiamo le banche? Equitalia? L’Agenzia delle Entrate? Le amministrazioni pubbliche? Il carico fiscale? Tutte strutture e architetture gestite e regolamentate dal governo. Basterebbe una legge coraggio, una riforma mirata, il crollo dell’impero fantasma per dire basta a tutto ciò. Appunto, occorre una Riforma Politica.
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