giovedì 19 dicembre 2013

La strage di Ustica Sarda: l'elicottero 'volpe' 132 abbattuto in volo.

Testimoni scomodi: il caso dell’elicottero ‘Volpe’ 132


Maresciallo Angelo Anedda e il Brigadiere Giuseppe Madera

C’è un filo invisibile, come quello di un ragno, che lega il disastro aviatorio dell’elicottero Volpe 132, precipitato in Sardegna il 2 marzo 1994, con l’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin (Mogadiscio, 20 marzo 1994). Probabilmente anche la caduta di questo elicottero fa parte di quelle stragi avvenute in Italia fino agli inizi degli anni ‘90 e, probabilmente, se Pasolini fosse stato ancora in vita, avrebbe incluso questo fatto di cronaca nera nella famosa lettera che pubblicò sul Corriere della Sera nel 1974, intitolata: Cos’è questo golpe? Io so. Mi viene in mente la frase finale della lettera di Pasolini: “Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi! […] La ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia, a partire dal 1968, non è poi così difficile”.
Siamo a Salto di Quirra, in Sardegna, davanti al Poligono missilistico di Feraxi, a nord di Capo Ferrato (costa sud orientale della Sardegna), quattro persone del luogo, intorno alle 19:15/30, Giovanni Utzeri, Luigi Marini, Antonio Cuccu e Giuseppe Zuncheddu, vedono da angolazioni diverse un elicottero della GdF, velivolo Volpe
132, A-109 (Augusta 109), sorvolare questa zona, incendiarsi, esplodere e precipitare in mare. Tutti e quattro i testimoni oculari hanno dichiarato che l’elicottero in questione è caduto in prossimità di una nave portacontainer (in seguito identificata con il mercantile Lucina), ancorata in quel tratto di mare, dove la motovedetta G.63 Colombina della GdF seguiva l’elicottero. Nell’immediatezza dei fatti le forze dell’ordine della zona hanno raccolto le dichiarazioni dei quattro testimoni; in seguito, hanno negato addirittura l’esistenza del mercantile a Feraxi. Secondo alcuni abitanti della zona, invece, il Lucina avrebbe preso rapidamente il largo dopo l’abbattimento dell’elicottero.

Alla presenza del tenente cololonnello dell’Aeronautica militare, Enrico Moraccini, capo della Commissione d’Inchiesta per accertare la dinamica dei fatti, del maresciallo di P.G. Angelo Anedda e del brigadiere Giuseppe Madera, Luigi Marini, alcuni giorni dopo la tragedia, ha messo per iscritto le dichiarazioni rese il giorno dell’ “incidente”: […] “La sera del 2 marzo 1994, intorno alle 19:15/:25, mentre pescavo sul fiume Picocca, ho sentito un rumore di motori in lontananza e, scrutando il cielo, ho cercato di capire da dove venisse. In quell’attimo, in direzione di Capo Ferrato, sul lato sinistro, guardando il mare, ho visto un fascio di luce salire dal basso verso l’alto e subito ricadere verso il basso. Da quel momento il rumore è cessato”. La luce salita dal basso verso l’alto e ridiscesa al suolo era un missile terra aria, uno FIM-92 Stinger?

In questo presunto incidente muoiono il maresciallo Gianfranco Deriu, 41 anni e il brigadiere Fabrizio Sedda, 28 anni. I due sottufficiali risultano ancora dispersi in mare; che fine hanno fatto i loro corpi? “A bordo della Volpe 132 mi sento più sicuro che al volante della mia auto”, diceva il maresciallo Deriu ai suoi colleghi. Gianfranco Deriu aveva maturato 25 anni di onorato servizio e migliaia di ore di volo tanto da diventare il più esperto elicotterista della Sardegna; ha lasciato una moglie e due figli.

“Fabrizio è morto perché insieme al suo collega aveva scoperto un traffico illecito di droga ed armi dove sono coinvolti organi delle istituzioni italiane e straniere”, così ha scritto alla famiglia Sedda un anonimo rimasto tale fino ad oggi, spiegando il perché della fine tragica del giovane militare. Fabrizio Sedda aveva la passione per il volo ed era considerato un pilota esperto e affidabile; da Milano era ritornato in Sardegna e, da circa due mesi, prestava servizio al II° gruppo nucleo elicotteristi del comando GdF di Cagliari. Sedda si era fatto subito stimare dai colleghi, supportando Deriu nelle ronde di controllo sulla costa.

Il percorso del Volpe 132

La nave fantasma
Il mercantile Lucina, il 6 luglio 1994, quattro mesi dopo la caduta dell’elicottero Volpe 132, è stato lo scenario di un’altra strage, avvenuta nel porto di Jenjen, sprovvisto di adeguate misure di sicurezza e distante 300 chilometri da Algeri. Stranamente, il mercantile sostava a Jenjen da 27 giorni per un ritardo di scarico merci che sarebbe dovuto avvenire nel sicuro porto di Djendjen. Tutti i membri dell’equipaggio del Lucina furono sgozzati come se si trattasse di un’esecuzione e non di un tentativo di saccheggio da parte della pirateria locale. Tra le merci trasportate dal Lucina c’erano anche 600 tonnellate di materiale “non dichiarato” che, secondo un articolo scritto a due mani da Magdi Cristiano Allam e da Nacera Benali per il giornale Repubblica (1997), potrebbe riferirsi ad un carico di armi.

L’armatore della Lucina, Massimo Cellino, ha dichiarato agli inquirenti che il comandante del mercantile, Salvatore Scotto, lo chiamava tutti i giorni dicendo di sentirsi in pericolo e di contattare l’ambasciata italiana per accelerare la procedura di scarico merci, rallentata dal governo algerino. Pare che, la notte della strage, il comandante fu costretto a far salire alcune persone non identificate a bordo del mercantile, forse con la promessa di poter attraccare a Djendjen. Questi “visitatori”, che in seguito si rivelarono essere terroristi islamici, secondo la ricostruzione dei fatti, non hanno voluto pagare il conto della “merce” trasportata dal Lucina e per questo motivo hanno sterminato tutto l’equipaggio della nave. E’ credibile tale ricostruzione? E’ credibile che il comandante e il suo equipaggio fossero a conoscenza che, tra i sacchi di semola trasportata sul mercantile, ci fossero anche armi? Se Scotto chiamò ripetutamente l’armatore Cellino probabilmente non era a conoscenza del vero scopo del suo viaggio in Algeria e probabilmente si rese conto solo dopo del pericolo che stava correndo insieme al suo equipaggio. C’è da chiedersi perché ci fu un tale ritardo da parte dell’armatore Cellino e del governo italiano all’insistente richiesta di aiuto di Scotto e per quale motivo i terroristi salirono a bordo del mercantile senza aspettare di prelevare ciò che gli interessava nel porto di Djendjen? Secondo le varie ipotesi che furono formulate dalle Procure di Trapani e di Napoli, che si sono occupate della vicenda, molte delle responsabilità sulla strage del Lucina sono attribuibili all’ambasciata italiana di Algeri, la quale era a conoscenza che su quella nave avrebbe dovuto imbarcarsi un ex agente segreto, un certo Gaetano Giacomina di Oristano, alias G-65, per anni infiltrato in Algeria. L’agente G-65 è morto misteriosamente a Capo Verde, nel 1998.

“La Chernobyl della Sardegna”

Un altro fatto inquietante da collegare all’abbattimento del ‘Volpe’ 132 e alla presenza del Lucina nella baia di Feraxi è “la sindrome di Serra di Quirra”. Il fenomeno è stato chiamato così perché il 65% degli abitanti della zona è stato colpito da leucemie, da linfomi e da altre forme tumorali, sviluppatesi così velocemente da non lasciare scampo. Maurizio Torrealta, tra il 2007 e il 2008, ha realizzato un documentario intitolato L’inchiesta, dove, attraverso le testimonianze degli abitanti di Serra di Quirra, ha spiegato questo fenomeno. Dati certi non ce ne sono perché protetti da segreto di Stato a causa della presenza del Poligono missilistico Interforze, la base militare sperimentale più grande d’Europa. E’ comunque innegabile che negli ultimi anni ci siano stati 32 individui deceduti in poco tempo a causa della presenza di uranio impoverito. Ad avvalorare questo dato è anche il 15% di neoplasie maligne nella zona di Villa Puzzu (frazione vicina al Poligono Interforze), di aborti e di malformazioni alla nascita, sia umane sia animali, presenti in tutto il territorio limitrofo a Serra di Quirra. L’on. Mauro Bulgarelli, consulente della Commissione Parlamentare per l’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, ha dichiarato che all’interno della base militare di Serra di Quirra vengono regolarmente impiegati missili ed esplosivi per esercitazioni militari e che anche aziende italiane come Fiat, Iveco, Alenia Aeronautica ed aziende straniere (anche aerospaziali) come l’Eurosam, la Thomsonfly e la Meteo utilizzano regolarmente questo Poligono.
La Commissione Parlamentare non è a conoscenza di cosa sia stato sperimentato fino ad oggi all’interno della base ma è evidente il collegamento tra queste sperimentazioni e le malattie mortali sviluppatesi negli ultimi anni.

Il dottor Claudio Casulla, veterinario di Serra di Quirra ha riscontrato dagli esami autoptici sul bestiame di alcuni allevatori della zona la presenza di uranio impoverito e di micro particelle di materiali pesanti nel sangue e in alcuni tessuti prelevati dai cadaveri. Stessa cosa è stata riscontrata dai medici dell’Istituto di Medicina Legale di Cagliari sui cadaveri di civili morti per la stessa causa. Non sono mai stati comunicati i dati dei militari del Poligono Interforze deceduti negli ultimi anni perché coperti da segreto militare. “Gli allevatori della zona hanno molta paura di parlare”, ha dichiarato Casulla, “Ampie zone di sgombero frequentate dai pastori sono contaminate da repellenti e scorie missilistiche che causano anche reazioni evidenti ad occhio nudo come la mancanza di erba sul terreno per diversi anni. La dottoressa Gatti ed io abbiamo effettuato analisi specifiche sui cadaveri di alcuni capretti, riscontrando la presenza di metalli pesanti molto superiore alla norma”.

Le indagini della Procura di Cagliari

Le indagini del G.I Mauro Mura e del P.M. Guido Pani, vertono sull’accusa di “disastro aviatorio” e di “omicidio colposo plurimo”. Le perizie effettuate dai carabinieri del Ris hanno subìto diversi rallentamenti nel corso delle indagini, come pure la consulenza di parte per accertare o no se sui rottami del velivolo ci fossero tracce di esplosivo. “La risposta del Ris non è mai arrivata”, ha dichiarato l’avvocato delle parti civili Deriu e Sedda, Carmelo Fenudi. “L’accertamento se ci fosse stata traccia di esplosivo o di altro materiale che potesse far pensare all’abbattimento dell’elicottero sarebbe stato importante per trasformare l’accusa da omicidio colposo plurimo a duplice omicidio volontario, che prevede l’ergastolo e l’imprescrittibilità del reato. Da parte del Ris sono arrivate solo due richieste di proroghe di 30 giorni: la prima avvenuta il 19 maggio 2005 e la seconda il 18 agosto dello stesso anno. Appare pertanto non giustificata una richiesta di archiviazione fondata sul fatto che, ancora oggi, la consulenza tecnica non sia stata espletata e depositata”.

Eppure i testimoni hanno sempre dichiarato la stessa cosa. La fuga repentina del mercantile Lucina ha fatto ipotizzare una relazione tra la nave e l’esplosione dell’elicottero, il cui relitto non è stato ritrovato, eccetto qualche frammento recuperato dai testimoni o depositato sul fondo del mare. Gli inquirenti hanno anche pensato che la zona sia stata “ripulita” e che quindi, come è stato fatto allontanare il mercantile, così sono stati rimossi i rottami dell’elicottero.

Durante le indagini, la Procura di Cagliari ha chiesto formalmente al Comando Provinciale della Guardia di Finanza se nei primi giorni di marzo vi fossero ancorate navi civili o militari nella baia di Feraxi. La Gdf ha riferito alla Procura che il Comando Generale non poteva consegnare agli inquirenti “documenti classificati” composti da 29 cartelle, i quali facevano riferimento ad una direttiva della Presidenza del Consiglio nella quale si diceva che le comunicazioni dei Servizi (Segreti) non possono essere utilizzate e quindi [sono] coperte da segreto di Stato (PCM-ANS1/R).

Da una parte la Gdf di Cagliari ha affermato che sul mare di Feraxi non c’erano navi, negando la presenza del Lucina, il Sismi, invece, ha imposto il silenzio anche sulla vicenda del ‘Volpe’ 132. Come nella strage di Brescia, avvenuta 30 anni prima, anche in questo caso, l’Arma dei Carabinieri ha avuto la sua parte. Il quarto testimone della caduta dell’elicottero Volpe 132, il pastore Giuseppe Zuncheddu, ha dichiarato agli inquirenti di avere ricevuto la visita di un colonnello dei CC, che con un elicottero, è atterrato in prossimità del suo ovile e lo ha interrogato personalmente su cosa avesse visto quel 2 marzo 1994. Zuncheddu era un testimone ancora sconosciuto alla Procura ed è apparso strano che, senza avvertire la Procura, un ufficiale dell’Arma sia andato personalmente a casa di un pastore quando avrebbe potuto convocarlo in caserma. Si è recato personalmente a Burcei per accertarsi che ciò che il pastore aveva visto fosse rilevante o no per l’andamento delle indagini? Per ordine di chi?
La testimonianza del pastore è molto importante perché indica la rotta dell’elicottero. Secondo quanto visto da Zuncheddu, infatti, il velivolo ‘Volpe’ 132 ha sorvolato ad una certa quota il massiccio dei Sette Fratelli e il canalone di Campuomu. Quindi l’elicottero non si trovava in una zona d’ombra non visibile ai radar perché a sud della costa non ci sono montagne. C’è da chiedersi, allora, se da parte delle forze dell’ordine non fosse già stato tracciato un itinerario da seguire in modo da optare, nel più breve tempo possibile, per l’archiviazione della morte dei due sottufficiali della GdF come “errore umano”, un incidente coperto da segreto militare di Stato,contraddizione tipica italiana. I giornalisti Piero Mannironi e Pier Giorgio Pinna dell’ “Unione Sarda” si sono anche chiesti come mai non sia stata disposta una consulenza tecnica sulle registrazioni tra la centrale operativa del II° gruppo del Nucleo Elicotteristi GdF di Cagliari e l’elicottero Volpe 132. Quel giorno l’unico radar funzionante era quello di Monte Codi (Radio Detection and Ranging) che, secondo quanto detto dai militari del Poligono Interforze di Salto di Quirra, non ha segnalato niente di anomalo. Gli altri radar della zona, quello di Elmas (da dove sono partiti Deriu e Sedda) e di Salto Quirra, non erano funzionanti e le comunicazioni T/B/T si sono interrotte alle 19.14 circa. Sono seguiti interminabili 40 minuti di silenzio che hanno presagito la tragedia dell’elicottero.

I nastri delle comunicazioni T/B/T sono stati tagliati?

I radar utilizzano onde elettromagnetiche per il rilevamento e la determinazione della posizione e la velocità degli oggetti sia fissi sia mobili come velivoli, navi ecc.. Il radar ha anche la capacità di rilevare formazioni atmosferiche o il suolo stesso visto dall’alto; possono essere disturbati dalla presenza di clutter (oggetti) fissi o mobili che possono costituire un pericolo per la zona da controllare e segnalati durante la propagazione del segnale. Com’è possibile che quel giorno l’elicottero della GdF, la motovedetta Colombina e il mercantile Lucina non siano stati intercettati dal radar? C’è inoltre un particolare molto importante. La Commissione Ministeriale d’Inchiesta per l’omicidio Alpi - Hrovatin, istituita nel 2001, che ha indagato anche sulla scomparsa dell’elicottero Volpe 132, ha appurato che i due piloti della GdF controllavano, in condizioni meteorologiche buone, un ampio raggio tra Capo Carbonara (dove fu ritrovato il casco di uno dei piloti), Serpentara e Capo Ferrato.  L’elicottero ‘Volpe’ 132 A-109 e la Colombina dovevano scandagliare la costa cooperando attraverso un intenso contatto radio. Nella relazione della l^ Commissione tecnica formale nominata dal Ministero della Difesa (Commissione d’Inchiesta militare) questo “legame di sinergia operativa” da prima viene confermato ma, in seguito, smentito anche dalla Guardia di Finanza. La motovedetta G.63, comandata dal maresciallo Atzori, secondo la procedura di controllo della costa e del mare, avrebbe dovuto solcare anche la zona tirrenica del nord della Sicilia e non ripiegare subito sulla baia di Feraxi. Inoltre, secondo il racconto dei militari a bordo della Colombina, l’elicottero ‘Volpe’ 132 è stato perso di vista a Serpentara e solo dopo la motovedetta della GdF si è diretta verso Capo Ferrato. In un secondo momento gli inquirenti hanno controllato i tracciati del radar di Monte Codi e il maresciallo Atzori ha dovuto confermare “la versione del tracciato”, ossia, che, quando l’elicottero è sparito, la Colombina era sotto il velivolo, avendo ben visibile le scritte dell’elicottero e, solo dopo averlo perso di vista, ha cambiato la rotta. I colleghi di Deriu e Sedda hanno cambiato versione perché non potevano smentire il radar di Monte Codi, che nello stesso istante dell’elicottero, aveva segnalato anche la sua presenza nella zona di Serpentara, o perché non ricordavano la sequenza degli avvenimenti? Dalla costa, i testimoni Utzeri, Marini, Cuccu e Zuncheddu hanno visto la forte esplosione da Capo Ferrato, dove Atzori ha dichiarato di essersi diretto dopo aver perso di vista l’elicottero. Come ha fatto la motovedetta Colombina a non accorgersi dell’esplosione essendo sulla traiettoria del velivolo? Altro mistero!

Il 15 maggio 1994, la Commissione d’inchiesta militare ha archiviato la morte di Deriu e Sedda come incidente senza specificarne le cause. La Procura ha sentito anche il comandate del Poligono Interforze di Serra di Quirra, il generale Fabio Molteni, il quale ha dichiarato che il tratto di costa compreso tra Capo Ferrato e la baia di Feraxi non rientra nella loro giurisdizione. Quindi, se ci fosse stata una nave (il mercantile Lucina) ancorata a largo nella baia di Feraxi, non competeva alla base militare accertare la “natura” del carico del mercantile. Molteni parla di tratto di costa e non di tratto di mare perché i confini del Poligono militare di Serra di Quirra terminano a Capo San Lorenzo, a nord di Capo Ferrato. Se, invece, il generale avesse inteso “tratto di mare”, la zona sarebbe stata ad ampio raggio, comprendendo anche quella lontana dalla costa e i mezzi ancorati in mare aperto in direzione del Poligono.

Di tutta questa faccenda è sicuro che alle 14:00 del 2 marzo 1994, al maresciallo Deriu e al brigadiere Sedda viene comunicato di effettuare, una perlustrazione notturna nella zona costiera cagliaritana “per la repressione traffici illeciti via mare nel tratto Elmas – Capo/Carbonara – Capo/Spartivento - Elmas”; decollo ore 18:44. A supportare “la missione” il G.63 Colombina, che avrebbe effettuato “un’azione combinata” dal mare di ricognizione del territorio. L’elicottero della GdF avrebbe dovuto controllare una “zona limitata” della costa cagliaritana, il G.63, invece, avrebbe dovuto raggiungere le 60 miglia marine a est di Capo Carbonara (111 chilometri dalle coste sarde). Se i mezzi erano cooperanti e “la missione” doveva essere costiera per quale motivo le rotte seguite dai due mezzi della GdF erano opposte?

Le comunicazioni T/B/T tra l’operatore di Cagliari avvicinamento e il mar. llo Deriu (Sedda,quindi, era ai comandi) sono le seguenti:

Ore 18:44, Volpe 132 a Cagliari avvicinamento: "Siamo un A-109 della Finanza, in volo fino a Capo Carbonara. Effettueremo una piccola ricerca verso sud”.

Ore 18,58, Volpe 132: “A-109 lascia Elmas per Capo Carbonara a 1000 ft (piedi). Ci dirigiamo verso sud per seguire i bersagli segnalati dai radar”.

Cagliari avvicinamento "Copiato Volpe 132, allora ci richiamate su Capo Carbonara”.
Volpe 132: “Ricevuto”.

Alle 19,52, Cagliari avvicinamento: “Volpe 132 … Volpe 132, rispondete! Volpe 132 … Volpe 132!”.

La tragedia si è già consumata. Il mar. llo Deriu e il brig. Sedda sono morti ma Cagliari avvicinamento non lo sa e continua a chiamare l’elicottero della GdF senza trovare risposta. A quali bersagli si riferiva il mar. llo Deriu? Dopo quasi 20 anni, la caduta dell’elicottero, come la morte dell’equipaggio del Lucina, rischia di finire nell’oblio dei cold case italiani. Sono del parere che se si cercasse di dare anche solo una risposta ai tanti misteri del nostro Paese, protetti dal segreto di Stato, il nostro sistema governativo e di ordine pubblico crollerebbe. Probabilmente emergerebbero dalla palude nomi noti e nomi di insospettabili e la nostra Italia vacillerebbe per non rialzarsi più perché il nostro equilibrio politico e sociale è appeso ad un filo sottile e tagliente che dilania chiunque voglia spezzarlo, come ha fatto per il maresciallo Deriu e il brigadiere Sedda.

Non è da escludere, quindi, che questi due avvenimenti possano includersi in quei reati puniti con gli artt. 285 (strage allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato) e 422 (strage) del c. p.,entrambi puniti con l’ergastolo e, in quanto tali, imprescrittibili. Mannironi e Pinna hanno definito il disastro dell’elicottero Volpe 132 l’”Ustica sarda” mentre Magdi Cristiano Allam e Nacera Benali hanno ipotizzato che la strage dell’equipaggio del mercantile Lucina sia opera di uno dei leader del Fis, Lounici Djamel, e del gruppo terroristico Gia. La Procura di Napoli, che, nel 1995, si è occupata della strage del Lucina, ha emesso 12 ordinanze di custodia cautelare a carico del Fis e del Gia. L’accusa più grave mossa dalla Procura di Napoli è nei confronti di Lounici Djamel, ricercato con un mandato di arresto dall’Italia, dal Marocco e dalla Francia, è accusato di gestire una parte del traffico di armi internazionale tra Italia, Asia ed Africa. Lo stesso traffico di cui si occuparono la giornalista Ilaria Alpi e Miran Hrovatin in Somalia nel 1994.

Da anni l’avvocato delle parti civili Deriu e Sedda, Carmelo Fenudi, si batte perché il caso non sia archiviato dalla Procura di Cagliari. “E’ inammissibile”, spiega l’avvocato, “che, secondo gli inquirenti, l’elicottero della Guardia di Finanza sia finito in una zona d’ombra inaccessibile ai radar!”.

Lo scorso ottobre, il Procuratore Mauro Mura ha respinto la richiesta di archiviazione della morte dei due sottufficiali della GdF a causa delle gravissime mancanze investigative che, negli ultimi 18 anni, non hanno permesso che venisse alla luce la verità. Oltre all’assenza totale di comunicazioni tra l’elicottero Volpe 132 e la motovedetta G.63; alla “fantomatica” zona d’ombra su cui si sarebbe trovato l’elicottero; ai 40 minuti di silenzio nelle comunicazioni T/B/T tra il velivolo della Gdf e Cagliari avvicinamento; alla mancanza comunicazioni tra il II Gruppo del Nucleo Elicotteristi Gdf e la Torre di Controllo; a rafforzare la convinzione della Procura sono state alcune fatti acquisiti dal PM nel corso delle indagini. All’inizio delle indagini, il sost. proc. Guido Pani ha chiesto all’Aeronautica militare una copia della relazione della Commissione d’inchiesta ma la richiesta è stata respinta perché coperta da segreto militare. Secondo il Ministero dell’Interno e della Difesa, la morte dei due sottufficiali della Gdf è un incidente, probabilmente dovuto ad un errore del brig.

Sedda ma deve restare coperto sia da segreto di Stato sia da segreto militare. In che tipo di esercitazioni è stato coinvolto l’elicottero Volpe 132 per essere stato coperto anche da segreto militare? Altro elemento raccolto dalla Procura riguarda il furto di un elicottero Volpe 132 dal deposito della GdF di Oristano, gestito dalla ditta Wind Air s.r.l.. In seguito ad una segnalazione anonima, l’elicottero è stato trovato a Quarto S. Elena. Si è ipotizzato ad un depistaggio: l’elicottero “gemello”, fatto a pezzi, doveva essere gettato in mare in una zona distante dal Poligono Interforze e spacciato per l’elicottero disperso. La Wind s.r.l è risultata essere una società senza ragione sociale e, probabilmente, utilizzata come copertura dai Servizi Segreti. Il legale di questa società, l’avv. Costantino Polo, risulta avere tre diversi dati anagrafici e innumerevoli residenze, tutte inesistenti.

Da alcuni documenti demaniali dello Stato italiano è emerso che ad Oristano, tra gli immobili pubblici, c’è un edificio in via della Tribuna di Campitelli n. 23 dove il codice corrispondente allo stabile è lo stesso della sede legale della società Wind s.r.l.. Attiguo al numero civico 23 c’è un altro immobile appartenente al Ministero dell’Interno, i cui dati catastali e amministrativi compaiono. Sia l’edificio al n. 23 sia quello del Ministero dell’Interno sono utilizzati per uso governativo e tale uso è specificato nelle carte catastali. La sede della Wind s.r.l., dopo il furto dell’elicottero da Oristano, è stata spostata a Nuoro ad un indirizzo inesistente.
Che rapporto c’è tra la Wind s.r.l., il Ministeri dell’Interno e della Difesa, l’elicottero “gemello” del Volpe 132 abbattuto a Faraxi e la morte dei due sottufficiali della GdF? I due Ministeri non hanno fatto chiarezza avvalendosi ancora una volta del segreto di Stato e militare ma è chiaro, come la luce del sole, che questo rapporto c’è e cammina all’ombra dei depistaggi. Il caso del Volpe 132 si riapre sul rapporto tra i traffici internazionali di rifiuti tossici ed armi, che hanno coinvolto anche le nostre coste e i nostri mari, controllati da camorra, cosa nostra e ‘ndrangheta, passando per il Kosovo, minato dalla guerra di pulizia etnica. Una vecchia ipotesi che diventa nuova e concreta se si collegano i tasselli del mosaico che legano la morte di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin, l’abbattimento dell’elicottero Volpe 132 e il mistero del mercantile “fantasma” Lucina, che fa la spola tra Nuoro, Cagliari e le acque internazionali. E’ possibile che il mercantile trasportasse scorie radioattive e uranio impoverito proveniente da Serra di Quirra? Credo che gli inquirenti abbiano tutti gli elementi e c’è da augurarsi, almeno questa volta, che siano capaci di metterli in ordine e scoprire finalmente come e perché il mar.llo Deriu e il brig. Sedda sono morti.

L'elicottero Volpe 132

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