mercoledì 4 dicembre 2013

a seguire sotto COME AMMAZZARE LE PICCOLE IMPRESE ITALIANE E VIVERE FELICI - “WSJ”: I GUAI DELLE BANCHE ITALIANE PORTANO LE PMI SULL’ORLO DEL FALLIMENTO

e Sondaggio Confesercenti: l'87% degli italiani ha ridotto le spese nel 2013

04 DIC 2013 - agricoltori bloccano Brennero.Falsi uccidono 140mila aziende


Sarà ancora peggio con l'attesa invasione dei prodotti Usa grazie alla Nato economica vedi Tafta: la fine dell’Europa

Lo Stato, ti manda le cartelle e introduce tasse su tasse ed aumenta le aliquote esistenti da devolvere ai banchieri cari alla troika. Per giunta dice che sei evasore se non le paghi. Se licenzi o sei licenziato per cessata attività o fallimento i lavoratori, titolari compresi della defunta azienda sono accusati di essere falsi poveri. Un paese nel quale NON VIGE il reddito di cittadinanza, secondo questa provincia dell'eurolager, i poveri sono falsi. 
Sarebbe decisamente opportuno, alla luce delle continue, esose, vessatorie estorsioni chiamate TASSE SU OGNI ATTIVITA',  ESIGERE CHE LE IMPRESE SIANO TUTELATE QUANTOMENO DALLA CONCORRENZA SLEALE. Possibile sia chiedere troppo, dopo che oltretutto le imprese italiane sono state decimate a causa della globalizzazione???? Sono
purtroppo o per fortuna loro a creare occupazione, non mi pare che lo stato assuma per cui, cominci a rendersi utile una volta nella sua storia, AL CITTADINO ITALIANO e non alle solite clientele, soprattutto d'oltreoceano.
Barbara


04 DIC 2013 - agricoltori bloccano Brennero.Falsi uccidono 140mila aziende
(AGI) - Roma, 4 dic. - Con la crisi sono state chiuse in Italia 140mila (136.351) stalle e aziende anche a causa della concorrenza sleale dei prodotti di minor qualita' importati dall'estero che vengono spacciati come Made in Italy. E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Unioncamere relativi ai primi nove mesi del 2013 rispetto all'inizio della crisi nel 2007. L'allarme sulla situazione delle campagne italiane e' stato lanciato con la mobilitazione "La battaglia di Natale: scegli l'Italia" per difendere l'economia e il lavoro delle campagne dalle importazioni di bassa qualita' che varcano le frontiere per essere spacciate come italiane, che ha portato allevatori e coltivatori al valico del Brennero. Solo nell'ultimo anno - sottolinea Coldiretti - sono scomparse 32.500 stalle e aziende agricole e persi 36mila occupati nelle campagne, con impatti devastanti sulla sicurezza alimentare ed ambientale dei cittadini.

Coldiretti: 'falsi bizzarri' ragu' estone e parmigano uruguayano

La chiusura di un'azienda agricola significa infatti maggiori rischi sulla qualita' degli alimenti che si portano a tavola e minor presidio del territorio, lasciato all'incuria e alla cementificazione. Sono questi i drammatici effetti di quelli che sono "i due furti ai quali e' sottoposta giornalmente l'agricoltura: da una parte il furto di identita' e di immagine che vede sfacciatamente immesso in commercio cibo proveniente da chissa' quale parte del mondo come italiano; dall'altra il furto di valore aggiunto che vede sottopagati i prodotti agricoli senza alcun beneficio per i consumatori per colpa di una filiera inefficiente". "Stiamo svendendo un patrimonio del nostro Paese sul quale costruire una ripresa economica sostenibile e duratura che fa bene all'economia all'ambiente e alla salute", afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel denunciare che "l'invasione di materie prime estere spinge prima alla svendita agli stranieri dei nostri marchi piu' prestigiosi e poi alla delocalizzazione delle attivita' produttive". Oggi anche a causa delle importazioni di minor qualita' l'Italia - sottolinea la Coldiretti - produce appena il 70 per cento dei prodotti alimentari che consuma ed importa il 40 per cento del latte e carne, il 50 del grano tenero destinato al pane, il 40 del grano duro destinato alla pasta, il 20 del mais e l'80 della soia mentre siamo autosufficienti solo per ortofrutta, vino, pollame. La colpa e' di un modello di sviluppo industriale sbagliato che ha tagliato del 15% le campagne e fatto perdere negli ultimi venti anni 2,15 milioni di ettari di terra coltivata. Ogni giorno viene sottratta terra agricola per un equivalente di circa 400 campi da calcio (288 ettari) con il risultato che e' aumentata la dipendenza dall'estero per l'approvvigionamento alimentare. Dall'inizio della crisi a oggi le importazioni di prodotti agroalimentari dall'estero sono aumentate in valore del 22%, secondo un'analisi di Coldiretti relativa ai dati del commercio estero nei primi otto mesi del 2013. Gli arrivi di carne di maiale sono cresciuti del 16%, mentre le importazioni di cereali, pronti a diventare pasta e riso spacciati per italiani, hanno fatto registrare addirittura un vero e proprio boom (+45 per cento), con un +24% per il grano e un +49% per il riso. Aumenta anche l'import di latte, +26%, anch'esso destinato a diventare magicamente made in Italy. Netta pure la crescita delle importazioni di frutta e verdura, +33%, con un vero e proprio boom per il pomodoro fresco (+59%), ma cresce anche quello concentrato (+32%). Aumentano anche gli arrivi di succo di frutta dall'estero, +16%.
Al Brennero gia' 1.500 agricoltori a sfidare freddo Stanno sfidando il freddo con temperature decisamente sotto lo zero circa 1.500 agricoltori e allevatori della Coldiretti presenti al valico di confine di passo Brennero per difendere i prodotti italiani dalle importazioni di bassa qualita' per la mobilitazione 'La battaglia di Natale: scegli l'Italia'. In questo momento sono in corso controlli sulla corsia sua della statale nei confronti dei tir provenienti dall'Austria.
"Sono arrivati pullman da tutta Italia, Sardegna e Sicilia comprese. Al momento siamo in 1.500 ma altrettanti arriveranno per il turno del pomeriggio - ha detto all'AGI il presidente del Trentino Alto Adige della Coldiretti, Danilo Merz che attualmente si trova al passo del Brennero a un chilometro dal confine austriaco - al momento stiamo fermando i tir, in particolare quelli con la cella frigo e quelli con cisterna.
Noi non siamo contro l'arrivo della merce dall'estero ma lo scambio deve essere corretto e soprattutto chiediamo correttezza nell'origine dei prodotti. Se il latte arriva, per esempio, dalla Polonia, quando arriva in Italia non puo' essere considerato come latte italiano. La gente deve sapere la provenienza di cio' che beve o mangia. Nel corso delle prossime ore decideremo se proseguire anche oltre alla giornata di domani". (AGI) .



Sondaggio Confesercenti: l'87% degli italiani ha ridotto le spese nel 2013
2 dicembre 2013
L'87% degli italiani, nel corso del 2013, ha ridotto le spese per vacanze, beni alimentari, mentre si registra un aumento di chi stringe la spesa sui carburanti (quasi 2.500.000 persone in più, o il 5%, rispetto al 2012). E solo il 54% delle famiglie riesce ad arrivare a fine mese. È quanto emerge dal Sondaggio Confesercenti-Swg in occasione delle festività 2013. In totale i nostri connazionali che dichiarano di aver rivisto la propria spesa sono oltre 41 milioni, circa 500mila più dello scorso anno.

Molti di meno quelli che dicono di non aver proceduto ai tagli: sono l'11%, circa 5 milioni e 300 mila. Meno di 1 milione di persone - il 2% - sostengono di aver incrementato le uscite. Tra chi ha rivisto il proprio budget, il 24% afferma di aver compiuto una spending review su tutte le voci. Il 39% ha detto di aver tagliato, invece, principalmente sui capi di abbigliamento. Segue, nella classifica dei tagli operati dagli italiani, il materiale informatico, indicato dal 30% del campione; il 23% ha stretto la cinghia sulle spese di casa, il 22% sui viaggi e il 20% - il 5% in più del 2012 - sui carburanti, mentre il 15% - ben 7 milioni e 200mila italiani - è state costretto a tagliare persino i beni alimentari. La fascia d'età più colpita appare quella tra i 25 e i 34 anni: il 90% di questi ha ridotto le spese in genere, uno su quattro (il 25%) stringendo sui consumi di carburanti.

COME AMMAZZARE LE PICCOLE IMPRESE ITALIANE E VIVERE FELICI - “WSJ”: I GUAI DELLE BANCHE ITALIANE PORTANO LE PMI SULL’ORLO DEL FALLIMENTO
Gli istituti di credito piccoli e medi, come ad esempio Banca Marche, rappresentano circa la metà del credito erogato in Italia. Dal canto loro, le imprese - secondo i numeri forniti da Bankitalia - contano sulle banche per circa il 70% della propria raccolta di risorse, cioè più del doppio delle percentuali del Regno Unito e degli Stati Uniti…
Carlotta Scozzari per Dagospia

Spesso le banche si difendono dall'accusa di avere chiuso i rubinetti del credito alle piccole e medie imprese (pmi) italiane affermando come sia la domanda di credito in arrivo dal mondo delle imprese a essere calata. Le storie raccontate nell'ultimo articolo del Wall Street Journal sembrano dimostrare che le cose non stanno così. Il quotidiano economico racconta la storia di Pietro Fattorini, proprietario di un'azienda di marmo nelle Marche che ha recentemente domandato la protezione della legge fallimentare (l'ipotesi dovrebbe essere quella di un concordato) ma non lo ha fatto per una mancanza di domanda, dal momento che la società, 23 anni di storia, ha molti ordini in arrivo da oltre oceano.
Il problema di Fattorini, spiega il Wsj, è l'istituto di credito che lo finanzia, o meglio, che lo finanziava: Banca Marche, che a ottobre è stata commissariata dalla Banca d'Italia. Un provvedimento legato alle enormi sofferenze che il gruppo di Jesi (Ancona) ha dovuto sopportare dopo il credito facile che aveva caratterizzato la vecchia gestione, che faceva perno sull'ex direttore generale, Massimo Bianconi. "La banca - spiega il quotidiano economico - l'anno scorso ha tagliato le linee di credito all'azienda, soffocando così le risorse di cui avrebbe avuto bisogno per sopravvivere". "E' come guidare in autostrada senza sapere se troverai sulla via un benzinaio", dice Fattorini.
I guai delle piccole banche italiane, sottolinea il Wsj, stanno facendo affogare i milioni di piccole imprese che dipendono da loro per finanziarsi. Inoltre, il profondo legame tra gli istituti di credito e le piccole città italiane si traduce in una perdita di posti di lavoro nelle banche, in un crollo dei titoli, sia che siano quotati in Borsa (come ad esempio per Mps) sia che siano trattati in asta (come nel caso di Banca Marche, le cui quotazioni il 25 novembre sono scese a 25 centesimi dagli 85 dell'aumento di capitale del gennaio del 2012) e in una contrazione delle erogazioni delle Fondazioni (accade sia a Jesi sia a Siena, poiché gli enti primi azionisti stanno attraversando una profonda fase di difficoltà finanziaria).

Le banche piccole e medie come quella di Jesi rappresentano circa la metà del credito erogato in Italia. Dal canto loro, le imprese - secondo i numeri forniti da Bankitalia - contano sugli istituti di credito per circa il 70% della propria raccolta di risorse, cioè più del doppio delle percentuali del Regno Unito e degli Stati Uniti.
Il Wsj fa un altro esempio di come i guai degli istituti di credito si stiano trasmettendo in maniera preoccupante al territorio: Cassa di risparmio di Ferrara, pure commissariata da Bankitalia, ha smesso di pagare il dividendo alla propria controllante, l'omonima Fondazione Carife, nel 2010. L'ente, che peraltro aveva impiegato gran parte delle proprie risorse per seguire l'aumento di capitale della banca del 2008, ha dovuto tagliare le erogazioni al territorio (dalla chiesa all'università) dai 7,6 milioni del 2008 agli 1,9 milioni del 2012. Una cosa simile sta accadendo anche a Siena, Jesi e Genova, dove le Fondazioni territoriali, prime socie delle banche locali, sono ormai rimaste a corto di risorse.

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