Mohammed Merah, secondo le informazioni di cui disponiamo in
queste ore, si era addestrato nei campi dei mujahidin afghani.
L'attentatore di Tolosa, quindi, non era un neonazista ma, un
fondamentalista islamico jihadista. Noto sia alle forze dell'ordine che all' intelligence francese. La sua giovane età, 24 anni, è un aspetto non secondario e particolarmente interessante, infatti, lo colloca all'interno di una “terza generazione” di mujahidin addestrati in Afghanistan.
Arianna Editrice
Per comprendere il caso di Mohammed Merah è necessario compiere alcuni passi a ritroso, nella storia degli scorsi anni, attraverso un percorso complesso, di assoluto interesse.
L' Afghanistan non è la Destinazione Finale
Possiamo individuare “tre grandi fasi” di adesione e partecipazione al jihad mediante l'addestramento nei campi dei mujahidin afghani. Una “prima fase”,
conseguente all'invasione sovietica, in cui soggetti provenienti
principalmente dal Medio Oriente, si recavano in Afghanistan per
addestrarsi ed intraprendere la lotta contro l'invasore. La maggior
parte di questi mujahidin ha poi fatto ritorno nei rispettivi paesi
d'origine, portando con se una serie di conoscenze e tutta l'esperienza
maturata durante la guerra. Solo una minoranza, anche
se significativa e composta principalmente da sauditi, si è stabilità
permanentemente in Pakistan, vicino al confine con lo stesso
Afghanistan.
Successivamente al ritiro sovietico, contrariamente a quanto si possa credere, la prassi
di recarsi in Afghanistan per ricevere un addestramento militare da
mujahidin non si è mai interrotta. Durante gli anni novanta è
proseguita in una “seconda fase”, nella quale è andata sensibilmente aumentando la provenienza dei combattenti, sempre musulmani, dall' Europa, dai Balcani e dalle Repubbliche dell'
ex Unione Sovietica. L'aspetto fondamentale di questo periodo resta
il ritorno in patria dei mujahidin che, una volta addestrati,
tornavano a combattere le guerre presenti nei propri paesi di origine,
in particolar modo nei Balcani e in Cecenia. Così
come ad aderire a organizzazioni terroristiche presenti nel Maghreb o
in Egitto. Questo periodo vede anche la comparsa di una nuova organizzazione: i taliban. In costante ascesa nello scenario afghano.
Vi è poi una “terza fase” quella successiva all' 11 Settembre 2001, inevitabilmente legata alle guerre in Afghanistan e in Iraq, che ha visto la provenienza di combattenti da tutto il mondo, e di cui sappiamo ancora poco, o nulla.
L' Intelligence Francese dal GIA alle Pratiche di Infiltrazione dei Mujahidin Afgani
La Francia si è trovata in prima linea nella lotta al terrorismo, di matrice fondamentalista islamica, negli anni novanta. Il GIA algerino, vedeva al suo
interno la partecipazione sia di una “prima generazione” composta da algerini ex-combattenti in Afghanistan, contro i sovietici, così come una “seconda generazione”, addestratasi in quella che abbiamo definito “seconda fase”.
All'interno delle cellule terroristiche del GIA, fra “prima” e “seconda generazione”
esisteva un' assoluta continuità, anche con chi non era
fondamentalista e non si era mai recato in Afghanistan.Proprio negli
anni del contrasto al GIA algerino, l'intelligence francese elaborerà i suoi metodi di lavoro per confrontarsi con il fondamentalismo islamico.
Da questo punto di vista, l' intelligence francese è riuscita a
svolgere un ruolo significativo proprio sfruttando questa “seconda generazione”, infiltrandola e riuscendo
ad ottenere ampie conoscenze sul fenomeno, sia sul terrorismo di
matrice algerina sia sul nuovo fenomeno dei mujahidin di provenienza
europea.
L' intelligence francese ha potuto porsi
ad un livello superiore di analisi, godendo di una visione d'insieme,
ottenendo informazioni sui terroristi, ben oltre le loro attività sul
territorio francese. Riguardo ad esempio le strutture dei mujahidin in
Afghanistan, le relative basi di appoggio in territorio pachistano, i referenti delle organizzazioni non solo in Afghanistan e in Pakistan ma, anche in Europa. Nonché i canali di approvvigionamento delle
armi e degli esplosivi, i contatti europei e mediorientali per gli
spostamenti di uomini e risorse finanziarie. A ciò si sono aggiunte le
informazioni sui metodi di addestramento militare, sulle tecnologie
disponibili e sui materiali utilizzati per confezionare ordigni
esplosivi.
Inoltre tramite l'utilizzo di fotografie scattate al di fuori di mosche o centri cultura islamici
ritenuti di matrice più fondamentalista, è stato possibile
rintracciare gli spostamenti di molti mujahidin, europei, che in
Afghanistan avevano condiviso mesi di addestramento con le risorse
infiltrate. La loro semplice presenza, in una determinata città d' Europa, poteva essere il segnale della presenza
di una organizzazione terroristica sconosciuta. Grazie a questo
metodo si è resa possibile l' individuazione di nuove organizzazioni e
il loro monitoraggio, con un investimento più ridotto di risorse e
mezzi.
Nel complesso questa attività ha permesso di raggiungere risultati particolarmente significativi non solo nei confronti del GIA ma, anche per la conoscenza più complessiva del fenomeno del terrorismo islamico.
Il Caso di Merah, l'Attentatore di Tolosa
Dopo l' 11 Settembre 2001, il terrorismo di matrice islamica fondamentalista ha fatto la sua
ricomparsa in Europa, anche se con finalità diverse da quelle
manifestatesi in precedenza.Fra le intelligence europee, quella
francese ha goduto di una maggiore esperienza, altamente specifica,
matura sia durante le azioni di contrasto condotte in Nord Africa e in
Francia, sia per una quasi ventennale esperienza di infiltrazione nei
gruppi fondamentalisti islamici. Dal 2001 ad oggi, ha
contrastato il terrorismo seguendo i propri metodi operativi , spesso
non coordinando le proprie attività, in particolar modo gli arresti, con le altre intelligence d' Europa.
Ed
è proprio per questo motivo che restano molti aspetti da chiarire
riguardo il caso di Mohammed Merah. L'attentatore di Tolosa si era
recato in Pakistan, proseguendo poi in Afghanistan, fino a giungere
nei campi di addestramento dei fondamentalisti. Arrestato in
Afghanistan, evaso, successivamente riarrestato e consegnato dagli
statunitensi ai francesi. Generalmente una figura di questo genere, se lasciata libera di circolare, è prassi che vengano monitorata con un livello più o meno inteso, a seconda dei casi specifici. Alla comparsa dei primi dubbi riguardo le sue attività, verrebbe subito trattenuta dalla polizia per comprendere la sua reale pericolosità.
Qui
incontriamo una prima stranezza. Infatti Merah si era già riproposto
come un fanatico mostrando, anche a sconosciuti, dei video di
attività dei fondamentalisti islamici, video che fra l'altro, mostravano decapitazioni e uccisioni sommarie. Nonostante fosse stato nuovamente segnalato alle forze dell'ordine, nessuna misura restrittiva è stata presa nei suoi confronti.
Giunti a questo punto, sono ormai fin troppo evidenti gli errori di valutazione da parte dell' intelligence francese. Errori perseguiti con la non immediata individuazione del soggetto come responsabile dell' omicidio dei tre paracadutisti. Fatto che gli ha permesso di realizzare il massacro alla scuola ebraica.
L'ultima stranezza riguarda l'intervento delle forze speciali. Durato troppo a lungo e condotto con metodi assolutamente singolari.
Una volta rimasto solo nell'edificio, Merah non aveva nessun modo di
garantirsi una protezione. Non aveva con se ostaggi. Non poteva
infliggere danni a persone nelle vicinanze. Nemmeno se avesse fatto
esplodere il suo appartamento, come accaduto in Spagna nel 2004,
durante l'azione nei confronti dei terroristi responsabili degli
attentati di Madrid.Invece è riuscito nel suo intento, di blindare il
suo appartamento con i suppellettili di cui disponeva, ed impegnare le
forze speciali in un lungo scontro a fuoco inteso e prolungato
causando feriti, anche gravi, fra le forze dell' ordine.
Per finire, resta inspiegabile, al momento, il fatto che le forze
speciali francesi non abbiano deciso di utilizzare un gas paralizzante
per colpire il terrorista, evitando così lo scontro a fuoco.
Avrebbero potuto usare un gas anche in maniera massiccia, senza il
rischio di coinvolgere gli altri inquilini dell'edificio, ormai da tempo evacuati. Eppure non lo hanno fatto.
Molti di questi dubbi troverebbero una semplice spiegazione se venisse confermata la notizia,
proposta da alcuni fra i principali quotidiani francesi, secondo cui
Merah non era nient'altro che uno dei tanti, l'ennesimo, infiltrato
dei servizi segreti francesi all'interno dei gruppi fondamentalisti islamici. Questa pratica di infiltramento, di cui abbiamo discusso, prosegue da decenni e proprio per questo, la notizia
non ci stupirebbe. Inoltre, sembrerebbe trovare un'ulteriore
conferma, considerando che un uomo, dei servizi segreti francesi, è
stato visto ripetutamente entrare e uscire dall'appartamento di Merah,
nelle ore precedenti l'intervento delle forze speciali. Notizia confermata dalla stampa francese. Secondo la quale, sulla lista dei prossimi obbiettivi dello stesso Merah, sarebbe comparso anche il nome di un agente dei servizi segreti francesi di origine magrebina.
Viste le esperienze e le informazioni disponibili relative sia ad esse, sia riguardo il percorso di altri infiltrati, è altamente probabile che Merah stesse già lavorando per i servizi segreti francesi, prima di recarsi in Afghanistan. Questo fatto troverebbe ulteriore conferma dalla facilità
con cui è stato ceduto dagli americani ai francesi e da questi
rimesso in libertà. Inoltre l'esercito statunitense, che sembra
disporre di una lunga serie di informazioni su Merah, conferma che il
soggetto ha viaggiato a lungo e per tutto il medio oriente.
Catturandolo
vivo, forse, i media avrebbero potuto comprendere ulteriori aspetti,
oltre a quelli emersi fin'ora. Se avesse veramente lavorato,
fornendo informazioni, per i servizi segreti. Quale genere di
trattamento gli fosse stato riservato, durante questa sua collaborazione.
Cosa lo avesse realmente spinto a compiere il triplice omicidio dei
militari francesi, prima di portare a termine il massacro alla scuola ebraica. Inoltre avrebbe potuto fornire informazioni anche riguardo il fenomeno dei mujahidin musulmani di origine europea, fenomeno forse troppo sottovalutato dai media. Tutto questo, nel mezzo della campagna elettorale per le elezioni presidenziali.
di Lorenzo Adorni per Nuovi Mondi visto su
"...Mostrando, anche a degli sconosciuti, dei video...".
RispondiEliminaAllora non è lui il vero killer: lui è solo uno "zimbello" di copertura.