A seguire "Io non li voglio vedere nè ascoltare. In parlamento foraggiano la mafia e poi scendono in piazza a commemorare Giovanni Falcone di Sergio Di Cori Modiglian.Barbara
Falcone, storia di un uomo vero
Abbiamo trovato questo articolo la cui lettura ci ha fatto
sussultare: di rabbia, di paura e di dolore. I ricordi però si sono
risvegliati, la memoria è riaffiorata dalla melma
mielosa delle commemorazioni ipocrite anche da parte di personaggi
ignobili che furono i mandanti morali del suo assasinio. Lo
ripubblichiamo per rendere omaggio ad un uomo che seppe sfidare
tutto e tutti in nome del superiore interesse del nostro popolo e
che non aveva certo paura di dire la verita', mai, come dimostrano le
sue parole qui sotto.
Ettore Fieramosca
"L'unico
tentativo serio di
lotta alla mafia fu quello del prefetto Mori, durante il Fascismo,
mentre dopo, lo Stato ha sminuito, sottovalutato o semplicemente
colluso.
Sfidiamo gli antifascisti a negare che la mafia ritornò trionfante in Sicilia ed in Italia al seguito degli "Alleati" e degli antifascisti, in ricompensa dell'aiuto concreto che essa fornì per lo sbarco e la conquista dell'isola!"
[Giovanni Falcone]
Sfidiamo gli antifascisti a negare che la mafia ritornò trionfante in Sicilia ed in Italia al seguito degli "Alleati" e degli antifascisti, in ricompensa dell'aiuto concreto che essa fornì per lo sbarco e la conquista dell'isola!"
[Giovanni Falcone]
PRIMA DI CAPACI
C’erano
le lettere al Giornale di Sicilia scritte dai vicini di casa di
Giovanni Falcone (in via Notarbartolo, dove ora
c’è «l’albero Falcone») che nell’aprile 1985 lamentavano il fastidio
delle sirene e il timore che un attentato potesse coinvolgerli. C’erano
gli articoli di Vincenzo Vitale, Vincenzo Geraci, Lino
Iannuzzi, Guido Lo Porto, Salvatore Scarpino e Ombretta Fumagalli
Carulli (Giornale di Sicilia, Giornale, Il Roma, Il Sabato) che in tutti
i modi possibili attaccarono il maxiprocesso che dal
febbraio 1986 si celebrò nell’aula bunker di Palermo.
Ha raccontato Paolo Borsellino al Csm il 31 luglio 1988: «Io e Falcone fummo chiamati dal questore che ci disse che lo
stesso giorno dovevamo essere segregati in un’isola deserta con
le nostre famiglie: perché se l’ordinanza sul maxi-processo non la
facevamo noi, se ci avessero
ammazzati, non la faceva nessuno. Io protestai, ma mi fu risposto in
malo modo che i miei doveri erano verso lo Stato e non verso la mia
famiglia. Dopo 24 ore scaricarono me, Falcone
e le famiglie in quest’isola. Tutta questa vicenda ha
provocato una grave malattia a mia figlia, l’anoressia psicogena, e mi
scese sotto i 30 chili. Siamo stati buttati
all’Asinara per un mese e alla fine ci hanno presentato il conto, ho ancora la ricevuta».
Poi, il 16 dicembre 1987, quando la Corte d’assise comminò a Cosa Nostra 19 ergastoli, ci furono gli attacchi
democristiani e socialisti che giunsero ad accusare Falcone di filo-comunismo per come aveva affrescato i rapporti tra mafia e politica; l’incriminazione dell’ex sindaco
democristiano Vito Ciancimino non migliorò le cose.
Poi, il 19 gennaio 1988, mentre tutti attendevano la nomina di Falcone a nuovo consigliere istruttore di Palermo, ci fu
lo sfregio del Csm che gli preferì Antonino Meli seguendo
il criterio dell’anzianità: i consiglieri di destra e di sinistra
votarono tutti contro di lui a eccezione di
Giancarlo Caselli. Dirà Francesco Misiani, storico esponente di
Magistratura
democratica: «Falcone non fu compreso a sinistra, lui che
era l’unico che aveva percepito realmente la mafia come
un’articolazione dello Stato». Tra gli affossatori di Falcone si
distinse Elena Paciotti, futuro presidente dell’Associazione magistrati nonché europarlamentare
Ds.
Poi, progressivamente, ci fu lo scioglimento del pool antimafia,
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Io non li voglio vedere nè ascoltare. In parlamento foraggiano la mafia e poi scendono in piazza a commemorare Giovanni Falcone.
di Sergio Di Cori Modigliani
22 maggio 2012
Stanno preparando il vestito buono per la festa.
Passeranno la notte a lustrarsi le piume.
E domani, l’uno dopo l’altro, con una faccia che definire di bronzo è un eufemismo al ribasso, correranno da una parte all’altra della penisola cercando i riflettori della tivvù, il microfono dei giornalisti, inondandoci della loro vomitevole retorica su twitter, facebook, e in ogni angolo della rete; loro, tutti loro, gli assassini di Giovanni Falcone, la moglie, e i tre agenti della sua scorta, saranno proprio quelli che ne celebreranno la memoria.
Firmandola. Sottoscrivendola.
Faranno a gara per raccontarci come combattere ciò che loro proteggono.
Spiegheranno l’immensa eredità di un magistrato coraggioso; loro, proprio loro che hanno trafugato il testamento, alterato la firma e prodotto un perdurante falso ideologico che ha consentito, alle segreterie politiche dei diversi partiti ai quali sono affiliati, di rinverdire un fasto che ha svuotato di Senso Civico l’esistenza del popolo italiano.
Li vedremo tutti in fila, schierati come i santi.
Ci sarà addirittura chi oserà versare qualche calda lacrima, a suggello e firma dell’ipocrisia di stato, di quel trasformismo vigliacco e indomabile che ha costruito nei decenni la mala pianta del cinismo e dell’indifferenza, l’humus naturale dal quale tutte le mafie attive in questo paese traggono i profitti delle loro azioni criminali.
Perché domani, 23 maggio 2012 ricorre il ventennale della strage di Capaci.
Proprio oggi, alle ore 16, alla Camera dei Deputati, dove la percentuale di mafiosi eletti come onorevoli ha raggiunto un livello inaudito e impensabile per qualsivoglia democrazia, hanno varato un provvedimento relativo alla giustizia che riconferma la loro volontà di uccidere lo Stato di Diritto.
Con la tiepida scusante del dibattito sugli esiti elettorali di ieri, in fretta e furia, sperando che nessuno se ne accorgesse, hanno eliminato il reato di concussione, abrogandolo, in modo tale da poter garantire a Silvio Berlusconi una sicura impunità relativa al reato di cui è attualmente accusato e per il quale sta sotto processo. Si sono messi d’accordo.
L’unica personalità politica che è intervenuta, indignata e inferocita, per questo ennesimo stupro della legalità, è stato Antonio Di Pietro. Qui di seguito, per onor di cronaca, copio e incollo parte dell’intervento sul suo blog nel quale comunica alla cittadinanza ciò che è accaduto oggi, voluto dall’attuale governo, dal PDL, dal PD, dall’Udc.
…………..“Quello che è accaduto oggi in Commissione è una vergogna, uno schiaffo allo stato di diritto e alla giustizia. Sembra di essere tornati a vent’anni fa. Con artifizi e raggiri il governo e i tre partiti di maggioranza ABC hanno concluso un accordo a ribasso che fa credere all’opinione pubblica di combattere la criminalità, ma invece renderà molto più difficile ostacolarla. E’ il solito sistema della casta: ogni volta che si scoprono gravissimi reati contro la pubblica amministrazione arriva il Parlamento e vara leggi per frenare la lotta contro quei reati. Siamo stati gli unici a votare contro, l’ultimo giapponese in difesa della legalità. Si sappia che oggi, in commissione Giustizia, è stata approvata una normativa che prevede l’abrogazione del reato di concussione per induzione. E’ quello che noi, quando facemmo l’inchiesta di Mani pulite, chiamammo “dazione ambientale”, ovvero di una situazione in cui l’imprenditore che deve dare il denaro non riesce più neanche a ribellarsi; egli, ormai, sa che in quel determinato ambiente si usa dare la mazzetta o il pizzo e quindi vi soggiace pur di continuare a lavorare. Insomma, è l’espressione massima della criminalità mafiosa, perché fra concusso e concussore non serve nemmeno parlare, basta uno sguardo o comportamento concludente…Nella nostra esperienza di Mani pulite, tutti i reati di concussione avevano alla base quest’induzione. Oggi è stata eliminata, siglata a tavolino dal governo e da ABC. Alla faccia degli italiani onesti. Neanche il ministro Biondi, all’epoca del primo governo Berlusconi, arrivò a tanto. A ciò si aggiunge il fatto che è stato previsto un nuovo reato, il traffico di influenza illecita, che così come formulato è una barzelletta. Semplicemente non si può combattere perché si considera reato solo quando si ha in cambio un vantaggio patrimoniale. Come se nei reati contro la Pubblica amministrazione, o comunque commessi dai politici, il denaro fosse l’unica forma di vantaggio invece che una delle tante. E il voto di scambio? E i giochi di potere? Adesso non contano più, avevamo preso un abbaglio? Inoltre il traffico di influenze è considerato solo quando vengono sfruttate le relazioni esistenti. Ma il traffico di influenze illecite è quello che avviene soprattutto senza avere reali relazioni con un pubblico ufficiale, perché quando queste relazioni ci sono si tratta di corruzione. Nulla si dice sulla Convenzione di Strasburgo, che giace in Commissione da anni”.
Antonio Di Pietro
Tutta la classe politica che ha chiuso questo accordo, raggiungendo un’intesa per favorire la diffusione di comportamenti mafiosi in Italia, domani commemorerà Giovanni Falcone.
Domani, io non leggerò i giornali, non ascolterò le notizie, non seguirò i telegiornali, e men che meno salterò come una vispa allegra da un mi piace all’altro su facebook a commento della prevedibile scarica di striscette melense e ipocrite che inonderanno la rete con una disgustosa ondata di demagogia piatta e ipocrita.
Domani, uccideranno ancora Giovanni Falcone, sua moglie e la sua scorta.
E io non voglio farne parte.
Per questo ne parlo oggi, con un giorno di anticipo.
Seguitano a ucciderlo, ogni giorno, nella società civile e in parlamento.
Per questo vogliono museizzarlo, trasformandolo in una specie di santino, da usare ad ogni buona occasione.
Perché sono proprio loro gli eterni assassini, questa è la verità, altrimenti non ci ritroveremmo, venti anni dopo, nella stessa identica situazione di allora.
Falcone è stato assassinato da Pierluigi Bersani. Lui, è uno dei tanti assassini.
Lo ha fatto “ufficialmente” il 15 luglio del 2011, nell’occhio del ciclone per lo scandalo Penati, quando ha dichiarato formalmente a Pesaro che “non esiste nessuna questione morale, è bene che la gente lo sappia; all’interno del PD non esiste la questione morale…non c’è nessun iscritto, funzionario o militante del PD che sia toccato a nessun titolo dalla questione morale”. Pronunciando questa frase, ha assassinato di nuovo Giovanni Falcone, sua moglie e i tre agenti della scorta.
L’ha assassinato di nuovo il gruppo dei senatori del PD a settembre del 2011 quando ha votato contro l’arresto del senatore Tedesco, già dimissionario, travolto per lo scandalo della sanità in Puglia. In quel momento hanno assassinato di nuovo Giovanni Falcone.
L’hanno assassinato tutti i deputati del PDL e della Lega Nord e i dodici deputati del partito radicale, a febbraio del 2012, quando hanno votato contro l’arresto del deputato Nicola Cosentino, accusato di essere il referente istituzionale del clan camorristico dei casalesi.
E così via dicendo.
Loro, che gridano e protestano contro la cosiddetta anti-politica, si sono messi al servizio delle mafie negando alla Politica il suo ruolo di avanguardia civile collettiva.
Domani, vestiti a festa, faranno a gara a chi lo commemora e piange di più.
Tutti i funzionari pubblici della repubblica, anche quelli del più piccolo e povero comune, che violando la fiducia e la delega data loro dai cittadini attraverso il voto, hanno preso tangenti e hanno optato per privilegiare l’interesse personale a quello del bene pubblico e collettivo, tutti loro, sono quelli che seguitano ogni giorno ad assassinare Giovanni Falcone, sua moglie e i tre agenti della scorta.
Perché hanno reso vana e vacua la loro morte.
Sono gli assassini di Giovanni Falcone anche tutti quegli imprenditori che partecipano alla condivisione della corruttela negli affari, sostenendo che bisogna pagare le tangenti se si vuole sopravvivere sul mercato. Loro sono i quotidiani assassini di Falcone.
Così come lo sono anche tutti i direttori editoriali responsabili delle case editrici, delle società di produzione cinematografica, televisiva e radiofonica, che riconoscono e accolgono come autori soltanto ed esclusivamente le persone e i nomi presentate, suggerite, spinte e imposte dalle segreterie dei singoli partiti politici che poi provvederanno a fornire i loro buoni uffici facendo piovere su di loro sovvenzioni statali pagate con le nostre tasse. Loro, nessuno escluso, sono gli assassini di Giovanni Falcone, sua moglie e tre agenti della scorta.
Io non li voglio vedere. Non voglio vedere le loro facce ipocrite.
Sono gli assassini di Giovanni Falcone tutti quelli –nessuno escluso- che dicono “lo fanno tutti, che cosa ci vuoi fare?”. Così come lo sono tutti coloro che si trincerano dietro il “ma io ho una famiglia” e fingono di non sapere che in italiano esiste la frase “no, io queste cose non le faccio”. Loro sono gli assassini di Giovanni Falcone. Nessuno escluso.
Gli assassini sono tutti i cittadini italiani che nel silenzio garantito dalla privacy, cautelati dal fatto di non avere testimoni, nel segreto della cabina elettorale, mettono una crocetta su un certo simbolo, su un certo nome, perché sanno che quella lista e quella persona, domani, a elezioni avvenute (e vincenti) mi risolveranno il mio problemino, o daranno il posto a mio figlio, o sistemeranno mia sorella. Sono decine di milioni gli assassini di Giovanni Falcone, sua moglie e i tre agenti della scorta.
Perché la mafia non è una persona, non è una cosa astratta.
La mafia è un’idea dell’esistenza.
La mafia è una interpretazione della vita, e chi vi aderisce è un mafioso.
Anche se non lo sa.
Anche se non se lo vuole dire.
Sempre mafioso è.
L’intera classe politica, intellettuale, mediatica, imprenditoriale, di questo paese, partecipò negli anni’80 e primissimi anni ‘90 al processo di delegittimazione di Giovanni Falcone isolandolo, diffamandolo, e voltandosi dall’altra parte quando sapevano che stavano arrivando i killer. Così come fecero poi con Paolo Borsellino e con tutti coloro che ebbero l’ardire di armarsi di coraggio e combattere contro la mafia attiva. Le stesse persone che allora scelsero di non guardare, oggi sono in prima fila a commemorarne la scomparsa. Sono tutti loro i veri assassini.
Io non li voglio né vedere né ascoltare.
Perché i dirigenti mafiosi sono affaristi, e non corrono il rischio di mettersi nei guai uccidendo gli affari, se non sanno di avere un territorio amico che li sorregge.
La mafia, di per sé, non esiste.
Ma esistono i mafiosi.
Perché la mafia è la somma delle singole comportamentalità mafiose che ne determinano l’esistenza.
E noi siamo un paese di mafiosi.
Purtroppo, non è uno stereotipo.
E’ la tragica realtà con la quale noi tutti dobbiamo avere il coraggio di fare i conti.
Perché questi sono i veri conti, non lo spread, che è una invenzione astratta.
Potete aderire a qualunque ideologia, essere di destra o di sinistra, anarchici o democratici, conservatori o progressisti, amanti di Keynes, di Marx o della teoria della Moneta Moderna. Non cambia nulla, fintantoché non cambieremo il nostro comportamento individuale, quotidiano, esistenziale, e prenderemo atto di ciò che siamo. Per poterci evolvere e liberarci di questo cancro che corrode il Senso Civico.
Ogniqualvolta un cittadino italiano rinuncia ad esercitare il libero arbitrio, e rinuncia all’ambizione e al tentativo (anche se estremo e disperato) di farsi valere per i propri meriti e le proprie competenze tecniche, privilegiando la facile e sicura strada della mediazione politica e della malleveria, per prendere una scorciatoia garantita dal sistema del malaffare, il registratore di cassa della mafia fa clang e segna un incasso. Perché sa che, domani, quel cittadino sarà un mafioso sicuro. Anche se non lo sa. E’ una porta alla quale andranno a bussare, sicuri che verrà subito aperta.
Loro, lo sanno benissimo, che è così.
Lo sappiamo tutti.
Io non li voglio vedere i loro telefilm celebrativi interpretati da attori raccomandati, prodotti da aziende mafiose, e distribuiti alla nostra visione da funzionari mafiosi in doppiopetto.
Proprio no.
Perché sono tutti assassini di Giovanni Falcone, di sua moglie e dei tre agenti della scorta.
Domani, dedicherò la giornata al tentativo di ripulirmi spiritualmente, cercando di fare ordine interiore, per eliminare ogni residuo di retro-pensiero mafioso, che alligna dentro di me, come dentro la mente di ogni singolo italiano, anche quando non lo sa. Perché il paese è così. Altrimenti, non staremmo, dopo venti lunghi anni, e una caterva di governi inutili, nella stessa identica situazione di allora.
A conclusione di questo post commemorativo, mi piace citare un brano tratto dal libro “Demoni e sangue”, pubblicato dall’editore siciliano Coppola, un testo di denuncia delle mafie, firmato da un cittadino calabrese, Francesco Saverio Alessio, attivo nella lotta quotidiana contro la ‘ndrangheta, che la settimana scorsa a Certaldo ha vinto il VI Premio Nazionale di Filosofia per l’anno 2012.
Bravo, i miei più vivi complimenti.
In questo spazio-tempo sospeso da ventimila anni fa, si agitano forze occulte, di sostanza sovra statale, sovra massonica, sovra religiose. Queste forze, che appartengono all'inconscio collettivo, sono primordiali, potenti, cinicamente crudeli e concretamente assassine! Esse decidono del destino individuale e collettivo senza alcuna possibilità d’appello. Implacabilmente. La visione permessa dal tabù imposto da queste stesse forze è così ristretta da diventare claustrofobica.
La sconfitta individuale, incondizionata, diviene silenziosa serva del potere. Il cancro si estende a ogni strato della società sopravvissuta, complice. Sempre. Per omertà collettiva. Per cultura. 'Ndrangheta. Questo tipo di pensiero costringe a lungo andare il comune operare all’interno di una visione fobica della realtà. Un appartenere alla sfera d'influenza della cultura della 'Ndrangheta. Chiunque è complice. Anche se non compie alcuna azione criminale, è complice perché non denuncia, non parla, tace e sopporta in silenzio.
Tratto da "Demoni e sangue"
di Francesco Saverio Alessio. Coppola Editore
Sergio Di Cori Modigliani
di Sergio Di Cori Modigliani
22 maggio 2012
Stanno preparando il vestito buono per la festa.
Passeranno la notte a lustrarsi le piume.
E domani, l’uno dopo l’altro, con una faccia che definire di bronzo è un eufemismo al ribasso, correranno da una parte all’altra della penisola cercando i riflettori della tivvù, il microfono dei giornalisti, inondandoci della loro vomitevole retorica su twitter, facebook, e in ogni angolo della rete; loro, tutti loro, gli assassini di Giovanni Falcone, la moglie, e i tre agenti della sua scorta, saranno proprio quelli che ne celebreranno la memoria.
Firmandola. Sottoscrivendola.
Faranno a gara per raccontarci come combattere ciò che loro proteggono.
Spiegheranno l’immensa eredità di un magistrato coraggioso; loro, proprio loro che hanno trafugato il testamento, alterato la firma e prodotto un perdurante falso ideologico che ha consentito, alle segreterie politiche dei diversi partiti ai quali sono affiliati, di rinverdire un fasto che ha svuotato di Senso Civico l’esistenza del popolo italiano.
Li vedremo tutti in fila, schierati come i santi.
Ci sarà addirittura chi oserà versare qualche calda lacrima, a suggello e firma dell’ipocrisia di stato, di quel trasformismo vigliacco e indomabile che ha costruito nei decenni la mala pianta del cinismo e dell’indifferenza, l’humus naturale dal quale tutte le mafie attive in questo paese traggono i profitti delle loro azioni criminali.
Perché domani, 23 maggio 2012 ricorre il ventennale della strage di Capaci.
Proprio oggi, alle ore 16, alla Camera dei Deputati, dove la percentuale di mafiosi eletti come onorevoli ha raggiunto un livello inaudito e impensabile per qualsivoglia democrazia, hanno varato un provvedimento relativo alla giustizia che riconferma la loro volontà di uccidere lo Stato di Diritto.
Con la tiepida scusante del dibattito sugli esiti elettorali di ieri, in fretta e furia, sperando che nessuno se ne accorgesse, hanno eliminato il reato di concussione, abrogandolo, in modo tale da poter garantire a Silvio Berlusconi una sicura impunità relativa al reato di cui è attualmente accusato e per il quale sta sotto processo. Si sono messi d’accordo.
L’unica personalità politica che è intervenuta, indignata e inferocita, per questo ennesimo stupro della legalità, è stato Antonio Di Pietro. Qui di seguito, per onor di cronaca, copio e incollo parte dell’intervento sul suo blog nel quale comunica alla cittadinanza ciò che è accaduto oggi, voluto dall’attuale governo, dal PDL, dal PD, dall’Udc.
…………..“Quello che è accaduto oggi in Commissione è una vergogna, uno schiaffo allo stato di diritto e alla giustizia. Sembra di essere tornati a vent’anni fa. Con artifizi e raggiri il governo e i tre partiti di maggioranza ABC hanno concluso un accordo a ribasso che fa credere all’opinione pubblica di combattere la criminalità, ma invece renderà molto più difficile ostacolarla. E’ il solito sistema della casta: ogni volta che si scoprono gravissimi reati contro la pubblica amministrazione arriva il Parlamento e vara leggi per frenare la lotta contro quei reati. Siamo stati gli unici a votare contro, l’ultimo giapponese in difesa della legalità. Si sappia che oggi, in commissione Giustizia, è stata approvata una normativa che prevede l’abrogazione del reato di concussione per induzione. E’ quello che noi, quando facemmo l’inchiesta di Mani pulite, chiamammo “dazione ambientale”, ovvero di una situazione in cui l’imprenditore che deve dare il denaro non riesce più neanche a ribellarsi; egli, ormai, sa che in quel determinato ambiente si usa dare la mazzetta o il pizzo e quindi vi soggiace pur di continuare a lavorare. Insomma, è l’espressione massima della criminalità mafiosa, perché fra concusso e concussore non serve nemmeno parlare, basta uno sguardo o comportamento concludente…Nella nostra esperienza di Mani pulite, tutti i reati di concussione avevano alla base quest’induzione. Oggi è stata eliminata, siglata a tavolino dal governo e da ABC. Alla faccia degli italiani onesti. Neanche il ministro Biondi, all’epoca del primo governo Berlusconi, arrivò a tanto. A ciò si aggiunge il fatto che è stato previsto un nuovo reato, il traffico di influenza illecita, che così come formulato è una barzelletta. Semplicemente non si può combattere perché si considera reato solo quando si ha in cambio un vantaggio patrimoniale. Come se nei reati contro la Pubblica amministrazione, o comunque commessi dai politici, il denaro fosse l’unica forma di vantaggio invece che una delle tante. E il voto di scambio? E i giochi di potere? Adesso non contano più, avevamo preso un abbaglio? Inoltre il traffico di influenze è considerato solo quando vengono sfruttate le relazioni esistenti. Ma il traffico di influenze illecite è quello che avviene soprattutto senza avere reali relazioni con un pubblico ufficiale, perché quando queste relazioni ci sono si tratta di corruzione. Nulla si dice sulla Convenzione di Strasburgo, che giace in Commissione da anni”.
Antonio Di Pietro
Tutta la classe politica che ha chiuso questo accordo, raggiungendo un’intesa per favorire la diffusione di comportamenti mafiosi in Italia, domani commemorerà Giovanni Falcone.
Domani, io non leggerò i giornali, non ascolterò le notizie, non seguirò i telegiornali, e men che meno salterò come una vispa allegra da un mi piace all’altro su facebook a commento della prevedibile scarica di striscette melense e ipocrite che inonderanno la rete con una disgustosa ondata di demagogia piatta e ipocrita.
Domani, uccideranno ancora Giovanni Falcone, sua moglie e la sua scorta.
E io non voglio farne parte.
Per questo ne parlo oggi, con un giorno di anticipo.
Seguitano a ucciderlo, ogni giorno, nella società civile e in parlamento.
Per questo vogliono museizzarlo, trasformandolo in una specie di santino, da usare ad ogni buona occasione.
Perché sono proprio loro gli eterni assassini, questa è la verità, altrimenti non ci ritroveremmo, venti anni dopo, nella stessa identica situazione di allora.
Falcone è stato assassinato da Pierluigi Bersani. Lui, è uno dei tanti assassini.
Lo ha fatto “ufficialmente” il 15 luglio del 2011, nell’occhio del ciclone per lo scandalo Penati, quando ha dichiarato formalmente a Pesaro che “non esiste nessuna questione morale, è bene che la gente lo sappia; all’interno del PD non esiste la questione morale…non c’è nessun iscritto, funzionario o militante del PD che sia toccato a nessun titolo dalla questione morale”. Pronunciando questa frase, ha assassinato di nuovo Giovanni Falcone, sua moglie e i tre agenti della scorta.
L’ha assassinato di nuovo il gruppo dei senatori del PD a settembre del 2011 quando ha votato contro l’arresto del senatore Tedesco, già dimissionario, travolto per lo scandalo della sanità in Puglia. In quel momento hanno assassinato di nuovo Giovanni Falcone.
L’hanno assassinato tutti i deputati del PDL e della Lega Nord e i dodici deputati del partito radicale, a febbraio del 2012, quando hanno votato contro l’arresto del deputato Nicola Cosentino, accusato di essere il referente istituzionale del clan camorristico dei casalesi.
E così via dicendo.
Loro, che gridano e protestano contro la cosiddetta anti-politica, si sono messi al servizio delle mafie negando alla Politica il suo ruolo di avanguardia civile collettiva.
Domani, vestiti a festa, faranno a gara a chi lo commemora e piange di più.
Tutti i funzionari pubblici della repubblica, anche quelli del più piccolo e povero comune, che violando la fiducia e la delega data loro dai cittadini attraverso il voto, hanno preso tangenti e hanno optato per privilegiare l’interesse personale a quello del bene pubblico e collettivo, tutti loro, sono quelli che seguitano ogni giorno ad assassinare Giovanni Falcone, sua moglie e i tre agenti della scorta.
Perché hanno reso vana e vacua la loro morte.
Sono gli assassini di Giovanni Falcone anche tutti quegli imprenditori che partecipano alla condivisione della corruttela negli affari, sostenendo che bisogna pagare le tangenti se si vuole sopravvivere sul mercato. Loro sono i quotidiani assassini di Falcone.
Così come lo sono anche tutti i direttori editoriali responsabili delle case editrici, delle società di produzione cinematografica, televisiva e radiofonica, che riconoscono e accolgono come autori soltanto ed esclusivamente le persone e i nomi presentate, suggerite, spinte e imposte dalle segreterie dei singoli partiti politici che poi provvederanno a fornire i loro buoni uffici facendo piovere su di loro sovvenzioni statali pagate con le nostre tasse. Loro, nessuno escluso, sono gli assassini di Giovanni Falcone, sua moglie e tre agenti della scorta.
Io non li voglio vedere. Non voglio vedere le loro facce ipocrite.
Sono gli assassini di Giovanni Falcone tutti quelli –nessuno escluso- che dicono “lo fanno tutti, che cosa ci vuoi fare?”. Così come lo sono tutti coloro che si trincerano dietro il “ma io ho una famiglia” e fingono di non sapere che in italiano esiste la frase “no, io queste cose non le faccio”. Loro sono gli assassini di Giovanni Falcone. Nessuno escluso.
Gli assassini sono tutti i cittadini italiani che nel silenzio garantito dalla privacy, cautelati dal fatto di non avere testimoni, nel segreto della cabina elettorale, mettono una crocetta su un certo simbolo, su un certo nome, perché sanno che quella lista e quella persona, domani, a elezioni avvenute (e vincenti) mi risolveranno il mio problemino, o daranno il posto a mio figlio, o sistemeranno mia sorella. Sono decine di milioni gli assassini di Giovanni Falcone, sua moglie e i tre agenti della scorta.
Perché la mafia non è una persona, non è una cosa astratta.
La mafia è un’idea dell’esistenza.
La mafia è una interpretazione della vita, e chi vi aderisce è un mafioso.
Anche se non lo sa.
Anche se non se lo vuole dire.
Sempre mafioso è.
L’intera classe politica, intellettuale, mediatica, imprenditoriale, di questo paese, partecipò negli anni’80 e primissimi anni ‘90 al processo di delegittimazione di Giovanni Falcone isolandolo, diffamandolo, e voltandosi dall’altra parte quando sapevano che stavano arrivando i killer. Così come fecero poi con Paolo Borsellino e con tutti coloro che ebbero l’ardire di armarsi di coraggio e combattere contro la mafia attiva. Le stesse persone che allora scelsero di non guardare, oggi sono in prima fila a commemorarne la scomparsa. Sono tutti loro i veri assassini.
Io non li voglio né vedere né ascoltare.
Perché i dirigenti mafiosi sono affaristi, e non corrono il rischio di mettersi nei guai uccidendo gli affari, se non sanno di avere un territorio amico che li sorregge.
La mafia, di per sé, non esiste.
Ma esistono i mafiosi.
Perché la mafia è la somma delle singole comportamentalità mafiose che ne determinano l’esistenza.
E noi siamo un paese di mafiosi.
Purtroppo, non è uno stereotipo.
E’ la tragica realtà con la quale noi tutti dobbiamo avere il coraggio di fare i conti.
Perché questi sono i veri conti, non lo spread, che è una invenzione astratta.
Potete aderire a qualunque ideologia, essere di destra o di sinistra, anarchici o democratici, conservatori o progressisti, amanti di Keynes, di Marx o della teoria della Moneta Moderna. Non cambia nulla, fintantoché non cambieremo il nostro comportamento individuale, quotidiano, esistenziale, e prenderemo atto di ciò che siamo. Per poterci evolvere e liberarci di questo cancro che corrode il Senso Civico.
Ogniqualvolta un cittadino italiano rinuncia ad esercitare il libero arbitrio, e rinuncia all’ambizione e al tentativo (anche se estremo e disperato) di farsi valere per i propri meriti e le proprie competenze tecniche, privilegiando la facile e sicura strada della mediazione politica e della malleveria, per prendere una scorciatoia garantita dal sistema del malaffare, il registratore di cassa della mafia fa clang e segna un incasso. Perché sa che, domani, quel cittadino sarà un mafioso sicuro. Anche se non lo sa. E’ una porta alla quale andranno a bussare, sicuri che verrà subito aperta.
Loro, lo sanno benissimo, che è così.
Lo sappiamo tutti.
Io non li voglio vedere i loro telefilm celebrativi interpretati da attori raccomandati, prodotti da aziende mafiose, e distribuiti alla nostra visione da funzionari mafiosi in doppiopetto.
Proprio no.
Perché sono tutti assassini di Giovanni Falcone, di sua moglie e dei tre agenti della scorta.
Domani, dedicherò la giornata al tentativo di ripulirmi spiritualmente, cercando di fare ordine interiore, per eliminare ogni residuo di retro-pensiero mafioso, che alligna dentro di me, come dentro la mente di ogni singolo italiano, anche quando non lo sa. Perché il paese è così. Altrimenti, non staremmo, dopo venti lunghi anni, e una caterva di governi inutili, nella stessa identica situazione di allora.
A conclusione di questo post commemorativo, mi piace citare un brano tratto dal libro “Demoni e sangue”, pubblicato dall’editore siciliano Coppola, un testo di denuncia delle mafie, firmato da un cittadino calabrese, Francesco Saverio Alessio, attivo nella lotta quotidiana contro la ‘ndrangheta, che la settimana scorsa a Certaldo ha vinto il VI Premio Nazionale di Filosofia per l’anno 2012.
Bravo, i miei più vivi complimenti.
In questo spazio-tempo sospeso da ventimila anni fa, si agitano forze occulte, di sostanza sovra statale, sovra massonica, sovra religiose. Queste forze, che appartengono all'inconscio collettivo, sono primordiali, potenti, cinicamente crudeli e concretamente assassine! Esse decidono del destino individuale e collettivo senza alcuna possibilità d’appello. Implacabilmente. La visione permessa dal tabù imposto da queste stesse forze è così ristretta da diventare claustrofobica.
La sconfitta individuale, incondizionata, diviene silenziosa serva del potere. Il cancro si estende a ogni strato della società sopravvissuta, complice. Sempre. Per omertà collettiva. Per cultura. 'Ndrangheta. Questo tipo di pensiero costringe a lungo andare il comune operare all’interno di una visione fobica della realtà. Un appartenere alla sfera d'influenza della cultura della 'Ndrangheta. Chiunque è complice. Anche se non compie alcuna azione criminale, è complice perché non denuncia, non parla, tace e sopporta in silenzio.
Tratto da "Demoni e sangue"
di Francesco Saverio Alessio. Coppola Editore
Sergio Di Cori Modigliani
Grazie per l'articolo.Condivido pienamente anch'io su tutto ciò che èstato scritto.
RispondiEliminaIO NON VOGLIO VEDERE NE' ASCOLTARE ! ! !
Voglio solamente far notare che tutto è già stato scritto e preparato con dovizia di particolari...per chi volesse saperne di più,consiglio la lettura di un interessante articolo.(lo potete trovare in versione completa su Chiesa Viva o altrimenti su www.disinformazione.it. Il link è questo: Dalla M.A.F.I.A. di Giuseppe Mazzini al generale Albert Pike
Tratto da “Chiesa Viva” - http://www.chiesaviva.com/conoscere%20massoneria.htm
Informarsi è doveroso, va fatto necessariamente tralasciando quella pantomima creata ad hoc dai media di regime!
Non voglio concorrere nell'uccisione quotidiana di quelle persone ,coraggiose ed uniche, che hanno pagato con la propria vita il fatto di voler farci capire qual'è la VERITA'!!!
SAPERE E' POTERE...un PAPA'inPRIMAlinea
M = Mazzini
EliminaA = autorizza
F = furti
I = incendi
A = attentati
Le organizzazioni criminali sono state create ad arte da chi,nei corso dei secoli,ha sempre regnato...Tutto è stato preparato e scritto per arrivare al catastrofico livello attuale dei giorni nostri! Non pensiamo erroneamente che tutto può accadere per caso.In campo politico,economico e religioso, tutto è stato preparato.La destabilizzazione passa anche attraverso la creazione di fantomatiche Organizzazioni Criminali,come sempre ad uso e consumo dell'èlite...
Non voglio leggere nè ascoltare la storia che ci vogliono per forza insegnare!
Borsellino e Falcone sono i veri eroi dei giorni nostri,persone che verranno sempre ringraziate e ricordate da tutti noi per quello che hanno tentato di farci capire!
Per capire cos'è la mafia e sapere chi detta gli ordini dentro ad essa,basta ascoltare e rivedere cosa ci disse un contadino analfabeta di nome Totò Riina nel giorno del suo processo...le sue parole furono pressapoco queste:" se cercate chi comanda e dirige la Mafia,non dovete cercare qui e chiedere a me le cose che già sapete.Bisogna andare a Roma ! ". LA MAFIA E' LO STATO STESSO ! ! ! apriamo gli occhi,finchè siamo in tempo!!!
Un PAPA'inPRIMAlinea
E' emblematico e fa riflettere che i sopravvissuti alle stragi, uomini della scorta, uomini che hanno rischiato la vita per lo Stato e di cui si può solo essere certi della loro lealtà vengano esclusi umiliati e isolati dallo stato. Non è questo un disegno criminoso? Non è forse lo stato che li isola perchè troppo onesti e leali? Non è un caso è la regola.
EliminaIeri sera al concerto di Battiato sulla legalità oltre ai sindaci che vivono sulla pelle la lotta alla illegalità c'era anche Fassino che è stato fischiato pesantemente tanto da suggerire al conduttore di bypassare il suo turno. E' ancora lunga la strada della consapevolezza ma qualcosa si percepisce. Ovviamente nessun giornale o giornalista ha riportato l'imbarazzante figuraccia!!
RispondiEliminaHa ha ha ! ! ! I fischi sono solamente una bazzecola...quello che si meritano è ben altro!Naturalmente nulla che implichi la violenza stessa,tanto per non accontentarli e fare il loro gioco!
EliminaLe verità stanno venendo a galla e quelle persone come noi,che da tempo stanno lottando per far capire veramente cosa stà succedendo ,vengono ora "osannati"...alla pari di antiche sibille!In realtà basta essere un pò informati e non dare mai nulla per scontato!Tutto è stato scritto e preparato,basta sapere dove andare a cercarlo...e poi leggere,leggere e leggere ancora! ! ! Non serve essere istruiti,ma "solamente" curiosi.Ritornando ai fischi,ricordo anche quelli sonorosissimi (e quindi ben evidenziati dai media "ufficiali" )della finale di coppa Italia di calcio.Durante l'esecuzione vocale dell'inno nazionale,la voce della cantante è stata completamente subbissata dai fischi degli spettatori di entrambe le squadre!!! Questo è senz'altro un inizio,ma NON VORREI MAI che la consapevolezza si trasformasse in VIOLENZA sistematica!Grazie ancora Eleonora per la curiosa notizia segnalataci,o per meglio dire, non riportata dai Media.Anche a me piacerebbe assistere ad un concerto di Battiato...sono un "musicista" autodidatta e appassionatissimo di bella musica e chitarra,quindi un estimatore di molti suoi pezzi.
Purtroppo anche su di lui sono venuto a conoscenza di fatti che lo legano senza ombra di dubbio all'èlite...come tutte le persone famose è dovuto scendere a compromessi con chi ti permette di diventare una star di successo.Questo NON TOGLIE ASSOLUTAMENTE NULLA alla sua bravura e genialità in fatto di musica!Battiato,un musicista e una persona colta allo stesso tempo.(se non ne fossi a conoscenza, posso inviarti alcuni spunti e link su backmasting e video dello stesso cantautore).
Un PAPA'inPRIMAlinea
Condivido in toto.
EliminaIl rischio della violenza esiste e sicuramente cercheranno di cavalcarla o di sedarla. Di Battiato che apprezzo come musicista non avevo dubbi sui compromessi. Se vuoi andare avanti li devi accettare altrimenti la strada è molto ma molto in salita. Se li contrasti ti isolano o ti annientano. Sono tempi di grandi cambiamenti e di grande consapevolezza certo è che poche sono le persone senza prezzo! Di queste abbiamo bisogno.