mercoledì 10 luglio 2013

- L'Approfondimento di  C. Alessandro Mauceri -
Inganno F35 – Aerei Controllati dal Grande Fratello USA e usati per conto dei Padroni 
F-35 – Uno sperpero senza fine appoggiato da tutti i partiti nell'ultimo ventennio
La clamorosa lievitazione dei Costi e la Conferma Malfunzionamenti, Uso imperialistico e da attacco e Controllo a distanza degli USA.

Italiani: dov'è finita la nostra dignita'? Sveglia!

Il Dilemma F35                                                                                                           
Roma – Qualche tempo fa, quando a gestire il governo era Mario Monti, nacque una polemica sull’acquisto da parte del Belpaese di 121 aerei da caccia, gli F35, dalla Lockeed. Subito sorsero discussioni sul fatto che in un momento di grave crisi, come
quello che ancora oggi stiamo attraversando, spendere miliardi e miliardi di euro forse non  era necessario. Altri dissero che forse sarebbe stato meglio acquistare prodotti europei come l’Eurofighter, invece che aerei prodotti in America. In realtà i motivi del dissenso furono molti. Anche sulla scelta degli F35, caccia d’attacco, erano sorti molti dubbi. E poi perché l’Italia avrebbe dovuto comprare aerei prodotti negli Stati Uniti d’America da un’azienda diretta concorrente di una delle maggiori aziende produttrici di aerei militari, l’italiana Aermacchi? Tanto più che Aermacchi è parte del gruppo Finmeccanica, azienda a compartecipazione statale e che l’acquisto di quegli aerei avrebbe potuto avere effetti positivi, sia diretti che indiretti, su tutto il territorio.

USA – Il progetto F35 e l'Amministrazione Clinton                                     

In realtà l’origine di tutta questa vicenda sono da far risalire a un ventennio fa. Sì perché la storia degli F35 (come racconta Investireoggi) risalirebbe addirittura alla fine degli anni ’80 e agli inizi degli anni ’90. Fu in quel periodo, infatti, che, con l’URSS che non costituiva più una minaccia per gli USA, l’allora Presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton decise che era ora, dopo decenni di spese folli dovute alla guerra fredda, di cominciare a risparmiare sugli armamenti. Quindi fece unificare i progetti per la produzione del nuovo aereo da combattimento nel programma JAST (Joint Advance Strike Tecnology). Nel 1996 il programma JAST cambiò nome in JSF, Joint Strike Fighter, e fu aperta la gara per passare alla produzione. Due furono i finalisti della competizione: la Boeing, con il modello chiamato X-32, e la Lockheed, che proponeva l’ X-35. Alla fine fu scelto il progetto della Lockheed, che prese il nome definitivo di F-35.

Cosa c'entra l'Italia? Chiedetelo a Prodi, D'Alema, Berlusconi… e…      

E l’Italia?  Cosa c’entra l’Italia con tutto questo? C’entra, eccome. Infatti, “partner di secondo livello” del progetto per la realizazione dell’F35 fu proprio l’Italia, con un impegno economico di 1 miliardo di dollari (oggi pare che le spese sostenute dal nostro Paese siano quadruplicate). Fu Romano Prodi, allora Presidente del Consiglio, a promuovere la partecipazione al progetto di realizzazione dell’F-35. Nel 1996, quando Ministro della Difesa era Giulio Andreatta, il progetto fu approvato sia con i voti sia del centro destra che con quelli del centro sinistra. Sì perché una delle caratteristiche che hanno caratterizzato questo progetto per tutto il ventennio scorso è stata la partecipazione positiva e indiscussa di maggioranza e opposizione. Poco tempo dopo, infatti, l’impegno del nostro Paese fu riconfermato da D’Alema, nuovo capo del governo, grazie  all’approvazione all’appoggio in Commissione Difesa di Forza Italia, dell’Ulivo e della Lega Nord. Anche il suo successore, Berlusconi, nel 2002, quando alla Difesa c’era Antonio Martino, appoggiò la partecipazione al progetto. E così ancora nel 2007, durante il secondo governo Prodi, che approvò il progetto che avrebbe impegnato l’Italia economicamente fino al 2046. E così via per tutti i governi (è bene sottolineare Tutti) sino ad arrivare al governo attuale.

La miracolosa lievitazione dei Costi… e la rinuncia dei paesi Ue              

Al di là di sviste a dir poco pacchiane scritte in alcuni rapporti, ma utili per dimostrare ai meno informati la necessità dell’acquisto da parte del nostro Paese, sin dall’inizio emersero alcuni problemi nella costruzione dei nuovi aerei. Problemi di cui chi ha lavorato alla progettazione, come l’Italia, avrebbero dovuto accorgersi immediatamente. Ma non fu così. Quindi, ritardo dopo ritardo (quasi che la partecipazione del nostro Paese al progetto avesse portato con se anche l’abitudine ormai consolidata di ritardare l’esecuzione di lavori pubblici e farne lievitare i costi), alla fine ogni singolo aereo arrivò a costare quasi il doppio di quanto si era previsto. Così che il progetto cofinanziato con 1 miliardo dei soldi dei contribuenti italiani, crebbe dai 20 miliardi iniziali ai 40 miliardi effettivi. Aumenti che resero necessario, in America, il ricorso alla legge Nunn McCurdy, che impone una riapprovazione politica dei programmi militari nel caso in cui il costo superi del 25% quello previsto all’origine. E in Italia di stanziare nuove somme. Era ormai evidente che il progetto era diventato ormai un quasi fallimento. Tanto che, a gennaio di quest’anno, Robert Gates, segretario della difesa americano, ha detto che gli USA non escludono che “se entro due anni i problemi tecnici agli F35 non saranno risolti il governo abbandonerà il progetto”. Infatti molti dei committenti (tra cui Gran Bretagna, Olanda, Danimarca, Canada e Australia), vista la qualità del prodotto e i suoi costi, rinunciarono all’acquisto.

La Conferma della Colonia… malgrado tutto!                                                  

E il Belpaese? L’Italia che aveva investito tanti soldi dei contribuenti nazionali nel progetto non poteva (o meglio, non voleva) uscirne e quindi, nel 2007, decise di confermare l’acquisto di 120 aerei, pur sapendo che la spesa iniziale prevista, 7 miliardi, sarebbe cresciuta. Nel frattempo anche la RAND Corporation, società di analisi strategiche che collabora col Dipartimento della Difesa USA, aveva criticato aspramente l’F-35, affermando che "in un conflitto reale non sarebbe stato in grado di competere con uno dei diretti concorrenti, il cacciabombardiere russo Su-35". E anche sotto il profilo economico gli americani avevano compreso che l’F35 non sarebbe stato competitivo. Da uno studio della Marina americana emerse che i costi di manutenzione degli F35 sarebbero stati maggiori del 30-40% rispetto a quelli dei caccia allora in uso. Intanto il progetto, anche a causa dei suoi costi era diventato non più competitivo anche sul piano della concorrenza. Specie  considerando che sul mercato ha deciso di scendere anche la Cina con il suo nuovo caccia di quinta generazione Jian-31 (J-31). E ciò anche grazie alla collaborazione tra Cina e Russia, visto che nella prima versione del J-31, verranno utilizzati motori russi (RD-93).

AAA… Cercasi Art.11                                                                                                  

A dire il vero l’Italia, almeno stando a quanto previsto dalla Costituzione, non avrebbe mai dovuto partecipare a questo progetto. L’articolo 11 della Costituzione infatti dice: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.” E visto che gli F35 sono aerei da attacco e non solo da difesa. Come ha detto recentemente Giulio Marcon, deputato di Sel: "Si tratta di aerei che non servono per le missioni di pace e per difendere il Paese, ma solo per fare la guerra e oltretutto per portare ordigni nucleari”. Quindi, dato che, secondo la nostra Costituzione, il nostro Paese dovrebbe dotarsi di armi “da difesa” (come gli Eurofighter, scartati pur essendo più economici e privi di difetti) e non di aerei d’attacco come gli F35 che possono addirittura essere dotati di missili a testata atomica, il progetto F35 non avrebbe dovuto mai cominciare.

Malfunzionamenti ed altri accidenti   – l'Inganno di Mario Monti             

Intanto, però, hanno cominciato a diffondersi informazioni circa il fatto che l’F35 potrebbe avere, in particolari condizioni meteorologiche, dei malfunzionamenti. In questi casi sperare che l’azienda che ha cercato di vendere un aereo a un centinaio di milioni di dollari, prima ancora di consegnarlo, possa ammettere che non vola bene è mera utopia. Fatto sta che Monti, nel 2012, decise di ridurre l’ordinativo di F35 a “soli” 90. Naturalmente tutti hanno pensato che fosse uno sforzo del professore per ridurre gli sprechi per il nostro Paese. Ma come al solito la verità sta nei numeri. Dato che il costo degli F35 è cresciuto da 80 a 127 milioni cadauno, la manovra di Monti non è servita a ridurre i costi, ma solo a pagare con le somme disponibili quanti più aerei possibile. Del resto non avrebbe potuto trovare altri fondi visto che anche quelli per l’acquisto dei 90 ordinati sono stati ottenuti effettuando tagli al personale della Difesa. Non a caso la spendig review ha previsto di ridurre il personale della Difesa del 20% mandando a casa 43.000 unità, 30mila militari e 13mila civili. “Unità” che sono ora in buona parte disoccupati o pensionati (e quindi, in ogni caso, un costo per il Paese).

Inganno F-35 – Controllati dal grande fratello USA                                       

Nei giorni scorsi poi a mettere la ciliegina sulla torta (ma, per digerire un boccone amaro come questo, ci vorrebbe ben altro) ci ha pensato il ministro della Difesa, Mario Mauro, rilanciando, alla vigilia del dibattito parlamentare sugli F-35, l’ipotesi di acquistarne 131, invece dei 90 decisi da Monti. Facendo così lievitare in modo esponenziale le spese per la Difesa. Come se non bastasse, si è venuto a sapere qualcosa che ha dell’incredibile (e infatti le autorità si sono guardati bene sia dal confermarla che smentirla). Componente essenziale e insostituibile dei nuovi F35 sarebbe l’ALIS. In realtà ALIS è uno sistema che prevede il controllo remoto di un insieme di processi da terra, chiamato “Autonomic Logistics Global Sustainment (ALGS)”. Il “Country Point of Entry” italiano dell’ALIS dovrebbe essere la base italiana di Cameri. Ora, il problema è che il centro di controllo di questa sorta di “grande fratello” in grado di controllare a distanza (e quindi di renderli innocui) gli F35, ovvero gli aerei comprati dai nostri politici italiani (TUTTI) con i soldi degli italiani, è allocato alla Lockheed Martin di Fort Worth ed è sotto esclusivo controllo USA. Anche il centro ALIS di Cameri, infatti, è controllato direttamente dal Dipartimento della Difesa statunitense. “Ci troviamo di fronte – ha detto all’Adnkronos Gianandrea Gaiani, direttore di “Analisidifesa.it”- ad un aereo che, di fatto, sarà gestito dagli americani”.

Una montagna di euro buttati in guerre coloniali Usa                                 

Quindi, riepilogando, i politici che hanno gestito l’Italia negli ultimi vent’anni (senza esclusione tra maggioranza e opposizione) hanno speso una montagna di soldi che avrebbero potuto utilizzare per la Cultura (Pompei sta letteralmente cadendo a pezzi), per la Sanità e per l’Istruzione (basti pensare ai tagli fatti dal governo in carica), per comprare qualcosa di inutile, che funziona male e che, anche quando funziona bene, è controllata dai militari di un Paese terzo. Del resto come sorprendersi visto che oggi buona parte degli “strumenti per la difesa dell’Italia” vengono utilizzati per tutto meno che per la difesa del nostro Paese, vengono mandati in Iraq oppure in Afganistan o in tanti altri Paesi. Complessivamente sarebbero sono oltre 6.700 i militari italiani impegnati in missioni “internazionali” in 27 differenti aree del mondo.

Perfino ad Haiti e in Islanda …                                                                               

Ad esempio ad Haiti, dove è stata per mesi la nostra portaerei Cavour (ma che ci sta a fare al capo opposto del pianeta se doveva difendere l’Italia?), oppure, in Islanda impegnati nell'operazione "Cieli Ghiacciati"  della NATO, (in base alla quale chi ha la possibilità di mettere assetti a disposizione di altri partner lo deve fare). L'Italia ha già speso 2,5 miliardi in 10 anni e molti ancora dovrà spenderne. La domanda a questo punto è: quanti soldi sarà necessario sperperare prima che gli italiani capiscano che, da oltre un ventennio, chi gestisce la cosa comune non lo fa nel loro interesse?

C. Alessandro Mauceri  (Copyright © 2013 Qui Europa)

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