Il mainstream si accorge del disagio delle famiglie....per Confcommercio però....quindi un'opinione. Ricordo che il tasso di occupazione è del 55,2%, dato ignorato dal mainstream, sia mai che fossero costretti poi a chiedersi di che campa quel 44,8% in una nazione senza reddito di cittadinanza e dove sussidio e cassa int è per pochissimi ELETTI.A proposito di eguaglianza e diritti....
Crisi, 8 famiglie su 10
in difficoltà
Chiudono le imprese: 3600
fallimenti
Per Confcommercio-Censis
l’80% delle famiglie non spende e si sente insicura. Nel primo trimestre del
2014 sono il 22% in più le imprese ad aver chiuso i battenti
di Redazione Online
Quasi l’80% delle
famiglie si sente «insicura» (Fotogramma) shadow
La crisi economica, in
Italia, continua a colpire famiglie e aziende. Chiudono le imprese: più di
3.600 fallimenti nei primi tre mesi del 2014, dice Unioncamere, circa 40 al
giorno, quasi due all’ora. E i dati sugli imprenditori che mettono fine alla
propria attività fanno registrare un +22% rispetto allo stesso periodo
dell’anno precedente. La situazione non migliora se si va ad analizzare la
situazione delle famiglie italiane. Lo hanno fatto Confcommercio-Censis e il
feedback non è incoraggiante: nel primo semestre del 2014, otto famiglie su
dieci dichiarano di vivere «una sensazione di precarietà e instabilità», solo
una su cinque «ritiene invece di essere in una situazione di solidità». C’è
comunque «un leggero miglioramento del clima di fiducia», legato ad «ottimismo
sulle riforme Renzi»: emerge che «ben il 66% del campione ritiene che il
Governo sia in grado sia in grado di far superare al paese la lunga fase di
crisi economica».
La Lombardia regione con
più fallimenti
Sul fronte imprese,
salgono anche le procedure di concordato, 577 (+34,7%). L’aumento riguarda sia
le società di capitali (+22,6%), che le società di persone (+23,5%) e le
imprese individuali (+25%).Tra le regioni gli aumenti più consistenti in
Abruzzo, Liguria, Puglia, Umbria e Marche. In lieve controtendenza appaiono,
secondo i dati Unioncamere, le aperture di procedimenti fallimentari per le
imprese costituite come consorzi o cooperative, che hanno mostrato un calo di
circa il 2%. Una procedura fallimentare su 4, aperta tra l’inizio di gennaio e
la fine di marzo, ha riguardato aziende che operano nel commercio (+ 24%
rispetto allo stesso periodo del 2013). In crescita anche i fallimenti
nell’industria manifatturiera, un comparto in cui il fenomeno era in calo nel
2013: nel primo trimestre del 2014 si contano 763 fallimenti di imprese industriali,
il 22,5% in più dell’anno precedente. Allo stesso modo, anche l’edilizia ha
fatto registrare un incremento rispetto al dato 2013: +20,1% corrispondenti a
771 nuove procedure avviate. Dal punto di vista geografico, l’aumento dei
default riguarda tutte le aree del Paese: in misura maggiore, rispetto alla
media nazionale, nel Nord Ovest (+22,8%), nel Centro (+23,0%) e nel Mezzogiorno
(+27,8%); sotto la media nel solo Nord-Est (+12,5). Il dettaglio dei dati
regionali ci consegna la Lombardia, in termini assoluti, come la regione con il
maggior numero di procedure fallimentari aperte (808), seguita a distanza da
Lazio (364) e Toscana (293). Le uniche regioni in cui i fallimenti appaiono in
diminuzione sono la Basilicata (-17,6%), il Molise (-9,1%) e la Calabria
(-2,4%).
8 famiglie su 10 si
sentono precarie
Il rapporto sullo stato
delle famiglie italiane rileva sì «un miglioramento del clima di fiducia, il
primo dal 2011 ad oggi», ma sottolinea che «l’incertezza è il sentimento
prevalente con una quota di quasi il 40% delle famiglie che vivono adottando un
comportamento di attendismo, in attesa dell’evolversi degli eventi». «Il
protrarsi della crisi , la mancanza di lavoro, il peso delle tasse», evidenzia
l’outlook Confcommercio-Censis su consumi e clima di fiducia per il primo
semestre 2014, «continuano ad alimentare lo stato di forte difficoltà in cui si
trovano le famiglie italiane che, rispetto alla propria situazione economica e
alla propria capacità di spesa, avvertono nella maggior parte dei casi - quasi
l’80% - una sensazione di precarietà e instabilità». E «solo un quinto delle
famiglie ritiene, invece, di essere in una condizione di solidità». In
particolare, il 17% del campione definisce la condizione economica e la
capacità di spesa della sua famiglia «ad alto rischio»; il 21% risponde:
«difficile, perché rischio di non farcela; per il 41% è «precaria»; per il 21%
«solida.
Fiducia nel governo Renzi
Per Confcommercio-Censis,
«è ipotizzabile che il leggero miglioramento del clima di fiducia sia stato
favorito dal cambio del quadro politico a marzo. A conferma di ciò, il capitale
di fiducia di cui sembra godere il Governo guidato attualmente da Matteo Renzi
risulta consistente: ben il 66% del campione ritiene, infatti, che il Governo
sia in grado di far superare al Paese la lunga fase di crisi economica: il 24%
del campione pensa che «abbia molta probabilità di riuscirci; il 42% che «abbia
qualche possibilità di riuscirci»; il 22% che «non ci riuscirà perché la crisi
è troppo complicata»; ed un 5 % ritiene che «non ci riuscirà per incompetenza».
È «ancora più alta la quota, oltre il 75%, di chi ritiene che il Governo
riuscirà, almeno in parte, a realizzare il piano di riforme annunciato»: il 52%
ritiene che ci riuscirà solo in parte, il 25% pensa «che ce la farà»;
pessimista il 14%: «Non ce la farà». Intanto, «certo è che, in un quadro
complessivo di difficoltà e crisi dei consumi, le famiglie hanno ben chiare le
priorità che l’Esecutivo deve affrontare subito per migliorare la situazione:
creazione di nuovi posti di lavoro (56,3%) e riduzione della pressione fiscale
(nel complesso il 32,1%: il 18,3% lo chiede riferendosi alla tassazione sulle
imprese, il 13,8% per le persone fisiche); mentre per il 9% la priorità del
governo dovrebbe essere potenziare i sussidi di disoccupazione.
26 aprile 2014 | 12:18
Cgia: crolla
l’artigianato. Per tasse e burocrazia perse 75mila imprese in 5 anni
25 apr – E’ crollo
dell’artigianato in Italia dove negli ultimi 5 anni si sono perse 75.500
imprese. Lo comunica la Cgia che afferma come di queste, poco meno di 12.000
operavano nel ricco Triveneto.
I numeri, fa sapere la
Cgia, ”fotografano una situazione pesantissima e ci consentono di dire che
l’artigianato è stato il comparto più colpito dalla recessione che si è
abbattuta in questi anni nel nostro Paese. Le costruzioni, i trasporti e il
manifatturiero (metalmeccanica, tessile, abbigliamento e calzature) sono stati
i settori che hanno segnato le performance più negative”.
”Drastica riduzione dei
consumi delle famiglie, forte aumento sia delle tasse sia del peso della
burocrazia e la restrizione del credito – segnala Giuseppe Bortolussi segretario
della Cgia – sono tra le cause che hanno costretto moltissimi artigiani a
gettare la spugna. Non potendo contare su nessun ammortizzatore sociale, dopo
la chiusura dell’attività moltissimi artigiani non hanno trovato nessun altro
impiego e sono andati ad ingrossare il numero dei senza lavoro, portandosi
appresso i debiti accumulati in questi anni e un futuro tutto da inventare”.
Nel Veneto la situazione
ha assunto i toni di una vera debacle. Tra il 2009 e il 2013 mancano
all’appello 9.800 imprese artigiane. Di queste, 2.187 operavano in provincia di
Treviso, 1.949 a Verona, 1.848 a Vicenza e 1.836 a Venezia. Si stima che in
questo quinquennio la contrazione occupazionale dell’artigianato veneto sia
stata di circa 28.000 unità.
Da un punto di vista
metodologico, fa notare la Cgia, ”la nati-mortalità delle imprese è stata
calcolata come differenza tra le imprese artigiane iscritte in un periodo e le
cessazioni non d’ufficio avvenute nello stesso lasso di tempo. Ai fini del
calcolo sono state utilizzate le cessazioni non d’ufficio, in modo che il saldo
risulti pulito da eventuali operazioni di revisione degli archivi”. adnkronos
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