Putin con lo scrittore Alexander Solgenitsin
Tito Pulsinelli Che
tempi memorabili quelli in cui un presidente russo prendeva a cannonate
la sede del parlamento e poi mise all'asta tutto -letteralmente tutto-
per quattro spiccioli. Era la vera e propria conquista dell'est per i
globalisti. Per la modica spesa di 600 milioni di dollari, si
aggiudicarono tutti i giacimenti, pozzi, condutture, raffinerie e
stazioni di servizio dell'industria petrolifera. Una manna, e che
simpatico quel Yeltsin, autentico eroe della democrazia elitista -versione
etilica - che l'Occidente applaudiva fino a spellarsi le mani. Tempi
virili, in cui i gagliardi “globalizzatori” sputavano anche nel piatto
da cui
si
ingozzavano. Vendettero la pelliccia dell'orso prima di averlo
abbattuto. I maestri del galleggio si accalcarono attorno al carro del
vincitore per rinnegare la “pianificazione”. In tutte le contrade,
sgomitavano i neofiti (di primo e ultimo pelo) del novello sacerdozio
del liberismo totale del “mercato”, borse e banche.
Spolparono
quasi tutto, poi il “gran” Yeltsin passò a miglior vita. Non fecero in
tempo a dargli in premio Nobel. Si sa, sono sempre i migliori ad
andarsene. Le vacche ancora disponibili erano quelle più scheletriche.
Inatteso come le sette piaghe, però, arrivò un abominevole uomo delle
nevi, un temibile tiranno eurasiatico. Riprese a sventolare improbabili
bandiere eretiche e antimoderniste: sovranità, protezionismo, centralità
dello Stato nell'indirizzo della nazione, identità nazionale, economia
mista. In più, una “assurda” pretesa di mantenere separato il potere
economico da quello politico. Ad ogni costo.
Putin
aprì le porte delle carceri a coloro che -alla ricchezza generata da
delinquenziali privatizzazioni- volevano aggiungere anche il comando
politico della Russia, con la compra all'ingrosso di elettori e di tutti
i media. Tra Putin e i nuovi oligarchi venuti dal nulla, l'Occidente si
schierò con questi ultimi. E voltò le spalle al volgo, disprezzandone
l'iperdonabile “populismo”. Mise in chiaro che democrazia si coniuga
perfettamente con mafie organizzate, se aprono conti nelle banche di
Londra.
L'ex
colonnello del KGB, strappando all'arbitrio dei “mercati” il controllo
delle risorse strategiche della nazione, generò i mezzi necessari per
rinsaldare l'intelaiatura post-sovietica. Mise fino al culto dell'ognuno
per se e mercato per tutti. Potè sostenere la domanda sociale di una
popolazione data in pasto alle divinità antropofaghe del “modernismo”.
Riuscì a rinsaldare la coesione sociale e il vigore del braccio armato,
indispensabili per ogni progettualità propria. I distributori automatici
di coccarde e brevetti democratici malcelavano lo stupore per il ciclo
di +7% di crescita del sacro PIL.
Durante
l'olimpiade di Pechino, portò una risposta militare fulminante alle
provocazioni nel Caucaso da parte della Georgia, dimostrando che molta
acqua era passata sotto i ponti dopo la disintegrazione della
Yugoslavia. L'espansione abusiva della NATO verso est, nonostante lo
scioglimento del Patto di Varsavia, era finita. La complicità atlantista della
classe dirigente europea, con l'avallo dato a questo inganno, rinuncia
all'occasione storica di ricostituire una difesa propria. Andò a
rimorchio, non riprese le redini del destino geopolitico. L'ebrezza del
neoliberismo è un lenitivo immediatista, risibile rispetto alla negata
funzione di ponte storico tra le Americhe e l'Asia, Medioriente e
Nordafrica.
Gli europei non hanno il diritto di scambiare manufatti e tecnologie con l'energia e materie prime russe. La proposta di unpartenariato che
apra la grande area eurasiatica, va oltre la dimensione meramente
doganale. Perchè dischiude un'orizzonte di pace basato sulla coperazione
di lungo periodo e la complementarietà. Non c'è stata risposta al
discorso rivolto in lingua tedesca da Putin al Bundestang di Berlino.
L'Europa finanziarista autorizzata
da Washington, può solo intrupparsi nelle avventure belliche imperiali,
ultimo senile abbaglio di poter continuare a comandare su tutte e ogni
cosa del mondo. Tragico, nel caso italiano, quando ricava solo perdite
di forniture energetiche privilegiate e voluminose esportazioni in
Libia, oltre al secolare ruolo nel Mediterraneo.
Minacce,
ultimatum rinnovati e differiti, raggiri della “legalità
internazionale” e bizze di varia indole non hanno piegato la Siria. La
NATO non ha rischiato i suoi aerei contro la inviolabile barriera di
radar e missili forniti dalla Russia. Il ripiego forzato su milizie
noleggiate e feccia politica di avariata indole, dice che il ricorso
camuffato al terrorismo endogeno e importato, non paga . Distrugge ma
non controlla nè addomestica. La fase propulsiva dell'espansionismo atlantista si
è esaurita. Infranta sulle porte di Damasco dall'ampio arco multipolare
che va dal BRICS alle 104 nazioni del Movimento Non-Allineati. La
strada che porta a Teheran è sbarrata e si addiviene a più ragionevoli e
miti conciliaboli.
I
nemici sono tanti e la forza (bruta) è quel che è. L'armata russa sarà
pure obsoleta, ma ha livelli di eccelenza nel dominio dei cieli, in
grado di neutralizzare caccia e portaerei. Impossibile chiudere il mar
della Cina per controllarne l'unico sbocco e asfissiarla, e
contemporaneamente mettere in inginocchio gli ayatollah.Poi trasformare il mar Nero in un bunker invalicabile che scacci Mosca dal Mediterraneo e dal Medioriente è proprio una... roulette russa.
Chi -nell'esercizio pieno delle facoltà mentali- può credere che
Washington (e l'entità-UE) oggi può sbaragliare simultaneamente Russia e
Cina, riavvicinate e confluenti?
Il
colpo di mano per cambiare il governo di Kiev è stato “facile” però non
garantisce il controllo dell'Ucraina. L'implosione innescata è
inarrestabile, anche con una Federazione o Confederazione, poichè gli
Stati Uniti e Bruxelles dovrebbero metter mano al portafogli per
garantire il minimo di operatività ai lacchè istallati in loco. Le
sanzioni masochistiche, lasciano spazio alla contromossa
“economica” del Cremlino, che sposterà definitivamente l'asse
geo-economico verso l'oriente. Gli idrocarburi che non affluiranno più
verso l'Europa saranno ben ricevuti dalla Cina e India.
Ci
si può pure gingillare con la favola delle navi che trasporteranno il
gas che gli Stati Uniti estrarranno nel prossimo futuro. Quel che è
certo è che -comunque andrà a finire- le forniture russe saranno
tagliate del 30%. E' il prezzo per l'indecente collaborazionismo con il
Pentagono.
Putin
dispone di una ulteriore ed estrema contromossa sull'arroventato
scacchiere. Fornire all'Iran il sistema di difesa aerea SS-300 o SS-400
che l'immunizzerebbe definitivamente da ogni minaccia di Israele, Arabia
saudita e NATO. Una svolta imprevista per i negoziati sulla
regolamentazione dell'energia nucleare, in cui l'unilateralismo degli atlantisti cozzerebbe contro un muro.
Da
tempo è in corso una guerra commerciale, monetaria, finanziaria,
demografica, culturale e mediatica. In alcuni casi c'è anche il ricorso
ai mezzi militari. L'eliteeuropea si presterà ancora una volta a
che gli Stati Uniti combattano l'ennesima guerra fuori del loro
territorio? Continuerà ad abboccare all'amo di sanzioni contro paesi con
cui Washington non commercia da trent'anni (Iran)? O dove sono esposti
in misura assai minore dell'entità-UE?
Il
masochismo non è più giustificato neppure dal livello dall'aumentata
subordinazione, ormai dilatata oltre i limiti angusti fissati dagli
armistizi del 1945. Yalta è morta, come pure l'unipolarismo. L'Europa
deve risollevare la testa e volgere lo sguardo altrove: esiste anche il
sud e l'oriente, oltre e contro il predatorio asse Atlantico sta
avanzado il multipolarismo. Ritrovare più spazi di autonomia e'
possibile, mandando a casa l'attuale gruppo dirigente sovranazionale. E'
solo un'ombra del globalismo espansionista, approdato all'ultima
spiaggia militarista.
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