CON IL TUO SASSO, ultima parte del monologo di Riccardo Lestini dedicato ai fatti di Genova
L’ultima parte di questo spettacolo è dedicata al 20 luglio, esattamente alle 17 e 27, quando in Piazza Alimonda, dall’interno di un Defender dei Carabinieri, partono due colpi di pistola, il primo dei quali raggiunge in pieno volto un ragazzo di ventitre anni, Carlo Giuliani, uccidendolo.
Tutto questo ha inizio almeno due ore prima, quando il corteo delle “Tute Bianche”, partito intorno alle quattordici dallo stadio Carlini, viene a trovarsi tra VIA TOLEMAIDE e CORSO GASTALDI. Proprio in questo punto, il corteo viene IMPROVVISAMENTE e IN MODO DEL TUTTO IMMOTIVATO, CARICATO.
Perché dico improvvisamente? Perché dico in modo del tutto immotivato? Dico questo perché in quel momento la situazione è assolutamente tranquilla, dal corteo non è partita la benché minima provocazione, siamo in punto AUTORIZZATO DAL QUESTORE e ancora BEN LONTANI DALLA ZONA ROSSA.
Eppure questo corteo viene lo stesso caricato. E le cariche si susseguiranno, in modo sempre più violento e massiccio, per oltre due ore. E qui bisogna ricordare che via Tolemaide e Corso Gastaldi, sono strade molto strette, chiuse da una parte dalla massicciata della ferrovia, e dall’altra dai palazzi. NON CI SONO CIOÈ VIE DI FUGA, e a chi ha detto che davanti alle cariche i manifestanti dovevano “abbandonare il campo”, va forse ricordato che è davvero difficile abbandonare il campo con VENTIMILA PERSONE ALLE SPALLE.
Sono solo tre le vie di fuga che si aprono sulla sinistra. Una di queste è VIA CAFFA, una via molto stretta che da’ sull’adiacente PIAZZA ALIMONDA. Ed è proprio da qui, da Piazza Alimonda, che un piccolo contingente di Carabinieri, scortato da DUE DEFENDER, decide di attaccare il corteo del Carlini anche sul fianco. Per non rimanere schiacciati, alcuni manifestanti reagiscono con un lancio di oggetti all’indirizzo dei Carabinieri. Probabilmente è una trappola: nonostante il lancio d’oggetti sia veramente minimo, i Carabinieri ripiegano prontamente in Piazza Alimonda, sempre scortati dai due Defender.
A questo punto i manifestanti si lanciano in un comprensibile inseguimento liberatorio all’indirizzo dei Carabinieri, raggiungendoli così in Piazza Alimonda. Una volta in Piazza, il primo Defender riparte immediatamente. Il secondo no, inspiegabilmente resta lì, fermo, e viene preso d’assalto da un piccolo gruppo di manifestanti. E pochi minuti dopo, dall’interno di quello stesso Defender, partiranno i due colpi di pistola, il primo dei quali raggiungerà in pieno volto Carlo Giuliani, uccidendolo.
Il 5 maggio 2003, il giudice ELENA DALOISO ha formalmente archiviato il caso PROSCIOGLIENDO IL CARABINIERE MARIO PLACANICA DALL’ACCUSA DI OMICIDIO VOLONTARIO, SULLA BASE DI DUE CONSIDERAZIONI: LA PRIMA È CHE PLACANICA NON AVREBBE SPARATO AD ALTEZZA D’UOMO, MA IN ALTO…SOLO CHE POI UN SASSO, O MEGLIO UN CALCINACCIO, SCAGLIATO DA UN ANONIMO MANIFESTANTE, SAREBBE ENTRATO ACCIDENTALMENTE IN COLLISIONE CON IL PROIETTILE, DEVIANDONE LA TRAIETTORIA E FACENDOLO CARAMBOLARE SUL VISO DI CARLO.
La seconda è che È STATO RITENUTO LEGITTIMO L’USO DELL’ARMA DA FUOCO, IN QUANTO PLACANICA È STATO RITENUTO IN UNA SITUAZIONE DI OGGETTIVO PERICOLO DI VITA, MINACCIATO DA UN AGGRESSORE CHE STAVA BRANDENDO UN ESTINTORE AL SUO INDIRIZZO.
Uso legittimo dell’arma da fuoco in quanto LA JEEP ERA INCASTRATA, CIOÈ IMPOSSIBILITATA A MUOVERSI.
Uso legittimo dell’arma da fuoco in quanto LA JEEP ERA ISOLATA, SENZA CONTINGENTI DI POLIZIA O CARABINIERI NEI PARAGGI CHE POTESSERO SOCCORRERLA.
Questa è quella che si dice “la verità ufficiale”, la verità dell’archiviazione. Eppure quel giorno, in Piazza Alimonda, sono successe cose molto strane. Quindi vale la pena tentare, nei limiti del possibile, di fare una piccola ricostruzione.
Tutto questo ha inizio almeno due ore prima, quando il corteo delle “Tute Bianche”, partito intorno alle quattordici dallo stadio Carlini, viene a trovarsi tra VIA TOLEMAIDE e CORSO GASTALDI. Proprio in questo punto, il corteo viene IMPROVVISAMENTE e IN MODO DEL TUTTO IMMOTIVATO, CARICATO.
Perché dico improvvisamente? Perché dico in modo del tutto immotivato? Dico questo perché in quel momento la situazione è assolutamente tranquilla, dal corteo non è partita la benché minima provocazione, siamo in punto AUTORIZZATO DAL QUESTORE e ancora BEN LONTANI DALLA ZONA ROSSA.
Eppure questo corteo viene lo stesso caricato. E le cariche si susseguiranno, in modo sempre più violento e massiccio, per oltre due ore. E qui bisogna ricordare che via Tolemaide e Corso Gastaldi, sono strade molto strette, chiuse da una parte dalla massicciata della ferrovia, e dall’altra dai palazzi. NON CI SONO CIOÈ VIE DI FUGA, e a chi ha detto che davanti alle cariche i manifestanti dovevano “abbandonare il campo”, va forse ricordato che è davvero difficile abbandonare il campo con VENTIMILA PERSONE ALLE SPALLE.
Sono solo tre le vie di fuga che si aprono sulla sinistra. Una di queste è VIA CAFFA, una via molto stretta che da’ sull’adiacente PIAZZA ALIMONDA. Ed è proprio da qui, da Piazza Alimonda, che un piccolo contingente di Carabinieri, scortato da DUE DEFENDER, decide di attaccare il corteo del Carlini anche sul fianco. Per non rimanere schiacciati, alcuni manifestanti reagiscono con un lancio di oggetti all’indirizzo dei Carabinieri. Probabilmente è una trappola: nonostante il lancio d’oggetti sia veramente minimo, i Carabinieri ripiegano prontamente in Piazza Alimonda, sempre scortati dai due Defender.
A questo punto i manifestanti si lanciano in un comprensibile inseguimento liberatorio all’indirizzo dei Carabinieri, raggiungendoli così in Piazza Alimonda. Una volta in Piazza, il primo Defender riparte immediatamente. Il secondo no, inspiegabilmente resta lì, fermo, e viene preso d’assalto da un piccolo gruppo di manifestanti. E pochi minuti dopo, dall’interno di quello stesso Defender, partiranno i due colpi di pistola, il primo dei quali raggiungerà in pieno volto Carlo Giuliani, uccidendolo.
Il 5 maggio 2003, il giudice ELENA DALOISO ha formalmente archiviato il caso PROSCIOGLIENDO IL CARABINIERE MARIO PLACANICA DALL’ACCUSA DI OMICIDIO VOLONTARIO, SULLA BASE DI DUE CONSIDERAZIONI: LA PRIMA È CHE PLACANICA NON AVREBBE SPARATO AD ALTEZZA D’UOMO, MA IN ALTO…SOLO CHE POI UN SASSO, O MEGLIO UN CALCINACCIO, SCAGLIATO DA UN ANONIMO MANIFESTANTE, SAREBBE ENTRATO ACCIDENTALMENTE IN COLLISIONE CON IL PROIETTILE, DEVIANDONE LA TRAIETTORIA E FACENDOLO CARAMBOLARE SUL VISO DI CARLO.
La seconda è che È STATO RITENUTO LEGITTIMO L’USO DELL’ARMA DA FUOCO, IN QUANTO PLACANICA È STATO RITENUTO IN UNA SITUAZIONE DI OGGETTIVO PERICOLO DI VITA, MINACCIATO DA UN AGGRESSORE CHE STAVA BRANDENDO UN ESTINTORE AL SUO INDIRIZZO.
Uso legittimo dell’arma da fuoco in quanto LA JEEP ERA INCASTRATA, CIOÈ IMPOSSIBILITATA A MUOVERSI.
Uso legittimo dell’arma da fuoco in quanto LA JEEP ERA ISOLATA, SENZA CONTINGENTI DI POLIZIA O CARABINIERI NEI PARAGGI CHE POTESSERO SOCCORRERLA.
Questa è quella che si dice “la verità ufficiale”, la verità dell’archiviazione. Eppure quel giorno, in Piazza Alimonda, sono successe cose molto strane. Quindi vale la pena tentare, nei limiti del possibile, di fare una piccola ricostruzione.
Partiamo proprio dall’estintore. Carlo stava mettendo a repentaglio la vita del giovane carabiniere brandendo minacciosamente un estintore al suo indirizzo. Ora, così effettivamente sembra dalla foto in assoluto più famosa dell’intero G8. Sto parlando della foto scattata, per l’agenzia Reuters, dal fotografo Dylan Martinez, la foto in cui si vede Carlo di spalle che solleva l’estintore.
In questa foto effettivamente Carlo e la jeep sembrano vicinissimi. Però attenzione: questa foto È STATA SCATTATA CON IL TELEOBIETTIVO, e non ci vuole certo un esperto di fotografia per sapere che il teleobiettivo DEFORMA LE PROSPETTIVE REALI, SCHIACCIANDO I SOGGETTI CONTRO IL FONDO.
E infatti un’altra foto, contemporanea a quella di Martinez, scattata da un’altra angolazione dal fotografo Marco D’Auria per RaiNet ci svela le reali distanze che intercorrono tra Carlo e il Defender, che sono esattamente di TRE METRI E DODICI CENTIMETRI.
Così, le cose cambiano notevolmente. Anzitutto c’è da chiedersi quale reale pericolo di vita possa rappresentare un estintore scagliato da una simile distanza per un carabiniere che, NON SOLO È ALL’INTERNO DI UN DEFENDER, NON SOLO È PROTETTO DAL LUNOTTO POSTERIORE, NON SOLO È PROTETTO DA PARTE DELLA RUOTA DI SCORTA…MA CHE OLTRETUTTO È ANCHE ARMATO.
C’è poi un altro dato, che a mio avviso non viene sufficientemente preso in considerazione, vale a dire LA STAZZA FISICA DI CARLO. Ora io Carlo non lo conoscevo, però ho visto le sue foto, e le foto mi rivelano un mio quasi coetaneo con il fisico esile quasi quanto il mio. Allora io, per capire, ho provato a sollevare un estintore e a scagliarlo il più lontano possibile con quanta più forza avessi in corpo. Bè, mi sento di dire che secondo me quell’estintore non sarebbe mai arrivato nemmeno a fare un graffio al Defender .
La jeep era incastrata, impossibilitata a muoversi. Anche qui la foto Reuters, a causa della prospettiva deformata, ci trae in inganno. Il teleobiettivo da’ l’impressione che la jeep sia schiacciata contro il cassonetto, che a sua volta sembra schiacciato contro il muro. Ma se andiamo a vedere di nuovo l’altra foto, quella di Marco D’Auria, scopriamo che tra la jeep e il muro intercorrono OLTRE OTTO METRI.
Oltre otto metri…eppure si è continuato a sostenere l’impossibilità della jeep a muoversi, sulla base del fatto che il muro è effettivamente distante, ma il Defender resta comunque incastrato dal cassonetto della spazzatura. Ma come si può pensare che la forza motrice di un Defender non sia in grado di spostare un cassonetto della spazzatura? Un’immagine che potete facilmente trovare in numerosi filmati e nel CDROM del Libro Bianco, relativa a sabato 21, ci mostra un blindato della Polizia lanciato a tutta velocità lungo Corso Sardegna che si trascina via un cassonetto come fosse un foglio di carta. Quindi davvero difficile pensare che la forza motrice di un Defender non riesca a spostare un cassonetto.
Ma a tal proposito c’è un altro dato ancora. Si tratta del timer della telecamera che sta riprendendo la scena. Subito dopo lo sparo cosa accade? La jeep mette la retromarcia, passa una prima volta sopra il corpo di Carlo, ingrana la prima, passa una seconda volta sopra Carlo e sparisce definitivamente dalla Piazza. Bene, il timer della telecamera che sta riprendendo la scena ci dice che sono passati MENO DI CINQUE SECONDI.
Cioè, una jeep “incastrata”, “impossibilitata a muoversi”, in MENO DI CINQUE SECONDI RIESCE A FARE DUE MANOVRE, A PASSARE DUE VOLTE SUL CORPO DI CARLO E A SPARIRE DALLA PIAZZA? Evidentemente qualcosa non torna…
La jeep era isolata. Isolata? Però più di un’immagine ci mostra che a poco più di venti metri di distanza dalla jeep c’è UN INGENTE PLOTONE DI POLIZIA E UN INGENTE PLOTONE DI CARABINIERI GIÀ SCHIERATI.
Perché non intervengono?
Perché Carlo prende l’estintore? C’è una foto che forse può fare chiarezza sul suo gesto, una foto che lo ritrae nel momento esatto in cui sta raccogliendo l’estintore da terra.
Prima bisogna precisare che Carlo arriva nei pressi del Defender soltanto alla fine. Cioè non partecipa dall’inizio all’assalto, e quando arriva nei pressi del Defender LA PISTOLA E’ GIÀ SPUNTATA FUORI DAL LUNOTTO, come testimoniano le fotografie.
Ma torniamo alla foto di prima. Se noi raccogliamo un oggetto a terra, avremo più o meno questa posizione (l’attore mima la raccolta da terra di un qualsiasi oggetto), no? Invece il corpo di Carlo è completamente sbilanciato. Perché? Perché non sta guardando l’oggetto che raccoglie, ma sta guardando in alto davanti a sé: sta guardando la pistola, quella pistola che è già puntata ad altezza d’uomo sulla Piazza, e che è già spuntata fuori dal lunotto ben prima del suo arrivo. Quindi Carlo VEDE LA PISTOLA E DI CONSEGUENZA PRENDE L’ESTINTORE. Quindi Carlo, prende l’estintore PER FERMARE UNA POSSIBILE TRAGEDIA .
E come è questa pistola? E’ impugnata a braccio teso, di taglio, leggermente inclinata…cioè nel modo più efficace per colpire un bersaglio con precisione. E poi pensateci bene: Carlo è stato colpito tra l’occhio e lo zigomo, cioè nel punto più visibile, nell’unico punto lasciato scoperto dal suo passamontagna blu. Davvero difficile pensare che chi ha sparato non abbia preso la mira.
Qual è il proiettile che uccide Carlo? I proiettili d’ordinanza, quelli cioè che avrebbe dovuto avere anche Placanica, si chiamano CALIBRO 9 PARABELLUM, e sono le pallottole in assoluto più diffuse, i cui effetti sono arcinoti. Cioè, una simile pallottola sparata ad appena tre metri di distanza, avrebbe dovuto provocare, sul volto di Carlo, degli effetti a dir poco devastanti.
Invece Carlo, stranamente, ha un foro d’entrata, sotto l’occhio, molto piccolo, e un foro d’uscita, dietro la nuca, ancora più piccolo, mentre in realtà sarebbe dovuto essere il contrario.
Queste incongruenze balistiche hanno fatto balenare l’ipotesi che a uccidere Carlo possa essere stata una PALLOTTOLA NON REGOLAMENTARE. E bisogna ricordare che la pallottola NON È MAI STATA REPERTATA. Sono stati trovati solo i bossoli, ma LA SCIENTIFICA CI ASSICURA CHE È ASSOLUTAMENTE IMPOSSIBILE STABILIRE CON ESATTEZZA QUALE PALLOTTOLA POSSA CONTENERE UN BOSSOLO.
Chi è che uccide Carlo? Questa domanda all’apparenza assurda, viene invece sollevata dalle dichiarazioni dello stesso Placanica, che sono assolutamente contraddittorie e incongruenti.
Per tutto questo tempo Placanica ha continuato a sostenere che, durante tutta la dinamica degli eventi, si sarebbe trovato SOPRA UN SECONDO CARABINIERE DISTESO SUL RETRO DEL DEFENDER. Però, se guardiamo con attenzione le immagini vediamo chiaramente che il carabiniere disteso sul retro È A TUTTI GLI EFFETTI QUELLO CHE SPARA. Quindi Placanica non può essere contemporaneamente il carabiniere che sta sopra e quello che spara.
Ma a tal proposito c’è anche un close-up, un ingrandimento dell’interno della jeep, nel quale vediamo un carabiniere (quello “che sta sopra”) che si porta entrambe le mani alla testa, mentre la pistola è già fuori dal lunotto. Ora, il profilo del carabiniere che si porta le mani alla testa è STRANAMENTE SIMILE A QUELLO DI MARIO PLACANICA, e lo possiamo vedere confrontando il close-up con la foto che ritrae Placanica all’ospedale Galliera subito dopo i fatti di Piazza Alimonda.
Ma se Placanica è l’uomo che sta sopra, l’uomo che si porta entrambe le mani alla testa, allora chi è che spara? E soprattutto, a che pro incolpare Placanica per un omicidio che non ha commesso? Tutto si spiega se pensiamo che la storia del giovane carabiniere, ventunenne, per giunta di leva, impaurito, che spara per difendersi, è enormemente più giustificabile con l’opinione pubblica. Ben diverso se a sparare fosse stato un graduato, un ufficiale…e a tal proposito bisogna ricordare che quel giorno, in Piazza Alimonda, Placanica È COMANDATO DAL FIOR FIORE DELL’ARMA DEI CARABINIERI: TUTTI UFFICIALI APPARTENENTI AL BATTAGLIONE TUSCANIA E TUTTORA INDAGATI PER LE TORTURE INFLITTE ALLA POPOLAZIONE SOMALA IL DECENNIO PRECEDENTE.
Ecco che però, tutte queste anomalie, tutte queste contraddizioni e tutte queste incongruenze vengono di colpo sepolte sotto la “teoria del sasso”: Placanica spara in alto, solo che poi un calcinaccio entra in collisione con il proiettile, deviandone la traiettoria e facendolo accidentalmente carambolare sul volto di Carlo.
Bisogna infine aggiungere che i sassi che entrano in scena a Piazza Alimonda SONO ADDIRITTURA DUE.
Il primo è il “calcinaccio”, il SASSO DEVIANTE. Il secondo è quello che noi abbiamo ribattezzato SASSO LAURO, dal nome del vicequestore di Polizia ADRIANO LAURO, responsabile quel giorno dell’ordine pubblico nella zona di Piazza Alimonda. Lauro è quell’ufficiale che subito dopo lo sparo si lancia in quel famosissimo show, indicando un manifestante scelto a caso e urlandogli contro “BASTARDO! L’HAI UCCISO TU, L’HAI UCCISO! TU L’HAI UCCISO, CON IL TUO SASSO!”.
Ora, perché la performance di Lauro è così strana? Primo perché nel dire quelle parole, Lauro si disinteressa completamente del manifestante che sta indicando. Punta invece deciso verso la videocamera. E come va verso la videocamera? Ci va a volto scoperto, mentre abbiamo visto che nei giorni del G8 le forze dell’ordine sono scappate davanti a videocamere e macchine fotografiche come fossero la peste! Invece Lauro non solo la cerca, ma scandisce enormemente le parole…sembra quasi che reciti! Evidentemente Lauro vuole essere sentito, e vuole che quello che sta dicendo venga in qualche modo divulgato.
E a questo proposito c’è forse la cosa più inquietante di tutta la vicenda di Piazza Alimonda, della quale però, nessuno ha mai parlato.
Sto parlando della MISTERIOSA COMPARSA, SULLA FRONTE DI CARLO, DI UNA FERITA A STELLA, PRODOTTA DA UN CORPO CONTUNDENTE, CON OGNI PROBABILITA’ UN SASSO.
Perché dico “misteriosa comparsa”? Dico questo perché la ferita non c’è, NON C’È SUBITO DOPO LO SPARO, QUANDO CARLO VIENE SOCCORSO DAGLI ALTRI MANIFESTANTI.. Ma compare soltanto dopo, DOPO CIOÈ CHE LA PIAZZA È STATA RICONQUISTATA DALLE FORZE DELL’ORDINE. E, altrettanto magicamente, accanto al suo corpo, COMPARE UN SASSO, COPERTO DEL SUO STESSO SANGUE.
E questo che cosa vuol dire? VUOL DIRE CHE QUALCUNO HA PENSATO BENE DI INFIERIRE ULTERIORMENTE SUL CADAVERE DI CARLO, COLPENDOLO CON UNA PIETRA IN PIENO VOLTO. VUOL DIRE CHE QUALCUNO HA PENSATO DA SUBITO, DAGLI ATTIMI IMMEDIATAMENTE SUCCESSIVI ALLO SPARO, DI DEPISTARE IN QUALCHE MODO LE INDAGINI, ED ACCREDITARE UN’IPOTESI COSÌ ASSURDA CHE A UCCIDERE CARLO POTESSE ESSERE STATO UN SASSO.
E allora perché, perché tutta quanta la vicenda non viene riaperta proprio su questa base? Sulla base cioè di un reato che, oltre ad essere gravissimo, è particolarmente disgustoso…e cioè IL VILIPENDIO DI CADAVERE.
Parlando di tutte queste cose, Piazza Alimonda, scuola Diaz, Bolzaneto, a volte mi sono sentito dire “va bene, ma tu allora non hai alcun dubbio…per te siamo davanti all’ennesimo complotto ordito dal potere per stroncare un movimento che fa paura…”. Bè, io rispondo tutt’altro, io di dubbi sono pieno fin sopra i capelli. Semmai è qualcun altro a non averne, di dubbi, così convinto che scava scava possano venir fuori responsabilità così enormi che nemmeno noi riusciamo a immaginare, che allora si affretta a seppellire ogni cosa dietro sentenze assurde, come quella del sasso. Che non è soltanto improbabile, è una sentenza ridicola…e davvero ci sarebbe da ridere, se un ragazzo di ventitre anni non avesse perso la vita.
Di Carlo sono state dette tantissime cose…che era un delinquente, un eroe….un martire, addirittura. Per me, niente di tutto questo. Carlo era semplicemente un ragazzo, come è scritto su quella Piazza che adesso è la “sua” Piazza. E penso anche che sarebbe stato molto più facile pensare a lui come a un eroe o a un martire…è invece pensarlo come un ragazzo che fa male. Perché se pensi a lui come a un ragazzo, allora pensi che quel giorno, in quel posto, al suo posto, ci potevi essere tu…ci potevamo essere tutti. E in un certo senso ci siamo stati e continueremo ad esserci.
Ciao Carlo…
Come Don Chisciotte
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