venerdì 8 luglio 2011

Purtroppo non sò che cosa stia succedendo, constato con amarezza una gran mancanza di volontà di reazione all'instaurazione del cantiere. Sono passate quasi due settimane dall'occupazione della Maddalena per la realizzazione del tunnel. Le iniziative latitano, peccato, perché l'accesso alla baita che è costata denunce per abusivismo, adesso è libera, la si potrebbe "vivere", ma purtroppo non si muove foglia. Lascio le mie perplessità alla cara amica Cathy.
Barbara

NO TAV - Pronti? Si dorme!!





Catherine

A distanza di una settimana dalla marcia sulla centrale di Chiomonte allo scopo di dimostrare che il TAV non lo vuole nessuno - e non soltanto i valsusini come si è potuto anche constatare dall'affluenza alla protesta del lunedì 26 giugno - e non reiterando qui le numerose e valide ragioni che motivano questo rifiuto portato avanti da 20 anni dai coraggiosi Valsusini, si può ben vedere che gli italiani cominciano ad avere una visione molto più chiara della situazione, non solo sulle infrastrutture-fregature come il TAV o il ponte di Messina per citare le più famose, ma sulla politica tutta che, e si sta delineando sempre di più, non risponde affatto a chi le ha affidato i propri voti, i propri soldi, la propria forza di lavoro, la propria vita, cioè i cittadini, ma risponde a interessi finanzieri e lobbies che poco hanno a che fare col benessere dei cittadini.
Tutto questo quadro sembrerebbe molto roseo: constatare che le tattiche politiche, il cui TAV - mantenuto a distanza dai motivatissimi abitanti della Valle - è un emblema perfetto, appaiono sempre più evidenti a un sempre più gran numero di persone è davvero confortante, ma il problema che sembra profilarsi all'orizzonte è l'affaticamento del movimento stesso. 
E ciò è dovuto a diverse ragioni.... 

Prima di tutto il fattore tempo: venti anni sono un'enormità e non vedere la fine del tunnel (senza gioco di parole!) è già di per sé alquanto demotivante. In questo il movimento NO TAV rappresenta già un'eccezione degna di ammirazione.
In secondo luogo sembra che sia molto difficile che nella storia delle società un'ideologia, un progetto, siano sopravvissuti all'estensione del gruppo di persone che si è creato intorno agli stessi. Infatti, facciamo un esempio: i “signori del mondo" sono in pochi, e la loro organizzazione, ben gestita a livello gerarchico, funziona a compartimenti stagni: pochissimi sanno tutto e tutti sanno la parte che compete esclusivamente a loro. E funziona da tantissimo tempo in quel modo. Ma questa è un altra storia ..
Invece ogni raggruppamento umano, anche se è mosso da uno scopo umanitario e non elitario, finisce sempre col curare gli interessi dei suoi componenti (o peggio di chi ne è a capo), finendo col dimenticare l'ideologia, lo scopo, sulla base dei quali si era formato. E questo vale anche per le religioni, i grandi partiti etc... che pur essendo nati (alcuni) con le migliori intenzioni del mondo, cominciano magari col fare piccole "concessioni" in cambio di piccoli piaceri o piccole agevolazioni e finiscono col vendersi al più offerente.
Il movimento NO TAV invece ha sempre evitato accuratamente questo problema non alleandosi con nessun tipo di partito o movimento esistente.
Tuttavia, e arrivo al terzo punto, anche evitando come la peste di essere “recuperati” da organizzazioni più grosse e quindi necessariamente in combutta con movimenti d'interesse, sembra inevitabile che più alto è il numero delle persone attive e simpatizzanti più diventa difficile gestire le azioni e le decisioni del gruppo.
Oltretutto, nella lotta NO TAV, le situazioni non sono mai state le stesse e bisogna ogni volta inventare una difesa nuova agli attacchi sempre più decisi dei “protettori della legge”.
E questo è l'ultimo punto: quando si verificano attacchi dall'esterno - che sono proporzionali all'importanza del gruppo: più è grande più fa paura e quindi più gli attacchi sono pesanti - il pericolo in agguato è, per stanchezza o per paura, di perdere di vista parte degli obiettivi iniziali per concentrarsi sulla difesa stessa del gruppo.
Grandi organizzazioni con grandi idee e grandi lotte sono cadute in basso per questa ragione, così in basso che non si possono più risollevare. Invece di tutelare le loro idee, i loro obiettivi, nell'avversità hanno cominciato a tutelare i singoli componenti, a proteggere sé stessi, perdendo di vista la meta originale, o semplicemente lasciandola per un po' da parte, sufficientemente però per lasciare al nemico la possibilità di aprirsi un varco .. ...
Un terreno molto scivoloso .... Si tratta né più né meno di armi di distrazione di massa, e bisogna starci attenti.

Invece questo sarebbe il momento preciso in cui NON bisognerebbe mai abbassare la guardia.

L'annuncio della fiaccolata dell'8 luglio a Torino mentre il cantiere della Maddalena è pressapoco deserto lascia un vago sapore amaro in bocca ... un po' come quando il corteo di una manifestazione viene fatto passare per le strade esterne di una città in cui nessuno lo vede, o come uno sciopero dei trasporti di due ore che raggiunge l'unico obiettivo di rompere le scatole alla gente che lavora senza nemmeno lasciarle il tempo di capire di che cosa si tratta, avendo come unico referente i media che sistematicamente contro informano …
Uno sciopero a oltranza invece, lo sanno bene i camionisti francesi ad esempio, costringe tutti a fermarsi e a farsi delle domande, e magari ad aderire alla causa, che in genere non è mai di un solo settore ma riguarda tutti.

Là fuori, in questo paese, e ancora di più dopo la giornata del 3 luglio, ci sono decine di migliaia di persone con le idee chiare, pronte a agire, a presidiare, a far sentire la fermezza dei loro intenti. E non sono soltanto i valligiani. 
Possibile che dopo il 3 luglio si possa tornare a casa tranquillamente e partecipare a una fiaccolata una settimana dopo?
Non ho certo la risposta ma la domanda, un po' provocatoriamente, non posso non farmela: che si fa, si dorme?

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