di Stefano Fait per IxR
So di almeno un senatore che vota sulla
questione siriana senza essersi adeguatamente informato su cosa succede
in Siria (abbiamo polemizzato a riguardo). La cosa non è sconvolgente:
la maggior parte dei parlamentari non ha il tempo e le capacità di
informarsi in misura sufficiente su tutto. Se fossi un senatore non
potrei comportarmi diversamente: dovrei astenermi dal votare troppe
cose, se avessi la pretesa di farmi un’idea davvero chiara di ciò per
cui voto. Lo stesso fanno i cittadini: un 20% dell’elettorato italiano
di sinistra è convinto che Monti sia politicamente di sinistra quando
lui stesso ha dichiarato di ammirare Marchionne, la Gelmini ed il
neoliberismo. E’ il prezzo da pagare per avere il suffragio universale.
Ora, però, il problema del voto disinformato di questo senatore è che c’è di mezzo una possibile terza guerra mondiale, ossia il futuro di centinaia di milioni di persone e della democrazia.
Le sue dichiarazioni di voto mostrano che
questo senatore sarebbe a favore dell’intervento armato della NATO in
Siria come lo è stato nel caso libico. Solo che questa volta Russia e
Cina si sono impuntate.
E’ in buona fede? Si rende conto
di cosa implichi per l’incolumità della sua cospicua prole (e di tutti
noi) la sua richiesta di “offensiva diplomatica sulla Russia”? E’ davvero ciecamente convinto che la NATO sia dalla parte del giusto e Russia e Cina siano completamente nel torto? Le menzogne sull’Iraq, il Kosovo e la Libia non gli hanno insegnato davvero nulla? Non abbiamo già compiuto abbastanza danni nel mondo? Non siamo già abbastanza detestati?
Il mio impegno non è mirato a scongiurare la guerra, perché sarebbe una pretesa a dir poco risibile,
ma piuttosto, quando essa scoppierà, a far crollare il fronte interno
il più rapidamente possibile (come con il Vietnam). Questo non lo faccio in nome della pace. Non sono un pacifista. C’è guerra e guerra.
Questa guerra, come altre che l’hanno preceduta, è tremendamente
sbagliata e il senatore, forse inconsapevolmente, assieme ai suoi
colleghi, ci sta cacciando nel gorgo di un conflitto dalle ramificazioni
colossali.
Alcuni punti che vanno capiti e che documento nei post linkati di seguito:
* Cina e Russia non hanno nulla da guadagnare da una guerra civile in Siria, l’Occidente e Israele sì;
* La Siria è l’anticamera dell’Iran, la
sua destabilizzazione serve a completare l’accerchiamento dell’Iran,
come previsto dai piani del
pentagono di una decina di anni fa. C’è chi
pensa che, cambiato il presidente degli Stati Uniti, cambiano anche gli
obiettivi in politica internazionale. Chi pensa questo è molto ingenuo e
sopravvaluta di molto la sovranità del presidente, sottovalutando
drammaticamente l’autorità del Pentagono, che non è un istituto di
carità o un’impresa umanitaria: è una macchina da guerra;
* Cina e Russia hanno sacrificato la
Libia per guadagnare tempo, perché non era così strategica e perché era
difficilmente difendibile, la Siria non sarà sacrificata;
* Gli Stati Uniti non stanno spostando la
maggior parte della flotta nel Pacifico e schierando truppe a Darwin,
in Australia, come gesto di benevolenza nei confronti della Cina;
* Arabia Saudita e Qatar, due dittature
fondamentaliste e misogine nostre alleate (NB siamo in Afghanistan per
combattere i talebani fondamentalisti e misogini), non armano e
finanziano i guerriglieri che combattono Assad perché amano la
democrazia. Se la amassero non avrebbero schiacciato con la forza le
proteste nonviolente e pro-democratiche nel Bahrein;
* L’Occidente sa benissimo che ci sono
centinaia di combattenti alqaedisti in Siria che attaccano le truppe
regolari siriane, ma la cosa non sembra turbarli. Invece nello Yemen la
presenza di alqaedisti serve a giustificare il regime autoritario
filo-occidentale ed inviso alla popolazione (anche lì proteste soffocate
nel sangue tra l’indifferenza dei media occidentali e brogli che danno
risultati del 99% – manco in Bulgaria);
* È evidente che finché arriveranno armi
(es. per nave dalla Libia passando per il Libano) e soldi ai
guerriglieri fondamentalisti questi non avranno alcun incentivo a
rispettare il cessate il fuoco previsto dal piano di pace Kofi Annan: la
loro professione è il caos, la guerra; lo fanno da anni, ormai, come i
mercenari, e non saprebbero che altro fare nella vita;
* È evidente che finché Sauditi e
Iraniani continueranno a cercare di contrapporre sciiti (filo-iraniani) e
sunniti (filo-sauditi) non ci sarà pace in Medio Oriente e men che meno
in Palestina;
* Ogni massacro di civili viene imputato
al regime a prescindere, perché i media occidentali riferiscono le
dichiarazioni dei ribelli come se fossero la verità e ignorano
sistematicamente qualunque incongruenza. Questa virtuale uniformità di
giudizi e valutazioni dovrebbe far sospettare al cittadino un po’ più
smaliziato che c’è qualcosa che non va. Gustavo Zagrebelsky
(“Simboli al potere”, 2012, pp. 89-90) riesce, in poche righe, a
definire con estrema precisione la questione centrale del nostro tempo: “Alla
cementificazione del pensiero, all’espulsione delle alternative dal
campo delle possibilità, all’omologazione delle aspirazioni, alla
diffusione di modelli pervasivi di comportamento, di stili di vita e di
status e sex symbol nelle società del nostro tempo, lavorano centri di
ricerca, scuole di formazione, università degli affari, accademie,
think-tanks, uffici di marketing politico e commerciale, in cui vivono e
operano intellettuali e opinionisti che sono in realtà consulenti e
propagandisti, consapevoli o inconsapevoli, ai quali la visibilità e il
successo sono assicurati in misura proporzionale alla consonanza
ideologica. La loro influenza sul pubblico è poi garantita dall’accesso a
strumenti di diffusione capillari e altamente omologanti. Non è
forse lì che, prima di tutto, si stabiliscono i confini simbolici del
legittimo e dell’illegittimo, del pensabile e dell’impensabile, del
desiderabile e del detestabile, del ragionevole e dell’irragionevole,
del dicibile e dell’indicibile? Del vivibile e dell’invivibile? Da qui
provengono le forze simboliche potenti che, fino a ora, cercano di
tenere insieme le nostre società….come in una religione, per di più
monoteista”.
* Le immagini delle proteste anti-Assad
non hanno mai mostrato più di qualche decina di migliaia di persone, su
una popolazione complessiva di 23 milioni di Siriani;
* In Egitto e Tunisia sono state le
capitali a rappresentare il fulcro delle proteste. In Libia e Siria sono
i bastioni del regime. Questa è la differenza sostanziale tra queste
realtà. Le rivoluzioni scoppiano sempre nelle capitali, quella Siriana è
iniziata a Daraa, a circa 10km dal confine meridionale della Siria, nei
pressi di Libano ed Israele. La prova del fatto che non si trattava di
normali civili insorti sta nel fatto che alla fine dei primi scontri
sono rimasti sul campo più soldati regolari che ribelli;
* A Houla tutte le testimonianze
riportate dai media occidentali parlavano di civili uccisi da
bombardamenti siriani, mentre gli osservatori ONU hanno verificato che
non c’era segno di bombardamenti. Questo video,
secondo gli insorti, dimostra quel che è successo, ma non si vedono i
fori delle esplosioni né si vedono detriti. Si vede invece un uomo che
sta creando le esplosioni a beneficio di chi lo inquadra;
In quest’altro video,
il bambino intervistato sta parlando del massacro di bambini come lui
al quale in teoria ha assistito. Un tale “trauma” che la bambina accanto
a lui si mette a ridere ed il cameraman è costretto a escluderla
dall’inquadratura. Anche il bambino non pare per nulla traumatizzato.
C’è un film, con Dustin Hoffman e Robert De Niro, che spiega molto bene
quel che sta succedendo, s’intitola Wag the Dog. Solo che qui non è in gioco solo un’elezione presidenziale, ma la pace nel mondo;
* Paul Danahar, che copre il Medio Oriente per la BBC, ha constatato di persona che Sauditi
e Qatarioti usano il loro controllo dei guerriglieri per infrangere i
vari cessate il fuoco negoziati dalle Nazioni Unite. Per questo Kofi Annan ha chiesto di allargare il gruppo di interlocutori che proveranno a risolvere il conflitto;
* Seymour Hersh, reporter investigativo
statunitense molto rispettato e vincitore del Pulitzer riferiva sul New
Yorker, nel 2007, che gli Stati Uniti erano coinvolti in operazioni
clandestine contro l’Iran ed il suo alleato siriano attraverso il
rafforzamento dei gruppi estremisti sunniti che sposano una visione
militante dell’Islam e sono ostili all’America, incluso Al Qaeda;
* Intanto il nuovo governo libico ha
vietato per legge ogni critica della rivolta del 17 febbraio (legge 37),
ha amnistiato tutti i combattenti anti-Gheddafi responsabili di
saccheggi, torture, crimini di guerra e crimini contro l’umanità
denunciati da Amnesty International, Human Rights Watch e dall’ONU (legge 38). Oltre ad ostacolare ogni inchiesta indipendente su quel che sta succedendo nella Libia del dopo-Gheddafi:
“L’insurrezione, con buona pace del perenne interventista Garton Ash, non è mai stata una rivolta di massa, come confermano i migliori analisti del settore e almeno un sondaggio effettuato dagli accerrimi nemici di Assad, i qatarioti, ed è stata violenta fin dall’inizio, come in Libia, e diversamente da Tunisia, Egitto e Bahrein (cf. rapporto della Lega Araba sulla Siria). Il che dovrebbe far riflettere una persona che ha a cuore la propria coscienza ora, non al momento della morte. Una tale persona, se per di più credente, potrebbe anche informarsi dai missionari cristiani in Siria, riguardo alla storia della destabilizzazione della Siria.
Il senatore in questione è convinto che nessuno vuole l’intervento militare in Siria. Questa convinzione è falsa:
Questo Senatore della Repubblica ha delle
precise responsabilità nei confronti di tutti gli Italiani, ad esempio
la precisa responsabilità di usare una lingua straniera per informarsi
di quel che succede nel mondo, a maggior ragione se rischiamo un conflitto mondiale con Russia e Cina.
Non basta leggere degli articoli di quotidiani italiani per capire cosa
sta succedendo in Medio Oriente. La vicenda libica ci ha mostrato che osservano selettivamente la realtà, per usare un eufemismo
Questo stesso senatore però non pare essersi informato neppure in quella circostanza, prima di caldeggiare l’intervento. Davvero è tutto così chiaro per il senatore in questione? Anche l’esito dell’intervento in Libia? E perché invece non lo è per i giornalisti di Al Jazeera? E perché i media italiani hanno ignorato il conflitto interno alla redazione di Al Jazeera?
Anche un inviato Mediaset in quell’area conferma che c’è qualcosa che non torna in quel che ci è stato detto.
Nutrono dubbi anche analisti che non sono mai stati complottisti.
Quel che mi irritta in special modo nel
comportamento del suddetto senatore è che, nella sua veste di
rappresentante delle istituzioni, ha il potere di cambiare le cose, un
potere che quelli come me non hanno. Il fatto che lo usi con così tanta
LEGGEREZZA, senza discernimento critico, nella convinzione manichea che Assad sia il Male assoluto e i suoi avversari (salafiti, alqaedisti, mujaheddin, ecc. ossia gente che se andasse al potere farebbe pulizia etnica) un male infinitamente minore o persino un bene,
non è cosa che rassereni (avrebbe molto da imparare da Kofi Annan, che
per il momento ha assunto una posizione molto più equilibrata).
Non sarò io a giudicare l’anima del
senatore e neppure il “Padre Eterno”, che ci lascia liberi di sbagliare a
nostro piacimento, autolesionisticamente. Sarà la storia a giudicare
l’operato suo ed il mio e quello di chiunque altro abbia preso una
posizione sulla questione o non l’abbia fatto quando era ancora in tempo
per farlo.
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