Per arrivare a San Carlo da Ferrara
bisogna fare una deviazione. Il centro di Mirabello è ancora chiuso al
transito, mentre si può passare a fianco di Poggio Renatico, nonostante i
crolli abbiano interessato il centro abitato. Si giunge nel piccolo
centro emiliano affiancando per un breve tratto la Cispadana, i cui
piloni sono stati messi a dura prova.
La prima impressione è di un déjà vu: come a L’Aquila, se non fosse
per le strutture più datate, parrebbe una zona tranquilla. Ai monti
abruzzesi qui si sostituisce il lembo di questa parte della Pianura
Padana, apparentemente da sempre steso e intonso, con la terra fertile
intenta a dare cereali, frutta, verdura, erbe per l’allevamento. Lungo
la strada che attraversa il piano, qua e là, le prime vistose cicatrici
nelle case di campagna e nei fienili. Poi la rotatoria e i cartelli che
indicano le deviazioni del transito dei veicoli. E ancora una camionetta
dei Carabinieri all’ingresso del paese, mezzi dell’esercito che
transitano per le vie, tende e camper in prossimità delle case.
San Carlo è stato squassato nel profondo e non solo per il terremoto
che ha scosso le viscere della terra. A poche centinaia di metri
dall’ingresso, iniziano gli sbarramenti delle zone rosse: le aree
interdette all’accesso perché pericolose.
La Chiesa si erge maestosa nel centro di San Carlo, con a fianco il
campanile ancora intatto. Ma l’ingresso è sbarrato e secondo alcuni
testimoni, il pavimento di una sala interna, seminterrata, che era
utilizzata come un piccolo teatro, si è sollevato al livello del palco.
La strada davanti alla Chiesa
è solcata da crepe longitudinali, mentre
la presenza di diversi macchinari per il movimento terra, insieme alle
tracce di scavi recenti, sono prova dei lavori intrapresi con urgenza
per ripristinare le reti del gas e dell’acqua.
Una linea di faglia superficiale emerge chiaramente sia nella via di
fronte alla Chiesa, sia nella strada che la fiancheggia e che prosegue
alle sue spalle. E’ come se un gigante avesse tirato i due margini di
una pezza, stappandola e lacerandola: il terreno appare fratturato,
sconnesso, sollevato o martoriato da voragini che si sono aperte
nell’asfalto
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