Su l'Alternativa Italia, una loro collabolatrice mette in luce dei particolari che possono far dubitare riguardo alla reale strage di cani randagi avvenuta in Ucraina per gli Europei 2012 (non mondiali come erroneamente scritto nel post) derubricandola a bufala in base a prove fotografiche scattate altrove e in altro arco temporale. Sarei veramente la persona più felice al mondo se avesse ragione (preciso che apprezzo immensamente il lavoro di Alternativa Italia) ma purtroppo fonti autorevoli e disinteressate confermano quanto accaduto come già si intuisce nelle risposte allo stesso articolo. Un altro elemento che viene ipotizzato dai "negazionisti" (mi passino il termine, serve per rendere l'idea) della strage dei cani in Ukraina è che strumentalizzino questa brutalità per screditare il governo in carica filo-russo e favorire la Tymoshenko filo americana.
Bene, la maggiore associazione che ha fatto l'impossibile per salvare quante più creature riferisce a Geapress che quando la Tymoshenko era Primo Ministro i cani stavano già subendo lo sterminio. Leggere qui.
Bene, la maggiore associazione che ha fatto l'impossibile per salvare quante più creature riferisce a Geapress che quando la Tymoshenko era Primo Ministro i cani stavano già subendo lo sterminio. Leggere qui.
Provo immenso disgusto, che bisogno c'era? Mi disgusta molto di più quanto avvenuto che non il calcioscommesse, dove in fondo non muore nessuno, possibile che la vita degli animali che non ci appartiene, conti ancora meno?
Eppure, questi calciatori ricchi e viziati non hanno provato il benché minimo interesse per queste creature infinitamente più deboli ed indifese. I calciatori, le squadre, hanno visibilità, tempo, soldi e mezzi. Avrebbero potuto fare molto. Hanno invece scelto il silenzio. Hanno scelto supinamente di avallare il massacro. Unica voce che si è levata contro questo massacro è
stata quella di Sorrentino, portiere del Chievo. E' rimasta però l'unica e questo è imperdonabile.
stata quella di Sorrentino, portiere del Chievo. E' rimasta però l'unica e questo è imperdonabile.
Solo i tifosi, solitamente considerati bruti villani si sono fatti sentire, ma certo non hanno lo stesso potere dei miliardari che corrono dietro alla palla.
E' solo perché esistono persone speciali come gli animalisti (vedi Alexandra e Andrea Cisternino) che la nostra presenza su questo pianeta ha ancora senso, lo si comprende leggendo la storia di Ciliegia e quello che ha subìto.
Earth: Spot contro gli Europei di Calcio
Una razza capace di tanta crudeltà non merita di vivere (quella umana ovviamente).
A seguito articolo di Annamaria Manzoni lo condivido in pieno.
Barbara
Leggere anche: Il calcio italiano si è scordato di quanto successo di Andrea Cisternino
E' solo perché esistono persone speciali come gli animalisti (vedi Alexandra e Andrea Cisternino) che la nostra presenza su questo pianeta ha ancora senso, lo si comprende leggendo la storia di Ciliegia e quello che ha subìto.
Earth: Spot contro gli Europei di Calcio
Una razza capace di tanta crudeltà non merita di vivere (quella umana ovviamente).
A seguito articolo di Annamaria Manzoni lo condivido in pieno.
Barbara
Leggere anche: Il calcio italiano si è scordato di quanto successo di Andrea Cisternino
BOICOTTIAMO QUESTO MALEDETTO STUPIDO GIOCO, NON PUO' VALERE DI PIU' DELLA VITA DI ESSERI SENZIENTI!!!!!!
Barbara
Europei: campionati di che?
L’attesa per l’inizio dei campionati europei di
calcio sta per concludersi, e con lei, speriamo, la strage delle
migliaia di cani da cui le strade dell’Ukraina dovevano essere ripulite
per l’arrivo degli dei del pallone e dei loro fans, uomini duri sì, ma
amanti dell’ordine e della pulizia. Visto che solo la “conclusione dei
lavori” ha consentito la fine del massacro non si può non parlare di
grave sconfitta di tutte le iniziative che hanno avuto luogo per mesi
contro questo sterminio: proteste, striscioni subito oscurati e multati
perché non si fa, lettere, appelli, petizioni, diffusione di foto e di
video, nella convinzione che davanti alle immagini dell’orrore di
sicuro qualcosa sarebbe successo. Niente da fare: le cose hanno seguito
il corso stabilito da chi, manovrando le leve del potere, ha proseguito
imperterrito, certo di poter contare se non sul silenzio del mondo del
pallone, di certo sull’assenza di iniziative che andassero oltre una
pacata protesta. Niente di diverso dal sospiro di sollievo che, quando
arriva Pasqua, sottolinea che non si uccidono più agnelli, perché sono
morti tutti, o, alla fine del periodo natalizio, ci consola perchè
finalmente la gente, abbuffata e satolla, magari per un po’ si asterrà
dal mangiare altri animali.
Il dispiacere e l’amarezza sono davvero grandi, dal momento che, rispetto alle stragi di animali che nel mondo occidentale avvengono quotidianamente nei mattatoi e alle tante altre ignominie, quali la vivisezione, la caccia, l’imprigionamento negli zoo e via enumerando, in questo caso la possibilità di un intervento efficace non era impossibile. Certo non ci si poteva illudere che bastasse fare richieste educate perchè paesi che tanto poco rispetto dimostrano per la questione dei diritti in generale ponessero fine all’eccidio che avevano programmato. Avrebbero però avuto conseguenze enormi altri interventi: quello del presidente dell’UEFA, per esempio che, sollecitato a prendere una posizione precisa, avrebbe potuto assumere un atteggiamento forte e chiaro, con degli aut aut che mettessero in discussione lo stesso proseguimento dei campionati: si è invece limitato prima a dare pallide rassicurazioni e poi a sottolineare l’estraneità del proprio ruolo all’intera vicenda. Bisogna prenderne atto: la faccenda davvero non lo riguarda, nel senso che non lo interessa: per lui a contare è il tragitto del pallone, con tutti gli annessi e connessi.
Il presidente UEFA non deve comunque essersi sentito solo perché a condividere la sua inerzia sono stati presidenti delle squadre, allenatori, giocatori, riserve incluse, inerzia tanto più colpevole quanto maggiore è il prestigio che li accompagna e con esso il potere di incidere sulla realtà. Invece eccoli lì, tutti rigorosamente compatti nel separare il proprio ruolo dalle vicende in atto.
Siamo di fronte ad un mastodontico meccanismo di negazione, grazie al quale questi osannati uomini dei nostri giorni hanno potuto trovare la tranquillità necessaria, non farsi turbare, non subire contraccolpi sul proprio rendimento calcistico: solo timidi comunicati ufficiali del tipo che la situazione è ormai sotto controllo , e poi molto più potenti convinzioni che “Non è affar mio: io cosa c’entro?”. Meccanismo esiziale, foriero delle peggiori conseguenze. La realtà viene negata grazie a quella abitudine a girare la testa dall’altra parte o a metterla sotto la sabbia, a fare lo struzzo, come ci suggeriscono le metafore non a caso così comuni nel nostro linguaggio, comuni come lo sono i comportamenti a cui si riferiscono: si finge di non vedere nonostante l’accesso alla realtà sia a portata di mano, di occhi, di orecchie e di cuore; e questa è la condizione per sentirsi innocenti di un male che, appunto, si dice non esistere. I tirocini a questa forma di autoassoluzione perché il fatto non esiste sono storicamente infiniti: quando si rifiuta di essere testimoni, di assumere posizione, di fare il proprio lavoro di uomini, diventa tutto possibile. Scomodiamo Martin Luther King che diceva che non è grave il clamore chiassoso dei violenti, ma il silenzio spaventoso delle persone oneste. E lasciamoci raggiungere dalle parole di Albert Einstein che ci ricordano che il mondo è quel disastro che è non tanto per i guai combinati dai malfattori , ma per l’inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare.
Come nel miglior copione già visto, la negazione della realtà, nel momento in cui non ha più potuto essere letterale perché le immagini e i filmati hanno continuato ad incalzare nonostante le dichiarazioni che le volevano “sotto controllo”, è confluita nella negazione del proprio ruolo e della propria responsabilità: Io cosa c’entro? E dell’imperativo morale ad agire non rimane traccia.
Davanti ai massacri e alle grandi ingiustizie, si può scegliere di guardare e tacere; si può invece scegliere di indignarsi e di prendere posizione: e se è purtroppo scontato che sia la maggioranza a dire sempre sì, basterebbe una minoranza che non si lascia trasformare in mostro per cambiare il corso della storia, anche di una piccola storia di cani ukraini. Se uno, uno solo, dei giocatori, degli allenatori, dei presidenti avesse alzato la propria voce per condannare il massacro in atto, minacciando per esempio di disertare i campionati nel caso un altro cane ancora fosse stato ucciso, molte cose avrebbero potuto cambiare, non esclusa una reazione a catena in direzione contraria al silenzio . In tanti studi condotti sui gruppi, sempre emerge che un solo dissenziente è in grado di far crollare il tasso di conformismo. Il dissidente nel mondo del calcio non c’è stato. Peccato: una grossa occasione persa: ogni cane sottratto alla crudeltà di una morte ingiusta avrebbe per sempre portato con sè la propria gratitudine, come sempre fanno i cani, così pronti a non recare rancore, nonostante tutto, alla specie umana. Una grossa occasione persa perché il nostro tempo non ha bisogno di eroi di cartapesta da osannare perché centrano una rete (e taciamo a quale prezzo) : ha bisogno di uomini comuni, di quelli che compiono la banalità del bene semplicemente oltrepassando la frontiera che separa la passività dall’azione.
Non è certo il caso di scomodare il coraggio di Perlasca e Irina Sender, pronti a rischiare la vita, nei tempi bui del nazismo e dei campi di concentramento, per contrastare il male fatto ad altri: qui si trattava, nella peggiore delle ipotesi, di rischiare la partecipazione a un campionato di calcio. Prezzo evidentemente troppo alto.
Il pensiero ora va a loro, a quelle migliaia di cani catturati, ammassati, massacrati, di cui forse possiamo immaginare i pensieri che hanno attraversato la mente in mezzo a quell’esplosione insensata di violenza, guardando negli occhi il nostro di cane, quando ci fissa in attesa dei nostri gesti da cui sempre fa dipendere felicità o delusione. Del tutto indifferenti di chi, tra l’entusiasmo generale, verrà proclamato il vincitore di un campionato, che tutti i partecipanti hanno già perso in materia di solidarietà, empatia e rispetto.
Annamaria Manzoni
Asinus Novus
Il dispiacere e l’amarezza sono davvero grandi, dal momento che, rispetto alle stragi di animali che nel mondo occidentale avvengono quotidianamente nei mattatoi e alle tante altre ignominie, quali la vivisezione, la caccia, l’imprigionamento negli zoo e via enumerando, in questo caso la possibilità di un intervento efficace non era impossibile. Certo non ci si poteva illudere che bastasse fare richieste educate perchè paesi che tanto poco rispetto dimostrano per la questione dei diritti in generale ponessero fine all’eccidio che avevano programmato. Avrebbero però avuto conseguenze enormi altri interventi: quello del presidente dell’UEFA, per esempio che, sollecitato a prendere una posizione precisa, avrebbe potuto assumere un atteggiamento forte e chiaro, con degli aut aut che mettessero in discussione lo stesso proseguimento dei campionati: si è invece limitato prima a dare pallide rassicurazioni e poi a sottolineare l’estraneità del proprio ruolo all’intera vicenda. Bisogna prenderne atto: la faccenda davvero non lo riguarda, nel senso che non lo interessa: per lui a contare è il tragitto del pallone, con tutti gli annessi e connessi.
Il presidente UEFA non deve comunque essersi sentito solo perché a condividere la sua inerzia sono stati presidenti delle squadre, allenatori, giocatori, riserve incluse, inerzia tanto più colpevole quanto maggiore è il prestigio che li accompagna e con esso il potere di incidere sulla realtà. Invece eccoli lì, tutti rigorosamente compatti nel separare il proprio ruolo dalle vicende in atto.
Siamo di fronte ad un mastodontico meccanismo di negazione, grazie al quale questi osannati uomini dei nostri giorni hanno potuto trovare la tranquillità necessaria, non farsi turbare, non subire contraccolpi sul proprio rendimento calcistico: solo timidi comunicati ufficiali del tipo che la situazione è ormai sotto controllo , e poi molto più potenti convinzioni che “Non è affar mio: io cosa c’entro?”. Meccanismo esiziale, foriero delle peggiori conseguenze. La realtà viene negata grazie a quella abitudine a girare la testa dall’altra parte o a metterla sotto la sabbia, a fare lo struzzo, come ci suggeriscono le metafore non a caso così comuni nel nostro linguaggio, comuni come lo sono i comportamenti a cui si riferiscono: si finge di non vedere nonostante l’accesso alla realtà sia a portata di mano, di occhi, di orecchie e di cuore; e questa è la condizione per sentirsi innocenti di un male che, appunto, si dice non esistere. I tirocini a questa forma di autoassoluzione perché il fatto non esiste sono storicamente infiniti: quando si rifiuta di essere testimoni, di assumere posizione, di fare il proprio lavoro di uomini, diventa tutto possibile. Scomodiamo Martin Luther King che diceva che non è grave il clamore chiassoso dei violenti, ma il silenzio spaventoso delle persone oneste. E lasciamoci raggiungere dalle parole di Albert Einstein che ci ricordano che il mondo è quel disastro che è non tanto per i guai combinati dai malfattori , ma per l’inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare.
Come nel miglior copione già visto, la negazione della realtà, nel momento in cui non ha più potuto essere letterale perché le immagini e i filmati hanno continuato ad incalzare nonostante le dichiarazioni che le volevano “sotto controllo”, è confluita nella negazione del proprio ruolo e della propria responsabilità: Io cosa c’entro? E dell’imperativo morale ad agire non rimane traccia.
Davanti ai massacri e alle grandi ingiustizie, si può scegliere di guardare e tacere; si può invece scegliere di indignarsi e di prendere posizione: e se è purtroppo scontato che sia la maggioranza a dire sempre sì, basterebbe una minoranza che non si lascia trasformare in mostro per cambiare il corso della storia, anche di una piccola storia di cani ukraini. Se uno, uno solo, dei giocatori, degli allenatori, dei presidenti avesse alzato la propria voce per condannare il massacro in atto, minacciando per esempio di disertare i campionati nel caso un altro cane ancora fosse stato ucciso, molte cose avrebbero potuto cambiare, non esclusa una reazione a catena in direzione contraria al silenzio . In tanti studi condotti sui gruppi, sempre emerge che un solo dissenziente è in grado di far crollare il tasso di conformismo. Il dissidente nel mondo del calcio non c’è stato. Peccato: una grossa occasione persa: ogni cane sottratto alla crudeltà di una morte ingiusta avrebbe per sempre portato con sè la propria gratitudine, come sempre fanno i cani, così pronti a non recare rancore, nonostante tutto, alla specie umana. Una grossa occasione persa perché il nostro tempo non ha bisogno di eroi di cartapesta da osannare perché centrano una rete (e taciamo a quale prezzo) : ha bisogno di uomini comuni, di quelli che compiono la banalità del bene semplicemente oltrepassando la frontiera che separa la passività dall’azione.
Non è certo il caso di scomodare il coraggio di Perlasca e Irina Sender, pronti a rischiare la vita, nei tempi bui del nazismo e dei campi di concentramento, per contrastare il male fatto ad altri: qui si trattava, nella peggiore delle ipotesi, di rischiare la partecipazione a un campionato di calcio. Prezzo evidentemente troppo alto.
Il pensiero ora va a loro, a quelle migliaia di cani catturati, ammassati, massacrati, di cui forse possiamo immaginare i pensieri che hanno attraversato la mente in mezzo a quell’esplosione insensata di violenza, guardando negli occhi il nostro di cane, quando ci fissa in attesa dei nostri gesti da cui sempre fa dipendere felicità o delusione. Del tutto indifferenti di chi, tra l’entusiasmo generale, verrà proclamato il vincitore di un campionato, che tutti i partecipanti hanno già perso in materia di solidarietà, empatia e rispetto.
Annamaria Manzoni
Asinus Novus
Mi sento un groppo in gola che non ti dico, maledetti senza anima.
RispondiEliminagià, Zac.Mi piaceva seguire i campionati, sia europei che mondiali.
RispondiEliminaAdesso non ci riesco, mi disgusta ed ogni volta che vedrò immagini relative al calcio il pensiero mi corre alla carneficia di questi esseri innocenti, mi ricorda quanto facciamo schifo come razza.
Anche se odio il calcio e non sopporto chi abusa di animali e li uccide senza pietà occorre guardare alla fonte delle informazioni. E' proprio vero che ci sia un massacro in Ucraina o anche questa è una manipolazione con fini sottesi allo screditamento di un paese terra di conquista tra Russia ed occidente? Perchè queste Associazioni sempre tedesche non si occupano del salvataggio dei cani nel loro Paese dove invece non esistono regole per la salvaguardia degli animali? Non si capisce.
RispondiEliminaForse leggere http://scienzamarcia.blogspot.it/2012/06/cosa-succede-realmente-in-ucraina.html
ci aiuta ad avere le idee più chiare.
Per difendere i nostri amici a quattro zampe