sabato 19 gennaio 2013

Ieri  sera ospiti a Leader, condotto da Lucia Annunziata, membro dell'Aspen Institute uno dei think tank portatore di interessi lobbistici tanto graditi al popolo stando alla narrazione mainstream, erano ospiti Ingroia ed altri "rivoluzionari" civili.
Ho seguito solo un breve spezzone, dal momento che il mio stomaco è troppo debole per reggere pantomime che si giocano sulla sopravvivenza del popolo italiano.

Ingroia ribadisce che il suo movimento si batte contro il montismo e berlusconismo. Il Pd pertanto è salvo. Anche se finge di tanto in tanto di prendere le distanze, mai ha messo sotto accusa il Pd per aver sostenuto Monti e continua a sperare di riuscire a "redimere" il
partito di Bersani.

Ho visto l'intervento di Borsellino, della Lidia Undiemi che spiegavano come si fossero sentiti usati da quei rivoluzionari tanto attenti alla "democrazia" dal basso, a detta loro. Poi è intervenuto un tizio di Scampia che sentiva anch'egli odore di soliti trucchetti politici per far eleggere chi comoda al vecchio entourage partitico, componente prioritaria degli "antagonisti" anti Monti anti Silvio (ma decisamente filo Bersani). Lui ha chiesto lumi sul perché fosse stato candidato un napoletano in Veneto dove non ha alcuna chance di essere eletto, dal momento che in tale circoscrizione non lo conosce nessuno il che è davvero un controsenso. Interviene Ingroia, risponde bofonchiando, in realtà non risponde proprio né a Borsellino, né alla Undiemi né al signore di Scampia se non appunto farneticando cose senza capo né coda.
Al che Sallusti incalza per ottenere risposta in merito alla candidatura del campano in Veneto e la scena viene estorta da un altro tizio, avvocato difensore del movimento a quanto pare che si esibisce in uno spettacolo su Dell'Utri. Sallusti chiede poi come mai Ingroia sapendo di essere ineleggibile a Palermo si sia proposto come candidato.

Essendo appunto un movimento che si professa rappresentante della legalità, trasparenza ed onestà in terra sarebbe stato interessante sapere la ragione di tale scelta. Ma la questione della ineleggibilità a Palermo del candidato Ingroia a detta della signora in studio è un problema inesistente. Poco importa se la signora da del cafone a Sallusti, si vede che il diritto all'insulto è inalienabile e connaturato ad una parte politica.
Ebbene, il "provvidenziale" epiteto mascalzone ha fornito l'alibi ad Ingroia per evitare ogni ulteriore chiarimento.
Che dire di questi antagonisti che accolgono con sollievo la provocazione di Sallusti per dribblare importanti questioni, nonostante proprio loro si siano autoincoronati "creme de la creme" delle istanze sociali e della legalità?

Non avremo quindi risposte e soprattutto mancheranno le scuse a Borsellino per averlo spacciato come candidato ed avergli fatto "mendicare" una smentita ufficiale materializzatasi sotto forma di tweet. Ma che senso del rispetto possiedono questi principini della legalità?

La Undiemi si dovrà accontentare di una risposta, a mio avviso decisamente maleducata ed irrispettosa, che attribuisce a lei la responsabilità della sua mancata candidatura, nonostante il posto offertole in lista dopo mesi di lavoro fosse davvero un'offesa. Ma la precedenza doveva andare ai partitini cacciati dal Parlamento dalla gente dopo la firma del dodecalogo con il quale i signori della democrazia dal basso hanno ripudiato e tradito i movimenti No Tav, No dal Molin, no rigassificatore, no inceneritore ed il movimento pacificista. Devono essere reinseriti sulla poltrona perduta. L'altra componente è quella dell'Idv.
E per la cosiddetta società civile rimane il lavoro di manovalanza e di "ragazza immagine" o specchietto per le allodole che dir si voglia.
Davvero un'operazione bieca e meschina, soprattutto da parte di chi si erge a moralizzatore del mondo.

Inoltre, sarebbe stata da approfondire questa venerazione malcelata verso il Pd che a sua volta adula Monti il salvatore. Vedi Letta e l'agenda Monti
Il premier non eletto che in questa campagna elettorale sta sconfessando tutto il proprio operato, a proposito della tanto vantata coerenza attribuitasi e attribuitagli, per cui i piddini e vendolini arguiscono che "starebbe rinsavendo"  ragione per cui merita collaborare con il bilderberger targato Goldman Sachs.
Non riesco a capire: per 13 mesi Monti ha imposto il rigore come richiesto dai nostri padroni di Bruxelles con il pieno sostegno del PD (e del Pdl ma qui mi interessa puntualizzare dei compagni di viaggio dei rivoluzionari) che addirittura garantisce la troika che anche senza Monti potrà contare sul Pd per il prosieguo di tali misure. Come per altro ormai sancite tramite il costituzionale Fiscal Compact. Ed ora, che Monti quasi nega di aver implementato il redditometro, si "pente" dell'Imu e quasi si vergogna di cotanto successo per aver "salvato" l'Italia, Pd e Vendola subito colgono la palla al balzo per annunciare ufficialmente l'inciucio come da sempre sospettato da molti. Beh la crisi finanziaria pare finita no, a detta del bocconiano che si è attribuito tutti meriti. Si potrà quindi invertire la rotta dell'austerità, magari cancellando il Fiscal Compact? Ne sono certa.
Ecco a chi faranno da quinta colonna i rivoluzionari civili. Lo hanno detto ieri sera, sono contro il berlusconismo ed il montismo, mica contro il bersanismo che adotta l'agenda Monti. E' credibile la chiusura di Ingroia al Pd? Ci dovremo accontentare del tira e molla continuo?
Un piccolo appunto riguardo all'onestà che il magistrato Ingroia pare data per cucita addosso al Pd. Sarebbe stato interessante ascoltare un suo parere riguardo ai Lusi della situazione che proliferano nel Pd come nel Pdl. O degli affari delle cooperative rosse sulla recente inchiesta degli appalti Tav nel fiorentino. Notizia scelta per la prima pagina del 18 gennaio da un solo quotidiano, come mai? Confronto con le prime pagine dei maggiori quotidiani qui. Inchieste da ingigantire ed inchieste da minimizzare, con quali criteri?
Meglio inventarsi altri siparietti per evitare domande scomode.
Sotto, articolo di Rinascita che riassume le "puntate" precedenti.
Barbara

Pd-Ingroia. Patto di desistenza dietro le quinte

L’ex pm lascia intendere che un accordo con Bersani nelle tre Regioni cruciali è possibile 

michele mendolicchio

Alla fine anche nelle migliori famiglie avvengono traumi impensabili. Tale è infatti la rottura tra il fratello di Borsellino e Ingroia. Le divergenze nascono dal solito modus operandi dei candidati calati dall’alto, alla faccia dell’apertura ai giovani. L’accusa di Salvatore Borsellino è pesante come un macigno. “Difficilmente -dice con rammarico- potrò confermare quell’appoggio che, dopo alcune perplessità iniziali, avevo dato alla lista. Probabilmente qualcuno era interessato unicamente alla mia candidatura e una volta venuta a cadere questa ipotesi, non ha ritenuto di volere dare fiducia ai giovani da me indicati”. E così le strade si dividono. La cosiddetta società civile rappresentata anche dal fratello di Borsellino si divide in più rivoli. Una parte resterà con l’ex pm Ingroia, mentre l’altra molto probabilmente si asterrà dal voto. Intanto Ingroia è alle prese con ben altri problemi, in primis quello della desistenza. Benché abbia detto che non c’è alcuna intenzione di favorire il Pd, tuttavia le probabilità che almeno in C ampania sottoscrivano accordi sono forti.
Anche se l’ex pm ha addirittura messo Monti in cima alla lista dei nemici. Lo considera infatti più pericoloso di Berlusconi.
Però l’apertura al Pd c’è tutta. Infatti è molto probabile che in Campania, Sicilia e Lombardia il partito della Rivoluzione non si presenti al Senato. A meno che Bersani non voglia correre il rischio di pareggiare o addirittura perdere. I contatti tra le due sponde amiche ci sono tutti. Staremo a vedere cosa ci sarà in cambio della desistenza.
Ma poi anche Ingroia come Vendola dovrà giustificare dinanzi ai propri elettori il cambiamento. E’ difficile far digerire la cosa in nome del solito antiberlusconismo. Soprattutto quando si appoggia un governo Monti, con le gambe di Bersani, Casini e Fini.
Intanto Ingroia si dice certo che i suoi voti verranno dall’ampia area di astensionismo. Cosa che invece pochi pensano, soprattutto nella dirigenza del Pd. Non per niente le pressioni per il patto di desistenza lasciano intendere che le preoccupazioni siano quelle di pagare un salasso in termini di voti. L’astensione favorirà più che altro Grillo e soprattutto il Pdl.  “Noi siamo alternativi al montismo e al berlusconismo. Abbiamo punti di contatto programmatico con Grillo e il centrosinistra ma il nostro obiettivo è Ingroia premier al 51%”. L’ex pm vola sulle nuvole. Difficilmente riuscirà a superare la soglia di sbarramento, nonostante il sostegno della cosiddetta società civile. Troppo facile lasciare la toga, buttarsi in politica per poi magari ritornare a fare il giudice.
Si perde soprattutto in credibilità.




17 Gennaio 2013 Rinascita

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