ancora una
volta mafia e massoneria a braccetto. Stessi ideali,
stesso modus operandi.
Arricchire la propria cricca. E' inutile che il
Raffi faccia il solito ripulisti
di facciata, gli iscritti sono coperti da privacy
chi potrà mai controllare e
violano costantemente la legge Anselmi. Non a caso
molti giudici sono affiliati
e coloro che denunciano la massoneria, sono vittime
di pubblico discredito.
Altro che mafiosi....fortuna che i massoni si
professano custodi di
inenarrabili segreti utili all'evoluzione
umana......e del conto corrente dei
grembiulini
Scritto
da
RobertoGalulloblog.com |
Pubblicato
Venerdì,
22 Novembre 2013 09:00
Amati lettori di questo
umile e umido blog, da giorni sto
scrivendo dell’operazione Araba Fenice,
coordinata dalla Procura di
Reggio Calabria, nel corso della quale sono
state arrestate 47 persone dal
Gruppo investigativo criminalità organizzata
della Gdf di Reggio Calabria con
l’ausilio di uomini dello Scico di Roma. Sequestrate 14 società e beni per un valore complessivo di circa 90 milioni e denunciate a piede libero altre 17 persone.
l’ausilio di uomini dello Scico di Roma. Sequestrate 14 società e beni per un valore complessivo di circa 90 milioni e denunciate a piede libero altre 17 persone.
Con
una
suggestiva immagine, il comunicato stampa firmato
dal capo della Procura di
Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho,
parla di «gruppo
criminale misto»,
composto dalla compartecipazione economica delle
cosche reggine Ficara-Latella,
Rosmini,
Condello, Fontana-Saraceno, Audino,
Serraino (dedito,
in
particolare, alla realizzazione e gestione di
opere di edilizia privata) e
responsabile dei reati di associazione per
delinquere di stampo mafioso,
intestazione fittizia di beni, abusivo esercizio
dell’attività
finanziaria, utilizzo ed emissione di fatture o
altri documenti per operazioni
inesistenti, favoreggiamento, peculato,
corruzione, illecita concorrenza ed
estorsione, tutti aggravati dalle modalità
mafiose.
Sapete
che di
quest’operazione sto analizzando la parte più
innovativa e che anima
speranza, vale a dire quella che punta dritta al
cuore della ‘ndrangheta
2.0. Da questo punto di vista nei giorni scorsi
abbiamo letto insieme la figura
“cerniera” di un avvocato reggino, appartenente a
una famiglia che
ha sformato anche medici e giudici (anch’essi nei
guai con la Giustizia ). Poi
abbiamo
letto dell’evoluzione della ‘ndrangheta 2.0
attraverso la lettura
che ne dà il Gip di Reggio Calabria Domenico
Santoro e
ieri abbiamo visto l’abilità strategica con la
quale il Gip riesce a
sposare le retrovie della ‘ndrangheta ancestrale
(ma ancora pilastro
fondamentale per la carica di tradizione, riti e
storia da tramandare) con il
“sistema criminale” nella testa del pm Giuseppe
Lombardo,
già del resto scoperchiato (in parti ancora
minime) nell’inchiesta Meta e
–
ancor più –Breakfast.
E
oggi? Oggi
ci tuffiamo nella parte più interessante, quella
che lo stesso Gip Domenico
Santoro,
a pagina 247 chiama pudicamente, nel paragrafo
8.3, “I possibili
sviluppi investigativi”. Possibili? Certi,
anzi certissimi se la Procura
di Reggio continuerà
a sposare la tesi del pm Lombardo che
–
come si legge in questa ordinanza che possiamo già
definire
fondamentale – non è un folle visionario (come in
molti hanno fatto
credere e continuano a voler far credere) ma un
certosino lettore della realtà
in evoluzione.
Una
realtà in
evoluzione che il Gip Santoro sposa
appieno
quando, ancora una volta con un apprezzabile
equilibrismo, chiarisce
che i futuri sviluppi investigativi (che non
mancheranno) potranno
ulteriormente chiarire – sotto il profilo
strettamente funzionale –
il rapporto tra il Crimine di Polsi e le singole
articolazioni territoriali
nella determinazione delle strategie di massima
dell’organizzazione
criminale e nell’equilibrio tra autonomia
decentrata e centralismo delle
regole ma, soprattutto, potranno indagare su
quanto è ancora ignoto.
GLI
INVISIBILI
Il
Gip Santoro –
seguendo
il ragionamento del pm Lombardo che
ha
trovato in Cafiero
De Raho una
sponda vitale – parla
espressamente della necessità di approfondire il
rapporto tra il Crimine e gli
«inquietanti
profili acquisiti in altri procedimenti,
come evidenziato
nell’Informativa Patriarca dei Carabinieri
di Reggio Calabria del 6
aprile 2010».
E
qui Santoro –
dimostrando
ancora una volta di aver studiato prima di
scrivere, cosa non si
creda così comune tra i giudici e gli stessi
magistrati – si riferisce,
in particolare ad un’operazione che,
volontariamente, molti vogliono far
passare nel dimenticatoio: Bellu
lavuru.
Fu
con
quell’operazione che, sulla base delle
conversazioni intercettate a
carico di tale Sebastiano Altomonte,
soggetto che
risulterebbe iscritto alla massoneria e molto
vicino ad Antonio Pelle,
all’epoca latitante: «al fine di tutelarsi da attacchi
esterni, la ‘ndrangheta ha
mutato la sua struttura tradizionale,
creando un nuovo organismo di-rettivo, al
quale aderiscono solo un gruppo ristretto
di persone, definiti
“Invisibili”, che sono quelle che
realmente contano (nel senso che
sono quelli che prendono le decisioni)
all’interno
dell’organizzazione, ed i cui appartenenti
proprio in virtù della
riservatezza e della delicatezza della
posizione che ricoprono sono addirittura
non noti agli altri appartenenti dei
livelli inferiori».
Bene,
bravo
bis. In un colpo solo – senza dubbio consocio di
quanto scriveva
– Santoroè
riuscito a fare bingo: ha richiamato quella tela
invisibile ad occhio umano
della cupola mafiosa e ha richiamato il “peso”
della massoneria
che, come ha bene evidenziato il 17 novembre sul Quotidiano
della
Calabria il
collega Pasquale
Violi,
si è improvvisamente svegliata da un lungo e
inquietante torpore.
Con
uno
storico provvedimento, infatti, il Gran Maestro
del Goi Gustavo Raffi ha
sospeso
a tempo indeterminato la loggia Rocco
Verduci di
Gerace
nella Locride. Secondo le prime verifiche sarebbe
emerso il «possibile
inquinamento di
carattere malavitoso e gravi inadempienze
e carenza assoluta di cautele».
Meglio
tardi
che mai, la massoneria ufficiale del Grande
Oriente ha cominciato a capire che
al Sud (logge deviate a parte) anche quelle
ufficiali hanno bisogno di una
pulizia talmente profonda da rischiare di
chiuderne parecchie. Del resto non
passa quasi mese che in Calabria un’indagine o una
“coda” di
indagine non riportino in primo piano grembiuli
sporchi e compassi non
registrati. E’
di poche ore
fa l’Operazione Sipario che
ha (ri)colpito a Melito Porto
Salvo un’associazione dove la massoneria fa
ancora una volta capolino.
LE
TELEFONATE
Tornando
agli
“invisibili” – che con la massoneria si sposano
come il cacio
sui maccheroni e non a caso la Procura
di Reggio e il Gip Santoro mettono
insieme
le due componenti – nell’ordinanza vengono
richiamate
alcune intercettazioni del 2007 riportate o
sintetizzate nell’informativa
ad un gruppo di persone denominato, appunto, gli
“Invisibili”,
creata un paio di anni prima («c'è la
visibile e l'invisibile che è nata da un
paio di anni»),
successivamente all’omicidio del
vicepresidente del consiglio regionale calabrese Francesco
Fortugno (avvenuto
il
16 ottobre 2005), per una scelta di
autoprotezionismo da attacchi esterni ed
interni («se no
oggi il mondo finiva; se no tutti
cantavano»”),
assolutamente segreta agli ordinari affiliati
visibili («C'è una che
si sa ed una che
non la sa nessuno, la sanno solo ... »),
ossia
quelli dei quali è notorio, tanto tra la
popolazione quanto tra le forze
dell’ordine, l’appartenenza all’organizzazione
‘ndranghetistica.
Questo
organismo
– scrive Santoro a
pagina
247 - sarebbe quello che realmente conta («Lui è in
quella visibile che non conta»)
nello
scenario criminale provinciale ed avrebbe solidi
legami con ambienti
massonici («fratelli
tutti visibili ed invisibili che adornate
l'oriente»).
CRIMINE
E
L’ESAUSTIVITA’ IMPOSSIBILE
Ma
il
Gip Santoro fa
ancora
un passo avanti e sottolinea, sotto il profilo
dell’unitarietà
complessiva, che non tutte le aree territoriali
della provincia di Reggio
Calabria risultano rappresentate nel capo
d’imputazione. Solo ulteriori
indagini – scrive - potranno stabilire se, al di
là dei limiti dell’odierno
capo d’imputazione, anche tali realtà criminali in
atto non richiamate
operino all’interno di quella struttura piramidale
e siano pertanto
soggette all’azione del citato organo
verticistico.
E il
Gip
concorda con Lombardo quando,
nella
memoria depositata in data 21 febbraio 2012, ha
correttamente
osservato come l’indagine Crimine non
aveva
(né avrebbe potuto avere) la pretesa di
esaustività, né poteva avere il
significato di processare la ‘ndrangheta mondiale
o tutte le cosche del
reggino ovvero tracciare in modo preciso la
“mappa” delle cosche
operanti sul territorio e l’organigramma di
ciascuna di esse. «L’obiettivo
che la Dda di
Reggio Calabria si era
proposto di raggiungere –
scrive Santoro - e che,
secondo questo giudice,
è stato provato, era quello di delineare
la struttura dell’organizzazione
nel suo complesso, di individuare gli
organi che la compongono e le
“norme” che regolano i rapporti al suo
interno. Ed è questo,
indubbiamente, l’elemento di dirompente
novità apportato dalla presente attività
di indagine».
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